giovedì 28 febbraio 2019

RECENSIONE | "L'annusatrice di libri" di Desy Icardi

Chi è un lettore appassionato come me, sa perfettamente che i libri non si leggono solo con la vista ma si adoperano tutti i sensi. I libri si accarezzano con il tatto, si apprezzano con la vista, l’udito ci regala il lieve fruscio delle pagine che volano via, il gusto ci permette di fare scorpacciate di libri, l’olfatto ci dona l’odore inebriante della carta stampata. Sicuramente il profumo dei libri è l’odore dell’aria di casa nostra, una casa in cui possiamo fantasticare, viaggiare, sognare. La magia dei libri ci affascina, il nostro amore per la letteratura ci dona emozioni senza limiti e diventa il nostro rifugio. Tuttavia avete mai pensato di poter leggere solo annusando un libro? Vi siete mai chiesti che profumo avrebbe “Orgoglio e pregiudizio” o “Moby Dick”? Se volete ottenere delle risposte ho il libro che fa per voi. Si tratta di un romanzo che vi mostrerà un mondo dove tutto è possibile: L’annusatrice di libri” di Icardi Dasy, pubblicato da Fazi nella collana Le strade.
Vi segnalo che c’è una promozione in corso e fino al 31 marzo 
potrete acquistare “L’annusatrice di libri” al prezzo speciale di 10€


STILE: 8 | STORIA: 8 | COVER: 8
L'annusatrice di libri
Desy Icardi

Editore: Fazi
Pagine: 407
Prezzo: € 10,00 (PROMOZIONE)
Sinossi
Torino, 1957. Adelina ha quattordici anni e vive con la zia Amalia, una ricca vedova, parsimoniosa fino all'eccesso, che le dedica distratte attenzioni. Tra i banchi di scuola, la ragazza viene trattata come lo zimbello della classe: alla sua età, infatti, non è in grado di ricordare le lezioni e ha difficoltà a leggere. Il reverendo Kelley, suo severo professore, decide allora di affiancarle nello studio la brillante compagna Luisella. Se Adelina comincerà ad andare meglio a scuola, però, non sarà merito dell'aiuto dell'amica ma di un dono straordinario di cui sembra essere dotata: la capacità di leggere con l'olfatto. Questo talento, che la ragazza sperimenta tra le pagine di polverosi volumi di biblioteca, rappresenta tuttavia anche una minaccia: il padre di Luisella, un affascinante notaio implicato in traffici non sempre chiari, tenterà di servirsi di lei per decifrare il celebre manoscritto Voynich, "il codice più misterioso al mondo", scritto in una lingua incomprensibile e mai decifrato. Se l'avidità del notaio rischierà di mettere a repentaglio la vita di Adelina, l'esperienza vissuta le lascerà il piacere insaziabile per i libri e la lettura.



Ora i volumi tutti intorno spandevano prepotentemente le loro fragranze, tra le quali prevaleva il profumo d’incenso e l’odore umido e maestoso delle cattedrali. Adelina iniziò a prendere in mano testi a caso: alcuni odoravano di rose, martirio ed estasi; altri di pane e carità; altri ancora avevano il sentore asprigno della pedanteria e l’appiccicoso aroma della retorica fine a se stessa. Infine, l’avida lettrice decise di farsi sedurre da un altro paio di profumi: quello di un grande volume che odorava di gelsomino e un altro proveniente da un libriccino che sapeva di legno di sandalo.
Torino 1957. Adelina, 14 anni, vive con la zia Amalia, una ricca vedova parsimoniosa fino all’eccesso. La ragazza, a scuola, viene spesso presa in giro perché non ricorda le lezioni e ha difficoltà a leggere.
 Tutte le brave scolare si somigliano, ogni scolara somara è somara a modo suo.
 Grazie all’aiuto di una sua amica, Adelina comincia a migliorare negli studi. Tuttavia la ragazza ha un dono che ha timore di condiviere con gli altri: la capacità di leggere con l’olfatto. Più i libri sono vecchi, più lei riesce facilmente a percepirne i profumi e il contenuto. Purtroppo un affascinante notaio, uomo senza scrupoli, tenterà di usare “il dono” di Adelina per decifrare il celebre manoscritto Voynich, “il codice più misterioso del mondo”, scritto in una lingua incomprensibile.

“L’annusatrice di libri” è una cornucopia di profumi ed emozioni. Adelina è una ragazzina dolcissima ma con un gran problema: pur conoscendo ogni lettera, il significato delle parole sfugge alla sua volontà di lettura. Le parole si mescolano e si ribellano davanti ai suoi occhi per poi marciare ordinatamente nel profumo di una lettura olfattiva. Adelina mette il naso tra le pagine del libro e il miracolo avviene, con l’olfatto lei riesce a percepire la fraganza rivelatrice che le permette di comprendere qualsiasi scrittura. Ma ogni cosa ha un prezzo: il destino degli annusatori è quello di morire giovani.

Naturalmente non vi svelo cosa succederà alla nostra amata “annusatrice”, vi basti sapere che il finale è all’insegna dell’imprevedibilità. La scrittrice, con uno stile narrativo fresco e scorrevole, rende ancora più piacevole la lettura presentandoci una realtà segnata da piccole crepe e circondata da un alone di mistero. Il mutevole comportamento dei personaggi contribuisce alla dinamicità della storia ricca di sorprese e di eventi inaspettati.
Questo è il bello dei romanzi: ti mostrano le conseguenze degli errori umani, sollevandoti dalla fatica di doverli sperimentare di persona.
Ad esempio i romanzi di Francis Scott Fitzgerald insegnano che in amore non sempre tutto va come dovrebbe. Jane Austen, invece, attraverso i suoi scritti ci dice che è sempre legittimo sperare nel lieto fine.

Tra i personaggi ho provato tanta simpatia per zia Amalia. I suoi ricordi mi hanno condotta tra modisterie e palchi del varietà negli anni trenta. Lei è una ragazza di campagna che va a lavorare in città, spera in un buon matrimonio e per riuscire nel suo intento mette in pratica gli insegnamenti di una sua amica.
Gli uomini sono tutti mascalzoni e se cedi prima di avere un anello al dito, addio sogni di gloria quindi tieni la monetina stretta tra le ginocchia e vedi di non lasciarla cadere.
Detto, fatto. Stando molto attenta a non far cadere la monetina, Amelia era riuscita a sposare il ricco colonnello Peyran che muore in guerra dopo neanche un mese di matrimonio. La ricca vedova però non si godeva la sua ricchezza ma continuava a tagliare gli spiccioli in quattro e a camminare a braccetto con l’indigenza.

“L’annusatrice di libri” è una storia intensa sul valore dei libri, una storia che indica un territorio inesplorato, un modo diverso di amare la letteratura. Tra sorrisi e riflessioni, si muovono personaggi che vivono, sbagliano e tentano di riscattarsi dagli errori commessi. Tutti sono pronti a guardare al futuro con un carico di emozioni, di insuccessi, di passioni che non si sa che strada prenderanno.

lunedì 25 febbraio 2019

RECENSIONE | "L'altro convento" di Stefania Durbano

Avevano messo la parola di Dio a servizio delle necessità umane. Molti uomini avevano bisogno di loro. Molti uomini.
“L’Altro Convento” romanzo d’esordio della piemontese Stefania Durbano, edito dalla casa editrice Bookabook, è una storia camaleontica in cui niente è quello che sembra. Già il titolo intriga e si fa foriero di misteri che, come tessere di un puzzle,  costruiscono un disegno diabolico molto umano e per nulla divino. Ogni persona è un enigma. “Il bene e il male, il peccato e l’innocenza, attraversano il mondo tenendosi per mano”, scriveva Oscar Wilde e il filo evanescente che li divide si può facilmente rompere mescolando ogni cosa in un mistero in cui è facile perdersi.

Spesso nella vita ci sono eventi negativi che bussano alla nostra porta cambiandoci per sempre. Noi possiamo scappare o affrontarli con coraggio e determinazione. Qualunque cosa si faccia, però, si ha solo la possibilità di scegliere se agire nel bene o nel male. Le cose si complicano quando il nostro “io” si perde nel labirinto dell’anima e non ritrova più la retta via.

STILE: 8 | STORIA: 8 | COVER: 8
L'altro convento
Stefania Durbano

Editore: bookabook
Pagine: 251
Prezzo: € 15,00
Sinossi
Il santuario di Belmonte è un luogo di pace, di quiete. Tra le sue mura secolari si trova un convento dove le suore ospitano donne in difficoltà. Un giorno bussa alla loro porta Delia, una ragazza dalla vita complessa: ha alle spalle un aborto, è senza soldi e famiglia. L'incontro con suor Maria, don Piero e le altre figure del convento apre uno spiraglio nel buio della sua esistenza. Tristezza e disperazione sembrano trovare sollievo nell'accoglienza che le viene riservata, ma in Delia nascono una serie di dubbi: perché la sua compagna di stanza è sofferente? Cosa si nasconde dietro il volto sfregiato di don Piero? E, soprattutto, perché suor Maria insiste per farle rispettare determinate regole? Domande che porteranno a risposte impreviste, in un luogo dove niente è quello che sembra.



Non esiste donna che non sia in grado di sopravvivere al dolore. Non esiste donna che non sia in grado di fare propria una situazione sfavorevole e cambiarle aspetto. Qualche volta il nuovo aspetto è un abito da monaca, qualche volta un dolce. Dopo un po’ di tempo il dolore diventa simile al godimento, e servire Dio o gli uomini sembra l’unica cosa possibile. Siamo tutte serve. Non esiste donna che non sia in grado di sopravvivere al dolore, che si chiami Delia o Maria poco importa.
Nel Convento Delle Grazie, Santuario di Belmonte, suor Maria e don Piero ospitano donne in difficoltà. Un giorno bussa alla loro porta Delia, una ragazza bellissima dal passato travagliato. Lei è disperata: ha alle spalle un aborto, è senza soldi e la sua famiglia l’ha allontanata. Per Delia il convento diventa un faro nel buio della sua esistenza. Suor Maria l’accoglie a braccia aperte, come “una madre”, pronta a darle tutto l’aiuto possibile. Forse per le donne in difficoltà, come Delia, è possibile sperare in un futuro diverso dove faccia capolino la felicità. Cambiar vita è possibile? Ben presto la speranza nel cuore di Delia si trasforma in tristezza, disperazione e rassegnazione. Cosa accade realmente tra le mura del convento? Perché don Piero ha il volto sfregiato e suor Maria insiste per far rispettare determinate regole? Chi sono “i benefattori” e cosa si cela “nell’altro convento”? Domande che porteranno a risposte inaspettate, la chiave della verità è ben nascosta!
Cosa avrebbe fatto Delia adesso? Avrebbe capito che lui le voleva bene e voleva il suo bene? Avrebbe smesso di farsi domande alle quali non ci sono risposte? Don Piero ne dubitava, quella ragazza aveva una strana voglia di vita negli occhi.
“L’Altro Convento” è un noir magnetico e travolgente, con personaggi carismatici nella loro folle durezza. Non vi nascondo che inizialmente ho faticato ad accettare il comportamento dei protagonisti perché penso che ognuno di noi ha sempre la possibilità di scelta. Poi mi sono lasciata guidare dagli eventi che hanno svelato un mondo di sopprusi non solo materiali ma anche psicologici. Alcune persone hanno il potere di piegare al proprio volere la volontà di persone fragili segnate da una profonda insicurezza e disperatamente sole.  Ho compreso che, nelle difficoltà, ognuno di noi si costruisce la propria prigione intorno. Le sbarre son fatte di paura, vergogna, angoscia, dolore e solitudine. Se siamo noi per primi a non aver fiducia in noi stessi, come potremo affrontare il mondo. Abbiamo sempre un’alternativa? Se noi non crediamo di meritare la felicità ci sarà facile naufragare in un mare di rassegnazione dove i mostri ci aspettano senza alcuna pietà. Di orchi cattivi c’è ne sono molti in questa storia, sopravvivono grazie all’omertà dei religiosi e si nutrono delle nostre paure. Il convento dovrebbe essere il luogo dell’incontro con Dio, anche se nel romanzo Dio è un po’ distratto. È vero che l’uomo sceglie come comportarsi in piena libertà ma è davvero impossibile leggere ciò che accade nell’altro convento e non provar rabbia. Per fortuna, poi, il muro di omertà inizia a sgretolarsi. Sarà la divina Provvidenza? Io so solo che l’autrice è stata bravissima nel far germogliare il seme dell’inaspettato dando vita a un romanzo caratterizzato dall’effetto sorpresa. Entrerete in un gioco di perversioni e sottomissioni. Le ferite dell’anima ci rendono deboli, la vita ci segna in modo irreversibile e ci spinge verso un mondo al contrario. Dove dovrebbero esserci pace, sicurezza, amore e gioia, ci sono invece tentazioni, passioni, amori malati e follia. La manipolazione indossa i panni “del far del bene”. La realtà diventa un gioco di magia: scompare l’amore per il prossimo e appare l’abuso. La ragione svanisce uccisa dalla follia di uomini che si sdoppiano, richiamando alla mente dottor Jekyll e Mister Hyde, forse per rendere sopportabile la loro realtà di persone buone e corrette.

“L’Altro Convento” è la storia di lupi atroci che si nascondono dietro visi angelici, è la storia di burattinai che manovrano bellissime marionette. Chi taglierà i fili? Non vi resta che leggere questo intenso noir dalla trama coinvolgente e dal finale sorprendentemente tragico.  

giovedì 21 febbraio 2019

RECENSIONE | "Joe Petrosino. Il mistero del cadavere nel barile" di Salvo Toscano [Review Party]

New York. 1903. Solo un detective di origini italiane può sfidare la mafia di Little Italy.
Pagine di Storia hanno come tema l’emigrazione degli italiani. Le destinazioni più ambite erano New York e gli States. Milioni di italiani cercavano una vita migliore all’estero. Erano, però, accolti dagli stessi pregiudizi che oggi spesso noi riserviamo agli immigrati che arrivano nel nostro Paese. I viaggi della speranza avvenivano a bordo di transatlantici che approdavano a Ellis Island, nella baia di New York. Da qui iniziava la grande sfida e da qui inizia il romanzo ”Joe Petrosino. Il mistero del cadavere nel barile.” di Salvo Toscano, Newton Compton Editori. 

STILE: 8 | STORIA: 9 | COVER: 7
Joe Petrosino. Il mistero del cadavere nel barile
Salvo Toscano

Editore: Newton Compton
Pagine: 285
Prezzo: € 9,90
Sinossi
New York, 1903. Un cadavere orribilmente mutilato viene ritrovato all'interno di un barile abbandonato su un marciapiede. I sospetti portano verso la criminalità italiana. È un lavoro per il "Dago", il sergente Giuseppe "Joe" Petrosino, il più famoso detective della città. L'unico dell'intero dipartimento di polizia di New York che, grazie alle sue umilissime origini italiane, è capace di passare inosservato tra i vicoli di Little Italy, capire i dialetti del sud della penisola, interpretare i simboli e le modalità delle prime organizzazioni criminali mafiose, come la temutissima Mano Nera. Un'indagine difficile in cui a Petrosino toccherà fronteggiare non solo gli spietati padrini ma anche i violenti pregiudizi di cui sono vittime gli immigrati italiani. Un romanzo tratto da una storia vera che racconta la nascita della Mafia italo-americana e il coraggio degli uomini che la sfidarono.

E poi, i più numerosi, i più rumorosi, i più poveri forse. Sono loro, gli italiani. Saranno più di trecento su questa nave. Una parte viene dal Nord, sono gli ultimi scampoli di un’emigrazione cominciata nei decenni scorsi. Vanno a raggiungere i familiari e gli amici che da un po’ si sono trasferiti negli Stati Uniti. I più, invece, arrivano dal Sud. Fuggono dalla fame e da una povertà che dopo l’Unità è diventata insopportabile.
Con la speranza di un futuro migliore le persone arrivavano affamate, sporche e senza una lira. Non conoscevano una parola d’inglese e i loro cuori si aprivano alla speranza quando intravedevano, dopo un lunghissimo viaggio, la Signora.
La Merica! La Merica!

È un attimo. Il sogno cullato a lungo prima d’imbarcarsi sta prendendo forma in questa giorno d’autunno del Novecentouno. La terra promessa è lì, dapprima solo un puntino. Poi sempre più chiara e nitida assume i contorni di un’isola. E della sua Signora che solleva la fiaccola della libertà e accoglie i pellegrini a Nuova York.
Tuttavia da quelle navi non scendevano solo persone oneste e pronte al duro lavoro, ma anche schiere di furfanti. L’Italia esportò la mafia, non era mafia vera e propria, ma era un’organizzazione chiamata la Mano Nera. Gli italiani vivevano in condizioni terribili in America. Ghettizzati, privi di diritti, vittime di razzismo. In tali circostanze, l’organizzazione crebbe sempre più con l’arrivo di persone sgradite.
Finchè una sagoma si erge tra loro. E la sua apparizione sembra fermare il tempo. I siciliani si scostano per fargli largo, i più tenendo gli occhi bassi, qualcuno piegandosi in una sorta di pudico inchino. Don Vito Cascio Ferro, con passo lento e solenne, raggiunge la prua de La Champagne. Inspira l’odore della salsedine e scorge i rimorchiatori vicini alla riva. Sul suo viso appare un ghigno diabolico, lui non è venuto a chiedere nulla. Don Vito è venuto per prendersela l’America. Senza chiedere il permesso.
New York, 1903. In un barile, abbandonato su un marciapiede, viene ritrovato un cadavere orribilmente mutilato. Si pensa subito alla criminalità italiana. Al sergente Giuseppe “Joe” Petrosino, detto il “Dago”, vengono affidate le indagini. Petrosino, di umili origini italiane, è il detective più famoso della città. Sa come muoversi tra i vicoli di Little Italy, comprende i dialetti del sud Italia, riesce a interpretare i simboli e le modalità delle prime organizzazioni criminali mafiose, come la temutissima Mano Nera. Il Dago dovrà affrontare mille pericoli rappresentati non solo dagli spietati  ma anche dai violenti pregiudizi di cui sono vittime gli immigrati italiani.

“Joe Petrosino” è un romanzo che parte da un dato di realtà. Ispirandosi a una storia vera, reali sono il poliziotto Petrosino e il caso del cadavere nel barile, Toscano intreccia abilmente realtà e finzione. Il ritmo narrativo si arricchisce di accelerazioni e frenate, che rendono la lettura sempre avvincente con momenti in cui l’azione è travolgente, e sequenze più calme e riflessive. Tanti i personaggi caratterizzati da un soprannome. Ne cito solo alcuni per stuzzicare la vostra curiosità. Giuseppe “don Piddu” Morello detto “l’Artiglio”, capo della Mano Nera di New York; James Corrigan detto “Smart Jimmy”, senatore; Tommaso Petto detto “il Bove”, scagnozzo dell’Artiglio; George “il Presuntuoso” McClusky, il grande capo dell’Investigativa.

La scena, però, è dominata dal sergente Joe Petrosino, un abile e integerrimo segugio italiano. Lo scrittore lo descrive, sia fisicamente che caratterialmente, in modo approfondito. La storia di Petrosino si mescola con la storia dei tanti emigranti italiani. Egli considera l’ignoranza e la povertà alleati della criminalità e nutre il fondato sospetto che la Mano Nera si stia organizzando per trasformarsi in qualcosa di ancor più devastante. Dago ha un carattere forte, è abituato  a combattere e non si è mai arreso alla paura. Egli è un uomo al servizio dello Stato, dotato di grande fiuto investigativo. I suoi metodi operativi, forse poco ortodossi, sono efficaci e riuscirà a imprimere duri colpi alla Mano Nera americana. Tuttavia Petrosino ha un sogno, dar vita alla Squadra italiana per mettere sulle strade di Little Italy poliziotti che capiscano l’italiano per dare la possibilità agli emigrati di parlare con la polizia per ricevere protezione e giustizia.

“Joe Petrosino”, l’appassionante libro di Salvo Toscano, è un romanzo che rispolvera storie lontane nel tempo. I personaggi hanno un forte senso del potere e la lotta alla “mafia” non sarà priva di dure e drammatiche conseguenze. Con uno slang, che mescola siciliano e inglese, tutto assume connotati di tragica realtà e ci rimanda all’incrollabile certezza che la “memoria” sia fondamentale. Ricordare le vittime per mafia vuol dire non abbassare mai la guardia, vuol dire non vanificare il lavoro di tanti uomini giusti che hanno dato la vita per la giustizia e la difesa di tutti noi. Volgere lo sguardo al passato vuol dire serbar memoria di ciò che è stato, dei magistrati che hanno vinto la paura, dei tanti Joe Petrosino che hanno marciato contro la mafia. Ieri come oggi.

lunedì 18 febbraio 2019

RECENSIONE | "Donne che non perdonano" di Camilla Läckberg

Il nuovo libro di Camilla Läckberg, “Donne che non perdonano” edito Einaudi, è un romanzo breve con tre personaggi femminili, donne maltrattate sia fisicamente che psicologicamente, che svestono i panni di vittime per diventare carnefici dei loro mariti violenti.

STILE: 8 | STORIA: 7 | COVER: 8
Donne che non perdonano
Camilla Läckberg (traduzione di K. De Marco)

Editore: Einaudi
Pagine: 150
Prezzo: € 14,50
Sinossi
«È vero, stava per uccidere un uomo, ma avrebbe anche liberato una donna. La somma algebrica delle sue azioni sarebbe stata uguale a zero. E poi un'altra persona avrebbe liberato lei». Tre donne: Ingrid, Birgitta e Victoria. Umiliate, offese, disprezzate dai loro compagni ma costrette a vivere al di fuori delle mura domestiche una vita «normale», come se niente fosse. Sullo sfondo una Svezia che sembra guardare distrattamente l'onda del movimento #MeToo, anche se avrebbe molto su cui interrogarsi, come sostiene la stessa Camilla Läckberg. "Donne che non perdonano" parte da queste tre donne che si sono stancate di subire e hanno il desiderio di vendicarsi. Ingrid è la moglie di un famoso direttore di giornale: ha sacrificato la propria carriera per quella del marito che, oltretutto, la tradisce. Victoria è una donna russa a cui hanno ucciso l'ex compagno gangster davanti ai suoi occhi e che ora si ritrova prigioniera di un ubriacone obeso che la tratta «come una bambola gonfiabile capace anche di cucinare e tenere pulita la casa». Infine c'è Birgitta, la dolce maestra apprezzata da tutta la comunità che deve combattere contro una malattia trascurata a causa delle violenze costanti del marito.


È vero stava per uccidere un uomo, ma avrebbe anche liberato una donna. La somma algebrica delle sue azioni sarebbe stata uguale a zero. E poi un’altra persona avrebbe liberato lei.
Tre protagoniste: Ingrid, Birgitta e Victoria. Umiliate, offese e disprezzate da coloro che dicevano d’amarle.

Donne costrette a subire l’inferno tra le mura domestiche e fuori obbligate a vivere una vita normale, come se nulla fosse. Siamo nell’incantevole Svezia considerata una nazione idilliaca ma non è oro tutto ciò che luccica. Anche il “paradiso terrestre” mostra, ormai da parecchi anni, profonde crepe nel sistema sociale della più famosa società del benessere. Divario retributivo di genere, sessismo e violenza sono solo alcuni dei mali che affliggono tutte le classi sociali.

Camilla Lackberg mette da parte per un momento la tanto amata saga di Fjallbacka e dà voce a tre donne stanche di subire violenza. Conosciamo meglio queste vittime.

Ingrid è la moglie di un famoso direttore di giornale. Lei ha sacrificato la propria carriera per quella del marito che ora la ripaga tradendola. Il noto marito copre, in redazione, colleghi che sono dei molestatori da anni.

Victoria è una giovane donna russa a cui hanno ucciso l’ex compagno gangster davanti ai suoi occhi e che ora si ritrova prigioniera di un ubriacone che la considera “una moglie ordinata per corrispondenza, una bambola gonfiabile capace anche di cucinare e tenere pulita la casa.”

Birgitta è una dolce maestra, amata e rispettata da tutti, che deve combattere  contro una malattia trascurata a causa delle violenze del marito.
Mio marito mi riempie di botte ogni volta che gli salta in testa, ma fa attenzione a picchiarmi dove non si vede. E io mi sono sempre detta che finché non si vede non è successo niente.
Per tutte le violenze subite, per le umiliazioni subite, per i loro corpi usati e gettati via, per il rispetto calpestato, per la libertà negata, per tutto questo le protagoniste sono stanche di sopportare e il desiderio di vendetta si fa sempre più urgente diventando una punizione per chi le ha offese nel corpo e nell’animo.
Non gli avrebbe mai più dato l’occasione di ucciderla. Né a lui né a nessun altro uomo. Le serviva aiuto, e le era venuto in mente un modo per procurarselo.
“Donne che non perdonano” è un uragano di violenze concentrato in 152 pagine. Anche se la trama non è originale, il breve romanzo è scritto bene e coinvolge con la durezza degli eventi. Le tre protagoniste si alternano nel racconto della propria prigionia domestica. Nessuna descrizione psicologica, a parlare sono i comportamenti. L’autrice è diretta e porta avanti le tre storie mostrandole inizialmente come tre fili separati per poi intrecciarli nel nome della vendetta. Io ho provato, fin da subito, una forte empatia con le protagoniste. Sicuramente non sono responsabili dei comportamenti brutali dei mariti ma rimanere in silenzio non è mai una soluzione. Tacere vuol dire coprire il carnefice, bisogna denunciare “il mostro che ci dorme vicino”, chiedere aiuto! Nel romanzo le cose vanno in maniera diversa e anche se non condivido “la vendetta”, posso capirla e tifare per le povere vittime. Nel romanzo non c’è neanche l’ombra di un perdono ma un regolamento di conti. Quando la famiglia diventa un carcere, con le chiavi strette nel pugno “dell’amore verso i figli”, riconquistare la libertà è un’impresa ardua ma non impossibile.

Tutte e tre le protagoniste dovranno spezzare le catene che le tengono prigioniere, dovranno percorrere nuove strade e capire per cosa valga la pena lottare. I loro destini  s’intrecceranno e ognuna trarrà forza dall’altra. A unirle un filo insanguinato, sottile ma tenace, che darà loro la forza per cambiare per sempre la loro esistenza. La vendetta donerà loro la felicità di un istante ma, secondo me, solo la giustizia e il perdono rendono liberi.

lunedì 11 febbraio 2019

RECENSIONE | "Quelli cattivi" di Massimo Lugli e Antonio Del Greco [Review Party]

Non sentì il botto. Solo un pugno tremendo al centro del torace, poi qualcosa che gli schiantava la testa con una forza e una velocità terrificanti, da giudizio universale, portandosi dietro solo ossa spezzate, sangue, cervello frantumato, connessioni neurologiche strappate, pensieri maciullati, sensazioni interrotte.
“Quelli cattivi. Roma non vuole padroni.” scritto a quattro mani da Massimo Lugli e Antonio Del Greco, edito Newton Compton, è un romanzo duro, forte, a tratti agghiacciante. La violenza dal fascino perverso regna sovrana e confeziona una lettura accattivante ricca di sparatorie, intrighi e vendette. Le 520 pagine del libro volano via senza mai un cedimento di ritmo e tensione. Lasciatevi guidare dagli autori e conoscerete un mondo sicuramente pericoloso in cui si aggirano Killer, spacciatori, malavitosi, poliziotti di assoluta integrità morale e poliziotti corrotti e giornalisti pronti a tutto pur di ottenere uno scoop. Mettete insieme questi elementi e avrete un affresco della criminalità che affligge la capitale d’Italia prolungando i suoi tentacoli di morte su tutto il territorio nazionale.

STILE: 8 | STORIA: 9 | COVER: 7
Quelli cattivi
Massimo Lugli e Antonio Del Greco

Editore: Newton Compton
Pagine: 520
Prezzo: € 9,90
Sinossi
Omar Gentile, "colonnello" di una formazione di estrema destra e Pietro Salis, conosciuto come "er Cattivo", boss indiscusso della criminalità del litorale romano: non hanno nulla in comune, né ideali, né obiettivi, né stile di vita. È un furto in banca da quaranta miliardi, realizzato a metà degli anni Ottanta, a segnare l'inizio di un sodalizio criminale tra i terroristi neri e i criminali di Ostia. E a dare il via a una catena di omicidi, attentati e ricatti che andrà avanti per più di un decennio, attraversando una delle fasi più drammatiche e sanguinose della storia italiana e della Capitale, funestata da una malavita spietata e aggressiva e dalla tragedia degli anni di piombo. Partendo da un reale fatto di cronaca, Antonio Del Greco e Massimo Lugli mettono in scena l'affascinante e violenta storia della "grande mala": la sua nascita, l'ascesa e il cambiamento di un gruppo criminale che ancora oggi domina incontrastato sulla scena di Ostia e di Roma.

Ci sono categorie di persone che possono vivere un’amicizia e un’empatia assoluta, quel tipo di fratellanza che nasce quando condividi una vita assurda fatta di rischio, pericolo e stress senza limiti: i militari, i malavitosi e gli sbirri.
Omar Gentile, terrorista nero, e Pietro Salis, boss della criminalità romana, non hanno nulla in comune.

Omar è colonnello della Rivoluzione Nazionale, una formazione di estrema destra. È un killer spietato, terrorista dai nervi d’acciaio famoso per la sua imperturbabilità.

Pietro, conosciuto come “er Cattivo”, è il boss indiscusso della criminalità del litorale romano. Ostia è il suo regno. Quando er Cattivo parla, tutti tremano e obbediscono.

A unirli sarà il progetto di una rapina in banca che frutterà un bottino favoloso, circa 40 miliardi. Inizia così un lungo periodo di omicidi, ricatti, attentati che daranno vita a pagine sanguinose e drammatiche della storia italiana e della Capitale.

Partendo da un reale fatto di cronaca, gli autori raccontano l’affascinante e violenta storia della “grande mala”: la sua nascita, l’ascesa e il cambiamento di un gruppo criminale che ancor oggi domina incontrastato sulla scena di Ostia e Roma.

“Quelli cattivi” è un romanzo travolgente reso ancor più coinvolgente dalla costante presenza di una vena di ironia. Alcuni personaggi, come er Cattivo, sono reali anche se il nome è stato cambiato. La storia attinge dalla cronaca nera più terrificante e ci mostra un boss spietato, capace di scherzare ed essere terribilmente serio, in grado di “amare” a modo suo una donna che lo renderà padre di una bambina che lui conoscerà solo quando uscirà dal carcere dopo aver scontato una lunga pena. Omar è invece un personaggio di fantasia, inizialmente ossessionato dall’idea di porre fine alla democrazia con truci attentati. Poi in lui si insinuano i primi dubbi: credere, obbedire e combattere perdono, per Omar, il potere ipnotico. In lui si fa strada la passione amorosa per una donna “molto pericolosa”.

Oltre a er Cattivo e al “colonnello”, troviamo molti personaggi le cui vite si sbriciolano sotto il peso del male. Tra i molti cattivi ci sono anche le persone oneste anche se è evidente il rapporto di odio- amore tra mala e cittadinanza. È infatti pericoloso il concepire lo Stato solo come “tasse, multe e balzelli.” Quando manca lo Stato, la malavita avanza. Così tra i bliz che scattano all’ora canonica, le quattro del mattino, e giornalisti pronti a tutto pur di fare uno scoop ed essere l’eroe del giorno, mi sono sentita proiettata nella storia con cui gli autori spalancano abissi nerissimi. Con naturalezza, Lugli e Del Greco, mescolano vero e fantastico realizzando un romanzo duro che però cela sofferenze ed empatia. Un romanzo di forte impatto con dialoghi veloci e mai banali scritti “in dialetto romano” per rendere ancora più veritiera la storia. Ogni capitolo è impastato di parole e sangue. Il finale, del tutto inaspettato, mi ha mostrato l’umanità “dei cattivi” che pur avendo il cuore blindato si piegano davanti ai grandi dolori della vita.


“Quelli cattivi” è un romanzo in cui manca il classico contrasto bene-male. Sono tutti cattivi e tra coloro che dovrebbero rappresentare il bene, regna la corruzzione. Sicuramente non tutti, tra poliziotti e giornalisti, sono collusi ma la storia ci mostra soprattutto il male nelle sue svariate declinazioni. Infatti il ritmo serrato delle azioni, il susseguirsi degli omicidi, l’intrecciarsi dei tradimenti e delle vendette, danno voce al lato oscuro dei criminali. Nessuno si preoccupa di mostrarsi buono, nessuno mostra le proprie debolezze, nessuno ha scrupoli o ripensamenti. Tanti i morti, tutti dritti dritti all’inferno. Anche se il vero inferno i cattivi lo vivevano già in vita ma non se ne accorgevano.

lunedì 4 febbraio 2019

RECENSIONE | "Grotesquerie" di Emanuela Valentini

Carissimi lettori, oggi vorrei parlarvi di un romanzo di indiscutibile fascino e toccante malinconia: “Grotesquerie” di Emanuela Valentini, Dana Editore. Il libro si presenta con una cover davvero accattivante e il titolo incuriosisce molto. Fin dalle prime pagine è evidente la natura poliedrica del romanzo che ammalia con una narrazione dinamica e coinvolge con la presentazione di un mondo terribile. Un mondo in cui gli uomini mostrano liberamente i loro pregi, rari ma presenti, e danno libero sfogo al loro lato oscuro. “Grotesquerie” è un romanzo grottesco, una storia macabra dei primi del ‘900, un’avventura steampunk distopica.

STILE: 8 | STORIA: 8 | COVER: 8
Grotesquerie
Emanuela Valentini

Editore: Dana
Pagine: 335
Prezzo: € 19,95
Sinossi
Questo è un libro pieno di cose che non dovrebbero accadere. Un'adolescente muta non dovrebbe essere costretta a lavorare in un circo; una ragazza intrepida e generosa non dovrebbe essere ridotta in schiavitù nelle viscere di una prigione orrenda; un ragazzo che si affida alla poesia non dovrebbe essere ostaggio di sudici poteri. In Europa la pace è effimera, il 1900 è percorso da segnali di guerra e da un sentimento di ribellione che attraversa la Francia: dai cunicoli di una prigione sotterranea alle mura dei palazzi del potere; la rivoluzione cresce tra la polvere e la cipria di un circo, dentro le pagine dei libri, intorno a grandi macchine, alla guida di sciami di insetti. Emanuela Valentini torna al romanzo con un'avventura steampunk distopica, che contrappone ricchi e poveri, belli e ribelli. Al centro di tutto il circo di Madame Grotesque e la sua nuova attrazione, Priscilla: una ragazza in grado di muovere intorno a sé piccoli animali e grandi sentimenti.



Io vengo da un luogo dove ci si augura di morire ogni minuto! Non esiste sulle mappe. Un sito segreto dove migliaia di persone che hanno l’unica colpa di volere essere libere scontano il loro inferno personale fino a che non crepano di stenti o divorate dagli insetti o da malattie; moltitudini costrette a lavorare a qualcosa che sterminerà tanta di quella gente che voi che parlate di follia non potete immaginare!
Il romanzo è ambientato in Francia, agli inizi del Novecento. A Rouen, ricca cittadina vicina al fiume Senna, vige il culto della perfezione estetica. Ogni difetto fisico viene immediatamentre trasformato, grazie a una chirurgia plastica che adopera protesi in metalli preziosi, in pura bellezza. Alle persone deformi che non possono permettersi il costo degli interventi è riservato un crudele destino: il circo di Madame Grotesque. Qui le donne e gli uomini deformi diventano attrazioni negli spettacoli serali quando la bellezza e la deformità si specchiano l’una nell’altra. Il pubblico elegante dai lineamenti perfetti, esorcizza, con lo scherno e la derisione, le deformità fisiche inaccettabili al di fuori del tendone. La crudeltà trasforma la diversità in attrazione, la circonda di luci e musica, si burla di lei e applaude alla Morte che conclude ogni spettacolo in un tripudio di sorrisi e grida entusiaste.

Al di fuori del circo, la città di Rouen è in mano a uomini folli che riescono a ingannare la cittadinanza con una politica falsamente pacifista. Infatti, nel sottosuolo della città, c’è una prigione, un’immensa officina dove migliaia di prigionieri sono trattati come schiavi. Uomini, donne e bambini lavorano nella prigione sepolta di Ensevelie per costruire enormi macchine da guerra. Così tra i cunicoli dell’orrenda prigione e tra le mura dei palazzi del potere, cresce la rivolta.

“Grotesquerie” è un romanzo dall’andamento sinuoso. In ogni capitolo i personaggi si animano di una vitalità inquieta attraverso la forza degli eventi, l’intensità delle loro emozioni e le deformazioni del corpo e dell’animo. La tragedia dell’esistenza si riflette sui volti dei protagonisti decisi a iniziare un cammino verso un avvenire di riscatto. Ognuno di loro ha una battaglia da combattere in un mondo pieno di cose che non dovrebbero accadere.

Margot è una ragazza coraggiosa ridotta in schiavitù a Ensevelie. Riesce a fuggire ma non dimenticherà i suoi compagni, soprattutto sua madre, ancora prigionieri nelle viscere della terra.

Priscilla è una dolce ragazza di 16 anni. In seguito a una febbre alta ha perso la voce ed è stata abbandonata dalla sua famiglia. Viene venduta al Circo di Madame Grotesque e ne diventa l’attrazione perché ha il dono di muovere intorno a sé piccoli animali.

Madame Grotesque, un personaggio forte che nasconde un orribile segreto, è la proprietaria del circo. È una donna senza cuore, un mostro che riesce a trasformare anche la morte in spettacolo. Lei considera tutti come degli schiavi, merce da vendere o da comprare. Madame decide chi vive e chi muore.

Accanto a queste figure femminili si muovono i personaggi maschili come Baptiste e Alaster che ricopriranno un ruolo di primo piano nel romanzo. Ciascuno di loro dovrà scoprire il suo compito nel mondo sfoderando coraggio, senso di giustizia e bontà.

Naturalmente ci sono molti altri personaggi avidi e cattivi, pronti a tutto per ottenere il potere in nome dell’Aube du Feu, l’alba di fuoco che cambierà per sempre il volto dell’Europa e condurrà Rouen nell’olimpo delle potenze mondiali.

Della bravissima Emanuela Valentini ho letto “La bambina senza cuore” (una favola nera, recensione) e “Ophelia e le Officine del Tempo” (un romanzo steampunk). Mi piace il modo in cui la scrittrice trasforma “in parole” le sue osservazioni sul mondo e sui comportamenti umani. Riesce a dar voce al lato oscuro presente in tutti noi e lo trasforma, con un pizzico di magia, in storie affascinanti.

“Grotesquerie”  è un romanzo intriso di sogni, crudeltà, follia, coraggio, amore, rivolta e liberazione. La scrittrice sceglie con cura le parole da usare, la sua scrittura è incisiva e potente. Lei riesce a fondere realtà e fantasia ponendole sullo stesso piano narrativo creando una storia che ci permette di entrare in un mondo surreale. Le parole si fanno immagini e ci regalano suggestioni fantastiche che appaiono come fotogrammi di un film in bianco e nero. Il bianco esprime la speranza per il futuro, la fiducia nel prossimo. Il nero è il colore della morte, del buio e del male. Si contrappongono il bianco e il nero, come l’alfa e l’omega, l’inizio e la fine. Si contrappongono come la luce della bellezza e il buio della deformità, i ricchi e i poveri, i cattivi e i ribelli. Il sublime e il grottesco si fronteggiano in una macabra danza. Oltrepassare il confine di questo mondo surreale, stando comodamente seduta sul mio divano, è un vero piacere. Nulla può spaventare in questo viaggio infernale perché avremo una guida davvero eccezionale. Lascio a voi il gusto di scoprire il suo nome e ringrazio di cuore Emanuela Valentini per queste sue bellissime acrobazie nel mondo steampunk capace di generare stupore e meraviglia lasciando nel cuore di noi lettori un filo di speranza.