giovedì 19 novembre 2020

RECENSIONE | "Nell'antro dell'alchimista II" di Angela Carter

“Nell’antro dell’alchimista II”, Fazi Editore, è il secondo volume che completa la raccolta dei racconti di Angela Carter, scrittrice britannica fantasiosa che ha realizzato una serie incredibile di lavori, favole per bambini, saggi e narrativa. Tuttavia è nella formula magica dei racconti che i suoi molteplici talenti come favolista, femminista, critica sociale e tessitrice di racconti,  emerge con vigore. Ogni racconto ha un cuore duro, oscuro, sfacciatamente irrispettoso per le consuetudini sociali. Come un alchimista la scrittrice, avvolta nella sua nuvola di coraggio e determinazione, fonde e porta a nuova vita storie  ricche di immagini vivide, spesso terribili, di desideri e aspetti oscuri della vita, di argomenti sconcertanti e di personaggi femminili forti che mettono in ombra gli uomini relegati in secondo piano. Angela Carter narra della vita, delle occasioni mancate, delle scoperte e degli incontri fatti lungo il nostro cammino.


STILE: 9 | STORIA: 8 | COVER: 8
Nell'antro dell'alchimista II
Angela Carter

Editore: Fazi
Prezzo: € 17,50
Sinossi

Questo secondo volume della ricca raccolta Nell’antro dell’alchimista contiene “Venere nera”, in cui la scrittrice reinventa la storia di alcune grandi figure della letteratura: Jeanne Duval, la musa affascinante e riluttante di Baudelaire che non ha mai chiesto di essere chiamata Venere nera, è intrappolata nella passione malata del poeta; Edgar Allan Poe dimostra in ogni pensiero e azione quanto avevano ragione i suoi amici quando dicevano che «chi beve prima di far colazione è perduto»; Puck, il folletto di Sogno di una notte di mezza estate, circondato da fate affette da un terribile raffreddore, smania d’amore omosessuale per un essere inafferrabile. Il volume include anche i racconti di “Fantasmi americani”, che intreccia storie del Nuovo e Vecchio Mondo: Lizzie Borden, la ragazza che uccide i genitori a colpi d’accetta, fa un’inconsueta gita al circo; un giovane pianista stringe un patto col diavolo in un bordello del Sud; un onesto studente viene accompagnato in un viaggio attraverso gli ambigui residui dell’Età dell’Oro hollywoodiana; la Maria Maddalena di Georges de La Tour subisce alcune straordinarie trasformazioni…


La raccolta è composta da tre sezioni: “Venere Nera” 1985, “Fantasmi Americani” 1993 e “Racconti Sparsi” 1970-1981.

“Venere Nera” è una raccolta di otto racconti che reimmaginano la vita di alcune figure della letteratura e della storia. La Venere nera a cui la Carter si riferisce è Jeanne Duval, esotica amante del poeta Charles Baudelaire.

Jeanne era come un pianoforte finito in un paese ai cui abitanti fossero state mozzate le mani.

La Carter dà voce a Jeanne, musa affascinante e riluttante di Baudelaire, e in generale alle donne che non hanno mai avuto la possibilità di raccontare la propria storia. Jeanne descrive, dal suo punto di vista, Baudelaire e il loro rapporto che la vede intrappolata nella passione malata  del poeta. Il poeta tende a idealizzare ciò che per lei è banale realtà. Lui vive una vita sregolata e bohémienne segnata dall’uso dell’alcol e delle droghe, lei si destreggia tra problemi economici e malesseri fisici causati dalla sifilide che il poeta-amante le ha trasmesso. Jeanne depone il suo essere mito e si mostra come una donna normale.

Il suo grande amore, la sua unica dea, l’ideale del poeta, giaceva splendida sul letto, in una stanza malinconica, foderata di rosso e di nero. Gli piaceva, gli piaceva che lei mettesse a spettacolo il suo corpo, che ne offrisse un banchetto sontuoso, regale, un banchetto in onore del luminoso sguardo di lui, di quei suoi occhi luminosi che erano più grandi del suo stomaco.

Tra i racconti di queste sezione mi è piaciuto tanto anche “Il bacio”, legato al mondo del folklore. È la storia di un bacio che un architetto scaltro e intelligente ruba alla moglie di Tamerlano.

Adorabile “Nostra Signora dei Massacri” che ribalta il destino di Moll Flanders, giunta come schiava in Virginia. Rimescolando gli eventi, la scrittrice narra cosa sarebbe successo se Moll Flanders fosse stata rapita dagli indiani d’America.

Nel fascino nero, non poteva essere diversamente, si ammanta il racconto “Il gabinetto del dottor Edgar Allan Poe”. Ad avere molta influenza sul lavoro di Angela Carter fu proprio l’autore americano Poe. Nel racconto la Carter rielabora l’infanzia dello scrittore, il suo rapporto con la madre, le sue ossessioni sono i semi da cui nasce la sua immaginazione. La mamma di Poe recitava in teatro e lui trascorreva ore a guardarla. Ogni sera, nelle recite a teatro, la vedeva morire in scena per poi risorgere dietro le quinte.

“Delitto con accetta a Foll River” è una libera interpretazione di un fatto agghiacciante:  una giovane americana, Lizzie Borden, è sospettata di aver ucciso suo padre e la matrigna con un’ascia.  La Carter narra  come nasce nella ragazzina il proposito  di uccidere i propri genitori. Una sera Lizzie scappa dalla sua casa per andare a vedere il circo. Man mano che il racconto evolve diventa sempre più inquietante e si comprende che qualcosa di terribile sta per succedere. Al circo, Lizzie vede una tigre. Entrambe sono in gabbia e non vedono l’ora di fuggir via.

Nella sezione Fantasmi americani troviamo nove storie del Nuovo e Vecchio Mondo. Nessun fantasma con catene al seguito ma la dimostrazione di come le nostre paure creino prigioni.

Potente il racconto “Covacenere ovvero il fantasma della madre” liberamente ispirato a “Cenerentola” ma in una versione crudele e sanguinaria. Anzi non una ma tre versioni della medesima favola. Nelle mani della Carter tutto si trasforma ed emergono le figure femminili che lottano per il predominio sugli uomini. I personaggi maschili  tendono a ricoprire il ruolo di vittime e sono considerati come un valore economico.

La potenza immaginativa non viene meno nei Racconti sparsi con la rilettura di De Sade in Villa Scarlatta e un simbolico Patchwork. Mani femminili sempre velocemente al lavoro cuciono insieme ritagli di stoffe divere creando una coperta che potremmo interpretare come l’insieme delle fragilità femminili.

Leggere “Nell’antro dell’alchimista II” è un viaggio in territori oscuri e pericolosi dove le fiabe, i miti e le storie, vengono smantellati e ricostruiti. Come un novello alchimista, Angela Carter mescola eventi reali con il mondo dell’immaginario e manda in frantumi le catene che ci appesantiscono. Apre un varco verso tutto ciò che viola i principi morali di uguaglianza, naviga in acque contrarie alla logicità delle cose e approda a lidi nuovi dove l’imperfezione vince la perfezione, dove tutto è possibile, dove si può rinascere a nuova vita abbandonando il peso della passata esistenza. Nei personaggi, che animano le storie di questa raccolta, esiste un’identità nascosta pronta a manifestarsi in modo seducente, spesso sfrenato. Il lato oscuro che vive in noi assapora la libertà e non è più considerato socialmente inaccettabile. Ciò che noi conosciamo viene ribaltato, i destini cambiati, i valori del nostro vivere sociale  ignorati. Ogni racconto ci vede equilibristi tra sogno e realtà, sotto di noi una distesa di immagini violente e inquietanti. Con l’originalità della sua scrittura, l’autrice ripercorre e reinventa la vita degli altri raccontandole da insolite e varie angolature.

Le sue storie collezionano atmosfere inquietanti, dolore, violenza, amore, erotismo e morte. Storie originali che non si sottraggono a eccessi narrativi ma che conservano il privilegio di “mutare l’aspetto del mondo.”

giovedì 12 novembre 2020

RECENSIONE | "Quel prodigio di Harriet Hume" di Rebecca West

È da oggi nelle librerie un nuovo romanzo di Rebecca West, inedito in Italia: “Quel prodigio di Harriet Hume”, tradotto dall’inglese da Francesco Frigerio per Fazi Editore. Dell’autrice britannica ho letto e apprezzato la trilogia della famiglia Aubrey ispirata alla sua storia familiare. Rebecca West, nata Cicely Isabel Fairfield a Londra, prese il suo pseudonimo dall’omonimo personaggio di Ibsen, un’eroina ribelle. Leggere i suoi romanzi vuol dire entrare in un mondo in cui realtà e simbolismo si mescolano e mettono in scena un flusso di sensazioni che travolge e rivela verità profonde. “Quel prodigio di Harriet Hume” è un confronto di anime, è un volgere lo sguardo sull’abisso in cui finisce ogni moralità quando, a prevalere, è l’ossessione del dominio e della ricchezza.


STILE: 8 | STORIA: 8 | COVER: 8
Quel prodigio di Harriet Hume
Rebecca West

Editore: Fazi
Prezzo: € 18,00
Sinossi

Harriet Hume, affascinante pianista squattrinata, mistica e stravagante, è l’essenza della femminilità; Arnold Condorex, spregiudicato uomo politico imbrigliato in un matrimonio di convenienza con la figlia di un membro del Parlamento, è un ambizioso calcolatore senza scrupoli. I due si amano: sono opposti che si attraggono, e nel corso degli anni si incontrano e si respingono, in varie stagioni e in vari luoghi di Londra, come legati da un filo sottile che non si spezza mai. La loro relazione si dipana tra il realismo dell’ambientazione cittadina e l’incanto magico della fiaba: le doti musicali di Harriet sconfinano in una stregoneria allegra e un po’ pasticciona, che le permette di leggere nel pensiero dell’amato. Quando Arnold se ne rende conto, diventa ostaggio di questo dono sovrannaturale, grazie al quale Harriet può svelare le macchinazioni politiche alle quali lui è ricorso per anni – e che ancora continuerebbe volentieri a imbastire – per fare carriera. La donna costringe l’amante a fare i conti con se stesso: Harriet è la coscienza di Arnold, la sua parte migliore; è l’integrità, il rifiuto di ogni compromesso, è tutto ciò che Arnold non può manipolare, come ha fatto con la politica e con il matrimonio.


Di tutte le donne che aveva conosciuto lei era la più eterea. Amarla era come avvolgersi in una lunga sciarpa di puro spirito. E tuttavia, per quel che concerne l’amore, com’era umana!

“Quel prodigio di Harriet Hume” è un romanzo che vede protagonisti l’ambizioso Arnold Condorex e l’eterea Harriet Hume. Lei è una donna molto bella, ama la musica e suona il pianoforte. Lui è più interessato ai beni materiali, al successo e all’elevazione sociale. Dopo un romantico appuntamento, Harriet scopre di poter leggere nella mente di Arnold e ciò che vede non le piace. Arnold non crede al “dono” della ragazza, è turbato, parla di coincidenze e si separa rapidamente da lei.

Erano come un vaso greco, lui il solido recipiente, lei la decorazione a spirale che lo avvolgeva interamente. Ma quel vaso era andato in frantumi un istante dopo essere stato creato, quando lui si era allontanato da lei.

 Non si vedranno più per vari anni ma saranno sempre uno nella mente dell’altro. Il destino segnerà i loro incontri, momenti in cui è come se si guardassero in uno specchio riflettente non solo i loro corpi, la bellezza di lei rimane immutata col trascorrere del tempo, ma anche i loro pensieri. In ogni incontro Harriet, grazie ai suoi poteri, cerca di far ragionare Condorex  sui lati più oscuri delle sue ambizioni, delle sue aspirazioni politiche e finanziarie. Tra i due c’è attrazione ma lui vuole il potere e sposerà una donna che non ama ma in grado di aiutarlo a farsi strada nella vita. Era pronto a tutto per il successo, sarebbe stato un servitore devoto, abile nella negoziazione, prudente e disposto al duro lavoro. Tuttavia in lui rimane, in un angolo del suo cuore e della sua mente, l’immagine di Harriet e dei suoi doni occulti che la fanno  assomigliare a volte a un angelo a volte a una strega.

La mia piccola Harriet rappresenta una minaccia quanto bere tè zuccherato da una graziosa tazzina. Non potrebbe mai leggermi nel pensiero. Dubito che sia in grado di leggere persino l’abbecedario.

Il tempo passa, Condorex diventa sempre più potente, la politica è il suo campo d’azione. È diventato un maestro nel non mostrare mai il fianco all’avversario. Quotidianamente indossa una maschera che puntualmente, nei loro sporadici incontri, Harriet tira via. Lui odia la donna per quel dono, lei non può fare a meno di mettere in luce le debolezze dell’uomo. Si attraggono e si respingono. Si dicono addio ma non vedono l’ora di rivedersi. Non possono stare lontani ma è impossibile vivere insieme. Odio e attrazione si fronteggiano in un duello di emozioni, pensieri e desideri. Lei subisce il fascino della musica, lui vuole emergere sempre più dall’anonimato.

Non avrò pace fino a quando tutti gli uomini mi considereranno loro pari; anzi, fino a che non imploreranno me di ritenerli miei pari.

Cosa c’è di male nell’essere ambiziosi?

Perché nascere in una famiglia anonima e non arrivare mai a elevarsi a una posizione di spicco nella vita vuol dire essere condannati al pari dei fantasmi a non sapere cosa sia un’esistenza piena.

Così, al pari di un fantasma, Harriet entra ed esce dalla vita di Condorex fino a quando il destino presenta all’uomo il conto da pagare per aver raggiunto i vertici sociali e politici. Condorex teme di veder andare in frantumi tutto ciò che ha costruito ed ecco ricomparire lei, la Cassandra della sua vita.

“Quel prodigio di Harriet Hume” è un romanzo che vede il rincorrersi di due storie, come facce di una realtà a tratti malinconica e inguaribilmente chiusa nelle proprie ossessioni. Due anime si fronteggiano, si studiano, allontanandosi eppur cercandosi in una serie di corsi e ricorsi che segnano il travagliato cammino dei protagonisti. Lui si nasconde dietro uno scudo fatto di onestà. È sicuro di poter guardare nel suo cuore e trovarvi solo amore e lealtà. Lei tenta di farlo rinsavire, vorrebbe strappar via la maschera dal volto amato e lo mette di fronte alle sue colpe, alla vergogna e al tradimento. Alla fine, secondo il mio modesto parere, i due protagonisti non sono due esseri distinti, ma le due facce della stessa anima. Condorex mente a se stesso, non controlla le proprie azioni ma i conflitti interni non possono tacere per sempre. La loro voce ha un nome, Harriet. Lei è la coscienza di quell’uomo ambizioso, elimina i filtri che mascherano la realtà e la rendono percepibile in un modo falso. Condorex non è disposto ad accettare tutto ciò, parte della sua anima si ribella alla verità che vuol forzare il suo essere. Condorex non crede a Harriet, è il suo modo per difendersi sarà l’inizio di un momento drammatico che vedrà la rinascita, come la fenice, dei due amanti.

Il potere del mio opposto! Se porta via a un uomo la capacità di distinguere il giorno dalla notte, è tempo di agire.

Vi invito a leggere questo romanzo che racconta l’inquietante polarità di mente e spirito con elementi spirituali e soprannaturali. L’uomo è eternamente alla ricerca di dominio e distruzione, l’amore è un grimaldello per scardinare certezze e false illusioni. Rebecca West, con stile elegante, narra una storia in cui la fantasia diventa un tramite per mostrare i conflitti interni della psiche umana. Ricordate che ciò che leggerete è frutto di fantasia. Forse. A voi l’ardua sentenza.

martedì 10 novembre 2020

RECENSIONE | "Il traditore di Roma" di Simon Scarrow

“Il traditore di Roma”, Newton Compton Editori, è il nuovo capitolo di una brillante saga narrativa “Eagles of the Empire Series” di Simon Scarrow sull’esercito romano. È un romanzo di ambientazione storica che narra le imprese eroiche del tribuno Catone e del centurione Macrone, soldati di grande esperienza pronti a tutto per difendere l’Impero e l’invincibilità di Roma. Al fianco di uomini coraggiosi fronteggeranno il nemico a viso aperto ma un traditore tesse la sua tela nell’ombra. La guerra contro i Parti è imminente e il delatore dev’essere trovato o per l’Impero sarà la fine.





STILE: 8 | STORIA: 8 | COVER: 7
Il traditore di Roma
Simon Scarrow

Editore: Newton Compton
Prezzo: € 12,00
Pagine: 384
Sinossi

56 d.C. l tribuno Catone e il centurione Macrone, veterani dell’esercito ro­mano, sono di stanza sul confine orientale, consapevoli che ogni loro mossa è costantemente monitorata dalle spie del pericoloso e miste­rioso Impero parto. Ma la minaccia esterna potrebbe non essere nulla rispetto a quella interna. Tra i ranghi della legione si nascon­de un traditore. Roma non mostra alcuna pietà verso coloro che tradi­scono i commilitoni e l’Impero, ma prima di poter punire il colpevole, bisogna trovarlo. Catone e Macrone cominciano così una corsa contro il tempo per sco­prire la verità, mentre i potenti ne­mici oltre il confine non aspettano altro che poter sfruttare qualunque debolezza per annientare la legio­ne. Il traditore dev’essere trovato, o per l’Impero sarà la fine… 


 Tra i soldati dell’impero un rinnegato attende il momento giusto per colpire.

56 d.C. E’ il terzo anno di regno dell’Imperatore Nerone. Il tribuno Catone e il centurione Macrone, veterani dell’esercito romano, sono di stanza sul confine orientale a Tarso, consapevoli che ogni loro mossa è controllata dalle spie del pericoloso e misterioso Impero dei Parti. Il loro compito consiste nell’addestramento dei pretoriani e degli ausiliari che faranno parte dell’esercito che il generale Corbulone muoverà contro i parti. Oltre alla minaccia esterna, c’è un grave problema interno che rischia di far fallire ogni iniziativa romana: tra i ranghi della legione si nasconde un traditore. Roma non riserva nessuna pietà per coloro che tradiscono i commilitoni e l’Impero. Catone e Macrone iniziano così una corsa contro il tempo per scoprire la verità, mentre i potenti nemici oltre il confine non aspettano altro che poter sfruttare ogni debolezza per annientare la legione.  

Il libro ha come protagonisti Catone e Macrone, uomini valorosi e coraggiosi al servizio dell’esercito romano. La storia offre uno spaccato di vita militare narrando anche la vita della Legione, le sue battaglie e i suoi costumi. Invenzione e storia si sposano perfettamente  con il racconto di determinati momenti storici e si amalgama con il fascino degli eventi e le sfide che i due vecchi amici dovranno affrontare con i loro compagni d’armi.

Scarrow descrive dettagliatamente la vita nell’esercito romano, l’addestramento, i giochi di potere e le tattiche in vista di una guerra sanguinosa. Il romanzo ci conduce sui campi di battaglia durante un implacabile assedio e ci trasmette le vivide emozioni di un imboscata o di una sommossa che rendono ancora più dinamica e reale l’evoluzione della storia. L’onore, il coraggio, la determinazione e l’astuzia sono caratteristiche peculiari dei protagonisti che mostrano anche le loro ambizioni, le passioni, i desideri e i progetti del loro essere uomini delineando così anche la psicologia di questi due eroi.

Macrone incarna, con vizi e virtù, il soldato romano delle legioni. Fedele al suo generale Corbulone, è un uomo pronto a sfidare ogni pericolo ma anche un marito felice, sposa l’amata Petronilla. Nel frattempo il valoroso veterano partecipa all’assedio di Thapsis per liberarla dai ribelli.

Catone si mostra come un uomo tranquillo, intelligente e colto, tenero con il figlioletto Lucio ma deciso in guerra. È il comandante della coorte pretoriana del generale Corbulone e per suo ordine viene mandato, con una delegazione di pochi uomini, nella Partia per proporre una pace al re Vologase.

Quindi, almeno inizialmente, i due protagonisti prenderanno vie diverse alle prese con situazioni pericolose, tuttavia nel procedere del libro le loro strade si incrociano nuovamente. Quale sarà il loro futuro?

Disciplina e regole ferree, coraggio e determinazione, lealtà e infami tradimenti, imboscate e brutalità, segnano un itinerario narrativo che mostrerà anche le vicende personali  dei protagonisti. La narrazione appassionante mette in risalto anche le imperfezioni dei personaggi pur evidenziando il senso di fratellanza dei legionari romani e non trascura l’avidità e la corruzione che si annida tra le maglie dell’Impero.

“Il traditore di Roma” è il libro numero 18 della serie e il finale lascia intravedere un nuovo capitolo dell’eccezionale saga iniziata nel 2000 con “Sotto il segno dell’aquila”. Scarrow scrive con passione seminando, nel romanzo, colpi di scena, azione, tradimenti, intrighi. Fuoco e acciaio temprano questa storia piacevolissima da leggere.

“Il traditore di Roma” è un’avventura avvincente e ricca di azione, la trama è un continuo intrigo che non concede momenti di tregua, lo stile è fluido, accattivante e appassiona il lettore portandolo indietro nel tempo. Battaglie, macchinazioni politiche, tradimenti, coraggio, amore e morte. All’inizio del libro c’è una mappa del confine tra Roma e la Partia nel primo secolo d.C. Troverete anche un utilissimo elenco dei personaggi storici e di fantasia.

Personalmente mi piacciono molto i romanzi storici quindi vi auguro  una buona lettura e godetevi il viaggio nel passato glorioso sotto il nome di Roma.

sabato 7 novembre 2020

RECENSIONE | "Il viaggio di Halla" di Naomi Mitchison

“Il viaggio di Halla” di Naomi Mitchison, traduzione dall’inglese di Donatella Rizzati per Fazi Editore, è un libro sorprendente e profondo in cui l’autrice descrive un mondo che muta velocemente dimenticando le antiche usanze e le tradizioni. Nel mondo di Halla tutto è possibile, vivere con gli orsi e volare sulla groppa di un drago, incontrare un basilisco nella steppa e poter parlare con gli animali, incontrare Odino e conoscere le Valchirie che conducono nel Valhalla gli eroi. Con queste premesse sono sicura di aver svegliato la vostra curiosità e allora si parte per un viaggio affascinante in compagnia di Halla.


STILE: 8 | STORIA: 8 | COVER: 7
Il viaggio di Halla
Naomi Mitchison

Editore: Fazi
Prezzo: € 15,00
Sinossi

Questa è la storia di Halla, figlia di un re che decide di abbandonarla nei boschi. Qui viene accudita dagli orsi e poi cresciuta dai draghi sulle montagne rocciose; ma il tempo dei draghi, minacciati dagli odiosi e crudeli esseri umani, sta per finire. Odino, Padre di tutte le cose, offre ad Halla una scelta: vivere alla maniera dei draghi, accumulando tesori da difendere, o viaggiare leggera e attraversare il mondo con passo lieve? Iniziano così le fantastiche avventure della ragazza, che girovagherà alla scoperta di nuove terre e antiche leggende, in mezzo a creature incredibili, luoghi misteriosi e magie dimenticate. La sua conoscenza di tutti i linguaggi, sia quelli umani che quelli animali, la aiuterà ad andare oltre le apparenze, ma anche a mettere in discussione ciò in cui ha sempre creduto, mentre affronta, una dopo l'altra, le nuove sfide sul suo cammino. 


Si narra che quando la nuova regina vide la figlia della vecchia regina, disse al re che di quella mocciosa bisognava sbarazzarsi immediatamente. E il re, che ormai aveva quasi dimenticato la vecchia regina e a  malapena aveva dato uno sguardo alla bimba, acconsentì e non ci pensò più.  E quella sarebbe stata la fine della bambina, se la sua tata, Matulli, non avesse udito tutto per caso.

“Il viaggio di Halla”, per la prima volta in Italia, è un classico della letteratura fantasy del Novecento scaturito dalla penna di una scrittrice tutta da riscoprire, grande amica e prima lettrice di J.R.R. Tolkien.

Questa è la storia di Halla, figlia di un re che decide di abbandonarla nei boschi. La bambina viene accudita dagli orsi e poi cresciuta dai draghi sulle montagne rocciose. Il tempo dei draghi, però, sta per finire a causa degli odiosi e crudeli esseri umani. Odino, Padre di tutte le cose, offre ad Halla una scelta: continuare a vivere alla maniera dei draghi, accumulando tesori da difendere, o viaggiare leggera e attraversare il mondo con passo lieve? Halla inizierà un lungo viaggio vivendo fantastiche avventure e scoprendo nuove terre. Conoscerà creature incredibili, attraverserà luoghi misteriosi e apprenderà antiche leggende e magie dimenticate. Il suo lungo cammino le riserverà nuove sfide e per affrontarle Halla dovrà mettere in discussione ciò in cui ha sempre creduto e andare oltre alle apparenze.

Fin dalle prime pagine, “Il viaggio di Halla”, apre le porte di un mondo fantastico in una fiaba senza tempo. È straordinario leggere come  le divinità dei miti nordici convivono con i personaggi della letteratura fantasy. La tolleranza e la comprensione mostrano come non esiste un solo modo giusto per vivere e per affrontare tutte le questioni che si discostano dalle nostre credenze.

Il libro si compone di tre sezioni.

La prima parte riguarda la giovinezza della protagonista tra orsi, draghi, troll, unicorni e altre creature mitiche.

Halla vive inizialmente con gli orsi, poi viene adottata dal drago Uggi e cresciuta secondo i retti principi della dragoneria. Lei si sente orso e drago ma deve accettare il fatto di essere umana. Halla, vivendo con i draghi, ama i tesori e odia gli uomini che sono stati crudeli con lei. Quando Uggi verrà ucciso, Odino pone Halla davanti a una scelta e lei sceglie di andare per il mondo, di viaggiare leggera per conoscere altre realtà.

La seconda parte vede Halla partire per un lungo viaggio. Non ha alcun bagaglio, indossa solo una piccola parte del mantello di Odino e lascia ciò che conosce per andare verso l’ignoto. Halla comprende tutte le lingue, comprese quelle degli animali, e il suo cammino la porterà a unirsi a un gruppo di uomini diretti a  Miklagard (chiamata anche Bisanzio o Costantinopoli) per incontrare l’imperatore del mondo intero nominato da Dio e lamentarsi di un governatore tirannico . Halla vuole aiutare questi uomini e diventa la loro voce ma non tutti la considerano allo stesso modo. Per alcuni è un dono di Dio,  per altri una strega, per altri ancora un angelo. Pluralità di visioni in un mondo che mostra molte ingiustizie. Così, con gli occhi di Halla, vedremo atti di crudeltà, avarizia e morte. La protagonista dovrà trovare il suo posto nel mondo, non può tornare indietro e la magia si scontra con la dura realtà.

La terza parte vede Halla mostrare il proprio coraggio, fare delle scelte in base a ciò che lei vuole senza lasciarsi condizionare da ciò che gli altri si aspettano da lei. La protagonista preferisce agire senza aspettare un eroe pronto a salvarla, non è la solita principessa in attesa del principe azzurro ma un’eroina coraggiosa e indipendente. Il finale chiude perfettamente il cerchio narrativo come scoperta di sé e come apertura agli altri.

“Il viaggio di Halla” porta il lettore in un mondo fantastico fatto di verità, sogni e leggende. Halla ci mostra un mondo privo di confini e ci conduce per mano all’interno di una storia dai molteplici volti. Ogni pagina racchiude un’avventura, ogni personaggio mostra un modo di essere e di pensare, ogni passo in avanti conduce tra eroi, figure mitiche, uomini buoni e cattivi. Ci accompagnano la violenza e la morte ma anche l’adattabilità, il coraggio e la voglia di ottenere giustizia per gli oppressi, la lealtà e la libertà.

Al di là delle sfide e dei pericoli, della violenza e del perdono, il tema di fondo che si pone al centro di questa storia è “viaggiare leggeri”.

Secondo me “viaggiare leggeri” vuol dire non appesantirsi di cose materiali ma fare il pieno di emozioni. Fin dall’antichità il viaggio è inteso come metafora della vita. C’è una partenza, un percorso e un arrivo. Partire vuol dire abbandonare le proprie abitudini, le certezze, e avere il coraggio di mettersi in gioco. L’arrivo non è un obiettivo raggiunto ma un momento di cambiamento. Durante il viaggio  si affronteranno  avvenimenti straordinari e imprevedibili, ciò richiederà autonomia e fiducia in sé. Viaggiare leggeri è lasciare le sicurezze per camminare solo con se stessi accettando nuove immagini, sensazioni e persone. Occorre riporre nel cassetto di casa i pesi inutili come i pregiudizi, le illusioni, le paure, le aspettative altrui e portare con sé l’entusiasmo, l’apertura mentale, il coraggio e la voglia di conoscere. Quindi se la vita la possiamo immaginare come un viaggio, sarà meglio viaggiare leggeri!

martedì 3 novembre 2020

BLOGTOUR | "Askja" di Ian Manook | I 5 motivi per leggere il romanzo

“Askja” è il secondo capitolo della trilogia  islandese di Ian Manook, iniziata con “Heimaey”: un viaggio sorprendente tra i mille volti di un paese che cela tanti segreti. Con “Askja” avremo la possibilità di  conoscere  l’Islanda più selvaggia coinvolta in una  macchinazione politica che rivela il lato oscuro di questa nazione apparentemente esemplare. Il nuovo romanzo di Ian Manook, dal 5 novembre nelle librerie grazie a Fazi Editore, ci porta nel deserto di cenere di Askja, nel cuore dell’Islanda, dove non si trova il corpo di una giovane donna assassinata. Vicino a Reykjavik, in un sito turistico, vengono scoperte tracce di sangue e   una bottiglia di vodka rotta sul fondo di un cratere, ma anche lì, il corpo della vittima scompare. Inoltre un cecchino semina il panico. Questi crimini ricordano all’ispettore Kornelius Jakobson, della polizia criminale di  Reykjavik, il fiasco giudiziario e di polizia che scosse l’Islanda a metà degli anni ’70. Due crimini senza cadavere, senza prove materiali, solo presunti colpevoli che finiscono per confessare senza avere il minimo ricordo.



Askja
(Trilogia islandese #2)
Ian Manook

Editore: Fazi
Prezzo: € 17,00
Sinossi
Nel deserto di cenere dell’Askja, nel cuore dell’Islanda, viene avvistato il corpo imbrattato di sangue di una donna. L’ispettore Kornelíus Jakobsson, della polizia criminale di Reykjavík, non fa in tempo ad arrivare sul posto che il corpo è già scomparso nel nulla. Negli stessi giorni, nei pressi della capitale, la giovane poliziotta Botty sta indagando su uno scenario simile: delle tracce di sangue e una bottiglia di vodka in frantumi sono stati rinvenuti sul fondo di un cratere ma, di nuovo, il corpo non si trova. Altro fatto curioso: in entrambi i casi, la memoria dei testimoni lascia alquanto a desiderare. Questi crimini ricordano all’ispettore Kornelíus il fiasco giudiziario che aveva sconvolto l’Islanda a metà degli anni Settanta: due crimini senza cadaveri, senza prove materiali, senza testimoni, solo dei presunti colpevoli che alla fine avevano confessato senza avere il minimo ricordo dei fatti. Nel frattempo, un cecchino semina il panico…



I 5 motivi per leggere il romanzo

Per stuzzicare la vostra curiosità vi propongo cinque buoni motivi per leggere “Askja”.

1. Perché è sorprendente viaggiare grazie ai romanzi di Manook. Dopo aver conosciuto la Mongolia con la trilogia di Yeruldegger e il Brasile lussureggiante con “Mato Grosso”, lo scrittore ci accompagna  nei meandri più oscuri dell’Islanda. Proprio lì, “lassù al centro del mondo”, al centro dell’Oceano Atlantico settentrionale, si estende quest’isola dove l’acqua e il fuoco interagiscono e sono il motore della vita islandese. Scopriremo una terra ricca di miti e leggende, con paesaggi mozzafiato dove si percepisce l’infinito e l’immensità. Con gran meraviglia ci inoltreremo nella famosa e inospitale enorme caldera di Askja, vedremo il relitto aereo del C-117 della US Navy adagiato sulla spiaggia nera di Solheimasandur. La parte più emozionante sarà entrare nel vulcano Thrihnukagigur, nel cuore delle Montagne Blu. Sì, avete letto bene. Entreremo dentro il vulcano, dormiente da 4000 anni, che non presenta più lava al suo interno e proprio nella camera magmatica verrà commesso un crimine orrendo. Meraviglie della natura si intrecciano con il lato oscuro dell’umanità. Questi luoghi turistici sono, infatti, le scene dei crimini.

2. Perché “Askja” è una storia vestita di nero, ben strutturata con una trama complessa come una matrioska che riserva, al lettore, numerose sorprese scandite da vari crimini, diverse indagini, un cecchino invisibile e tanti segreti con cadaveri che svaniscono nel nulla e testimoni poco attendibili. Il tutto è scandito in brevi capitoli, uniti da un intrigo serpeggiante, che danno un buon ritmo al romanzo che ruota intorno alla figura di Kornelius Jakobson, poliziotto islandese possente come un troll. Kornelius mi ricorda un po’ Yeruldelgger. Hanno entrambi una possente corporatura, un carattere deciso, non si arrendono mai, non amano molto le   gerarchie e le regole, ma hanno un profondo rispetto per il loro paese e le sue usanze.

3. Perché “Askja” è una miscela sorprendente con tanti scheletri chiusi nell’armadio che verrà puntualmente aperto scatenando forze malvagie. A mitigare il senso di perenne pericolo ci pensa un humor sottile e il poliziotto Spinoza, i cui interventi vi faranno ridere di gusto ma saranno anche l’occasione per riflettere sui mille volti della vita. L’umorismo mescola le carte di un gioco investigativo con cui l’autore sfida il lettore. Manook cerca di confonderlo e il lettore lo sa.

4. Perchè “Askja” mantiene un perfetto equilibrio tra il lato avvincente del thriller e il lato umano dei protagonisti. La verità sconcertante dovrà farsi strada tra ipocrisie e segreti stando attenta a evitare una trappola mortale che si identifica con la manipolazione della memoria e la doppia natura di alcuni personaggi. Questi tessono una vischiosa ragnatela di bugie e inganni. Può succedere che fattori esterni interferiscono con la nostra memoria alterando i nostri ricordi. Quindi non sempre possiamo fidarci di quello che la nostra memoria ci dice. In questo mare di memorie ed emozioni, da una parte avremo le forze dell’ordine impegnate nella caccia al colpevole, dall’altra antagonisti potenti e insospettabili. Per bilanciare la trama del crimine ecco far capolino Il lato umano dei personaggi con vizi, debolezze e virtù. Infatti  scopriremo molto della vita privata di Kornelius e ciò svelerà un passato tragico che ha condizionato pesantemente la vita dell’ispettore. Quando la maschera esteriore cade è più facile immedesimarsi nei personaggi e nella loro psicologia.

5. Perchè “Askja”è un thriller coinvolgente tra omicidi, sparizioni e un cecchino davvero particolare perché spara solo per colpire i mezzi utilizzati dai turisti che visitano i posti fra i più emblematici del paese. È una minaccia per far fuggire i turisti stranieri e ottenere qualcosa? Oppure dietro l’ombra dei proiettili c’è una pericolosa militanza ecologica? Il cecchino è un terrorista, un ecologista, un ricattatore o un nazionalista? Quindi, come potete ben vedere, la lettura non è mai noiosa e il lettore è sempre con il fiato sospeso. Tutti i romanzi di Manook s’ispirano a dei viaggi che lo scrittore ha fatto venendo a contatto con le tradizioni e le leggende dei luoghi visitati. Poiché non è possibile razionalizzare il mondo e cancellare i misteri, occorre accettare l’irrazionalità che in questo romanzo, sotto forma di leggende, ci permette di immergersi nella storia e nel paesaggio di questa terra unica. Ad esempio scoprirete che gli islandesi hanno un vero e proprio culto nei confronti degli elfi e stanno molto attenti a non irritarli.

Il nostro viaggio, purtroppo, termina qui. Dopo aver visitato “Heimaey”, un’isola dalla storia travagliata, e “Askja”, tra le bellezze naturali più affascinanti dell’Islanda, sono molto curiosa di vedere dove Manook ambienterà il terzo capitolo della trilogia islandese.


giovedì 22 ottobre 2020

RECENSIONE | "La storia perduta" di Elisabetta Gnone

In occasione del 15° anniversario della saga, un nuovo capitolo della saga Fairy Oak  ci aspetta in libreria e sugli store online da oggi, 22 ottobre. “La storia perduta” di Elisabetta Gnone, Salani Editore, ci permette di oltrepassare la soglia della magia per far ritorno al villaggio di Fairy Oak dove le gemelle Pervinca e Vaniglia ci racconteranno una storia di magia, amori e avventure ammalierà i lettori.


STILE: 8 | STORIA: 8 | COVER: 9
La storia perduta
Elisabetta Gnone

Editore: Salani Editore
Prezzo: € 18,00
Sinossi

Il tempo è passato e molte cose sono cambiate a Fairy Oak, e così capita di immelanconirsi riguardando vecchie fotografie davanti a un tè, ricordando vecchi amici e grandi avventure. Ma quando i ricordi approdano all'anno della balena, i cuori tornano a battere e i visi a sorridere. Che anno fu! Cominciò tutto con una lezione di storia, proseguì con una leggenda e si complicò quando ciascun alunno della onorata scuola Horace McCrips dovette compilare il proprio albero genealogico. Indagando tra gli archivi, le gemelle Vaniglia e Pervinca, con gli amici di sempre, si mettono sulle tracce di una storia perduta e dei suoi misteriosi protagonisti. E mentre il loro sguardo ci riporta nella meravigliosa valle di Verdepiano, si consolidano vecchie amicizie, ne nascono di nuove, si dichiarano nuovi amori e si svelano sogni che diventano realtà. 


Le radici dei popoli sono come le radici degli alberi: consolidano il terreno per le generazioni future. E ogni storia perduta, o dimenticata, può contenere molte verità.

Fairy Oak è un villaggio di pietra, antico e incantato, sperduto tra le pieghe di un tempo immortale e cresciuto intorno a una quercia fatata, da cui ha preso il nome. Nel villaggio, in perfetta armonia, vivono umani e creature magiche. Le fate, piccole e luminose, vengono chiamate dai Magici per badare ai bambini. Felì è la fatina a cui è affidato il compito di proteggere le streghe gemelle Vaniglia e Pervinca, nate con opposti poteri e simbolo vivente di un’eterna alleanza, quella fra Luce e Buio. Il tempo è passato e molte cose sono cambiate a Fairy Oak.

Ad accoglierci a Fairy Oak, per una nuova avventura, sono proprio le streghe gemelle che, in questo inaspettato romanzo, torneranno indietro nel tempo guardando vecchie fotografie davanti a un tè, ricordando vecchi amici e grandi avventure. Così i ricordi riportano le due sorelle a un anno molto particolare, l’anno della balena. Tutto era cominciato con una lezione di storia e un compito davvero intrigante: scoprire l’origine di Fairy Oak. Sulla nascita del villaggio ci sono molte ipotesi e la verità è tutta da scoprire attraverso la consultazione di antichi libri, interviste agli anziani e la compilazione di un albero genealogico della propria famiglia. Facendo le ricerche in biblioteca, Pervinca si imbatte in una leggenda antica quanto il mare che si intreccia con la loro indagine che durerà per tutto l’anno scolastico. La leggenda ritrovata metterà le gemelle e i loro amici sulle tracce di una storia perduta.

Anche in questo romanzo, come nei precedenti, riscopriamo il ruolo principale che la Natura ricopre nella vita del villaggio e dei suoi abitanti. Attraverso le avventure delle due gemelle, la scrittrice si rivoge ai suoi lettori affrontando temi importanti come il rispetto e l’amore per la Natura, l’amicizia, l’amore, la lealtà e il coraggio. Ancora una volta, attraverso il racconto di una missione importante da compiere, Elisabetta Gnone si fa testimone di come ognuno di noi può trovare dentro di sé la forza necessaria per affrontare le sfide che la vita ci propone.

“La Storia Perduta” è un lasciapassare per ritornare nella meravigliosa valle di Verdepiano dove si consolidano vecchie amicizie, ne nascono di nuove, si dichiarano nuovi amori e si svelano sogni che diventano realtà.

Pervinca e Vaniglia sono due deliziose streghe identiche e inseparabili, tuttavia opposte. Una aveva il potere del Buio, l’altra il potere della Luce. Tra loro non c’è opposizione, sono due facce della stessa medaglia. La natura, pensateci un momento, ha in sé sia il potere creativo che quello distruttivo. Il fluire delle stagioni rappresenta quest’alternanza tra Luce e Buio in un’equilibrio fragile che tutti noi dobbiamo difendere.

Un altro tema importante che viene trattato nel romanzo è l’importanza dello studio della Storia. Nei primi capitoli conosceremo un nuovo personaggio Orcomorto, un professore di Storia capace di seminare il panico tra i suoi studenti. Tutti odiavano le ore di Storia, e il professore Absenzio Enormous sembrava odiare i suoi alunni.

Lo chiamavamo Orcomorto, per via del fatto che era grosso quanto lo sarebbe stato un orco, camminava come secondo noi camminavano gli orchi, biascicava come immaginavamo biascicassero gli occhi, teneva sempre le palpebre abbassate e non alzava mai lo sguardo, come un morto. Era informe e grigio… Era noioso da strapparsi le unghie.

Poi, causa piccolo incidente, Orcomorto lascia la scuola e arriva la supplente Illuminata Foresta e tutto cambiò perché era una strega sorprendentemente viva e vitale, capace di calore umano e dotata d’ingegno. Tutti iniziarono ad appassionarsi allo studio della Storia. Infatti studiare la Storia è importante perché ci porta a conoscere il passato, le nostre radici, ci avvicina a un mondo lontano nel tempo che però ci permette di comprendere meglio il nostro presente.

Leggendo “La Storia Perduta” ho notato come la storia fantasy non è solo un momento d’intrattenimento ma scoprirete temi su cui riflettere come la fragilità dell’adolescenza, l’importanza dell’amicizia, l’impegno nel difendere la Natura.

Quello di Elisabetta Gnone è un fantasy ricco di emozioni, è originale ed avvincente. Oltre alla scrittura curata, il libro si arricchisce d’immagini colorate che conferiscono un’atmosfera pacata e accogliente. Le illustrazioni ricreano il mondo che la scrittrice aveva in mente da quando, molti anni fa, aveva fatto un viaggio in Normandia e in Scozia. La splendida copertina è opera di Claudio Prati e raffigura un’enorme balena. All’interno le illustrazioni  sono di Barbara Baldi e Valeria Turati.

Quindi non ci resta che far ritorno nel villaggio della Quercia Fatata per leggere una storia che intreccia avventura e fantasia. Una storia animata da personaggi straordinari che ci accoglieranno a braccia aperte  per volare, con tutti noi, sulle ali della fantasia.

giovedì 8 ottobre 2020

RECENSIONE | "Perdersi" di Elizabeth Jane Howard

“Perdersi” è il nuovo romanzo di Elizabeth Jane Howard, pubblicato da Fazi Editore, nella traduzione di Sabina Terziani e Manuela Francescon. Con molta umiltà e sincerità, la scrittrice racconta, in forma romanzata, un’esperienza tragica vissuta in prima persona. È la storia di un plagio psicologico messo in atto da una mente malata che si fa strada negli affetti di una donna. Lo strumento basilare per la manipolazione della realtà si identifica nella manipolazione delle parole e vedrete come delle semplici lettere possano ricoprire un ruolo fondamentale nelle vicende narrate.

La  malvagità è incarnata in un giardiniere di nome Henry che decide di conquistare, per scopi puramente economici, una scrittrice di nome Daisy.


STILE: 8 | STORIA: 8 | COVER: 7
Perdersi
Elizabeth Jane Howard

Editore: Fazi
Prezzo: € 20,00
Sinossi

Henry è un ultrasessantenne solo e piuttosto male in arnese, che vive sulla barca di una coppia di amici. La sua è stata un'esistenza sfortunata e apparentemente segnata dalla crudeltà delle donne. Lettore e pensatore, è un uomo privo di mezzi, ma non di fascino. Daisy è una drammaturga di successo, anche lei ha superato i sessant'anni e conduce una vita piuttosto solitaria in un piccolo cottage di campagna con giardino che ha da poco acquistato, dove contempla l'enorme vuoto affettivo che nessun uomo ormai riempirà più, nonostante una parte di lei continui a desiderare di essere amata ancora una volta. Quando Henry si offre come giardiniere, all'inizio Daisy è diffidente, ma poi gli consente di insinuarsi pian piano nella sua vita quotidiana: bisognosa com'è di affetto e attenzione, abbocca facilmente al suo amo. La tensione sessuale tra i due cresce in modo graduale, fino a che Daisy ne è obnubilata e non è più in grado di vedere Henry per quello che realmente è, nonostante i suoi amici e sua figlia, perplessi e sospettosi, continuino a metterla in guardia...


Mi ha lasciato. Quest’ultimo colpo, il più tremendo di tutti, mi ha messo al tappeto. Non riesco a soffermarmi su questo pensiero abbastanza a lungo da farmi un’idea pur vaga del perché sia accaduto. Era innamorata di me -ne sono certo- oppure si trattava di semplice attrazione sessuale?

Henry è un ultrasessantenne che, nell’arco di pochi mesi, si era ritrovato senza lavoro e senza moglie. Viveva sulla barca di una coppia di conoscenti e la sua è un’esistenza apparentemente segnata dalla crudeltà delle donne. Ama leggere, fine pensatore, affascinante. Daisy è una drammaturga di successo, ha superato i 60 anni e conduce una vita solitaria dopo la morte dell’adorata zia e il naufragio di due matrimoni. Acquista un cottage di campagna con giardino e spesso riflette sull’enorme vuoto affettivo che nessun uomo potrà più colmare. Daisy, pur indipendente e diffidente verso il prossimo, desidererebbe essere amata ancora una volta. Quando Henry si offre come giardiniere, lei è inizialmente diffidente poi pian piano l’uomo riesce a insinuarsi nella sua vita quotidiana. Daisy ha bisogno di attenzioni e affetto, Henry userà questo bisogno come un cavallo di Troia per entrare nella sua vita, nel suo cuore e nel suo letto. La scrittrice si lascia conquistare dall’uomo e non riesce a vedere l’uomo per quello che realmente è, un truffatore. Ormai Daisy è caduta nella trappola di Henry e non ascolta i consigli dei suoi amici e di sua figlia che, perplessi e sospettosi, continuano a metterla in guardia.

Come avrete compreso i due protagonisti di “Perdersi” sono Henry e Daisy.

Henry si presenta, a noi lettori, come un uomo abbandonato dalla donna amata. Inizialmente, per le primissime pagine, sembrava un personaggio simpatico poi tutto è cambiato nel volger di un battito di ciglia. L’uomo si è mostrato cinico, senza scrupoli, pronto a calpestare i sentimenti di chiunque pur di trovare una donna, con una buona situazione economica, per sposarsi e sistemarsi. Henry conta sul suo fascino per far breccia nel cuore delle sue prede ma non lesina attenzioni e premure condite da una buona dose di menzogne costruite a tavolino. Lui sapeva ciò che voleva!

Negli anni ho imparato che se da un lato non bisogna mai smettere di cercare le opportunità, dall’altro è necessario avere ben chiaro il genere di opportunità che vale la pena trovare.

La sua opportunità rispondeva al nome di Daisy. La donna, nella sua vita, aveva dovuto affrontare momenti difficili. A causa del suo passato infelice, la donna vedeva la fiducia come una debolezza ma, in cuor suo, sperava di trovare qualcuno che le desse ancora amore.

Henry, complice un giardino che necessita di cure, comprende subito la fragilità di Daisy e con pazienza e mille attenzioni mette in atto il suo piano di conquista. Riesce a farsi assumere come giardiniere per poi diventare l’amante della donna. C’è però un piccolo problema: lui vorrebbe convolare a nozze, lei no.

Nel romanzo, a voci alterne, i due protagonisti danno la loro versione dei fatti mostrando due diverse prospettive della storia. Lui è intento a mescolare la verità, giusto una goccia, con un mare di bugie per dare di sé la visione di un uomo bistrattato dalla vita che per sua fortuna, ma per disgrazia di lei, incontra una donna capace di risvegliare l’amore che, ben nascosto anzi introvabile, è in lui.

I capitoli in cui Henry  espone i fatti sono in prima persona, mentre quelli di Daisy sono narrati in terza persona. Completano la narrazione delle lettere, fulgido esempio di manipolazione della parola, e annotazioni di diario.

Procedere nella conoscenza di Henry e Daisy vuol dire camminare su un terreno fragile e pericoloso reso infido dalla solitudine, dal desiderio, dalla vulnerabilità, dalla fiducia e dall’invecchiamento. Ci ritroveremo ad esplorare il tema dell’amore, nelle sue gioie e pericoli, avendo libero accesso sia alla vita esteriore che a quella interiore dei due protagonisti. Appare evidente la natura truffaldina, narcisista e bugiarda di lui. Lei, dopo un iniziale tentennamento, accetta, senza alcun dubbio, tutto ciò che lui le dice. Beata ingenuità!

Quando il gioco sporco di Henry verrà scoperto, sarà evidente come ogni sua azione sia stata  falsa volta a ottenere la collaborazione della sua preda. L’uomo sa come farle credere di essere la persona più importante del mondo, sa come convincerla ad ascoltarlo, sa camuffare la verità e confondere le idee. Lui è un manipolatore emotivo, non si assume mai alcuna responsabilità, capisce cosa la sua vittima vuole e si comporta di conseguenza dandole quello che vuole. Quando cade la maschera indossata da Henry, Daisy dovrà affrontare un’amara verità.

Non c’è niente per te lì. Non c’è cuore. Niente tra la testa e i genitali.

La prosa raffinata è il segno distintivo della scrittura di Elizabeth Jane Howard che spesso, nei suoi romanzi, racconta storie basate sulle relazioni malate tra uomini e donne, sulle dinamiche familiari  e sul ruolo della figura femminile. Il fallimento dei matrimoni e il conseguente abbandono sono esperienze che la scrittrice, come la protagonista di “Perdersi”, conosce in prima persona. Narra di errori e delle persone che li commettono. Gli sbagli che si ripetono, i matrimoni che mescolano infelicità e amore, la voglia di scappar via, l’orgoglio ferito.

“Perdersi” è la storia di un inganno crudele in cui la vera vittima è l’amore. È la storia di una manipolazione   e di un reinventare la propria vita per dare di se stessi un’immagine migliore. È la storia di una tattica di conquista in tre atti: scelta accurata della preda, assedio emotivo per far breccia nel cuore della donna, conquista. Le armi? Una profonda fede nei sentimenti, comprensione, pazienza e un mostrarsi come un inguaribile romantico desideroso di compagnia, assetato di intimità.

Nessuno è felice di essere solo, l’amore attira come la luce attrae le falene. Volare verso l’amore è bellissimo ma attenzione a non bruciare le ali della libertà.

lunedì 5 ottobre 2020

RECENSIONE | "La corona del potere" di Matteo Strukul [Review Party]

“La corona del potere”, secondo volume appartenente al ciclo  de “Le sette dinastie”, è un romanzo storico di Matteo Strukul, Newton Compton Editori.  Attraverso questa saga, lo scrittore racconta il secolo d’oro del Rinascimento mediante la storia di sei grandi città e dinastie protagoniste di quel tempo: Milano (Visconti-Sforza), Venezia (Condulmer), Roma (Borgia e Colonna), Firenze (Medici), Ferrara (Estensi) e Napoli (Aragonesi). Anche in questo nuovo capitolo, come nel precedente, troveremo personaggi che hanno fatto la Storia come Ludovico il Moro, papa Alessandro VI, Leonardo da Vinci, Cesare e Lucrezia Borgia, Caterina Sforza, Antonio Condulmer, Michelangelo Buonarroti, Girolamo Savonarola e tanti altri.

Strukul con piglio deciso ci guida attraverso gli splendori e le stragi del Rinascimento, un tempo magnifico e terribile insieme. Milano e Roma sono le grandi protagoniste di questo romanzo, non mancano, però, altri scenari ugualmente importanti. Tra i protagonisti assumono un ruolo rilevante le vicissitudini della famiglia Borgia, ma affascina il personaggio di Caterina Sforza e incuriosisce un inedito ritratto di Leonardo da Vinci.




STILE: 9 | STORIA: 8 | COVER: 7
La corona del potere 
(Saga delle sette dinastie vol. 2)
Matteo Strukul

Vol. 1 | Vol. 2

Editore: Newton Compton
Pagine: 512
Prezzo: € 9,90
Sinossi
La saga delle sette dinastie 1494. L’ombra di Carlo VIII si allunga come una maledizione sulla penisola italica. Intanto Ludovico il Moro ha da tempo usurpato il ducato di Milano. A Roma Rodrigo Borgia, eletto papa, alimenta un nepotismo sfrenato e colleziona amanti. Venezia osserva tutto grazie a una fitta rete di informatori, magistralmente orchestrata da Antonio Condulmer, Maestro delle Spie della Serenissima, mentre il re francese valica le Alpi e, complice l’alleanza con Ludovico il Moro, giunge con l’esercito alle porte di Firenze. Piero de’ Medici, figlio del Magnifico, lascia passare l’invasore, accettandone le condizioni umilianti e venendo in seguito bandito dalla città che si offre, ormai prostrata, ai sermoni apocalittici di Girolamo Savonarola. Mentre il papa si rinchiude a Castel Sant’Angelo, Carlo marcia su Roma con l’intento di saccheggiarla, per poi mettere a ferro e fuoco Napoli e reclamare il regno nel nome della sua casata, gli Angiò. L’inesperto Ferrandino non ha alcuna possibilità di opporsi. In un’Italia sbranata dal “mal francese”, che dilaga come un’epidemia mortale, convivono lo splendore del Cenacolo di Leonardo da Vinci e l’orrore della battaglia di Fornovo; le passioni e la depravazione del papa più immorale della Storia e le prediche apocalittiche di un frate ferrarese che finirà bruciato sul rogo…

Stato delle Chiesa, Forlì, rocca di Ravaldino

Glielo avevano ammazzato, pensò. E avrebbero pagato per questo. Ludovico e Checco Orsi, i suoi assassini. E poi gli Ordelaffi e Lorenzo de’ Medici, tutti complici di quell’omicidio. Avrebbe atteso e, giorno dopo giorno, nutrito la sua vendetta.

Con queste riflessioni, Caterina Sforza, apre le porte del romanzo presentandosi come una donna forte e implacabile. I cittadini di Forlì avevano dilaniato con le loro mani il corpo di Girolamo Savonarola. Erano stati i fratelli Orsi a scaraventarlo fuori dalla finestra del palazzo. Quell’omicidio non poteva restare impunito.

Il prologo coinvolgente accoglie il lettore e promette una storia ricca di passioni, intrighi, vendette, congiure e tradimenti. Matteo Strukul sa come affascinare proponendo un romanzo che intreccia la fedeltà storica con la fantasia creando un mosaico che rivela come l’uomo sia ambizioso, scaltro e risoluto, pronto a tutto pur di conquistare il potere senza esclusione di colpi. Trame oscure si celano nell’ombra dei palazzi del potere dove, insieme alle arti, si coltivano l’intrigo e il tradimento. L’Italia è divisa tra signorie, territori della Chiesa, repubbliche marinare, zone d’influenza di potenti e aggressivi vicini quali la Francia e la Spagna.

1492. Carlo VIII, re di Francia, si prepara a scendere in italia per rivendicare il trono di Napoli.  Intanto Ludovico il Moro ha da tempo usurpato il ducato di Milano. A Roma Rodrigo Borgia, eletto papa, alimenta un nepotismo sfrenato e colleziona amanti. Venezia, grazie alla rete di informatori orchestrata da  Antonio Condulmer, osserva tutto mentre il re francese valica le Alpi e complice l’alleanza con il Moro, l’esercito francese arriva alle porte di Firenze. Da quale parte si schiereranno i signori italiani? Piero de’ Medici lascia passare l’invasore, accettando le condizioni umilianti e venendo poi bandito dalla città che si offre, ormai prostrata, ai sermoni di Girolamo Savonarola. Mentre Carlo marcia su Roma, con 30mila uomini e potentissime artiglierie, il papa si rinchiude a Castel Sant’Angelo. Il re vuole saccheggiare  Roma, per poi marciare su Napoli e reclamare il regno nel nome della sua casata, gli Angiò. In un’Italia devastata dal “mal francese”, che dilaga come un’epidemia mortale, convivono lo splendore del Cenacolo di Leonardo da Vinci e l’orrore della battaglia di Fornovo; le passioni e la depravazione del papa più immorale della Storia e le prediche apocalittiche di un frate ferrarese che finirà bruciato sul rogo.

Matteo Strukul non delude mai i suoi lettori che, leggendo i suoi romanzi, apprendono sempre qualcosa di nuovo. Il Rinascimento è raccontato in maniera corale con molti protagonisti e una fitta rete di spie. Nella Storia c’è sempre tanto da scoprire e lo scrittore ci offre l’opportunità per farlo intrecciando il romanzo storico e il romanzo d’avventura. I fatti storici rendono avvincente la trama e lasciano stupefatto il lettore che, attraverso una ricostruzione precisa, riscopre il passato delle diverse aree dell’Italia da cui nascono le molteplici culture del presente.

Tra i personaggi che ho amato di più, senza nulla togliere al fascino dei Borgia, c’è Caterina Sforza, signora di Imola e Forlì, nota come la Tigre di Forlì. È una donna potente dal carattere indomabile e di straordinaria bellezza, mostra un’innata predisposizione per l’uso delle armi. Si distingue per le azioni coraggiose e temerarie che mette in atto per salvaguardare da chiunque i propri titoli e onori. Coinvolgenti le pagine in cui Strukul narra l’episodio dell’assedio, da parte di Cesare Borgia, alla rocca di Rivaldino dove Caterina si è rifugiata.

“La corona del potere” è un romanzo storico appassionante, dove  intrighi, amore e suspense s’intrecciano dando vita a una travolgente avventura dalle venature thriller. È un viaggio a ritroso nel tempo che ci permette di essere testimoni di eventi importanti gestiti da personaggi che non nascondono i loro caratteri. Pensate alla forza di Cesare Borgia e alla debolezza di Giovanni Sforza, marito di Lucrezia Borgia.

Durante i giorni turbolenti e sanguinosi della discesa in Italia di Carlo VIII, vi troverete a confronto con personaggi complessi, leali o infedeli, ambigui e pronti a tradire per i propri interessi. Tra matrimoni d’interesse, celebrati per rinsaldare alleanze politiche, invidie e tradimenti, amori e battaglie, Strukul ci accompagna in un periodo storico tumultuoso, complicato ed intricato.

Il libro si legge con viva passione. A tener desta l’attenzione ci pensano i Borgia e Cesare realizza finalmente il suo sogno di diventare un guerriero e un comandante. Lasciato l’abito cardinalizio, il giovane Borgia mostra le sue tante facce: “falso cardinale, assassino sanguinario, stupratore di vergini, traditore, spergiuro, mostro sfigurato dal mal francese.”

Eppure un fuoco interiore divora la sua anima:

Cesare Borgia, l’uomo che fu tutto e fu niente, fu notte e giorno, croce e spada, ma mai, mai gli riuscì d’essere chi davvero voleva.

“La corona del potere” è un romanzo che mostra la forza del passato ma racconta anche i vizi, i tradimenti, la corruzione di un’umanità fragile in perenne divenire. Ad attenuare la violenza delle battaglie c’è la bellezza dell’arte. L’uomo, con le sue complicazioni, è al centro del tempo. Nel bene come nel male, ogni azione nasconde secondi fini. Con precisione chirurgica, l’autore incide i recessi più nascosti dell’animo umano e porta alla luce un labirinto di emozioni, passioni e desideri. Non tutto però ci è dato sapere. Da storie intrecciate, talvolta complicate, nascono dubbi, domande e incertezze che legano i personaggi al lettore incapace di sottrarsi a una partecipazione empatica alla narrazione.

Quindi, se ancora non l’avete fatto, vi consiglio di leggere la saga delle sette dinastie, sarà una sorprendente immersione nel passato che vi permetterà di comprendere il nostro presente.