REGOLAMENTO
Inviate i vostri brevi scritti alla mia e-mail: pennadoro62@gmail.com provvederò a pubblicarli sul blog.
IMPORTANTE: i racconti devono essere brevi, originali e devono trattare dei temi adatti a tutti con un linguaggio adeguato.
Insieme al racconto potrete mandarmi un vostro commento personale, una curiosità su come è nata la storiella o un’immagine che volete accompagni il vostro scritto.
IMPORTANTE: i racconti devono essere brevi, originali e devono trattare dei temi adatti a tutti con un linguaggio adeguato.
Insieme al racconto potrete mandarmi un vostro commento personale, una curiosità su come è nata la storiella o un’immagine che volete accompagni il vostro scritto.
Benvenuti al terzo appuntamento con la rubrica "Raccontami una storia"
oggi ospitiamo il racconto di:
Cristina Biolcati
Cristina Biolcati
Vi lascio il suo profilo facebook così potrete contattarla:
Un nuovo racconto per tutti voi, buona lettura :)
Quando Michele mi chiamò stavo correggendo i compiti dei miei alunni, seduta al tavolo del refettorio.
-Tu lo sai maestra – mi chiese, con quella sua vocina squillante –che cosa vuole dire “famiglia”? -.
Mi guardò con occhio interrogativo e si sedette accanto a me, per farmi capire che voleva assolutamente una risposta.
-Dove hai sentito questa parola, Michele ?- gli chiesi.
-L’ha detta Suor Anna - rispose. - Ha detto che presto verranno delle persone a prendere Lucio, e che lui avrà una nuova famiglia-.
Rimasi di sale e feci appello a tutte le mie risorse per cercare di apparire tranquilla. Non dovevo cedere a quella tenerezza infinita che mi prendeva ogni volta che parlavo con lui.
Non aveva mai avuto una famiglia Michele, almeno, non una d’origine. Suor Anna lo aveva trovato sei anni prima davanti alla porta dell’Istituto, avvolto in una coperta celeste. Doveva avere appena qualche giorno di vita. Non sembrava malnutrito, era soltanto debole e sfinito perché aveva pianto tanto. Lo aveva accolto insieme agli altri bambini orfani che ospitava e aveva deciso di dargli un nome, Michele, come il fratello che aveva perso da giovane. Quando iniziai a lavorare per Suor Anna, il piccolo aveva già quattro anni e, nonostante le ricerche, nessuno era mai venuto a chiedere di lui.
Era un bimbo molto intelligente, sveglio e sensibile. Non so se fosse felice con noi, perché rideva di rado, però aveva coetanei con cui giocare, era bravo a scuola e mi raccoglieva sempre mazzi di fiori. Andava a prenderli oltre il giardino, vicino al portone d’ingresso. Sfidava mille insidie e una volta era persino caduto in un fossato di ortiche, ma mi aveva detto di non preoccuparmi perché, anche se era tutto gonfio, lui non sentiva dolore. Era un bambino coraggioso, abituato a badare a se stesso e a cavarsela in ogni situazione.
-Vedi Michele - gli dissi –quando pensi ad una famiglia, devi sempre farti davanti una stanza molto accogliente-.
Lui mi guardava perplesso, mentre io avevo preso a disegnare sopra un foglio bianco.
-E’ come entrare in una stanza ben riscaldata, quando è inverno e fuori fa freddo-.
-Come quando andiamo a messa e passiamo per quel corridoio freddo, maestra ?-.
-Sì Michele, esattamente così-.
Gli occhi chiari, grandi e spalancati. Furbi e attenti, che non perdonano distrazioni né incertezze. Girai il foglio e gli feci vedere ciò che avevo realizzato.
-Le poltrone sono i nonni- la mia voce era ferma, lui mi seguiva interessato – Sempre pronti ad accoglierci, a proteggerci e ad avvolgerci nel loro abbraccio. E noi sentiamo di poterci abbandonare nel calore di quell’abbraccio, di poterci fidare. Poi c’è il papà, che possiamo identificare nella libreria. Alto, robusto, un vero e proprio pilastro al quale tutta la famiglia può appoggiarsi. Intelligente, sa sempre tutto e risolve i problemi. A lui possiamo chiedere qualunque cosa. Il tavolo è la mamma. E’ l’elemento essenziale della casa. Intorno a lei ruota tutta la vita della famiglia. La mamma è solida e coraggiosa. E’ in grado di mandare avanti la casa anche da sola, quando è necessario, ma al tempo stesso è esile, fragile, ed ha bisogno dell’amore del marito e dell’affetto dei figli. I bambini sono le seggiole, sempre vicini alla mamma. Dipendono da lei in tutto, hanno bisogno del suo costante contatto, delle sue carezze e dei suoi insegnamenti. Tutto ciò che sta all’esterno della stanza è il mondo, che non ha niente a che vedere con la famiglia in sé. Però c’è ed è lì e noi dobbiamo imparare a conviverci e ad interagire-.
E poi ci sono le persone cattive, come coloro che ti hanno abbandonato, e allora bisogna imparare a difendersi. Questo lo pensai soltanto, ma non glielo dissi.
Forse, fra qualche giorno, Michele avrebbe detto a Suor Anna che una sedia di nome Lucio andava a vivere in una nuova casa con un tavolo ed una libreria, ma io sapevo che era un bambino molto intelligente. Ero certa che avesse capito il senso delle mie parole.
Ebbi la conferma quando, terminati i compiti, mi alzai e preparai le mie cose. Si era fatto tardi. A casa mi attendevano per la cena.
-Vai a casa, maestra ?- mi chiese.
-Sì Michele - risposi –ci vediamo domani-.
In silenzio andò a sistemarsi sulla sedia che avevo lasciata vuota, tirò a sé quella vicina ed appoggiò la testa sul tavolo. In seguito dovette veramente avvertire quel tepore di cui gli avevo parlato, perché chiuse gli occhi e decise di abbandonarsi ad un sonno profondo.
Commento dell'autrice
Amo scrivere poesie e racconti brevi, ed ho deciso di inviare LA STANZA DI MICHELE, perchè, pur trattando un tema drammatico come quello dell'abbandono di minori, ha un ritmo romanzato che somiglia ad una favola. Ero in seconda elementare quando sul mio sussidiario ho letto una breve illustrazione, dove i nomi degli arredi di una stanza venivano affiancati ai membri di una famiglia. Questa cosa mi è rimasta impressa, e un po' di tempo fa è nato appunto questo racconto. L'episodio della scuola elementare è accaduto molto tempo fa, se si considera che sono della classe 1970, ma lo ricordo sempre, come fosse successo oggi.
Commento di Aquila Reale
Ringrazio l'autrice per aver deciso di condividere con noi il suo racconto. Un breve storia, delicata e struggente,per raccontare una piaga dolorosa come l'abbandono dei bambini. Crescere senza il caldo abbraccio di una famiglia è davvero un'esperienza che sconvolge nell'animo. Michele con la sua immaginazione crea una famiglia immaginaria di cui far parte ma può la fantasia sopperire ad una mancanza reale?
Aspetto con curiosità i vostri commenti e le vostre storie.
Alla prossima, la vostra Aquila Reale.
Alla prossima, la vostra Aquila Reale.
Non è il primo racconto di Cristina che leggo, ma credo di poter dire che finora è quello che preferisco: sembra di essere lì, accanto a Michele e alla maestra, sembra di vedere il disegno che ella mostra al bambino e il gesto tenero di lui che appoggia la testa sul tavolo vuoto... brava, Cri!
RispondiEliminaE, come sempre, grazie ad Aquila Reale per la proposta di lettura in questo spazio! :)
Hai ragione, il racconto di Cristina è molto bello e sensibile.
EliminaSono io che devo ringraziare voi per le splendide storie che avete deciso di condividere con me e i lettori del blog :)