lunedì 27 febbraio 2023

BLOGTOUR | "Il paziente" di Juan Gomez-Jurado | I 5 motivi per leggere il romanzo

Il 28 febbraio, Fazi Editore porta in libreria un avvincente thriller spagnolo: “Il paziente” di Juan Gòmez-Jurado, il primo tassello dell’universo della saga Regina Rossa che tanto successo ha riscosso tra i lettori di tutto il mondo. Io ho avuto il piacere di leggere la trilogia e ora vi darò ben cinque motivi per leggere “Il paziente” ricordandovi che in noi abbiamo tutti gli istinti dell’umanità.




Il paziente
Juan Gomez-Jurado

Editore: Fazi
Pagine: 424
Prezzo: € 20.00
Sinossi
Il primo libro dell’universo di Regina Rossa: il thriller che svela il passato dell’enigmatico signor White, il grande antagonista di Antonia Scott. Il dottor Evans è uno dei migliori neurochirurghi d’America, ma è prima di tutto un padre. Una sera, tornando a casa dal lavoro, si accorge subito che qualcosa non va. L’abitazione è vuota. Sua figlia Julia, sette anni, è scomparsa. Nel giro di poco, l’uomo si scopre vittima di un ricatto terrificante: se il suo prossimo paziente uscirà vivo dalla sala operatoria, la sua bambina morirà per mano di uno psicopatico. E il suo prossimo paziente non è un uomo qualunque: la persona che Evans deve uccidere se vuole rivedere sua figlia è il presidente degli Stati Uniti. Alla fatidica operazione mancano soltanto sessantatré ore, sessantatré ore che potrebbero cambiare il destino di milioni di persone. Inizia così un disperato conto alla rovescia. Fino a che punto si può arrivare per salvare una persona amata?



I 5 motivi per leggere il romanzo

1. Perché “Il paziente” svela il passato dell’enigmatico signor White, antagonista di Antonia Scott protagonista della trilogia composta da “Regina rossa”, “Lupa Nera” e “Re Bianco”(Fazi, traduzione di Elisa Tramontin). Il signor White si mostra un egomaniaco narcisista, in lui c’è assoluta mancanza di empatia. Ha occhi di squalo, voce educata e pericolosa. Studia le tipologie umane e ha sviluppato un sistema per controllarle. Scopriremo perché, una persona qualunque, decide di uccidere, rapire o torturare un’altra persona. L’autore trascina il lettore nella mente deviata del signor White, nei suoi luoghi oscuri, per camminare in bilico sul baratro della follia.

2. Perché la trama di questo imperdibile spin-off è una parabola sul rapimento di una bambina e mette in luce i temi della moralità oltre ai lati più oscuri dell’umanità. Infatti il protagonista, il dottor Evans, dovrà affrontare un insormontabile dilemma morale. Come decidere tra il più sacro amore (quello per sua figlia) e un’azione che potrebbe cambiare la storia per sempre?

Il dottor Evans è uno dei migliori neurochirurghi d’America, ma è prima di tutto un padre. Una sera torna a casa dal lavoro e la sua vita cambia per sempre. Sua figlia Julia, sette anni, è scomparsa e lui è vittima di un ricatto terrificante: se il suo prossimo paziente uscirà vivo dalla sala operatoria, la sua bambina morirà per mano di uno psicopatico. Il suo prossimo paziente non è un uomo qualunque. La persona che Evans deve uccidere se vuole rivedere la figlia è il presidente degli Stati Uniti affetto da glioblastoma multiforme, un tumore che si replica nella testa avanzando senza pietà. Alla fatidica operazione mancano solo sessantatré ore che potrebbero cambiare il destino di milioni di persone.

3. Perchè “Il paziente” è un countdown disperato. Un conto alla rovescia che mette in luce i dubbi morali del protagonista: fino a che punto si può arrivare per salvare una persona amata? Il bene di chi ami è al di sopra di tutto? Tra emozioni e intrighi la lettura procede veloce con la tensione che sale e la violenza che chiama violenza. Sono pagine che raccontano una storia imprevedibile ricca di suspense e con colpi di scena impensabili

Il rimorso è un calice amaro che si beve giorno  dopo giorno.

4. Perché, oltre alla trama ben congegnata, il thriller ha un ritmo frenetico, un senso dell’umorismo unico, è un incubo in cui le forze opposte di morale e necessità si annullano. Il linguaggio è semplice e diretto, i capitoli brevi arricchiti da flashback. La narrazione è in prima persona, ciò aiuta il lettore a immedesimarsi nel personaggio. Il neurochirurgo dovrà affrontare 63 ore difficili e non esiterà a mettere in pericolo tutto ciò che conta per lui: Il lavoro in sala operatoria, il grande amore per la figlia, l’amicizia con i colleghi, la sua stessa vita. Il meccanismo a orologeria della narrazione non si limita all’evoluzione dei personaggi ma getta nuova luce sulle scorciatoie morali che non possono essere nemmeno prese in considerazioni. Coinvolgenti le dinamiche emotive tra i personaggi che segnano una linea scura, un confine da varcare per scoprire il male, il dolore, il coraggio, in un viaggio mozzafiato. Il signor White è qualcosa di terribile e affascinante, che intriga e mette paura per la sua anima nera.

5. Perché aspettando l’uscita della serie Amazon Prime Video su Regina Rossa, vi consiglio di leggere i volumi della serie per conoscere Antonia Scott, una donna molto speciale. Non è una poliziotta né una criminologa. Non ha mai impugnato un’arma né portato un distintivo. Dotata di un’intelligenza straordinaria, QI 242, Antonia Scott è la “Regina Rossa” di un progetto di polizia sperimentale segreto. Tra lei e il signor White c’è una partita in sospeso: la regina è la figura più potente della scacchiera, ma un pezzo degli scacchi non deve mai dimenticare che c’è sempre una mano che lo dirige. Nel frattempo White si mostra un po’ di più ne “Il paziente” e ciò che vedo non è un preludio a piacevoli eventi. Il male fa la sua entrata in scena e questo è un presagio nefasto.


giovedì 23 febbraio 2023

RECENSIONE | "Il dubbio" di Seicho Matsumoto

“Il dubbio” è un romanzo di Matsumoto Seicho, uno dei maestri nipponici del genere noir. Pubblicato in Giappone nel 1982, il breve romanzo viene ora pubblicato in Italia nella prestigiosa collana “Fabula” di Adelphi, nella traduzione di Gala Maria Follaco. La donna più malvagia dello Hokuriku, deve per forza essere colpevole. E se così non fosse, se fosse innocente? 


STILE: 7 | STORIA: 8 | COVER: 7
Il dubbio
Seicho Matsumoto

Editore: Adelphi
Pagine: 133
Prezzo: € 16,00
Sinossi
Onizuka Kumako è una donna avvenente, dalla figura prosperosa e dai modi spregiudicati. Entraîneuse nei bar di Tokyo, sa come sedurre i clienti, e per farsi rispettare non esita a usare le maniere forti – e a ricorrere, se necessario, alle sue amicizie malavitose. Peccato che Shirakawa Fukutarō, ricco vedovo alla disperata ricerca di compagnia, sia all’oscuro del suo passato e decida di sposarla, portandola a vivere nella regione dello Hokuriku. Sarà un matrimonio di breve durata: in una piovosa sera di luglio l’auto su cui viaggiano finisce nelle acque del porto e Fukutarō annega. Accusata di aver architettato l’omicidio per riscuotere il premio di un’assicurazione sulla vita del marito, Kumako si ritrova nel tritacarne della stampa che, assecondando i pregiudizi della gente del posto, si scatena contro la «demonessa». Benché dal carcere lei non cessi di proclamarsi innocente, solo una manciata di temerari avvocati è disposta a crederle: almeno fino a quando il dubbio non comincia a serpeggiare e inattesi particolari tornano alla luce.

Sposare Kumako è stato un grande errore. È una donna isterica, terribilmente impetuosa e dal carattere rapace. Per giunta è legata da tempo agli yakuza di Shinjuku… ma a breve troverò il modo per separarmi da lei, sono sicuro che lo troverò. Lo devo anche ai miei nipoti, che si sono allontanati da me. Se però lo facessi adesso, dovrei aspettarmi di venir ucciso da lei.

Onizuka Kumako è una donna avvenente, dalla figura prosperosa e dai modi spregiudicati. Entraineuse nei bar di Tokyo, sa come sedurre i clienti. Per farsi rispettare non esita a usare le maniere forti e a ricorrere, se necessario, alle sue amicizie malavitose. Peccato che Shirakawa Fukutaro, ricco vedovo alla disperata ricerca di compagnia, sia all’oscuro del suo passato e decida di sposarla, portandola a vivere nella ragione dello Hokuriku. Sarà un matrimonio breve: in una piovosa sera di luglio l’auto su cui viaggiano finisce nelle acque del porto e Fukutaro annega. Accusata di aver architettato l’omicidio per riscuotere il premio dell’assicurazione sulla vita del marito, Kumako si ritrova nel tritacarne della stampa che, assecondando i pregiudizi della gente del posto, si scatena contro la “demonessa”. L’ambizioso giornalista Akitani Moichi ricostruisce con dettagliata precisione lo scenario del delitto. 

Se il giudice non aveva ancora emesso una sentenza, di certo il suo giornale l’aveva già condannata per l’omicidio del marito.

 Lei, dal carcere, non cessa di proclamarsi innocente. Solo una manciata di temerari avvocati è disposta a crederle: almeno fino a quando il dubbio non comincia a serpeggiare e inattesi particolari tornano alla luce. 

A mio parere, Onizuka Kumako ritiene che, a dispetto dell’idea che la corte e il giudice potrebbero farsi di lei, di fronte alla verità costoro non potranno far altro che accettarla. Lei ha fede in una divinità che porta il nome di Verità. La verità è una sola e nessuno può profanarla. Sacra e inviolabile, è una divinità assoluta. Questo è ciò in cui lei crede, secondo me.

Tutto ha inizio in una notte di pioggia, un’auto corre sulla banchina del porto e finisce in mare dove si inabissa. In macchina ci sono un uomo, che sarà ripescato morto, e sua moglie che riuscirà ad uscire dal parabrezza frantumato e a salvarsi. 

Da questa oscura vicenda prende il via “Il dubbio”, un romanzo con pochi personaggi e un grande dilemma: e se Kumako, pur avendo un passato turbolento, non fosse colpevole? 

La storia è un pretesto, ideato dall’ autore, per smascherare il più torbido sottofondo della società giapponese. Infatti la trama non pone tanto l’attenzione sull’evento criminale ma sulle reazioni dei personaggi coinvolti. Onizuka non compare mai in prima persona, tutto ciò che sappiamo di lei ci viene riferito da chi le è stato vicino. Strisciante, ma ben riconoscibile, è l’ossessione del giornalista Akitani che vuol vedere la donna condannata per paura di una vendetta. 

L’ambiguità, il pregiudizio, la verità, la menzogna, il dubbio sono pedine ben disposte sulla scacchiera. A giocare la partita sono i due protagonisti, il bianco e il nero, con due opposte visioni: per l’avvocato difensore la donna è innocente, per il giornalista investigativo è colpevole. È una partita giocata sul “dubbio”, l’avvocato difende, il giornalista attacca. Tra prove indiziarie, ossessioni e pregiudizi, Onizuka è la colpevole perfetta che tenta, con la sua furbizia, di farla franca. Se fosse assolta una “giusta indignazione” si diffonderebbe tra la popolazione della cittadina. L’opinione pubblica l’ha già condannata. D’altronde cosa ci si può aspettare da una donna con un terribile cognome che contiene il carattere oni, cioè demonio? Spesso le persone hanno l’illusione di pensare e invece mettono in moto i loro pregiudizi. La donna sopravvissuta all’incidente ha una fama sinistra perché era in grado di ricorrere alla violenza più feroce per ottenere ciò che voleva. Aveva commesso crimini mostruosi senza mai pentirsene e il suo destino era scritto con il sangue. È colpevole anche se continua a sostenere la sua innocenza per la morte del marito. E nulla può fare l’avvocato difensore costretto a cimentarsi con un caso già perso in partenza. Cosa succederà? 

Non faccio spoiler, lascio a voi il piacere di scoprire come si risolverà questa disputa tra innocentisti e colpevolisti, tra bene e male. 

“Il dubbio” è un romanzo breve, un perfetto congegno narrativo che dimostra come ciò che crediamo o vogliamo credere, non sia sempre la verità. L’autore gioca con l’incertezza e mette a nudo i sentimenti più turpi dell’uomo. La scrittura è lineare, senza orpelli, elegante e concisa. La storia è amara con un epilogo che è un giallo nel giallo. Penetra nel microcosmo delle indagini ufficiali e ufficiose, mescola e confonde le prove coinvolgendo il lettore e insinuando incertezze sull’esatta percezione dell’evento criminale. 

Matsumoto Seicho è stato definito il Simenon giapponese perché pone al centro dei suoi romanzi la psiche umana senza tralasciare le luci e le ombre di una società tutta da scoprire. Io amo i romanzi di Simenon quindi ho molto apprezzato il romanzo nero di Matsumoto Seicho. “Il dubbio” è un classico da (ri)scoprire. Buona lettura a tutti!

martedì 7 febbraio 2023

RECENSIONE | "Pioggia sottile" di Luis Landero

Fazi Editore porta nelle librerie italiane, dal 7 febbraio, “Pioggia sottile” di Luis Landero, con la traduzione di Giulia Zavagna. Straordinario caso letterario spagnolo, il romanzo ci parla dei segreti familiari che si trasformano in demoni, in magma che ribolle sotto le ceneri. Si può parlare di tutto con i propri cari? Nessun racconto è innocente, tantomeno lo è quello che ci raccontiamo sulla nostra famiglia. In un vortice di incomprensioni vedremo la volontà e la necessità dei personaggi di affermare la propria verità senza alcun desiderio di riappacificazione.

STILE: 8 | STORIA: 9 | COVER: 8
Pioggia sottile
Luis Landero

Editore: Fazi
Pagine: 238
Prezzo: € 18,50
Sinossi

A Madrid vive una famiglia come tante: una madre vedova ormai anziana, tre figli adulti. La madre fra poco compirà ottant’anni e, per l’occasione, l’unico figlio maschio vuole organizzare un pranzo che riunisca tutti. Ma le sorelle non ci stanno: ha forse dimenticato che non si parlano più da mesi? In effetti, a ben guardare la situazione è tutt’altro che idilliaca. Nel tempo, malumori e risentimenti di ogni sorta hanno logorato i rapporti, in un groviglio di accuse reciproche che sembra inestricabile: la gelosia fra le due figlie, il loro comune rancore verso il fratello, ma anche verso la madre, colpevole di aver sempre preferito lui. All’annuncio di questo pranzo imminente, i problemi tornano a galla e ognuna delle donne di famiglia cerca un’alleata in Aurora, l’irreprensibile nuora e cognata che suo malgrado è diventata la confidente di tutti ed è costretta a trascorrere le giornate al telefono ascoltando le loro lamentele. Cosa che comincia a pesarle più di quanto potesse immaginare… Si può parlare di tutto con i propri cari? Nessun racconto è innocente, tantomeno lo è quello che ci raccontiamo sulla nostra famiglia.



Ormai sa con certezza che le storie non sono innocenti, non del tutto innocenti. Forse non lo sono nemmeno le conversazioni di ogni giorno, gli inciampi ed equivoci verbali o il parlare tanto per parlare. Forse nemmeno quel che si dice nei sogni è del tutto innocente. C’è qualcosa nelle parole che, di per sé, comporta un rischio, una minaccia, e non è vero che il vento se le porta via facilmente come dicono. Non è vero!

La storia ha inizio quando Gabriel tenta di riunire la famiglia per festeggiare il compleanno dell’anziana madre.

 Mamma compie 80 anni: vogliamo festeggiarla con un pranzo di famiglia?

L’invito è rivolte alle sue due sorelle, Sonia e Andrea. Ebbene l’invito innesca una tragedia che inizia a far capolino già dalla lista degli invitati. Alla festa dovrà partecipare Horacio, l’ex marito di Sonia e padre delle sue figlie? Sicuramente se ci dovesse essere Horacio, allora Roberto, il nuovo compagno di Sonia, non potrà prendere parte alla riunione di famiglia. Nasce spontaneo chiedersi cosa mai si nasconde nel passato familiare. Una mamma vedova ormai anziana e tre figli adulti non si parlano più da mesi. Gabriel, l’unico figlio maschio vuol riunire tutti e sembra aver dimenticato i malumori e i risentimenti che hanno logorato i loro rapporti. Accuse reciproche hanno creato un groviglio inestricabile nutrito dalla gelosia fra le due figlie, il loro comune rancore verso il fratello, ma anche verso la madre, colpevole di aver sempre preferito lui. Il precario equilibrio di parole non dette e sentimenti soppressi, che caratterizza ogni relazione familiare, si spezza e ci permette di scorgere gli abissi dell’animo umano.

Passiamo quindi a conoscere i componenti della famiglia che creano, con i loro racconti, la storia abilmente raccontata da Luis Landero.

Sonia, la sorella maggiore, soffre per aver sposato, a quindici anni, un uomo molto più grande di lei, Horacio. Il matrimonio, organizzato dalla madre, le ha impedito di realizzare i suoi sogni: studiare. Viaggiare per il mondo, essere libera.

Andrea, la sorella minore, ricorda quando sua madre l’ha abbandonata in casa da sola e la considera l’artefice della sua infelicità per aver permesso a Horacio di sposare Sonia. Non Sonia ma lei, Andrea, era il vero amore di Horacio. A causa dell’infelicità per amore, Andrea aveva tentato il suicidio.

Gabriel, secondo le sorelle il preferito di mamma, era il destinatario di tutte le attenzioni materne. Lui da piccolo poteva giocare senza aver alcun compito da svolgere. A lui era permesso studiare e viaggiare e fare liberamente le sue scelte.

Era convinto che la felicità si può imparare e che dovrebbe essere la nostra prima occupazione fin da bambini, così come è necessario imparare a convivere con i contrattempi che il destino pone sulla nostra strada, e che la prima lezione di tutte consiste nell’alleggerire l’anima per poter fluttuare sopra la vita senza lasciarci ferire dalle asprezze della realtà, e senza che l’avversità o la fortuna, né il tedioso scorrere dei giorni, né la tentazione mortale di desiderare l’impossibile, né il fatalismo, né le sirene dei piaceri effimeri, né soprattutto la paura della morte, ci facciano sprofondare nel fango della frustrazione.

La madre era una donna fatalista, vedeva ovunque una minaccia e la paura era di casa. Paura delle guerre, delle malattie, della fame. Aveva reso l’ambiente familiare ermetico e soffocante. Per lei la vita era una sofferenza e la felicità una colpa. Se sei felice stai sicuro che non durerà a lungo perché il castigo arriverà a punirti. La madre non ha mai un sorriso per i figli, dopo la morte del marito, considera la vita una valle di lacrime. Bisogna pensare solo al lavoro e i soldi vanno spesi con oculatezza. Se sente ridere i figli subito li ammonisce:

Ridete, ridete, presto la pagherete. I pianti li sente Dio e le risate il diavolo.

Per le figlie era una donna pessimista, acida e dominante, che aveva deciso il loro amaro destino. Per Gabriel, invece, la mamma era una donna realista e piena di abnegazione.

L’annuncio del pranzo imminente, riporta a galla i motivi di risentimento verso la madre e ognuna delle donne di famiglia cerca un’alleata in Aurora, l’irreprensibile nuora e cognata che suo malgrado è diventata la confidente di tutti ed è costretta a trascorrere molto tempo al telefono ascoltando le loro lamentele.

Aurora, la moglie di Gabriel, ha il ruolo di “confessore” della famiglia. Tutti la chiamavano per raccontarle le ingiustizie, i soprusi, i risentimenti che avevano alimentato l’odio tra di loro. Aurora era la loro confidente. Ad ognuna dava comprensione e consolazione. Non giudicava mai, aveva provato a ricucire i rapporti pensando che era “meglio non smuovere le acque rovinose del passato.” Aurora ascoltava, capiva, offriva consigli e compagnia ma nessuno le chiedeva mai se lei avesse qualcosa da raccontare.

Attraverso una catena di telefonate, i parenti acquisiti le riversavano addosso, come una pioggia sottile, un fluire di rancori sopiti ma mai dimenticati. Ognuno considerava gli altri componenti della famiglia come gli artefici dei propri fallimenti. Sonia, Andrea, Gabriel e la madre, narrano i fatti dal loro punto di vista e i ricordi non coincidono mai. Ognuno racconta a modo suo mettendo il proprio interesse al centro di tutto svelando dispiaceri e gelosie. Le storie e le parole non sono mai innocenti.

Nel DNA di “Pioggia sottile” c’è la sedimentazione del rancore e dell’odio. Le parole diventano macigni scagliati dai demoni del passato che non sono mai stati sconfitti. La voce super partes è quella di Aurora, ma tutti hanno la possibilità di raccontare la loro versione dei fatti. Spesso i dialoghi, le narrazioni, si mescolano con le telefonate e occorre fare molta attenzione nella lettura per non confondersi. Una cosa è però lampante: ogni personaggio si sente prigioniero della volontà altrui e paga le conseguenze di scelte fatte da altre persone. La madre e i tre figli sono arroccati ognuno nella loro versione dei fatti, non si ascoltano l’un l’altro, ognuno modella il trauma a modo suo in una pioggia sottile di risentimenti che li travolge.

Tutti abbiamo dentro un’infinità di parole che sono come bestie affamate e in gabbia che smaniano per uscire.

La verità è sempre soggettiva e i ricordi possono tradire penetrando nelle ferite mai guarite. Tutti i personaggi sono in guerra tra loro e anche Aurora è intrappolata in una ragnatela di parole a cui vorrebbe fuggire per potersi rifugiare nel silenzio. Ma il silenzio favorisce riflessioni importanti, pensieri profondi, è la porta per l’eternità.

“Pioggia sottile” è un romanzo intimo che implode nel microcosmo famigliare per liberare la “verità” confinata in un mondo di plus significati, colpe e accuse. Un romanzo che respira a pieni polmoni l’aria di una famiglia in perenne conflitto, dove tutto, alla fine, verrà detto per non lasciare nulla di inespresso. Una moltitudine di emozioni vi attende, scegliere con chi schierarsi sarà cosa ardua. Entrare nell’intimità dei personaggi è come smarrirsi in un labirinto in cui gli eventi svelano il loro volto di malinconia, dolore e odio. È un grido di sofferenza e amarezza che annega nel mare tempestoso dei ricordi che mutano di bocca in bocca al ritmo della fragilità umana. Sogni infranti, fallimenti esistenziali, libertà negate. Il romanzo è un percorso duro e all’arrivo non c’è perdono. L’affetto spesso si trasforma in possesso e il rispetto in odio e disprezzo. Come scriveva Omero:

 Chi ama troppo, odia con la stessa forza

Tutti sappiamo che il contrario dell’amore non è l’odio, è l’indifferenza. Ma siatene certi in “Pioggia sottile” l’indifferenza non è di casa.

mercoledì 1 febbraio 2023

RECENSIONE | "La casa delle luci" + "Eva e la sedia vuota" di Donato Carrisi

Donato Carrisi, lo scrittore e regista di Martina Franca, è tornato in libreria con un nuovo thriller psicologico “La casa delle luci”, edito da Longanesi. Il romanzo si presenta con tutte le caratteristiche che noi, appassionati del genere thriller, amiamo. La protagonista è una bambina che vive, in una antica e isolata dimora, con la governante e una ragazza alla pari; i genitori della bambina sono del tutto assenti; Pietro Gerber, l’addormentatore di bambini, affronta un caso davvero speciale e il passato vissuto da bambino torna a tormentare l’adulto di oggi.

Ho atteso con ansia questo nuovo romanzo di Carrisi per tornare a giocare con le sue storie dove il gioco è sempre una questione di vita o di morte. Infatti “La casa delle luci” si apre con le regole da seguire per poter partecipare a una sfida. È il “Gioco degli omini di cera”. Se siete pronti iniziamo a giocare ma fate molta attenzione perché scenderemo nell’abisso della psiche dove si formano le peggiori pulsioni degli uomini.

STILE: 8 | STORIA: 8 | COVER: 8
La casa delle luci
(Ciclo di Pietro Gerber #3)
Donato Carrisi

Editore: Longanesi
Pagine: 432
Prezzo: € 23,00
Sinossi
Nella grande casa spenta in cima alla collina, vive sempre sola una bambina... Si chiama Eva, ha dieci anni, e con lei ci sono soltanto una governante e una ragazza finlandese au pair, Maja Salo. Dei genitori nessuna traccia. È proprio Maja a cercare disperatamente l’aiuto di Pietro Gerber, il miglior ipnotista di Firenze, l’addormentatore di bambini. Da qualche tempo Eva non è più davvero sola. Con lei c’è un amichetto immaginario, senza nome e senza volto. E a causa di questa presenza, forse Eva è in pericolo. Ma la reputazione di Pietro Gerber è in rovina e, per certi versi, lo è lui stesso. Confuso e incerto sul proprio destino, Pietro accetta, pur con mille riserve, di confrontarsi con Eva. O meglio, con il suo amico immaginario. È in quel momento che si spalanca una porta invisibile davanti a lui. La voce del bambino perduto che parla attraverso Eva, quando lei è sotto ipno­si, non gli è sconosciuta. E, soprattutto, quella voce conosce Pietro. Conosce il suo passato, e sembra possedere una verità rimasta celata troppo a lungo su qualcosa che è avvenuto in una calda estate di quando lui era un bambino. Perché a undici anni Pietro Gerber è morto. E il misterioso fatto accaduto dopo la sua morte ancora lo tormenta.


Regole del gioco degli omini di cera o gioco dei ceri o gioco dei c’eri (e ora non ci sei più): 
1. L’omino di cera insegue i viventi. 
2. Chi viene toccato diventa un omino di cera e insegue i viventi. 
3. Agli omini di cera è proibito parlare. Possono solo fischiare. 
4. Il gioco finisce quando l’ultimo vivente dice la parola “Arimo”. 
5. Se l’ultimo vivente non dice “Arimo”, il gioco non finisce più.

Inizia così un nuovo, oscuro enigma da decifrare. 

 Nella grande casa spenta in cima alla collina, vive sempre sola una bambina.

Si chiama Eva, ha dieci anni, e con lei ci sono soltanto una governante e una ragazza finlandese au pair, Maja Salo. Dei genitori nessuna traccia. È proprio Maja a cercare l’aiuto di Pietro Gerber, il miglior ipnotista di Firenze, l’addormentatore di bambini. Da qualche tempo Eva non è più sola, con lei c’è un amichetto immaginario, senza nome e senza volto. E a causa di questa presenza, forse Eva è in pericolo. Ma la reputazione di Pietro Gerber è in rovina, lui stesso ha mille dubbi, è confuso e incerto sul proprio destino. Pietro accetta, pur con mille riserve, di confrontarsi con Eva. O meglio, con il suo amico immaginario. È in quel momento che si spalanca una porta invisibile davanti a lui. La voce del bambino perduto che parla attraverso Eva, quando lei è sotto ipnosi, non gli è sconosciuta. E, soprattutto, quella voce conosce Pietro e il suo passato. Sembra possedere una verità rimasta celata troppo a lungo su qualcosa che è avvenuto in una calda estate di quando lui era un bambino. Perché a undici anni Pietro Gerber è morto. E il misterioso fatto accaduto dopo la sua morte, durante il Gioco degli omini di cera, ancora lo tormenta. 

Come sempre Carrisi non delude mai. Le atmosfere cupe sono un must nei suoi romanzi e adoro vedere come incide e scava nell’animo dei suoi personaggi tormentati e pieni di sensi di colpa. Mi ha fatto piacere ritrovare Pietro Gerber, lo psicologo che abbiamo conosciuto nei due precedenti romanzi della serie: “La casa delle voci” e “La casa senza ricordi”. Questa volta Gerber è alle prese con il caso di una bambina, Eva, che non esce mai di casa e vive in un isolamento cercato. Ad occuparsi di lei c’è Maja e la governante. A tormentare Eva è, secondo Maja, il suo amico immaginario. Potrebbe farle del male? Per evitare il peggio, Gerber deve convincere questo “amico” a lasciarla in pace. Si ha la netta sensazione che qualcosa di spaventoso stia per succedere e Carrisi ci indica la via da percorrere rastrellata da brividi e inquietanti presenze. In punta di piedi, trattenendo il fiato, si arriva a un passo dalla “frontiera”, il confine tra la vita e la morte. Un confine senza tempo che riporta il nostro amato Gerber indietro nel suo passato. Perché è lì che è accaduto un evento che lo ha sconvolto. Evento che Eva non può conoscere. Eppure la bambina sa tutto, anche l’amico immaginario conosce quella triste storia sepolta nell’oblio del tempo. Ma come tutto ciò sia possibile non è dato sapere. 

Carrisi si diverte e gioca con il lettore. Dice e non dice, apre una porta per richiuderla immediatamente, semina indizi che confondono e lascia che i fantasmi del passato tornino per tormentare Gerber e deliziare noi lettori. 

Pietro Gerber è sicuramente un personaggio tormentato ma ha il grande pregio di ascoltare i bambini dando importanza a ciò che dicono. Alcune volte non è importante curare ma saper ascoltare. I bambini hanno abilità che perdono crescendo e per capire ciò dovremmo risalire all’inizio della vita. 

Ci sono persone magiche che abitano il mondo. Non le vediamo per ciò che sono realmente, spesso non ci accorgiamo nemmeno che esistono o le consideriamo inferiori. E allora ci rivolgiamo a loro assecondandole per compassione. Invece dovremmo essere grati perché sono fra noi. Spesso si tratta di bambini.

Bambini che, come Eva, conoscono cose che non dovrebbero conoscere come la filastrocca declamata dalla bambina. Una filastrocca che riaffiora dai brutti ricordi del passato. 

Mai più chiasso né frastuono, giuro giuro starò buono. Non farò mai più capricci, né pasticci, né bisticci. E se il diavolo ballerino poi ci mette lo zampino finirò dritto all’inferno e lì ballerò in eterno.

Sembra un incantesimo o una maledizione, un mantra che apre le porte di un mondo governato dal Male. 

Leggere “La casa delle luci” è come ascoltare Carrisi che sussurra la storia di Eva, pacatamente, senza alcuna fretta, ma con una tensione crescente. Si percepisce un’aurea malvagia che domina gli eventi. Affidarsi all’ignoto è sempre un’avventura, un salto nel buio. Tuttavia da quel buio si può tornare indietro seguendo le briciole che indicano il cammino verso la verità. Fate attenzione però, con Carrisi nulla è ciò che appare e anche le briciole mentono! 

Con l’ultima pagina del romanzo si ha poi l’illusione di uscire dal labirinto narrativo in cui ci ha condotto lo scrittore ipnotizzandoci, Gerber insegna, con il suo magnetismo oscuro. Ma è solo una pia illusione, nel labirinto io rimango con piacere in attesa del prossimo capitolo della serie e mi chiedo: "Dopo le voci, i ricordi e le luci, cosa escogiterà Carrisi per incutere paura?" 

Nell’attesa potete leggere "Eva e la sedia vuota” (Longanesi), la prima favola dark scritta da Carrisi su Eva, la protagonista de "La Casa delle luci". Nella grande antica casa spenta, in cima alla collina, viveva tutta sola una bambina. Lei parlava con una sedia vuota e sosteneva che questa sedia vuota le rispondesse con la voce di un bambino. Lei voleva qualcuno con cui giocare. “Eva e la sedia vuota” è una storia intrigante, che si legge in un batter di ciglia, con una protagonista in chiaroscuro, sapientemente descritta con un intreccio di luci e ombre che lascia ampio spazio all’emotività. È una storia piccina piccina, 64 pagine, con frasi brevi e semplici rese più accattivanti dalla rima baciata. È un tuffo tra realtà e fantasia. A rendere più affascinante il racconto ci pensano le illustrazioni, in bianco e nero, di Paolo D’Altan. Parole e immagini sono un connubio vincente che coinvolge emotivamente.