mercoledì 30 giugno 2021

BLOGTOUR | "Regina Rossa" di Juan Gomez-Jurado | I 5 motivi per leggere il romanzo

Tra i libri da mettere in valigia prima di partite per le meritate vacanze, un buon thriller non può certo mancare giusto per assicurarsi un’estate da brivido. Vi propongo “Regina Rossa” di Juan Gòmez-Jurado, traduzione di Elisa Tramontin. Il romanzo esce in Italia il 1° luglio nella collana Darkside della Fazi.

“Regina Rossa” è un romanzo originale, dal ritmo frenetico con tanta azione e suspense ma disseminato anche di riflessioni sui comportamenti umani e di sfide enormi da affrontare.

Perché leggere questo romanzo? Per ben cinque ottimi motivi che ora vi elencherò.





Regina Rossa
(Trilogia di Juan Gomez-Jurado #1)
Juan Gomez-Jurado

Editore: Fazi
Prezzo: € 18,00
Sinossi
Antonia Scott è speciale. Molto speciale. Non è una poliziotta né una criminologa. Non ha mai impugnato un’arma né portato un distintivo. Eppure ha risolto dozzine di casi. Ma è da tempo che non esce dalla sua soffitta a Lavapiés. Dotata di un’intelligenza straordinaria, è stanca di vivere: ciò che ha perso contava molto più di ciò che l’aspetta là fuori. Jon Gutiérrez, quarantatré anni, omosessuale, ispettore di polizia a Bilbao, è nei guai: su Internet circola un video in cui, nell’intento di aiutare una giovane prostituta, introduce nell’auto del suo protettore una dose di eroina sufficiente a mandarlo dritto in prigione. A farli conoscere è Mentor, la misteriosa figura a capo dell’unità spagnola di Regina Rossa: un programma segreto volto alla cattura di criminali di alto profilo in Europa. Così, loro malgrado, Antonia e Jon si trovano a collaborare a un caso spinoso: il cadavere di Álvaro Trueba, il figlio della presidentessa della banca più grande d’Europa, è stato ritrovato in una villa immacolata con un calice pieno di sangue in mano. La stessa notte, anche Carla Ortiz, figlia di uno dei più ricchi imprenditori del mondo, è scomparsa. Entrambe le famiglie hanno ricevuto una telefonata da un uomo che dice di chiamarsi Ezequiel, ma non vogliono rivelare i dettagli della conversazione avuta con lui: evidentemente, ci sono dei segreti così grandi da non poter essere sacrificati nemmeno in nome di un figlio. Chi è Ezequiel? Si tratta di uno psicopatico o dietro c’è qualcosa di più? Per Antonia e Jon scatta così una disperata corsa contro il tempo, tra false piste, pestate di piedi e trappole mortali, attraverso i meandri più oscuri di Madrid.



I 5 motivi per leggere il romanzo

1. Perchè questo thriller è un fenomeno editoriale più unico che raro: è stato infatti il libro in assoluto più venduto  in Spagna sia nel 2019 che nel 2020 raggiungendo le 50 ristampe, è il primo capitolo di una trilogia che non potete perdere e sicuramente rimarrete più che soddisfatti. In “Regina Rossa” incontriamo per la prima volta Antonia Scott, un personaggio unico e indimenticabile. È una donna speciale, interessante, poco socievole ma con una mente geniale e una memoria incredibile. Non è una poliziotta né un’avvocata, non ama portare armi ed è molto determinata e coraggiosa nel risolvere i problemi altrui mentre combatte incessantemente con i suoi demoni interiori. Ha salvato decine di vite. Da circa due anni ha lasciato il suo lavoro, vive isolata nella sua soffitta a Lavapiés, assillata dai sensi di colpa. Ogni giorno pensa al suicidio per tre minuti .

Antonia Scott si concede di pensare al suicidio soltanto tre minuti al giorno. Per altre persone, tre minuti possono essere un lasso di tempo risibile. Non per Antonia. Potremmo dire che la sua mente ha molti cavalli sotto il cofano, ma la testa di Antonia non è come il motore di una macchina sportiva. Potremmo dire che è capace di molti cicli di elaborazione, ma la mente di Antonia non è come un computer. La mente di Antonia Scott è piuttosto come una giungla, una giungla piena di scimmie che saltano a tutta velocità da una liana all’altra portando cose. Molte cose e molte scimmie, che si incrociano in aria e mostrano i denti.

A rompere il suo isolamento sarà l’ispettore di polizia Jon Gutiérrez, quarantatré anni, alto, massiccio ma non grasso. Ama vestire in modo elegante, ha sempre mostrato scarsa tolleranza all’autorità, ha una spiccata preferenze per le scorciatoie, è un combina guai che non conosce la diplomazia ed è omosessuale. Jon è nei guai per aver tentato, con metodi poco leciti, di aiutare una prostituta. È stato sospeso dal servizio, senza stipendio, e naviga in un mare di guai quando viene avvicinato dal misterioso Mentor.

Antonia e Jon dovranno scoprire cosa si nasconde dietro l’omicidio di Alvaro Trueba, figlio della presidentessa della banca più grande d’Europa. Il cadavere del giovane è stato ritrovato in una villa immacolata con un calice pieno di sangue in mano. Un omicidio che somiglia a un rituale. Le cose si complicano quando, la stessa notte, viene rapita una  giovane donna figlia di un uomo d’affari galiziano considerato l’uomo più ricco del mondo. Entrambe le famiglie hanno ricevuto una telefonata da un uomo che dice di chiamarsi Ezequiel, in che cosa consisterà il riscatto richiesto? I genitori saranno pronti ad accettare le richieste del rapitore o sacrificheranno i loro figli sull’altare di segreti che non possono essere svelati? Chi è Ezequiel?

2. Perchè, fin da subito, sentirete una fame verace che vi costringerà a divorare le pagine del libro per immergervi in una trama contorta, ricca di perfidia e cattiveria, che nasconde molti segreti. Non riuscirete a resistere alla curiosità di sapere cosa succede, come e perché  questi crimini avvengono. Conoscerete personaggi che la pensano in maniera differente fra loro, ciascuno immerso nella realtà ne rappresenta un frammento, una lotta tra bene e male, tra ciò che è giusto e ciò che è morale. Vi chiederete, chi è o cos’è Regina Rossa?

3. Perché l’autore ha la capacità di sedurre i lettori tessendo una trama articolata e intrigante, che mescola paure personali a scenari internazionali, con una narrazione fluida e personaggi ben strutturati. La divisione in capitoli brevi, paragonabili a frammenti di un incubo, ne agevola la lettura così come la narrazione in terza persona aggiunge una vena di umorismo nero. Ci sono capitoli dedicati alla prigionia della vittima, che vi faranno venire i brividi e altri con scene d’azione, intrighi e misteriosi personaggi. Ogni capitolo termina con un’incognita ed è impossibile resistere alla tentazione di leggerne un altro e poi un altro e un altro ancora. Gòmez-Jurado alterna pagine che parlano del presente e mostrano l’evoluzione delle indagini, a momenti che raccontano episodi del passato dei personaggi. Il tutto mantiene alta la tensione e segna il countdown contro un’avversaria implacabile: la morte

4. Perchè per l’autore è fondamentale l’emozione del lettore tenendo conto delle sue aspettative ed escogitando colpi di scena per sorprenderlo. Per realizzare l’effetto “fiato sospeso”, Juan Gomez-Jurado  utilizza  vari tipi di strategie come la costruzione di un narratore interno alla storia che si fonde con un protagonista e consente al lettore di scoprire i suoi pensieri e di sperimentare come ogni personaggio vive le diverse situazioni. La narrazione, vertiginosa e coinvolgente, mostra personaggi in continua evoluzione che affrontano sfide diverse con modi differenti. Antonia, ad esempio, è idealista e non esita a lottare per ciò in cui crede. Jon è un uomo concreto che bada ai fatti e agli eventi con grande senso pratico.

5. Perchè Juan Gomez-Jurado è considerato il re del thriller spagnolo. Nei suoi libri l’ingrediente segreto è “tener sempre alta la curiosità e l’emozione del lettore”. Importanti sono l’intrigo e una scrittura caratterizzata da uno stile rapido e veloce che agevolano la lettura. L’autore ama il contatto con il suo pubblico di lettori e non si paragona a uno scrittore che vive nella sua torre d’avorio. Infatti trascorre molte ore interagendo con i lettori sui social media o firmando autografi. Tutto ciò è per lui molto soddisfacente dal punto di vista emotivo.

Un ultimo consiglio: quando Antonia e Jon torneranno, perché sicuramente torneranno, non fatevi trovare impreparati! 




giovedì 24 giugno 2021

RECENSIONE | "Capelli, lacrime e zanzare" di Namwali Serpell

“Capelli, lacrime e zanzare” è l’imponente romanzo di Namwali Serpell, in libreria dal 24 giugno per Fazi nella traduzione di Enrica Budetta. È una romanzo che narra di tre generazioni di famiglie in cui mille piccole storie si uniscono per dare vita a una storia lunga più di un secolo ambientata in Zambia, nella zona delle cascate Vittoria. Il libro, 650 pagine, è intriso di atmosfere che ricordano “Cent’anni di solitudine” e “I figli della mezzanotte”, spazia abilmente tra romanzo storico, realismo magico, fantascienza, facendo dei personaggi il suo punto di forza. Forza che si scontra contro un mondo in continua evoluzione. “Capelli, lacrime e zanzare”, definito il grande romanzo africano del ventunesimo secolo, segna l’esordio di Namwali Serpell, giovane autrice pluripremiata dello Zambia naturalizzata americana. 


STILE: 8 | STORIA: 9 | COVER: 7
Capelli, lacrime e zanzare
Namwali Serpell

Editore: Fazi
Pagine: 650
Prezzo: € 18,50
Sinossi

1904. Sulle rive del fiume Zambesi, a poche miglia dalle maestose Cascate Vittoria, c'è un insediamento coloniale chiamato Old Drift. In una stanza fumosa dell'hotel dall'altra parte del fiume, un esploratore di nome Percy M. Clark, annebbiato dalla febbre, commette un errore che intreccia il destino di un albergatore italiano con quello di un garzone africano. Questo innesca un ciclo di inconsapevoli conseguenze che travolgono tre famiglie dello Zambia (una nera, una bianca, una mista) i cui membri si scontrano e s'incontrano nel corso del secolo, nel presente e oltre. Con il susseguirsi delle generazioni, le storie di queste famiglie – i loro trionfi, i loro errori, le perdite e le speranze – emergono attraverso un panorama di storia, fiaba, romanticismo e fantascienza. 


Zt.Zzt.ZZZzzzZZZzzzzZZZzzzzzzZZZZzzzzzzzzZZZzzzzzzZZZzzzzo’ona.

E allora. Un uomo bianco come un cencio si ritrova con la barba lunga e si perde nel cuore accecante dell’Africa. A furia di mettere radici e girovagare, fermarsi e ripartire, diventa il nostro padre involontario, il nostro inconsapevole pater muzungu. Questa è la storia di una nazione, non di un regno o di un popolo, perciò inizia, ovviamente, con un uomo bianco.

1904. Sulle rive del fiume Zambezi, a pochi chilometri dalle maestose Cascate Vittoria, c’era una volta un insediamento coloniale chiamato Old Drift. In una fumosa stanza d’hotel, un esploratore di nome Percy M. Clark, in preda ai deliri febbrili, commise un errore e la Storia mutò. Il destino di un albergatore italiano s’intrecciò con quello di un garzone africano.

Adesso avete ascoltato il resoconto del tale Percy M. Clark, un girovago, un bruto, un mascalzone, il capostipite che diede inizio a tutto. Sosteneva di essere un abitante dell’Old Drift, ma di certo non aveva imparato la nostra lezione: la sua mano strinse un po’ troppo. Una scivolata e una stretta, un grido e una caduta, e una ragazzina colpisce un ragazzino.

Ciò innescò un ciclo di inconsapevoli conseguenze che travolsero tre famiglie dello Zambia (una nera, una bianca e una mista), i cui membri si scontrarono e s’incontrarono nel corso di un secolo, nel presente e oltre. Leggeremo di bambine che sembrano strane creature, di una tennista cieca, di capelli che crescono di continuo, di lacrime inarrestabili che solcano il viso di una donna. Un germogliare di personaggi indimenticabili che diventeranno guide per viaggiare nel tempo e nello spazio per assistere alla storia della nascita della Zambia.

Il romanzo corre via veloce a un ritmo strabiliante e affronta temi come la società e la politica dello Zambia, la ricerca di vaccini per l’AIDS, la sessualità e non pago, del passato e del presente, si proietta nel futuro. Inizia come un romanzo storico, attraversa il periodo coloniale fino all’indipendenza dello Zambia, e approda nel futuro della guerra tecnologica.

All’inizio del libro troverete utilissimi alberi genealogici delle famiglie coinvolte e vi sorprenderà sapere che una delle voci narrante è rappresentata da uno sciame di zanzare, un espediente adatto a un racconto dell’Africa.

Per secoli vi abbiamo punto senza che ci riteneste degne di nota. O forse sì: di certo voi amate le vostre storie. I vostri racconti più antichi parlavano di animali, ovviamente, favole bestiali incise sulle pareti delle caverne. Ebbene, è ora di ribaltare le favole per così dire, è ora che siamo noi a raccontare a voi ciò che sappiamo. Uno sciame non è che una rete allentata di nodi.

Il romanzo, composto da un mosaico di vicende, è uscito nel 2019 negli USA e la sua stesura è durata vent’anni. Infatti, l’autrice, ha iniziato a scriverlo quando era una studentessa di letteratura a Yale. Seguendo un canovaccio che mostra fin da subito la forma corale dell’opera, l’autrice ci presenta tanti personaggi che si muovono non solo in Africa, ma anche in Italia, India e in Inghilterra dove gli inglesi hanno accumulato, in materia coloniale, un’esperienza maggiore di qualsiasi altro popolo.

Con una scrittura grintosa, l’autrice tesse un intreccio che toglie il fiato coniugando generazioni, razze, luoghi, lingue, generi e scienza. Le storie hanno un’anima intima, spesso divertente e ripercorrono vie già tracciate seguendo un’orbita che ritorna ciclicamente proprio come i movimenti di uno sciame di zanzare.

L’autrice con gran abilità intreccia storie individuali con eventi più grandi. La narrazione è caratterizzata da un senso misto di destino e casualità che rispecchia la vita stessa. A rendere ancora più ricca la narrazione è l’espediente di inserire alcuni personaggi in generi diversi.

Nel realismo magico collocherei due figure: Sibilla, nata nel 1939, che aveva il corpo ricoperto di peli che ricrescevano senza sosta e la famosa piangente di Kalingalinga, che piangeva continuamente e vedeva nel suo cuore spezzato la fonte del suo dolore. Scoprirete che nel 1964, lo Zambia conquistava la sua indipendenza e ovunque c’era un gran fermento. Carichi di grande aspettative erano dei ragazzi che avevano da poco cominciato un programma speciale di addestramento per andare sulla Luna. L’intento era non solo scientifico ma anche politico, si voleva superare i Paesi colonialisti nella corsa allo spazio. Nel futurismo è il posto di Jacob, ossessionato dalla tecnologia e dall’ingegneria e dalle cose che volano. Poi c’è Agnes, la ragazza inglese dell’alta borghesia bianca, che perde la vista e s’innamora di un uomo di colore senza sapere che è nero. Cacciata dalla sua famiglia, Agnes lo segue in Africa.

La tecnologia ha un ruolo importante nel romanzo ed è vista come un tentativo di controllare corpi e natura. Ci sono dighe, aerei, razzi e droni. Le persone, nella sezione del libro ambientata nel futuro, hanno piccoli chip incastonati nelle dita e uno schermo di Google incorporato sul palmo della mano. Il corpo, invece, è una linea di demarcazione tra l’interno e l’esterno. Nel romanzo c’è molta fisicità. Nel colore della pelle dei personaggi, nelle storie che generano felicità e passione ma anche dolore e lacrime, nella strage senza fine causata dall’AIDS. Anche il colonialismo ricopre un ruolo importante ingannando e sfruttando i nativi.

Essendo il libro bello corposo, vi consiglio di non leggerlo in un’unica soluzione dall’inizio alla fine. Il rischio è di provare disorientamento perché l’andamento narrativo travalica il tempo e si muove sinuoso, non scordate lo sciame di zanzare, tra passato, presente e futuro. Io ho letto pochi paragrafi alla volta cercando di assimilare i vari personaggi, i luoghi, gli eventi. Non saltate le pagine perché ogni microstoria offre un mondo caratterizzato da personaggi mai passivi ma sempre, anche se spesso dolorosamente, in azione.

In ogni società ci sono cose che si possono avere e cose che non si possono avere e poi ci sono quelli abbastanza coraggiosi da andare a prendersele.

Il romanzo inizia con un coro di zanzare, piccoli insetti volanti che si aggirano tra i capitoli, rallegrandosi per la stupidità degli esseri umani, diffondendo la loro saggezza insieme alle malattie infettive. Mentre il tempo passa solo le zanzare sopravvivono a ogni cosa depositari della nostra nemesi.

Compagni di vecchia data, antichi avversari, sodali e sfidanti, amici nemici. Siamo un’accoppiata perfetta, Umanità e Zanzare. Siamo due specie inutili e ubique. Ma mentre voi dominate la terra e la distruggete per gioco, noi non facciamo altro che bighellonare, eroi non cantati.

“Capelli, lacrime e zanzare” è un romanzo straordinario che mostra il nostro desiderio di creare e superare i confini. È un libro impegnativo da leggere ma vale la pena impegnarsi a scoprire storie avventurose, profondamente affascinanti e dense di destini intrecciati in modo potente e magico. È un magnifico canto corale di uomini che si ribellano contro l’ordine costituito. 

lunedì 21 giugno 2021

RECENSIONE | “Klara e il Sole” di Kazuo Ishiguro

Il premio Nobel per la Letteratura nel 2017, Kazuo Ishiguro, torna in libreria con il suo attesissimo romanzo “Klara e il Sole”, Einaudi. Klara, un robot femmina umanoide di generazione B2 ad alimentazione solare, osserva il mondo da una vetrina nell’attesa che un piccolo amico la acquisti. Tra i suoi circuiti nascono ammirevoli propositi grazie ai suoi straordinari talenti di androide. Gli terrà compagnia, lo proteggerà dalla tristezza e affronterà per lui l’insidia più grande: imparare tutte le mille stanze del suo cuore umano. Quando Josie, una ragazzina di 14  anni, la sceglie come sua AA (Amico Artificiale), Klara pensa di aver trovato finalmente una famiglia ma una tremenda realtà l’aspetta. Possono gli automi interagire con noi anche emotivamente? In un mondo dove gli adolescenti sono sempre più soli e non sanno più socializzare fra loro, gli AA rappresentano l’unica soluzione possibile?


STILE: 8 | STORIA: 9 | COVER: 8
Klara e il Sole
Kazuo Ishiguro

Editore: Einaudi
Pagine: 250
Prezzo: € 19,50
Sinossi

Seduta in vetrina sotto i raggi gentili del Sole, Klara osserva il mondo di fuori e aspetta di essere acquistata e portata a casa. Promette di dedicare tutti i suoi straordinari talenti di androide B2 al piccolo amico che la sceglierà. Gli terrà compagnia, lo proteggerà dalla malattia e dalla tristezza, e affronterà per lui l'insidia più grande: imparare tutte le mille stanze del suo cuore umano. Dalla vetrina del suo negozio, Klara osserva trepidante il fuori e le meraviglie che contiene: il disegno del Sole sulle cose e l'alto Palazzo RPO dietro cui ogni sera lo vede sparire, i passanti tutti diversi, Mendicante e il suo cane, i bambini che la guardano dal vetro, con le loro allegrie e le loro tristezze. Ogni cosa la affascina, tutto la sorprende. La sua voce, così ingenua ed empatica, schiva e curiosa quanto quella di un animale da compagnia, appartiene in realtà a un robot umanoide di generazione B2 ad alimentazione solare: Klara è un modello piuttosto sofisticato di Amico Artificiale, in attesa, come la sua amica Rosa e il suo amico Rex, e tutti gli altri AA del negozio, del piccolo umano che la sceglierà. A sceglierla è la quattordicenne Josie. E fin dalla sua prima visita al negozio, nonostante l'ammonimento di Direttrice sulla volubilità dei bambini, Klara sente di appartenerle, e per sempre. Josie è una ragazzina vivace e sensibile, ma afflitta da un male oscuro che minaccia di compromettere le sue prospettive future. Per lei Klara è pronta ad affrontare la brusca autorevolezza di una madre cupa e indecifrabile, l'ostilità spiccia di Domestica Melania e gli scherzi cattivi dei compagni speciali che frequentano con Josie gli «incontri di interazione», e che mal sopportano i diversi. Quando la malattia di Josie colpisce più duramente, Klara sa che cosa fare: deve trovare colui da cui ogni nutrimento discende e intercedere per la sua protetta, anche a costo di qualche sacrificio; deve impegnarcisi anima e corpo, come se anima e corpo avesse. 


È bellissimo che tu voglia venire. Ma voglio che tra noi sia tutto chiaro dal principio, perciò devo dirti una cosa… Forse dipende dal fatto che certi giorni non sto tanto bene. Non lo so. Ma potrebbe succedere qualcosa. Non so bene cosa. Non so nemmeno se è brutta o no. Comunque, capita qualche volta che le cose diventino un po’, sì, strane.

Dalla vetrina del suo negozio, Klara osserva e comprende tutto ciò che succede. Vede le luci e le ombre disegnate dal Sole, i bambini che la guardano dal vetro, le espressioni dei passanti, Mendicante e il suo cane. Ogni cosa la affascina, tutto la sorprende. A sceglierla è la quattordicenne Josie. Klara, nonostante l’ammonimento di Direttrice sulla volubilità dei bambini, sente subito di appartenerle per sempre. Josie è afflitta da un male oscuro che minaccia di compromettere le sue prospettive future. Per lei Klara affronterà la brusca autorevolezza di una madre cupa e indecifrabile, l’ostilità di Domestica Melania e gli scherzi cattivi dei compagni speciali che frequentano con Josie gli “incontri di interazione” e che mal sopportano i diversi. Quando la malattia della ragazzina colpisce duramente, Klara sa che cosa deve fare: deve trovare colui da cui ogni nutrimento discende e intercedere per la sua protetta. Non importa se sarà costretta a qualche sacrificio. Klara si impegnerà anima e corpo, come se anima e corpo avesse.

“Klara e il Sole” è una potente storia di amore e di amicizia che si legano ai  temi importanti come il sacrificio e la complessità del cuore umano, composito e sfaccettato come i riquadri in cui si fraziona la vista dell’androide che rivolse la sua preghiera al Sole. La storia si muove in equilibrio sui labili confini tra l’intelligenza artificiale e la natura umana, induce alla riflessione e alla malinconia. Questi temi, cari all’autore, erano già presenti in “Il gigante sepolto” (recensione), “Non lasciarmi” e “Quel che resta del giorno”.

Ishiguro sembra narrare una storia placida, fluida, ma sotto la superficie forze inquietanti si agitano. I personaggi hanno la capacità di comportarsi nel modo più adeguato nelle varie circostanze, sanno destreggiarsi nei rapporti sociali eppure sono sempre circondati da un alone di tensione che si esprime come presenza costante nel romanzo. Sembrano multistrato, in ogni compartimento si celano tormenti e ambiguità tanto che sono proprio gli umani a turbare i lettori mentre si arriva a provare una specie di tenerezza per gli automi che si mostrano come i nuovi schiavi. Klara, un’infinità di volte ho dimenticato la sua natura artificiale, ha dei limiti dovuti alla sua natura robotica ma il suo agire è stato, per me, fonte di commozione. Nella sua ingenuità Klara vuole proteggere Josie dalla crudeltà del mondo ma è impossibile eliminare ogni male con un colpo di spugna. Ci sarà sempre uno sguardo, un atteggiamento, un’ombra inquieta. Il mondo è davanti a sfide imposte dal progredire della scienza, della tecnologia e della medicina.  Cosa succederebbe se i robot sentissero, pensassero e provassero sentimenti? Se la mente artificiale diventasse autonoma?

Klara è sempre attenta, osserva ciò che succede in casa di Josie. Osserva tutto ma non è in grado di comprendere le sfumature emotive.

A volte deve essere bello non avere sentimenti. Ti invidio. Ci pensai, e dissi: - Io credo di avere tanti sentimenti. Più cose osservo, e più acquisisco accesso a nuovi sentimenti.

Non affezionarsi a Klara è impossibile perché mostra un’umanità che gli uomini sembrano aver perso. Lo so è un robot ma forse fra i circuiti aleggia un’anima che si nutre di ingenuità e innocenza. Klara pensa di poter aiutare Josie nel momento del dolore, rivolgendosi al Sole che lei considera il suo dio e con il quale farà un patto per salvare la sua giovane amica. Anche questo comportamento è simile a quello di noi uomini quando ci rivolgiamo al nostro Dio per chiedere un aiuto.

Nella società descritta da Ishiguro ad avere successo sono i ragazzi potenziati sottoposti a un editing genetico: studiano a casa e vengono istruiti secondo un processo, non privo di rischi, che serve a ottimizzarli. Per loro vengono costruiti gli AA, come Klara, che non possono far del male e devono proteggere i loro piccoli amici e devono obbedire agli ordini impartiti dagli uomini senza causare alcun danno. Klara sorveglia Josie, obbedisce agli ordini ed è pronta a sacrificare una parte di sé per salvarla. Quindi per me Klara, voce narrante del romanzo, ha un’anima è sempre generosa, si sforza di capire e impara che gli umani non sono poi così speciali ma speciale è l’amore che ci rende unici. Tuttavia non sono i buoni sentimenti a regnare in questa storia. La famiglia di Josie ha dei segreti che mentre noi riusciamo a intuire, Klara non capisce e saranno, credetemi, cose brutte.

“Klara e il Sole” vi porterà a conoscere l’inquietante ritrattista  Mister Capaldi (vuol fare un ritratto davvero particolare a Josie), le infernali Cootings Machine che con il loro inquinamento impediscono ai raggi solari di giungere sulla Terra e vedrete nel Sole una divinità che Klara designerà come sua  guida dalla prima all’ultima pagina. Il finale è malinconico.

“Klara e il Sole” è un racconto inquietante di un mondo alla deriva dove non sono i robot a essere spaventosi. È sicuramente una lettura emozionante che riflette su quanto sia insicuro investire nelle promesse degli uomini. Ishiguro guarda il mondo con gli occhi di un robot e crea una società distopica in cui i valori e le idee odierne sono portate all’estremo. I robot sono insensibili ma sono macchine, è nella loro natura. Gli uomini invece fanno della loro insensibilità un pregio e tramano intrecciando i fili di un’orribile rivelazione che porterà al triste epilogo del romanzo. Klara, in alcune scelte, sembra più umana degli uomini. Klara nata dall’intelligenza artificiale si ritroverà ad essere un androide a cui Ishiguro dona un’anima.

mercoledì 16 giugno 2021

BLOGTOUR | "Nella tana del serpente" di Michele Navarra | I 5 motivi per leggere il romanzo

Dopo “Solo Dio è innocente”, Michele Navarra torna in libreria dal 17 giugno con “Nella tana del serpente” (Fazi Editore), un nuovo avvincente romanzo con protagonista l’avvocato Alessandro Gordiani.

Michele Navarra, avvocato penalista dal 1992, nel corso della sua carriera ha avuto modo di seguire in prima persona alcune delle vicende giudiziarie più importanti della storia italiana, dalla strage di Ustica ai fatti della banda della Uno bianca. Ha inventato la figura dell’avvocato Gordiani, personaggio ricorrente nei suoi legal thriller, penalista coscienzioso che si divide tra le pesanti responsabilità della professione e la sua indole ironica e scherzosa. Ora vi spiego perché dovete leggere questo romanzo..





Nella tana del serpente
Michele Navarra

Editore: Fazi
Prezzo: € 16,00
Sinossi
Tra gli alti palazzi del Corviale, alla periferia di Roma, la vita è grigia come il cemento che ricopre i suoi edifici. Elia Desideri è un piccolo commerciante che cerca di tirare avanti come può, mentre suo figlio viene risucchiato dalle false promesse della banda del quartiere, chiamato volgarmente "Serpentone". Uomo amareggiato e scontroso, Elia si scaglia spesso contro gli immigrati che vivono attorno a lui. Quando uno di questi viene ritrovato morto, Elia diventa immediatamente il principale sospettato. Eppure, l'uomo giura di essere innocente e chiede aiuto a Gordiani. Destreggiandosi abilmente fra bande criminali, procuratori inflessibili e amori mai sopiti, in questo incalzante romanzo, Alessandro Gordiani si ritroverà alle prese con una situazione molto più complicata del previsto dove la verità si nasconde nel degrado e nelle abitudini di un quartiere pieno di rancore.



I 5 motivi per leggere il romanzo

1. Perchè la trama giudiziaria – con tutti i tasselli di innocenza, colpevolezza, indagine, dubbio, ricerca della verità – suscita sempre interesse nei lettori perché ha radici nella realtà e poi si trasforma, grazie alla fantasia dell’autore, in un romanzo accattivante e ben scritto. 

Tra gli alti palazzi del Corviale, alla periferia di Roma, la vita è grigia come il cemento che ricopre i suoi edifici. Elia Desideri è un piccolo commerciante alle prese con i problemi nati da una crisi economica che non conosce confini. Anche nella sua famiglia i guai non mancano: suo figlio si è lasciato ammaliare dalle false promesse della banda del quartiere chiamato volgarmente “Serpentone”. Elia, uomo scontroso e amareggiato, si scaglia spesso contro gli immigrati che vivono attorno a lui, primi fra tutti i Bayazid, rifugiati siriani suoi vicini di casa. Quando il giovane Nadir Bayazid viene ritrovato morto, Elia diventa il principale sospettato. L’uomo portato in carcere, si dichiara innocente, chiede l’aiuto di Gordiani. L’avvocato dovrà destreggiarsi abilmente fra bande rivali, procuratori inflessibili e amori mai sopiti. La verità si nasconde nel degrado e nelle abitudini di un quartiere pieno di rancori, una zona oscura e impenetrabile dove la violenza soffoca le buone abitudini e la diversità è vista come minaccia.

2. Perché è un legal thriller incalzante, intrigante e scorrevole che vi farà riflettere sul concetto di giustizia e di legge. Molto spesso, davanti a crimini di violenza inaudita, vorremmo essere noi i giustizieri ma la società evoluta in cui viviamo ci impone di sottostare alla legge. Navarra definisce la giustizia come qualcosa di divino. La legge è umana, scritta da uomini che, in quanto esseri imperfetti, emanano leggi che non corrispondono alla giustizia. Applicare la legge non vuol dire fare automaticamente giustizia,

«Vede, signor Desideri, non sempre è facile poter affermare che la giustizia, e parlo di quella con la G maiuscola, abbia trionfato», cominciò a spiegare Gordiani senza riuscire a nascondere un pizzico di disillusione nella voce, «molto spesso, in realtà, alla fine di un processo non ci sono né vinti né vincitori».

3. Perchè questo romanzo è un cattura-lettori. Se comincerete a leggerlo difficilmente riuscirete a smettere conquistati da uno stile elegante e fluido. Potrete allenare la vostra materia grigia e rilassarvi provando il brivido dell’azione senza essere realmente in pericolo. La storia inizia quasi in sordina poi le acque si agitano e gli esseri umani iniziano a mostrare le loro debolezze, l’avidità, i difetti che rendono la realtà crudele. Sarete curiosi, inutile negarlo, di svelare il passato dell’imputato, la vita privata della vittima e ovunque scoprirete scheletri nell’armadio. Curiosità che aumenterà man mano che vi addentrerete nella storia, man mano che il vostro desiderio di giustizia diventerà inderogabile soprattutto quando vi troverete dinnanzi a tematiche scottanti come la pratica dei matrimoni combinati diffusa in altre culture. Scusate ma il pensiero vola alla trista vicenda di Saman Abbas, la 18enne scomparsa nel nulla da oltre un mese in provincia di Reggio Emilia. Ha detto di no alle nozze combinate e la sua famiglia, a quanto pare, l’ha uccisa.

“Lo sa qual è il colore della giustizia, signor Desideri?” chiese Alessandro pensieroso. “Vede, il vero colore della giustizia non è il bianco, dove alla fine sono sempre i “buoni” a vincere, dove alla fine hanno sempre ragione quelli che è giusto l’abbiano. E non è nemmeno il nero, dove a vincere sono sempre i “cattivi”, dove la ragione viene data sempre alla parte sbagliata, a quella che era nel torto. E di certo non è neanche il rosso, il colore del sangue, proprio quello che i tanti  giustizialisti, forcaioli e vendicatori dell’ultima ora vorrebbero. In verità il colore della giustizia è il grigio pur con tutte le sue sfumature.”

4. Perchè potrete osservare Gordiani, uomo imperfetto e realista, alla ricerca della verità nel tentativo di smontare le accuse a carico del suo assistito. Sempre in giro sulla sua Vespa bianca, l’avvocato avrà il compito di convincere carabinieri e Procura ad allargare lo spettro delle indagini su un caso all’apparenza molto semplice ma che semplice non è. Lui è perennemente insoddisfatto per la consapevolezza dell’inconciliabile dicotomia tra “giustizia e legge”. Come se non bastasse, Gordiani sta attraversando un momento di grande incertezza nella sua vita privata, che lo porterà a mettere in discussione i valori in cui crede. Alessandro dovrà entrare nel lato grigio della giustizia.

In verità il colore della giustizia è il grigio. Quel colore spento, opaco, di cenere e cemento, proprio come quello dei muri di Corviale, quel serpente nascosto dentro la sua gigantesca tana, in attesa di mordere e inoculare in qualcuno il suo veleno.

5. Perchè  è un legal thriller che ci permette di conoscere il complesso architettonico di Corviale con la sua complessità sociale e culturale. Corviale ha un fascino tutto suo, fascino che suscita attrazione e inquietudine. Il Serpentone, come viene comunemente chiamato per via della lunghezza del suo edificio principale (la monumentale “stecca” di circa 980 metri), è divenuto l’emblema del degrado della capitale, portandosi dietro questa etichetta fino a oggi. Ora, forse, il futuro di Corviale si tinge dei colori della speranza grazie all’opera di grandi professionisti come la professoressa Guendalina Salimei (la cui storia ha ispirato il film di Riccardo Milani “Scusate se esisto” con Paola Cortellesi e Raoul Bova). Anche i suoi abitanti hanno un forte desiderio di legalità  per eliminare l’etichetta negativa che ha accompagnato la struttura fin dall’origine. Certo le difficoltà sono tante (in primis il traffico di stupefacenti) ma si può e si deve fare sempre meglio per restituire Corviale a quella che avrebbe dovuto essere la sua funzione abitativa e sociale nelle intenzioni e nella visione del suo progettista, l’architetto Mario Fiorentino.

E se 5 motivi non vi bastano, ne aggiungo un sesto che io considero molto importante.

6. Perchè “Nella tana del serpente” potrete constatare la differenza tra il nostro giallo giudiziario e il tipico legal thriller di stampo prettamente statunitense. Per chi legge i romanzi di Grisham, ad esempio, sono evidenti le differenze tra la realtà giudiziaria statunitense e quella italiana. Il romanzo giudiziario italiano si basa sul rigido rispetto descrittivo delle vere regole che disciplinano il mondo del diritto. Navarra, con la sua creatura di carta Alessandro Gordiani, ha dimostrato che quando si ha capacità ed esperienza sul campo, si può scrivere un ottimo romanzo giudiziario senza annoiare i lettori italiani. Gli avvocati di casa nostra spesso devono fare i conti oltre che con la propria coscienza, anche con la paura di aver scelto una strategia processuale sbagliata. Aggiungono inquietudine anche i tanti deficit della giustizia italiana. Quindi è facile condividere con il personaggio dell’avvocato le sue ansie, le sue paure. Navarra, attraverso Gordiani, può dire tutto ciò che pensa del mondo in cui vive e lavora.




martedì 8 giugno 2021

RECENSIONE | “Quando il mondo era giovane” di Carmen Korn

“Quando il mondo era giovane” è il primo capitolo di una nuova saga in due volumi firmata Carmen Korn, autrice della “Trilogia del secolo”: “Figlie di una nuova era”, "È tempo di ricominciare” e “Aria di novità”, tutti editi da Fazi Editore.

In questo attesissimo romanzo, Carmen Korn narra un’emozionante storia corale intrecciando la Storia alla quotidianità, la forza alla fragilità, il dolore alla speranza in un decennio all’insegna della rinascita. Tre famiglie pronte a prendere in mano il proprio destino perché è giunto il tempo di costruire il futuro riprendendosi tante piccole libertà che il nazismo e la guerra avevano cancellato.

STILE: 8 | STORIA: 9 | COVER: 8
Quando il mondo era giovane (Vol. 1)
Carmen Korn

Editore: Fazi
Pagine: 650
Prezzo: € 20,00
Sinossi

1 gennaio 1950: a Colonia, Amburgo e Sanremo si festeggia l'arrivo del nuovo decennio. Quello che si è appena concluso ha lasciato ferite profonde: nelle città, nelle menti e nei cuori. La casa di Gerda e Heinrich Aldenhoven a Colonia è stata distrutta e la galleria d'arte di Heinrich non basta per sfamare tutti. Ad Amburgo, invece, l'amica di Gerda, Elisabeth, e suo marito Kurt hanno meno preoccupazioni economiche: come manager pubblicitario di una cassa di risparmio, Kurt riesce a sostenere la sua famiglia; anche qui, però, i problemi non mancano: il genero Joachim non è ancora tornato dalla guerra. E infine Margarethe, nata Aldenhoven, si è trasferita da Colonia a Sanremo. La vita al fianco del marito italiano sembra spensierata, ma la presenza della suocera è molto ingombrante... Ognuno festeggia il capodanno a modo suo, ma il mattino seguente tutti si pongono le stesse domande: le ferite finalmente guariranno? Cosa riserva il futuro?


1 gennaio 1950: a Colonia, Amburgo e Sanremo si festeggia l’arrivo del nuovo decennio. Dopo gli anni della guerra e della distruzione, è giunto il momento della ricostruzione. La casa di Gerda e Heinrich Aldenhoven a Colonia è stata distrutta e la galleria d’arte di Heinrich non basta per sfamare tutti.

Heinrich era in preda a sentimenti contrastanti: da una parte la speranza, dall’altra la paura delle novità che il primo decennio di pace avrebbe portato.

Ad Amburgo, invece, l’amica di Gerda, Elisabeth, e suo marito Kurt hanno meno preoccupazioni economiche: lui è il direttore dell’ufficio pubblicità di una grande banca, ma anche qui i problemi non mancano. infatti il genero Joachim non è ancora tornato dalla guerra. Le ultime notizie lo davano prigioniero in un campo russo.

“Joachin non tornerà.”

“È con questo spirito che vuoi iniziare il nuovo anno?”

“Dovete smettere di tormentarvi, tu e Nina. Non vi fa bene, e non fa bene nemmeno al bambino lasciargli credere che suo padre tornerà dalla guerra!”

Infine conosciamo  Margarethe, nata Aldenhoven, che si è trasferita da Colonia a Sanremo. La vita al fianco del marito italiano sembra spensierata, ma la presenza della suocera è molto ingombrante.

“Se Fossi un po’ più robusta, sembreresti il camion dei pompieri” Ecco cosa le aveva detto sua suocera. Margarethe si era fatta rossa in viso, in pendant col cappotto che il proprietario del ristorante aveva appeso nel guardaroba.

Tre diverse città, tra famiglie che festeggiano il Capodanno, ma il mattino seguente tutti si pongono le stesse domande: le ferite finalmente guariranno? Cosa riserva il futuro?

Con “Quando il mondo era giovane” Carmen Korn affronta un arco narrativo che va dal 1950 al 1959 in cui si snodano le vicende di tre famiglie con i loro turbamenti, difficoltà e piccole gioie nell’affrontare un mondo nuovo culla di molte trasformazioni. I personaggi che animano questa storia sono un chiaro esempio di complessità e poliedricità sociale. Ne scaturiscono idee innovative: dalla posizione sociale delle donne (non hanno più intenzione di ricoprire il ruolo di “angelo del focolare” ma cercano di affermarsi attraverso il lavoro), al non essere più schiavi delle convenzioni, al proposito di liberarsi delle illusioni per vivere concretamente il presente e progettare un futuro migliore. Le nuove generazioni vogliono avere la libertà di scegliere il proprio futuro sperimentando lavori nuovi e non sono disposte a obbedire senza discutere. Trovare la fiducia in se stessi diventa importante per vincere le sfide della vita.

Leggere “Quando il mondo era giovane” mi ha permesso di seguire le storie delle tre famiglie legate da legami di parentela o amicizia. La storia è narrata da prospettive diverse e in luoghi diversi. Man mano che procedevo con la lettura, mi sono divertita a ricreare l’albero genealogico dei tre nuclei familiari. Ciò mi ha permesso di seguire al meglio gli eventi in movimento continuo tanto che mi sono sentita una lettrice con la valigia in mano pronta a spostarsi da una città all’altra. Ho intrapreso un viaggio nel tempo emozionante e ho scoperto anche una storia misteriosa che ruota intorno a un quadro il cui autore sembra svanito nel nulla.

Così come nella precedente trilogia, Carmen Korn usa capitoli brevi, uno stile di scrittura sobrio con frequenti cambi di prospettiva con cui riesce a trasmettere alla perfezione lo spirito del tempo. C’è anche una fugace apparizione, ad Amburgo, del dottor Theo Unger e di sua moglie Henny, personaggi della Trilogia del secolo.

La saga delle tre città è una panoramica su  ambienti e ceti diversi, l’autrice si ispira alla vita reale e mostra come i tempi difficili hanno creato un involucro protettivo intorno alle persone. Ora è tempo di uscire dal privato, le famiglie aprono le porte al futuro tenendo bene a mente l’importanza della libertà riconquistata. La crudeltà della Storia lascia il posto all’amore e all’amicizia. Non è tutto perfetto, i destini completamente felici non esistono ma esiste la speranza. Il finale tronca di netto il fluire degli eventi e dà appuntamento al prossimo capitolo.

giovedì 3 giugno 2021

RECENSIONE | "Il profumo segreto della lavanda" di Dinah Jefferies

Dall’autrice del bestseller internazionale “Il profumo delle foglie di tè” un nuovo romanzo approda nelle librerie: “Il profumo segreto della lavanda”, Dinah Jefferies, Newton Compton Editore. Questo romanzo, primo volume di una nuova trilogia storica, mescola realtà e finzione, Storia e fantasia, in un intreccio ricco di avvenimenti.

STILE: 8 | STORIA: 8 | COVER: 7
Il profumo segreto della lavanda
Dinah Jefferies

Editore: Newton Compton
Pagine: 480
Prezzo: € 9,90
Sinossi

1944. Hélène, Élise e Florence, tre sorelle di origine inglese, vivono nella tenuta estiva della loro famiglia nel Perigord Noir, suggestiva regione a sudovest della Francia. Con l'occupazione nazista la loro esistenza è stata sconvolta: le rappresaglie dei tedeschi su chi si oppone sono violentissime e l'esercito sembra determinato a combattere fino alla fine, nonostante abbia subito perdite ingenti. La bellezza struggente della macchia mediterranea diventa teatro di episodi di dolore e sofferenza. E le tre sorelle si trovano ben presto coinvolte in eventi in grado di mettere in pericolo la loro stessa vita. La casa dove vivono, infatti, diventerà il rifugio per un giovane militare tedesco che si rifiuta di continuare a combattere insieme agli invasori, disertando. E così, quando un agente incaricato dal governo britannico di sabotare i nazisti chiederà loro aiuto per ritrovare il compagno scomparso, Hélène, Élise e Florence dovranno scegliere da che parte stare. L'arrivo dei due uomini, così diversi tra loro, è la miccia che dà vita a un susseguirsi di eventi destinati a cambiare il loro destino: saranno costrette a decidere quanto sono disposte a rischiare pur di fare la cosa giusta.


Se solo fosse stata una giornata di fine estate, se avesse potuto inspirare il profumo intenso dei pini e degli abeti rossi baciati dal sole e avesse avuto la possibilità di guardare i fringuelli e gli storni che svolazzavano tra i rami degli alberi. Forse in quel caso il suo ottimismo avrebbe prevalso sulla claustrofobica sensazione data dalla vita che la incalzava, dalle antiche case in pietra coperte di licheni che la accerchiavano mentre attraversava il paesino con la luce che andava via via affievolendo. E forse avrebbe anche ricordato che erano solo persone comuni che cercavano di adattarsi a situazioni insostenibili.

Francia, 1944.

Héléne, Elise e Florence, tre sorelle di origine inglese, vivono in un vecchio casolare in pietra di proprietà della loro famiglia nel Perigord Noir, nel sudovest della Francia. A seguito dell’occupazione nazista la loro vita è stata sconvolta. Tutto il paese vive in un clima di continua paura, le rappresaglie dei tedeschi sono violentissime e ovunque c’è dolore e sofferenza.

Hélène, la sorella maggiore, si prodigava per tenere la famiglia al sicuro dall’occupazione nazista che diventava sempre più minacciosa. Lavorava come infermiera in una piccola clinica, amava il suo lavoro convinta di quanto era importante fornire assistenza ai malati.  Inizialmente non condivideva le scelte di sua sorella Elise, poi comprenderà che non si può stare in disparte davanti alla brutalità degli invasori, ma il coraggio avrà un prezzo altissimo.

Elise era temeraria e ribelle. Non poteva rimanere inerte davanti alla crudeltà nazista quindi aveva scelto di far parte della Resistenza locale indicata con il nome di “Maquis”. Combattevano contro gli occupanti tedeschi, che rispondevano ai loro attacchi con terribili atti di ritorsione, e dovevano tenere sotto controllo i loro collaboratori francesi.

Florence, la sorella minore, era fragile e ingenua. Era una sognatrice che desiderava solo un mondo in cui la Francia fosse finalmente libera. Sempre pronta ad aiutare i più deboli, i poveri e gli oppressi, Florence si occupava del giardino, della cucina e della casa cercando di rallegrare e coccolare le sorelle. Chi pensava che lei vivesse senza aver alcuna preoccupazione, si sbagliava di grosso. Conosceva la brutalità dell’occupazione, del sadismo della Gestapo e del loro odio verso gli ebrei.

Le ragazze si trovano ben presto coinvolte in eventi che possono mettere in pericolo la loro stessa vita. La casa dove vivono, infatti, diventerà il rifugio per un giovane militare tedesco che si rifiuta di continuare a combattere insieme agli invasori, disertando. Mentre il disertore è nascosto in soffitta, anche gli alleati, nelle vesti di un agente incaricato dal governo britannico di sabotare i nazisti, chiederanno il loro aiuto. L’arrivo dei due uomini, così diversi tra loro, è la miccia che innesca una serie di eventi destinati a cambiare il destino delle giovani sorelle. Quanto sono disposte a rischiare pur di fare la cosa giusta?

“Il profumo segreto della lavanda” è un romanzo che emoziona e cattura subito l’attenzione del lettore. Io ho preso subito a cuore le sorti delle tre sorelle ma ho provato empatia anche per alcuni personaggi costretti dalla guerra a mostrare i loro lati peggiori. In guerra anche i migliori uomini possono diventare i peggiori esseri umani.

Ho gioito e sofferto con loro, ho provato ansia quando gli eventi sono precipitati e ho visto, con inquietudine, accadere cose brutte in quei luoghi e tempi lontani. Ogni capitolo diventa una macchina del tempo e mi ha catapultata accanto alle protagoniste vivendo con loro un ventaglio di emozioni legate al conflitto bellico, alla povertà, al desiderio di libertà, alla paura della morte e al bisogno di amare ed essere amati.

È interessante scoprire come Dinah Jefferies, attraverso il romanzo, indaga la vita sociale dell’epoca offrendo al lettore vari temi su cui riflettere. Si parla di scelte, di identità, di coraggio, di esistenza. Ogni scelta, ben lo sappiamo, ha delle conseguenze e l’autrice racconta la genesi di queste scelte che hanno le radici nel cuore della guerra. Azioni mostruose fatte da uomini contro l’umanità si contrappongono ad azioni che rispecchiano l’amore e il rispetto per il prossimo. Perdere la fiducia nel futuro voleva dire arrendersi alla morte, rendere inutile qualunque sacrificio.

L’incipit del romanzo ci trasporta nel mondo delizioso della Dordogna ma le bellezze della natura vengono messe in ombra dalla crudeltà e dagli intrighi della guerra che non risparmia nessuno.  Hèlène, Elise e Florence sono donne complesse che verranno coinvolte in situazioni pericolose e dovranno lottare per salvare le persone che amano. Loro non hanno certezze ma mille dubbi e ciò le trasforma da personaggi in “persone” che affrontano la dura realtà. Far parte del Maquis era una scelta di disperazione ma anche di speranza. Le donne, Elise ne era un esempio, erano pronte a decidere in prima persona da che parte stare. La guerra dietro le linee viveva di sabotaggi, di informazioni, di guerriglia e i tedeschi rispondevano con ritorsioni spaventose a opera di uomini spietati che violentavano, uccidevano e torturavano chiunque, incuranti della sofferenza altrui. La paura abbracciava le tre sorelle, quasi le soffocava ma loro riuscivano a trasformarla in forza per reagire. A volte si mostravano spavalde ma era tutta finzione.

Cosa ne sarebbe stato di loro? Dove sarebbero state di lì a uno o due anni? E dopo ancora? La guerra continuava a imperversare con la stessa implacabilità, ma adesso ne aveva abbastanza di sentirsi così, di permettere che la vita le scivolasse tra le dita.

“Il profumo segreto della lavanda”  è una storia che ti pone davanti a delle scelte. Si può provare rabbia, insicurezza, odio e paura per il resto della vita o reagire costruendo, giorno dopo giorno, una vita nuova. Fare le scelte giuste non è mai facile soprattutto quando la testa dice una cosa e il cuore un’altra. Sulla lunga strada dei crimini di guerra sarà difficile, ma non impossibile, incontrare l’amore e il perdono. Lì, dove ciò accade, sorge l’alba di un mondo nuovo e si spera in un mondo migliore.