giovedì 22 luglio 2021

RECENSIONE | "Sorelle" di Daisy Johnson

È da oggi in tutte le librerie “Sorelle” di Daisy Johnson (Fazi), la più giovane scrittrice mai entrata nella rosa dei finalisti del Man Booker Prize con il suo romanzo d’esordio “Nel profondo”, astro nascente della narrativa inglese. Ricco di tensione e profondamente commovente, “Sorelle” è una storia da incubo, un romanzo potente sul dolore e sulla colpa che indaga le zone più oscure dei legami di sangue.

STILE: 8 | STORIA: 8 | COVER: 7
Sorelle
Daisy Johnson

Editore: Fazi
Pagine: 200
Prezzo: € 17,00
Sinossi

Le sorelle adolescenti Luglio e Settembre sono strette da un legame simbiotico forgiato con una promessa di sangue quando erano bambine. Vicine quanto possono esserlo due ragazze nate a dieci mesi di distanza, a volte è difficile stabilire dove finisca l’una e cominci l’altra. Abituate all’isolamento, non hanno mai avuto amici: bastano a se stesse. Ma un pomeriggio a scuola accade qualcosa di indicibile. Qualcosa da cui non si può tornare indietro. Alla disperata ricerca di un nuovo inizio, si trasferiscono con la madre dall’altra parte del paese, sul mare, in una vecchia casa di famiglia semiabbandonata: le luci tremolano, da dietro le pareti provengono strani rumori, dormire sembra impossibile. Malgrado questo inquietante scenario, a poco a poco la vita torna ad assumere una parvenza di normalità: nuove conoscenze, falò sulla spiaggia… Luglio si accorge però che qualcosa sta cambiando, e il vincolo con la sorella inizia ad assumere forme che non riesce a decifrare. Ma cos’è successo quel pomeriggio a scuola che ha cambiato per sempre le loro vite?


Mia sorella è un buco nero.

Mia sorella è un tornado.

Mia sorella è il capolinea mia sorella è la porta chiusa a chiave mia sorella è uno sparo nel buio.

Luglio e Settembre sono sorelle adolescenti, sono nate a dieci mesi di distanza e spesso è difficile stabilire dove finisca l’una e cominci l’altra. Vivono in simbiosi e il loro legame è stato forgiato con una promessa di sangue quando erano bambine. Non hanno amici, nessun interesse, vivono in una bolla di eterna infanzia che le contiene e le isola dal mondo intero. Un pomeriggio a scuola accade qualcosa di irreparabile, di indicibile. Così, alla disperata ricerca di un nuovo inizio, si trasferiscono con la madre Sheela dall’altra parte del Paese, nello Yorkshire, in una vecchia casa di famiglia semiabbandonata. La casa, “Settle House” (Casa Accoglienza), sembra avere una vita propria: le luci tremolano, le porte si chiudono, da dietro le pareti provengono strani rumori, si ode il bisbigliare di più voci e dormire sembra impossibile a causa di esplosioni improvvise simili a grida. Tutto potrebbe essere una sensazione, potrebbe. Le due sorelle, indifferenti a questo inquietante scenario, cercano di dare una parvenza di normalità al loro quotidiano. Tutto cambia quando Luglio si accorge che il legame con la sorella non è poi così solido. Ma cos’è successo quel pomeriggio a scuola che ha cambiato per sempre le loro vite? 

 Conosciamo le protagoniste. 

Settembre è la sorella maggiore, prepotente e spericolata, nasconde il suo sadismo dietro a una forte personalità. In lei c’è il riflesso della violenza del padre, una volontà di controllo nascosta dietro le carezze. È da sempre in guerra con la madre rifiutando le pietanze che lei le preparava o odiando i giocattoli che le comprava. 

Luglio è mite, timorosa, facile da manipolare mostra molte affinità con la sua mamma. Vive all’ombra della sorella. 

E allora penso che Settembre è la persona che avrei sempre voluto essere. Io sono una forma ritagliata dall’universo, trapunta di stelle che continuano a morire – e lei è la creatura che riempie il vuoto che io lascio nel mondo. 

I loro genitori, Peter e Sheela, sono figure che nei loro comportamenti sono l’emblema di una relazione di coppia con tanti problemi. 

Peter è morto quando le bambine erano molto piccole, le aveva abbandonate lasciando a Sheela tutta la responsabilità della loro crescita. Lui era violento, instabile, “sembrava una nave in fiamme nel cuore della notte, con le vele divorate dal fuoco, che si trascinava dietro tutte le altre barche.” Peter “era come un buco nero e niente riusciva a resistere a lungo, se veniva attratto dalla sua forza di gravità.” 

Sheela è una donna che ha amato e odiato Peter allo stesso tempo. È una donna taciturna “Ha sempre saputo che le case sono corpi e il suo corpo è una casa più di tanti altri. Ha ospitato queste belle figlie, è vero o no, e ha ospitato la depressione per tutta la vita come un figlio più piccolo, più pesante, ha ospitato l’entusiasmo e l’amore e la disperazione e ora, nella Casa Accoglienza, ospita una preoccupante inquietudine di cui fatica a liberarsi, uno sfinimento che soffoca le sue giornate.” Scrive e illustra libri per bambini, le protagoniste sono le sue figlie. Fatica a rintagliarsi uno spazio per lei, le figlie sono inseparabili e lei cerca di dividerle. Pensa di mandarle in scuole diverse, di imporre regole più rigide, ma non trova mai la forza necessaria per mettere in atto questi cambiamenti. Sheela riusciva a gestire le figlie solo nelle illustrazioni dei suoi libri. 

Mia sorella mi sta aspettando. 

Mia sorella è un albero che cade. 

Mia sorella è una finestra murata. 

Mia sorella è un osso del desiderio mia sorella è il treno notturno mia sorella è l’ultimo pacchetto di patatine mia sorella è una lunga dormita. 

Questa è la storia di due esistenze solitarie unite tra loro da un legame speciale. È una lettura sconvolgente che trasporta il lettore in un labirinto vertiginoso fatto di specchi in cui si riflettono immagini perturbanti. L’autrice incide la carne viva del microcosmo famiglia e fa emergere un groviglio di pensieri che ha radici profonde nel passato che cela una terribile verità.

“Sorelle” è una lettura caratterizzata da una tensione perenne e strisciante anche nei momenti di apparente quiete. È come andare sulle montagne russe scoprendo, pian piano, frammenti spaventosi di una tragedia annunciata. La verità viene centellinata con il contagocce, il non detto diventa quasi più allarmante di ciò che viene rivelato. 

“Sorelle” è un racconto da cui è stata bandita la luce della speranza. È un romanzo che vi costringerà a prendere un lungo respiro per immergervi in un incubo a occhi aperti. È un racconto che si nasconde in scatole cinesi, un gioco inquietante nel mandare avanti e indietro la narrazione. Dal passato sorgerà la soluzione del mistero. Cos’è successo quel pomeriggio a scuola? La soluzione del mistero è agghiacciante e se vorrete risolvere il rebus allora siate pronti ad attraversare l’inferno.

martedì 13 luglio 2021

RECENSIONE | “L’ultimo sogno di Einstein” di Marco Tempestini

 Come sottofondo alle vostre vacanze, oggi vi propongo un bel libro da mettere in valigia. Si tratta del nuovo romanzo di Marco Tempestini, “L’ultimo sogno di Einstein” che riprende idealmente le fila del precedente libro “Le chiavi di Platone” (RECENSIONE), entrambi pubblicati da Bookabook.

STILE: 8 | STORIA: 8 | COVER: 8
L'ultimo sogno di Einstein
Marco Tempestini

Editore: bookabook
Pagine: 215
Prezzo: € 14,00
Sinossi
Dopo l’ascetica scelta di vita del protagonista di Le chiavi di Platone, Santi riesce finalmente a resuscitare dal letargo Edoardo: in Sicilia sono successi fatti gravi e c’è ancora bisogno delle loro indagini. I due sono convocati da un veggente di Misterbianco, per molti anni vissuto in Germania, chiamato Einstein. Con lui vive la figlia, Lena, una ragazza eterea che sembra soggiogata da una strana magia. Il veggente ha convocato i due amici perché un misterioso pittore, dopo averla dipinta, ha lasciato loro tre pergamene con tre dipinti, e alla vista di ognuno di essi, egli avrebbe fatto un sogno rivelatore di un omicidio. Einstein racconta i primi due, già avvenuti, ma prima di conoscere chi è la vittima dell’ultimo sogno, ci sarà spazio per vecchi e nuovi amori, corruzione e malavita romana…



Svegliati, Edoardo, svegliati, ti ho trovato finalmente, devo raccontarti qualcosa e poi ho bisogno di te, non farti pregare. Ho scoperto delle cose che ti renderanno felice o almeno ti faranno sentire meno infelice. Mi senti? Dai, ti porto a fare colazione e ti spiego tutto.

Dopo l’ascetica scelta di vita del protagonista di “Le chiavi di Platone”, Santi riesce finalmente a ritrovare Edoardo che vive in una tenda sulla riva del Tevere. In Sicilia sono successi fatti gravi e c’è ancora bisogno delle loro indagini. 

Addio. Un’altra volta addio, sponda del Tevere, fiume che mi hai bagnato la vita. Le tue acque le porterò per sempre dentro di me, scorreranno insieme al mio sangue e laveranno le sue macchie, lasciando traccia del passato perché io non dimentichi, perché nessuno dimentichi.

I due sono convocati da un veggente di Misterbianco, chiamato Einstein. Con lui vive la figlia Lena, una ragazza eterea che sembra soggiogata da una strana magia. Il veggente ha convocato Edoardo e Santi perché un misterioso pittore ha lasciato loro tre pergamene con tre dipinti. Dopo aver visto ognuno di essi, il veggente, avrebbe fatto un sogno rivelatore di un omicidio. Einstein racconta i primi due, già avvenuti, ma prima di conoscere chi è la vittima dell’ultimo sogno, ci sarà spazio per vecchi e nuovi amori, corruzione e malavita romana. 

Per Edoardo è giunto il momento di riprendere in mano la sua vita e i suoi doveri. Dovrà fare delle scelte e in base a ciò che deciderà potrà avere una vita pericolosa e difficile ma appagante oppure rifugiarsi in un destino solitario. 

Il destino, non puoi fuggire dal destino, perché quello vive dentro di te, anzi sei tu stesso il destino. Ci vivi ogni giorno, non ti lascia mai in pace. Ci parli, lo ami, lo odi, ma a lui non importa, va per la sua strada, che poi è la tua.

I romanzi di Marco Tempestini hanno la caratteristica di mostrare più piani di lettura. A primo impatto coinvolge il giallo: gli omicidi e le indagini. A una più attenta lettura non sfugge il lato filosofico intrecciato nella storia. I sentieri narrativi ci conducono in una selva interiore fatta di ombre che rendono il protagonista prigioniero del suo passato. Liberarsi dalle ombre per cogliere la vera essenza della realtà, non è cosa facile. Ricordate Platone e la rappresentazione della grotta che tiene l’uomo prigioniero delle ombre che velano ciò che realmente succede alle sue spalle? Si pensa, errando, che siano le ombre la realtà e non ci si accorge di ciò che realmente succede perché è meglio vivere in un mondo rassicurante e far finta di non vedere ciò che realmente succede nella nostra società. L’ombra della corruzione, della malavita organizzata, il fascino nero di un mondo senza regole sono elementi che pian piano alzano il capo oscurando gli orizzonti narrativi. 

Edoardo e Santi sono nuovamente davanti al Male. Qualcuno, in Sicilia, ha ucciso un cugino di Santi e il giornalista, con l’aiuto di Edoardo vuole scoprire il colpevole. Ben presto i due amici dovranno fare i conti con l’enigmatico veggente Einstein. La dura realtà dell’omicidio s’immerge nell’impenetrabile mondo dell’occulto in cui predomina Lena, la figlia di Einstein. 

 Lena è un personaggio affascinante, non si comprende mai se ciò che dice corrisponde a realtà. È talmente bella che non può uscire di casa per non sconvolgere le persone, vive relegata in una stanza dietro una tenda chiusa. Naturalmente “la sua bellezza che porta alla pazzia chi la guarda” è un’esagerazione che, come un mito, nasconde una parte della verità. 

Un altro personaggio misterioso, oserei dire poetico, è lo zio Anselmo. È una persona buona, è cieco ma ha in sé una grande sensibilità e non fa gravare la sua situazione su nessuno. 

“L’ultimo sogno di Einstein” è un romanzo che vede come protagonista il mistero. 

Il romanzo è zeppo di citazioni che rappresentano dei camei lungo il sentiero della verità reso ancor più emozionante dalla presenza di poesie, scritte dalla stesso autore, che rappresentano il pensiero dei personaggi che le citano. 

I protagonisti, insoliti e misteriosi, narrano spesso gli eventi in prima persona a testimonianza dell’immediatezza del racconto. Ciò permette al lettore di vivere in diretta una storia attraverso gli occhi e le azioni del personaggio narrante. Alcuni passaggi, invece, vedono l’inserimento di un narratore neutro che narra, in terza persona, senza identità né opinioni personali. 

La storia si evolve principalmente in Sicilia, la regione mostra i suoi tesori naturali, le bellezze create dagli avi ma appare palpabile la voglia di tuffarsi finalmente nel progresso. Le tradizioni possono benissimo coesistere con scelte coraggiose che vanno verso la modernità. 

 “L’ultimo sogno di Einstein” è un romanzo ricco di fascino, elegante, inquietante nei suoi sogni di morte e si percepisce la presenza di una forza oscura che trama nell’ombra. Il romanzo trasmette sempre tensione anche se si tratta di una storia senza momenti concitati e si respira un’aria sana e malsana allo stesso tempo. I misteri si diffondono come veleni che si nascondono nel passato ma uccidono nel presente e si proiettano maleficamente nel futuro. I personaggi seducono e sembrano vivere in un microcosmo a sé stante. 

 La felicità segue molte vie differenti. Alcune volte si può essere felici nel dolore. Il dolore è qualcosa che scava dentro l’anima e, alla fine, scavando nella sabbia dell’anima ci trova l’acqua che lo disseta, anche se è salata per la mescolanza delle lacrime. 

Alla fine del romanzo i dubbi del protagonista, le sue fragilità, il suo senso della morale e della giustizia non potranno che avervi lasciato un senso di affetto verso di lui. Avrà Edoardo trovato il perdono che tanto brama? La pace sarà scesa nel suo cuore? È tutto nelle sue mani o il fato governa la vita? 

venerdì 9 luglio 2021

RECENSIONE | "La profezia delle pagine perdute" di Marcello Simoni [Review Party]

Marcello Simoni è pronto a tenervi compagnia, durante le vacanze, con una nuova avventura del mercante di libri maledetti, Ignazio  da Toledo. “La Profezia Delle Pagine Perdute”, Newton Compton Editori, ambientato nella Palermo di Federico II, è l’attesissimo seguito della saga dell’astuto mercante di libri, che ha consacrato Marcello Simoni, già vincitore del Premio Bancarella, come autore culto di thriller storici, vendendo oltre un milione e mezzo di copie.


STILE: 8 | STORIA: 8 | COVER: 7
La profezia delle pagine perdute
(Saga del mercante di libri #5)
Marcello Simoni

Editore: Newton Compton
Pagine: 320
Prezzo: € 9,40
Sinossi
Ignazio da Toledo è morto. O almeno questo è ciò che racconta Uberto, suo figlio, quando, nel luglio del 1232, raggiunge la corte di Sicilia nella speranza di riabbracciare la sua famiglia. Palermo, tuttavia, sarà per lui l'inizio di un nuovo incubo. Se di sua madre si sono perse le tracce, sua moglie e sua figlia sono tenute prigioniere in un luogo ben celato. Il loro carceriere è Michele Scoto, astrologo personale dell'imperatore Federico II, convinto che il mercante gli abbia sottratto e nascosto un libro misterioso, la leggendaria Prophetia Merlini . Uberto ignora che le sue disavventure siano intrecciate a quelle di un uomo senza passato che sta navigando su una nave di pirati barbareschi lungo le coste dell'Africa settentrionale e del mar Rosso. Il suo nome è Al-Qalam e, obbedendo gli ordini di un crudele capitano, è alla disperata ricerca di un tesoro inestimabile e capace di legare Dio all'uomo, un tesoro donato in tempi remotissimi da re Salomone alla Regina di Saba. Mentre Al-Qalam lotta per ritrovare la sua identità e Uberto per salvare la madre, Sibilla tenta con ogni mezzo di ricongiungersi alla famiglia e di sfuggire all'acerrimo nemico di Ignazio da Toledo, lo spietato frate domenicano Pedro González…




Regno di Sicilia, 21 luglio 1232 

Solo un’altra volta Uberto aveva visto così tanto oro. Era accaduto a Venezia, davanti ai mosaici della basilica di San Marco. Il primo viaggio intrapreso insieme a suo padre, quando ancora ignorava che fosse suo padre. Si abbandonò per un attimo a quel ricordo, sfiorato dalla nostalgia. All’epoca era un ragazzino fremente per la curiosità di conoscere il mondo, e ora di quella curiosità era a dir poco sazio.

Ignazio da Toledo è morto. O almeno questo è ciò che racconta Uberto, suo figlio, quando, nel luglio del 1232, raggiunge la corte di Sicilia nella speranza di riabbracciare la sua famiglia. Palermo, tuttavia, sarà per lui l’inizio di un nuovo incubo. Se di sua madre si sono perse le tracce, sua moglie e sua figlia sono tenute prigioniere in un luogo ben celato. Il loro carceriere è Michele Scoto, astrologo personale dell’imperatore Federico II, convinto che il mercante gli abbia sottratto e nascosto un libro misterioso, la leggendaria Prophetia Merlini. Uberto ignora che le sue disavventure si intrecceranno al misterioso Al-Qalam, uomo senza passato. Egli obbedisce agli ordini di un crudele capitano. Al-Qalam sta navigando su una nave di pirati barbareschi lungo le coste dell’Africa settentrionale e del mar Rosso, è alla ricerca di un tesoro inestimabile e capace di legare Dio all’uomo, un tesoro donato in tempi remotissimi da re Salomone alla Regina di Saba. Mentre Al-Qalam lotta per ritrovare la sua identità e Uberto per salvare la madre, Sibilla tenta con ogni mezzo di sfuggire all’acerrimo nemico di Ignazio da Toledo, lo spietato frate domenicano Pedro Gonzalez. 

Confesso di amare i romanzi di Marcello Simoni. Azione, suspense, avventura e storia è un bel mix di elementi che caratterizza l’opera di Simoni. L’autore non smette mai di stupirci con la sua creatività e offre, ai lettori, un viaggio nel Medioevo. Immergermi nel passato è come avere la possibilità di muovermi nella Storia tra personaggi reali e altri fittizi, ma creati in base a dei documenti, ed è facile emozionarsi e meravigliarsi. 

“La Profezia Delle Pagine Perdute” ci offre l’opportunità di conoscere meglio la famiglia di Ignazio da Toledo. Per chi, come me, segue la saga del mercante di libri maledetti, ricorderà il finale drammatico del romanzo precedente (“Il segreto del mercante di libri” - Recensione). L’autore ha lascito i suoi lettori con il fiato sospeso: nell’Isola Perduta, Ignazio da Toledo incontra la Morte. 

Il nuovo romanzo, ambientato in massima parte nella Sicilia del 1232, vede Palermo e le sue bellezze, sede di una parte della storia narrata. Storia che si ha la sensazione di vivere in prima persona camminando nel suggestivo monastero arabo-normanno di San Giovanni degli Eremiti, entrando nella basilica di Monreale, nel Palazzo Normanno e nella Cappella Palatina, attraversando i vicoli e salendo sui bastioni. Tutti gli edifici palermitani descritti sono autentici e realmente esistiti. 

A Palermo avremo la possibilità di approfondire la conoscenza con Uberto, il figlio di Ignazio da Toledo. Sarà lui, se vuol rivedere vive la moglie e la figlia, a dover portare a termine una pericolosa missione: ritrovare un importante manoscritto che suo padre avrebbe rubato e nascosto all’astrologo imperiale Michele Scoto. Si tratta di un libro prezioso e pericoloso per i contenuti, la Prophetia Merlini. La ricerca del manoscritto non sarà per nulla facile e Uberto dovrà affrontare pericoli, risolvere enigmi, sfuggire a uomini che lo vogliono uccidere e dovrà, soprattutto, cercare di far luce sugli indizi che il padre ha nascosto in città. Uberto teme di non essere all’altezza del padre, ha paura di fallire non ritrovando il libro, condannando così a morte la sua famiglia. 

Il romanzo, come i precedenti, è ricco di enigmi e di personaggi misteriosi. Primo fra tutti Michele Scoto, realmente esistito, scienziato, astronomo, medico, alchimista ed indovino, attivo presso la corte siciliana di Federico II. A lui, il mercante, ruba il libro che contiene delle profezie. Questo codice è realmente esistito ed è stato attribuito al mago Merlino. Perché mai Ignazio daToledo abbia sottratto il libro lo scoprirete a tempo debito. Vi ricordo solo che Merlino era un potente druido e il magus Michele Scoto, “dietro il titolo di astrologus, celava un’anima sulfurea da negromante”. È tutto così intrigante, vero? Se ciò non vi basta sappiate che in questo romanzo ritroveremo tutti i nemici dell’astuto mercante e ci sarà anche la mortale presenza della Saint-Vehme, il Tribunale Segreto, la loggia di sicari che nascondono i loro volti dietro una maschera. 

Anche Sibilla, moglie di Ignazio da Toledo, avrà un ruolo importante nel romanzo e si mostrerà donna coraggiosa e intraprendente. Così come non trovare affascinante la leggenda della Regina di Saba di cui si nutre un ramo della trama che ci porterà a cercare di svelare un altro mistero. Cosa univa la Regina di Saba, alcune fonti arabe la chiamano Bilqis, e il re Salomone? Quest’incontro al confine tra storia e leggenda vi porterà nell’Oriente del X secolo a.C. 

Eh sì, “La Profezia delle Pagine Perdute” è un romanzo sospeso tra solida realtà e immaginazione, un mare magnum di avventure, segreti ed enigmi. Forte di una trama avvincente e di uno stile narrativo suggestivo, regala una lettura piacevole senza momenti noiosi. Un ruolo fondamentale, per il successo del romanzo, è la rigorosa documentazione storica a cui l’autore fa riferimento. La Storia e la fantasia si intrecciano e il bravissimo Marcello Simoni mostra l’alchimia delle parole che si trasformano in immagini ricche di colori e profumi. Attraverso le vicende di Ignazio da Toledo e della sua famiglia, l’autore ci fa scoprire il Medioevo con personaggi che fanno emozionare. Raccontare i romanzi di Marcello Simoni non è cosa facile, tanti gli intrighi, i tradimenti, vendette e riferimenti storici. Posso solo dirvi che ogni suo romanzo è un’avventura che diffonde il fascino del Medioevo.



lunedì 5 luglio 2021

RECENSIONE | "Due vite" di Emanuele Trevi

“Due vite” di Emanuele Trevi, nella cinquina dei finalisti del Premio Strega 2021 per Neri Pozza, è un libro in cui l’autore  ricorda le vite brevi, ma intense e preziose, degli scrittori Rocco Carbone e Pia Pera. Trevi racconta  la loro amicizia, i loro caratteri e il loro rapporto con la scrittura e la letteratura. Di quel gruppo di giovani letterati, solo Trevi è rimasto a tratteggiare, con affetto, le vite dei suoi due amici scomparsi prematuramente: Carbone è morto in un incidente stradale nel 2008, Pia Pera per una malattia neurodegenerativa nel 2016. Per apprezzare questo libro, non occorre conoscere già i protagonisti.

Scrivere di una persona reale o scrivere di un personaggio immaginato alla fine dei conti è la stessa cosa: bisogna ottenere il massimo nell’immaginazione di chi legge utilizzando il poco che il linguaggio ci offre.


STILE: 8 | STORIA: 9 | COVER: 7
Due vite
Emanuele Trevi

Editore: Neri Pozza
Pagine: 128
Prezzo: € 15,00
Sinossi

«L’unica cosa importante in questo tipo di ritratti scritti è cercare la distanza giusta, che è lo stile dell’unicità». Così scrive Emanuele Trevi in un brano di questo libro che, all’apparenza, si presenta come il racconto di due vite, quella di Rocco Carbone e Pia Pera, scrittori prematuramente scomparsi qualche tempo fa e legati, durante la loro breve esistenza, da profonda amicizia. Trevi ne delinea le differenti nature: incline a infliggere colpi quella di Rocco Carbone per le Furie che lo braccavano senza tregua; incline a riceverli quella di Pia Pera, per la sua anima prensile e sensibile, così propensa alle illusioni. Ne ridisegna i tratti: la fisionomia spigolosa, i lineamenti marcati del primo; l’aspetto da incantevole signorina inglese della seconda, così seducente da non suggerire alcun rimpianto per la bellezza che le mancava. Ne mostra anche le differenti condotte: l’ossessione della semplificazione di Rocco Carbone, impigliato nel groviglio di segni generato dalle sue Furie; la timida sfrontatezza di Pia Pera che, negli anni della malattia, si muta in coraggio e pulizia interiore. Tuttavia, la distanza giusta, lo stile dell’unicità di questo libro non stanno nell’impossibile tentativo di restituire esistenze che gli anni trasformano in muri scrostati dal tempo e dalle intemperie. Stanno attorno a uno di quegli eventi ineffabili attorno a cui ruota la letteratura: l’amicizia. Nutrendo ossessioni diverse e inconciliabili, Rocco Carbone e Pia Pera appaiono, in queste pagine, come uniti da un legame fino all’ultimo trasparente e felice,quel legame che accade quando «Eros, quell’ozioso infame, non ci mette lo zampino».


Era una di quelle persone destinate ad assomigliare, sempre di più con l’andare del tempo, al proprio nome. Fenomeno inspiegabile, ma non così raro. Rocco Carbone suona, in effetti, come una perizia geologica. E molti lati del suo carattere per niente facile suggerivano un’ostinazione, una rigidità del regno minerale. A patto di ricordare, con i vecchi alchimisti, che non esiste in natura nulla di più psichico delle pietre e dei metalli.

Certo, Pia era «sfrontata», come afferma Albinati. Ma era anche timida, sicuramente. Come è possibile che conteniamo in noi tante cose disarmoniche e spaiate, manco fossimo vecchi cassetti dove le cose si accumulano alla rinfusa, senza un criterio? La Pia che molti ricordano, anche grazie a certi suoi bellissimi libri, la Pia matura e poi malata, mise in atto dei tali processi di semplificazione e di pulizia interiore, che si sarebbe quasi tentati di dire che le difficoltà della vita rendano le persone migliori e più forti.

Rocco Carbone nasce a Reggio Calabria nel 1962, ma trascorre buona parte della sua infanzia in un paesino dell’Aspromonte, Cosoleto: un posto  di gente dura e taciturna, incline a una rigorosa amarezza di vedute sulla vita e sulla morte. Emanuele Trevi lo conosce nell’inverno del 1983, quando è giunto a Roma per iscriversi a Lettere. Parlare della vita di Rocco, scrive Trevi, vuol dire parlare anche della sua infelicità, tratteggiarne la personalità bipolare e a tratti sadica, il carattere spigoloso.

L’infelicità. E i suoi gaddiani gomitoli di concause. Parlare della vita di Rocco significa necessariamente parlare della sua infelicità, e ammettere che faceva parte della schiera predestinata dei nati sotto Saturno.

Pia Pera cresce a Lucca in una famiglia colta, originale ed eccentrica. Studia Filosofia all’università di Torino e dopo un dottorato in storia russa alla University of London inizia a insegnare letteratura russa ma delusa dall’ambiente accademico, decide di occuparsi di un fondo abbandonato a San Lorenzo, dedicandosi alla cura del giardino. La Natura diventa una tela su cui scrivere, il giardino si contrappone alla malattia, le piante sembrano capire e condividere la sua sofferenza.

Ma Pia, nonostante tutte le apparenze, non era una “ragazza di città”. Era nata per piantare semi, zappare, concimare. E se ne era resa conto in tempo. Quello che consideravo un rischio esistenziale per lei, nell’erronea convinzione che sradicarsi da Milano fosse una frustrante e scomoda chimera, si rivelò nel tempo, dopo un necessario apprendistato pieno di fatiche ed errori, un colpo vincente.

Quando Trevi la incontra, Pia è una trentenne spavalda e maldestra, brillante anticonformista e generosa.

Pia, la «signorina inglese», una specie di Mary Poppins all’incontrario, per nulla pedagogica, dotata di pericolose riserve di incoerenza e suscettibilità stranamente amalgamate a una dolcezza del carattere che a volte erompeva in maniera commovente dai modi ironici e maliziosi.

Tratteggiando con affetto le vite dei due amici, Trevi prosegue una ricerca fondata sulla memoria e rende omaggio a due talentuosi scrittori delineando le loro differenti nature: incline a infliggere colpi quella di Rocco Carbone per le Furie che lo braccavano senza tregua; incline a riceverli quella di Pia Pera, per la sua anima sensibile propensa alle illusioni. Ne ridisegna i tratti: la fisionomia spigolosa di lui, l’aspetto da incantevole signorina inglese di lei.

“Due vite” è la storia di tre amici. Trevi racconta la loro amicizia fatta di litigi e gesti indimenticabili, di vittorie e sconfitte, di dialoghi a notte fonda, di consigli e del dolore per la loro morte. Attraverso le pagine di questo libro, l’autore usa le parole per costruire un limbo, una zona in cui può, attraverso la memoria, sentire i suoi amici ancora accanto a sé. Il tempo, si sa, allontana i ricordi, ma Trevi riesce a mantenere vivida la memoria dei suoi amici. La scrittura è un modo per mantenere luminosi i ricordi, è un pensare intimo e confidenziale, un porto dove ripararsi dalle tempeste della vita. Narrando vari episodi, Trevi ci porta a riflessioni sulla vita, a quanto sia complicata e spesso impossibile da comprendere.

Non siamo nati per diventare saggi, ma per resistere, scampare, rubare un po’ di piacere a un mondo che non è stato fatto per noi.

“Due vite” è un libro intenso e profondo, fatto di luci e ombre, di voci e di silenzi, di presenze e di assenze, di vita e di morte. Le emozioni scorrono velocie si rincorrono tra i ricordi che diventano delle immagini, delle fotografie, da fissare nella mente e nel cuore prima che svaniscano. La morte sicuramente annienta il nostro corpo, sembra sussurrare Trevi, ma non può cancellare il ricordo di chi non c’è più. Ricordi intessuti di sentimenti, ricordi da cui nasce la seconda vita di Rocco e Pia.

Inspiegabilmente, alla fotografia si associa l’idea dell’immortalità, ma è un modo di dire sbagliato, non c’è nulla che più della fotografia, in un modo o nell’altro sempre vincolata all’attimo e al presente, ci ricorda la nostra transitorietà e futilità.

Con una prosa elegante e sincera, malinconica e sorridente, Trevi racconta le due vite, quelle che tutti siamo chiamati a vivere: quella fisica che ci lega alla terra e quella dopo la morte, nel ricordo delle persone che ci hanno amato. Rocco e Pia vivranno per sempre nel cuore di Trevi che rivolge il suo sguardo al passato, sorride ai suoi amici e ripensa alla loro giovinezza dando alla luce questo romanzo che intreccia narrativa, autobiografia, biografia in uno stile affascinante. “L’unica cosa importante in questo tipo di ritratti scritti è cercare la distanza giusta, che è lo stile dell’unicità.”

Da pochi mesi ho compiuto l’età esatta in cui Pia si è ammalata, cominciando a perdere progressivamente, inesorabilmente, giorno dopo giorno, l’uso del corpo. Gli anni di Rocco, invece, ormai li ho superati abbondantemente. I nostri amici sono anche questo, rappresentazioni delle epoche della vita che attraversiamo come navigando in un arcipelago dove arriviamo a doppiare promontori che ci sembravano lontanissimi, rimanendo sempre più soli, non riuscendo a intuire nulla dello scoglio dove toccherà a noi, una buona volta, andare a sbattere.

Con “Due vite” Trevi evoca la tormentata assenza dell’incantevole Pia e dello spigoloso Rocco. I due scrittori sono assenti e allo stesso tempo molto presenti. Nel loro ricordo, Trevi, nel duplice ruolo di narratore e protagonista, ci trasmette la loro complicità disinteressata, il volersi bene anche quando non c’era una condivisione di scelte. Questo libro non sviluppa una trama, non ci sono personaggi in cui identificarsi, ma evolve su più piani narrativi e intreccia, con naturalezza, momenti di felicità e momenti d’infelicità nella convinzione che la vita sia un viaggio verso la consapevolezza e l’accettazione di noi stessi.