lunedì 28 gennaio 2019

RECENSIONE | "Nel cuore della notte" di Rebecca West

Dopo “La famiglia Aubrey”, la Fazi Editore pubblica “Nel cuore della notte”, il secondo volume della trilogia a firma Rebecca West. Se avete perso il primo libro, vi consiglio di recuperarlo per meglio apprezzare la filosofia di vita degli Aubrey. Un modo semplice e diretto per affrontare la vita, godendo di ogni singolo istante, apprezzando le cose semplici senza mai perdere di vista il pilastro su cui ogni società si basa, la famiglia.

STILE: 8 | STORIA: 9 | COVER: 8
Nel cuore della notte 
Rebecca West (traduzione di F. Frigerio)

     Trilogia degli Aubrey    
#1 La famiglia Aubrey (recensione)

#2 Nel cuore della notte
#3 Rosamund (recensione)

Editore: Fazi
Pagine: 406
Prezzo: € 20,00
Sinossi
È trascorso qualche anno da quando abbiamo salutato la famiglia Aubrey. Le bambine non sono più tali: i corsetti e gli abiti si sono fatti più attillati, le acconciature più sofisticate; l’ozio delle giornate estive è solo un ricordo. Oggi le Aubrey sono giovani donne, e ognuna ha preso la sua strada: le gemelle Mary e Rose sono due pianiste affermate e vivono le difficoltà che comporta avere un talento straordinario. La sorella maggiore, Cordelia, ha abbandonato le velleità artistiche per sposarsi e accomodarsi nel ruolo di moglie convenzionale. La cugina Rosamund, affascinante più che mai, lavora come infermiera. La madre comincia piano piano a spegnersi, mentre il padre è sparito definitivamente. Poi c’è lui, il piccolo Richard Quin, che si è trasformato in un giovane seduttore brillante e, sempre più, adorato da tutti. La guerra, che piomberà sulla famiglia come una catastrofe annunciata, busserà anche alla sua porta, e sconvolgerà ogni cosa. Mentre l’Inghilterra intera è costretta a separarsi dai suoi uomini, l’universo delle Aubrey si fa sempre più esclusivamente femminile: gli uomini e l’amore rimangono un grande mistero, un terreno inesplorato da attraversare, pagine ancora tutte da scrivere che, forse, troveranno spazio nel prossimo volume di questa appassionante saga familiare.



Scrivo tutto ciò con la piena consapevolezza che ora potrebbe sembrare irrilevante, dal momento che è proprio uno di quei tratti che differenziano il passato dal presente. Allora, ogni cosa aveva importanza. Ogni cosa dalla quale traevamo godimento aveva il medesimo valore.
Nel secondo volume della trilogia della famiglia Aubrey, Rose, la voce narrante, descrive la vita tranquilla e lieta della sua famiglia. Siamo in Inghilterra e all’orizzonte incombono le nuvole nere della Prima Guerra Mondiale. Abbiamo lasciato, nel primo romanzo, gli Aubrey alle prese con gravi problemi economici. Il capofamiglia è andato via senza dir nulla, lasciando tutti nei guai. Ora il peggio è passato!

Le gemelle Mary e Rose sono due pianiste talentuose e raccolgono un successo straordinario.

Cordelia, la sorella maggiore priva di talento musicale, vorrebbe diventare la segretaria di un commerciante d’arte ma poi decide di sposarsi ricoprendo così il ruolo di moglie votata all’obbedienza, alla sottomissione e al sacrificio.

L’affascinante cugina Rosamund ha concluso i suoi studi da infermiera e lavora in un ospedale per bambini.

Il piccolo di casa, Richard Quin, è ora un giovane ben voluto da tutti e vorrebbe continuare i suoi studi a Oxford.
Ciò che rendeva unico Richard Quin era che non aveva una sola goccia di asprezza maschile nel suo sangue, forse perché era così maschio che non aveva motivo per irritarsi di fronte alle differenze tra i sessi.
La guerra, però, mescola dolorosamente le carte in tavola travolgendo il destino della famiglia Aubrey.

Entrare nel fantastico mondo degli Aubrey è stato quasi un atto di liberazione dall’ansia, dalle angosce quotidiane e dai conflitti interiori. In ogni pagina c’è l’esaltazione della quotidianità, la semplicità delle cose e il desiderio di voler far del bene agli altri. È interessante seguire la crescita e la trasformazione interiore, da adolescenti ad adulti, dei vari personaggi. Si respira un’aria d’impegno e determinazione in cui tutti coltivano i propri sogni diventando responsabili e pronti ad affrontare qualsiasi vicissitudine col massimo della positività.

“Nel cuore della notte” è un romanzo intenso e raffinato, dal ritmo lento ma godibilissimo. Con grazia e ironia, Rebecca West tesse una trama che esalta, almeno nella prima parte, le gioie della vita. Ogni cosa è preziosa per l’autrice, ogni evento è descritto nei minimi particolari senza mai un calo di attenzione. Maxi sequenze narrative si alternano a pagine in cui le riflessioni e le descrizioni regnano sovrane. La prima parte è un mare narrativo tranquillo, privo di scossoni e fatti eccezionali. La società dell’epoca, con le sue regole e i suoi pregiudizi, viene descritta con educata ironia e nella suprema illusione della pace tra i popoli. Il ruolo della donna è ben descritto, sottomissione è la regola anche se si hanno i primi tentativi di fuga dal contesto casalingo per inserirsi nel mondo del lavoro. La scrittrice mette in discussione il ruolo sociale del matrimonio e la disuguaglianza fra uomini e donne.
Quando una donna era una grande donna non aveva bisogno di essere bella, poteva essere quello che voleva, perché aveva poteri magici superiori alla bellezza.
Una famiglia matriarcale quella degli Aubrey che mi ha fatto ricordare un libro, amato e letto più volte, in cui la famiglia è protagonista assoluta: “Piccole donne” di Louisa May Alcott. In entrambi i romanzi i personaggi affrontano la vita vincendo le proprie paure guidati da una libertà che nasce dal voler trovare il proprio ruolo nel mondo ed essere artefici di un futuro affrontato a testa alta.

“Nel cuore della notte” è un romanzo in cui tutti i personaggi sono ben delineati e ogni lettore avrà la possibilità di scegliere con chi identificarsi. Io ho amato il personaggio di Rosamund per la sua forza e per l’alone di mistero che la circonda.

La prima parte del romanzo offre una lettura rilassata e fluida basata sui legami famigliari tenaci tenuti insieme da un filo di fiducia e speranza. Quando quel filo verrà tranciato dalla guerra, il mondo sereno degli Aubrey verrà frantumato. Tuttavia anche quando la morte busserà alla porta della casa felice, non tutto andrà perduto. Anche quando tutto diventerà più difficile, quando il dolore strazierà i cuori per gettarli “nel buio della notte”, anche allora nulla sarà impossibile per chi conosce il segreto dell’affetto e della solidarietà. L’amore diventa un grimaldello che apre ogni porta, non importa se siamo sulla terra o liberi nei cieli, e concede all’anima di liberarsi dal corpo prima di salutarsi per sempre.

Le ultime pagine del romanzo mi hanno coinvolta emotivamente, ho provato anch’io un intenso dolore quando l’ombra della morte ha cinto, nel suo freddo abbraccio, la famiglia Aubrey. Tacciono i pianoforti, alla voce della musica si oppone il silenzio della sofferenza. Insieme aspetteranno il finir della notte, insieme attenderanno la luce che prenderà il posto del buio. Insieme guarderanno al futuro. Insieme!

giovedì 24 gennaio 2019

RECENSIONE | "Il monastero delle nebbie" di Pierpaolo Brunoldi e Antonio Santoro [Review Party]

Dopo circa un anno dalla pubblicazione de “La fortezza del castigo”, Bonaventura da Iseo torna ad essere protagonista di una nuova storia ambientata nel monastero di Las Huelgas, in Castiglia, alle prese con un misterioso delitto e un inafferrabile assassino. Da oggi in libreria “Il monastero delle nebbie” scritto a quattro mani da Pierpaolo Brunoldi e Antonio Santoro autori della saga che vede il frate Bonaventura alle prese con enigmatici e sanguinosi eventi. Questo thriller storico, Newton Compton Editori, si apre con un evento cruento, un delitto nel chiostro di un antico monastero. La mia attenzione si è lasciata immediatamente catturare e così ho varcato le porte di un monastero in cui terrene passioni si mescolano con preghiere salvifiche.

STILE: 8 | STORIA: 8 | COVER: 7
Il monastero delle nebbie
Pierpaolo Brunoldi e Antonio Santoro

Editore: Newton Compton
Pagine: 329
Prezzo: € 12,00
Sinossi
1217. Burgos. Castiglia del nord. Il corpo straziato di una monaca viene trovato nel chiostro del monastero di Las Huelgas. Del delitto è accusata Fleur d'Annecy, una ragazza dall'oscuro passato, rifugiatasi lì con il figlio Ruggero. Il francescano Bonaventura da Iseo, noto alchimista, è chiamato dalla badessa a fare luce sull'accaduto. Se Fleur sostiene che l'assassino è un uomo misterioso, avvolto in un mantello rosso fuoco, Magnus, il terribile monaco inquisitore, è di tutt'altro avviso: è la ragazza, che ha evocato un demone nel monastero, la colpevole. Bonaventura inizia la sua lotta contro il tempo per salvare dal rogo Fleur e mettere al sicuro il figlio, mentre le mura di Las Huelgas cominciano a tingersi del sangue di chi conosce i suoi mille segreti... Riuscirà l'alchimista a scoprire chi si cela dietro la mano dell'assassino, prima che la vendetta dell'inquisitore si abbatta anche su di lui?

Non vi è tenebra che non verrà diradata dalla luce.
1217. Burgos. Castiglia del nord. Il corpo straziato di una giovane monaca viene trovato nel chiostro del monastero di Las Huelgas. Del delitto è accusata Fleur d’Annecy, una ragazza dall’oscuro passato, rifugiatasi lì con il figlioletto Ruggero. Il francescano Bonaventura da Iseo, noto alchimista, è chiamato dalla badessa a far luce sull’accaduto. Bonaventura è certo dell’innocenza di Fleur e di ciò dovrà convincere Magnus, il terribile monaco inquisitore. Le nebbie circondano il monastero così come menzogne, paure e ricatti, proteggono l’assassino. Terribili segreti si celano in quel luogo sacro dove un demone semina orrore e morte.

È stato per me un vero piacere ritrovare la figura del frate alchimista, Bonaventura da Iseo. Ho iniziato a seguire le sue avventure con “La fortezza del castigo” (recensione) e ho apprezzato anche questa seconda storia ambientata in un’epoca, il Medioevo, dal fascino indiscusso. È stata una lettura fluida e appassionante con personaggi intriganti che mi hanno trasportata indietro nel tempo. Tra colpi di scena intrisi di crudeltà e tradimenti, si muove Bonaventura, un antesignano dei moderni investigatori. Con lui ho ritrovato Fleur, la misteriosa ragazza che accompagna il frate sin dal primo libro. Lei nasce dalla fantasia degli autori che la descrivono come una fanciulla forte e indipendente, artefice del proprio destino. Personaggio crudele e insensibile alle sofferenze altrui è l’inquisitor Magnus, uomo votato alla lotta contro le eresie e i demoni. Questa coesistenza di personaggi reali e figure nate dalla fantasia degli autori, crea un mix narrativo realistico e ben delineato. Ogni capitolo richiama l’aspetto spirituale della vita che si scontra con l’avidità per i beni terrestri. Ne nasce una lotta interiore che vede, spesso, il male trionfare sul bene.

“Il monastero delle nebbie” è un thriller storico intenso, forte, in cui si muovono uomini e donne con le mani sporche di sangue. Nel monastero, uno dei luoghi più affascinante dove ambientare delitti e crudeltà, Bonaventura si muove con agilità investigativa, il pensiero vola al “Nome della rosa” di Umberto Eco, evitando le trappole tese da bugie e da manovre occulte che non hanno nulla di nobile.

Con notevole abilità narrativa e allo stesso tempo grande accuratezza nella ricostruzione di un’epoca oscura, Brunoldi e Santoro trasportano il lettore in un viaggio cupo e inquietante alla ricerca di una verità che emerge poco a poco in un quadro sempre più sconvolgente. Il lato oscuro degli uomini si nasconde tra la nebbia delle debolezze umane e promette altre irresistibili e sanguinose storie. Le forze del male non abbandoneranno mai l’animo umano.

“Il monastero delle nebbie” non è solo il racconto di un delitto, ma è anche un momento della debolezza dell’uomo, del passato e del presente, di fronte alla seduzione del potere.

lunedì 21 gennaio 2019

RECENSIONE | "Madonna col cappotto di pelliccia" di Sabahattin Ali

Grazie alla Fazi ho scoperto un romanzo breve apparentemente duro ma con un cuore tenero e ricco di passione. Questo scritto mi ha dato modo di entrare in un mondo in cui si ha un forte desiderio di libertà senza imposizione di ruoli, senza divieti, nella certezza che ognuno debba essere se stesso senza menzogne. Il romanzo in questione è “Madonna col cappotto di pelliccia” dello scrittore turco Sabahattin Ali, assassinato nel 1948 probabilmente per le sue idee politiche.

STILE: 8 | STORIA: 8 | COVER: 8
Madonna col cappotto di pelliccia
Sabahattin Ali (traduzione di B. La Rosa Salim)

Editore: Fazi
Pagine: 209
Prezzo: € 16,00
Sinossi
Ci sono incontri casuali in grado di segnare un'intera esistenza. E ci sono storie che restano segrete per una vita intera ma poi, una volta raccontate, fanno il giro del mondo. Quando ad Ankara, negli anni Trenta, un giovane conosce sul posto di lavoro Raif Effendi, viso onesto e sguardo assente, è subito colpito dalla sua mediocrità. Man mano che i due entrano in confidenza, questa prima impressione non fa altro che ricevere conferme: schernito ed evitato da tutti sul lavoro, Raif viene maltrattato persino dai suoi familiari. Quale può essere la ragione di vita di una persona simile? Quale, se c'è, il segreto dietro una vita apparentemente inutile? Il taccuino di Effendi, consegnato in punto di morte al collega, contiene le risposte, raccontando una storia tutta nuova: dieci anni prima, un giovane e timido Raif Effendi lascia la provincia turca per imparare un mestiere a Berlino. Visitando un museo, rimane folgorato dal dipinto di una donna che indossa un cappotto di pelliccia, e ne è così affascinato che per diversi giorni torna a contemplare il quadro. Finché una notte incrocia una donna per strada: la stessa donna del dipinto. Maria. Un incontro che gli sconvolgerà la vita.

Tra le persone che mi è capitato di incontrare nel corso della mia esistenza, ce n’è una che mi ha segnato più di ogni altra. Sono trascorsi mesi dagli eventi che mi accingo a raccontarvi, ma non riesco ancora a riprendermi. Appena resto da solo, rivedo il viso onesto di Raif Effendi e quel suo sguardo un po’ assente, ma sempre pronto a salutare con un sorriso chiunque incrociasse sul suo cammino.
Raif Effendi è un uomo noioso e insignificante, timido e dal sorriso insulso. È un traduttore dal tedesco, un impiegato sempre pronto a chinare il capo davanti a ogni ingiustizia. Vive ad Ankara e per la sua numerosa famiglia egli è una presenza irrilevante. Con lui si limitavano solo a parlare di bisogni quotidiani e questioni economiche.
Era una sorta di robot senz’anima che di mattina veniva messo fuori dalla porta con la lista della spesa e di sera doveva tornare con le mani piene.
Per tutti è un uomo senza peso né valore, una nullità. Effendi, però, cela in sé il ricordo di un passato amore, un tempo ormai lontano racchiuso per sempre nel suo cuore. A custodire questi ricordi è un taccuino dalla copertina nera. Un taccuino la cui prima pagina porta la data del 20 giugno 1933. La storia di Raif Effendi inizia con un viaggio. Siamo ad Ankara, in Turchia, e il giovane Raif viene mandato a Berlino dal padre con un compito ben preciso: imparare a fabbricare i saponi profumati da esperti tedeschi. Raif non è molto entusiasta di questo lavoro e visitando una galleria d’arte, rimane affascinato da un quadro che ritrae una giovane donna che indossa un cappotto di pelliccia. Per puro caso Raif incontra Maria Puder, l’autrice del dipinto (è un autoritratto). I due diventano amici poi, nei loro cuori, nasce l’amore. Maria è una donna sicura con idee ben precise. Non vuole essere una donna sottomessa, sempre pronta ad obbedire. Lei vuol liberamente scegliere la sua strada nella vita, camminare da sola, pensare da sola. Non si sarebbe mai sottomessa a un uomo e ciò l’ha condannata a una terribile solitudine perché quando i ragazzi si accorgevano che lei non era una facile preda, preferivano dileguarsi.
È stato così che ho conosciuto l’ambizione e la forza degli uomini. Nessun’altra creatura su questa terra insegue tanto facilmente il successo, nessun’altra creatura è tanto egoista, arrogante, presuntuosa, ma al tempo stesso codarda e indulgente con se stessi, quanto un uomo.
Raif Effendi è un ragazzo, invece, con molti dubbi e paure. Prima di affrontare la vita deve iniziare a conoscere se stesso, scoprire il suo ruolo nel mondo. Per lui Maria diventa una guida, il gusto del proibito che affascina e fa battere il cuore. Se Maria vuole al suo fianco una persona capace di conquistarla senza l’uso della forza, uno che non pretende niente, che non vuole dominarla, né sorttometterla, ebbene lui sarà quell’uomo. Insieme cammineranno fianco a fianco in un rapporto di parità. 

Lui pensa che “Più sono le persone a cui vogliamo bene, più è forte l’amore per la sola persona che amiamo veramente. Quando l’amore si propaga, non si esaurisce.”

Per Maria, invece, “l’amore è qualcosa che trascende ogni logica. Una cosa è amare qualcuno, provare attrazione, un’altra essere consumato, anima e corpo dal desiderio. L’amore è questo desiderio. Una brama irresistibile.”

Sono mesi travolgenti quelli che Maria e Raif vivono insieme a Berlino. Lei detta le regole del loro rapporto, lui obbedisce. Poi, i ruoli si invertiranno a dimostrazione che nella vita nulla è certo fatta eccezione per la morte che ci aspetta tutti a braccia aperte. Però anche il destino, proprio quello che Maria rifuggiva, vuol dire la sua. Agitare le acque è la sua specialità e così un tragico evento richiama Effendi in patria. È l’inizio della fine. Promesse, struggenti promesse poi l’arrivederci, il treno che parte, il destino si compie.

Trovare la felicità e perderla non è cosa rara, vivere nel ricordo di quella felicità è struggevole, malinconico e devastante. Non sapere più nulla della persona amata porta Raif ad accettare una vita di “solitudine dell’anima”. Lui si sposerà, avrà dei figli ma tutti rimarranno fuori dal suo mondo intimo .
Devo nascondere ogni cosa, ogni cosa e, soprattutto, la mia anima, in un luogo dove nessuno potrà trovarla.
Raif nasconde la sua anima, eleva un muro per tenere fuori la vita e sprofondare nella solitudine e nel silenzio. Quando giriamo l’ultima pagina del taccuino-diario di Raif Effendi comprendiamo come tutto il suo mondo e il suo cuore siano rimasti intrappolati in quelle righe vergate con mano carezzevole ma intrise di felicità e malinconia insieme.

“Madonna col cappotto di pelliccia” è un romanzo d’ispirazione autobiografica ispirato dal soggiorno stesso dell’autore a Berlino negli anni Venti. È un romanzo breve, ambientato tra le due guerre, che narra una storia d’amore senza tempo capace di commuovere i lettori di ieri e di oggi con il linguaggio universale dell’amore.

La storia scritta da Sabahattin Ali ha una trama semplice ma coinvolgente. Lo stile fluido descrive con forza la complessità dei sentimenti umani. Dona consistenza ai ricordi e al rimpianto per l’amore perduto. È facile comprendere come l’autore abbia voluto mostrare al lettore le difficoltà nei rapporti umani cesellati da numerosi errori. Bisogna, infatti, guardare sempre oltre le apparenze. Si deve amare e non rimanere mai impietriti “perché ogni passo avanti non fatto ci riporta indietro e i momenti che non ci avvicinano, di fatto, ci allontanano.” Bisogna desiderare e sognare, lottare per ciò in cui crediamo. Non è detto che la vittoria ci aspetti trionfante, anche le sconfitte sono parte della vita. Se i sogni s’infrangono, la memoria corre ad aiutarci trasformando le passioni in ricordi che nessuno può sottrarci. Anche la libertà è una conquista, in ogni tempo, in ogni luogo, nel passato come nel presente, nella Turchia di ieri, nella Turchia di oggi.

giovedì 17 gennaio 2019

RECENSIONE | "Il cadavere del lago" di Danilo Pennone [Review Party]

Carissimi lettori, oggi vorrei parlarvi di un thriller enigmatico e avvincente che ha come protagonista un commissario molto particolare.  Si tratta di un romanzo di Danilo Pennone, “Il cadavere del lago” (Newton Compton Editori). Azioni, sentimenti e buon ritmo rendono questo romanzo una lettura accattivante. È un thriller solido che, pagina dopo pagina, rivela una storia dura e cruenta di scelte sbagliate. Tra segreti e ipocrisie, la verità è destinata ad avere conseguenze devastanti.

STILE: 8 | STORIA: 8 | COVER: 7
Il cadavere del lago
Danilo Pennone

Editore: Newton Compton
Pagine: 277
Prezzo: € 9,90
Sinossi
Mario Ventura, commissario sessantenne dai metodi duri, musicista mancato e con una certa dipendenza dall'alcol, è alle prese con un caso difficile: sulle rive del lago di Albano, in un giorno d'inverno freddo e piovoso, viene ritrovato il cadavere di un giovane seminarista irlandese, Eamon McCormac. Il corpo è seminudo e con evidenti segni di soffocamento. Si tratta di omicidio. Le indagini portano gli inquirenti a interessarsi al Seminario Apostolico d'Irlanda, a Castel Gandolfo, un'istituzione che accoglie futuri ecclesiastici di nazionalità irlandese. Non ci vuole molto per scoprire che la condotta di McCormac era tutt'altro che irreprensibile. Il seminarista frequentava infatti un giro di prostituzione. I sospetti cadono subito su un giovane che lavorava proprio nella zona in cui è stato rinvenuto il cadavere e una serie di indizi sembrano confermare la sua colpevolezza. Ma Ventura non intende chiudere il caso prima di essere venuto a capo del mistero che avvolge la vicenda. Perché la verità è molto più lontana di quanto potrebbe sembrare...

La statua della vergine troneggiava in un angolo vicino all’altare. Ventura si fece il segno della croce, quando don Pablo Guzman incensò la bara. Un cuscino di fiori bianchi aveva raccolto l’acqua benedetta schizzata dall’aspersorio. Fuori, una pioggia gelida stava inondando la città da giorni.
Il romanzo, come potete ben notare dall’incipit, inizia con un momento di alta drammaticità: il commissario Ventura sta seppellendo la giovane figlia. Appare subito chiaro che la vita del protagonista non è serena e felice, in lui si agitano sentimenti contrastanti che rendono la sua esistenza un campo minato. Devo dire che Ventura mi è piaciuto fin dalle prime righe con la sua vita travagliata i cui accadimenti affioreranno pian piano nell’evolversi della storia. Ora facciamo un passo indietro, riannodiamo i fili della narrazione e prepariamoci a gustare una storia nera in cui poliziesco, action e drammi familiari sono gli ingredienti ben miscelati per dar vita a un thriller che tratta anche temi sociali di grande attualità.

Mario Ventura è un commissario sessantenne dai metodi duri. Ama la musica classica, suona il pianoforte ma è anche dipendente dall’alcol. In una mattina piovosa, sulle rive del lago di Albano, viene ritrovato il cadavere di un giovane seminarista irlandese. Il ragazzo è stato soffocato e parzialmente denudato. Le prime indagini portano Ventura a bussare alla porta del Seminario Apostolico d’irlanda, a Castel Gandolfo. Senza volerlo il commissario scoperchia un vaso di Pandora che nasconde condotte riprorevoli, prostituzione, abusi e molto altro. La verità sarà difficile da scoprire ma Ventura è determinato a venir a capo del mistero che avvolge la vicenda.

“Il cadavere del lago” è un thriller duro, la cui trama è intrecciata con mano sicura dall’autore che non risparmia, a noi lettori, emozioni e denunce morali sul mondo non solo della Chiesa ma su vari aspetti della società. Mi piace quando un romanzo, il thriller non fa eccezione, diventa un mezzo per denunciare determinate situazioni che infliggono dolore all’umanità. Danilo Pennone ci presenta personaggi ambigui ma affascinanti, il male ha un suo particolare fascino, e ci conduce tra eventi drammatici capaci di coinvolgerci emotivamente. Confesso di aver subito amato il personaggio di Mario Ventura che pian piano si racconta al lettore con Flashback spesso dolci ma intrisi di una malinconia profonda e paralizzante. Il commissario è un uomo che porta in sé il peso di esperienze dolorose e tragiche separazioni.

Ventura è un uomo difficile, per nulla socievole. Fuma i toscanelli, ama la grappa e la musica classica. Vive con il cane Crimbo che lui si ostina a chiamare “giovanotto”. Dopo la morte della moglie e della figlia, si è lasciato imprigionare da una dolorosa solitudine. È spesso arrogante ma fragile, cinico e disarmante. È il bastian contrario di quest’indagine in cui tutti si muovono in punta di piedi. Ventura non ha paura di ascoltare il sordo rumore della verità sempre in bilico tra luci e ombre. Tanti i personaggi, sia buoni che cattivi, sempre in bilico sull’orlo del baratro.

“Il cadavere del lago” è un thriller in cui l’azione si dipana sicura driblando tra cruenti eventi e denuncia sociale. L’autore mostra una forza narrativa in grado di catturare l’attenzione del lettore e fa riflettere il peso che la Giustizia riveste nel romanzo. Il delitto, infatti, nasconde altre amare verità e la Giustizia sembra procedere con difficoltà. Troppi interessi e intrecci rendono difficile il suo cammino.

“Il cadavere del lago” è una storia fatta di scelte, di religioni, di politica e di uomini. 
Un intreccio tra bene e male perché, come scriveva il grande Leonardo Sciascia:

“Occorre che ci sia il diavolo perché l’acqua santa sia santa.”   
(Il cavaliere e la morte)

lunedì 7 gennaio 2019

RECENSIONE | "Il sigillo di Caravaggio" di Luigi De Pascalis [Review Party]

Buongiorno, carissimi lettori :) Dopo una breve pausa, dovuta alle feste natalizie e ai capricci del mio wi-fi, ritorno a voi per iniziare l’anno nuovo con un bel romanzo che vi porterà indietro nel tempo quando la storia dell’arte venne rivoluzionata profondamente da un pittore vissuto nella seconda metà del Cinquecento. La sua vita travagliata, segnata da un delitto, una perpetua fuga e un perdono giunto assieme alla morte sono i temi del romanzo “Il sigillo di Caravaggio” di Luigi De Pascalis, edito Newton Compton.

STILE: 8 | STORIA: 8 | COVER: 8
Il sigillo di Caravaggio
Luigi De Pascalis

Editore: Newton Compton
Pagine: 384
Prezzo: € 12,00
Sinossi
Il giovane Caravaggio, arrivato da poco a Roma, comincia a lavorare nella bottega di Cavalier d’Arpino, famosissimo pittore tardo-manierista. Si dedica soprattutto a realizzare nature morte, cosa che detesta perché vorrebbe dipingere figure e mettersi alla prova con nuove sfide. Ma il Cavalier d’Arpino, oltre a dipingere, commercia anche in dipinti, soprattutto nel Nord Europa. E la sua bottega ne è piena. Ed è così che Caravaggio adocchia tra i nuovi arrivi una tavoletta di piccolo formato, opera di Hieronymus Bosch. Rappresenta una scena minuziosa e complicata, con alcune figure nude o vestite in modo curioso, immerse in uno strano paesaggio. Per dimostrare al suo maestro che sa dipingere figure umane, ma anche perché il dipinto lo attrae in un modo che non sa spiegare, Caravaggio lo ricopia di nascosto e lo tiene per sé. Quello che non sa è che gli cambierà presto la vita. Sulla tavoletta, infatti, è inciso un segreto preziosissimo, la chiave d’accesso alla Grande Opera alchemica. E c’è qualcuno disposto a qualunque cosa pur di entrarne in possesso.

Io ho dipinto madonne, angeli e martiti per le chiese più importanti di Roma. Ho tagliato l’ombra con la luce, il nero col colore, la morte con la vita. Della mia arte parla tutta l’Italia. Eppure alla fine queste sono tutte vanità. Alla fine un uomo, anche il più valente è solo una piuma in balia del destino che è più cieco della fortuna e più duro di questa roccia.
“Il sigillo di Caravaggio” è un romanzo storico in cui il mistero, gli elementi esoterici, i duelli, le passioni violente, la rabbia, il potere, la morte, si mescolano in un mix perfetto che ci regala una storia piacevole da leggere in cui il grande pittore è visto come un uomo dalla vita turbolenta che non potrà mai essere conosciuta fino in fondo.

Michelangelo non è una persona gentile, è scontroso, gira armato di pugnale, sempre pronto a “far duelli e baruffe”. Tuttavia i duelli sono vietati da una disposizione di papa Sisto V. Caravaggio naturalmente non rispetta le leggi e in duello colpisce a morte Ranuccio Tomassoni. Da quel momento Caravaggio rischia la vita nei territori dello Stato pontificio. Quindi si rifugia a Napoli, sotto la protezione di Giovanna Colonna. La sua fuga non si ferma, nell’estate del 1610 sale a bordo di una feluca portando con sé tre dipinti, il prezzo della sua libertà. A Palo scende dall’imbarcazione ma viene arrestato. Qualcuno pagherà per tirarlo fuori dal carcere. Non è dato sapere il nome del benefattore anche se le cose non sono come appaiono. La feluca riprende il mare per ritornare a Napoli con le tre tele. Cosa ne sarà di Caravaggio? Chi è il gran burattinaio che muove le fila di un fato avverso al grande pittore?

La vita di Michelangelo è come una grande voragine in cui lui non trova pace. Il presente così difficile affonda le radici in un passato altrettanto complicato e sofferto. Questo romanzo ci offre la possibilità di entrare in punta di piedi nel periodo della gioventù del Caravaggio quando, senza far rumore, il male ha iniziato a forgiare un futuro senza pace e felicità. Facciamo un salto indietro, il giovane Caravaggio è arrivato da poco a Roma per lavorare nella bottega del Cavalier d’Arpino, autorevole e ricercato artista che gli diventerà poi nemico. Qui, tra i dipinti giunti dal Nord Europa, Michelangelo adocchia una tavoletta opera di Hieronymus Bosch. Il dipinto rappresenta una scena descritta in ogni particolare con figure ritratte in uno strano paesaggio. Il giovane pittore ricopia di nascosto l’opera e la tiene per sé ignorando che sulla tavoletta è inciso un segreto, la chiave d’accesso alla grande Opera Alchemica. Così Michelangelo si troverà, a sua insaputa invischiato in un complicato intrigo in cui uomini potenti sono disposti a tutto pur di svelare il segreto che potrebbe aprire le porte alla ricchezza eterna. Caravaggio vivrà gran parte della sua vita da fuggiasco e così viene mostrato da questo intenso romanzo che si rivela un viaggio emozionante nel mondo del Caravaggio inteso come personaggio tormentato e maledetto ma anche come artista capace di rivoluzionare il mondo dell’arte. Se osservate la cover vedrete proprio un’opera di Michelangelo: una testa di medusa con un’espressione di dolore e di terrore. Tutt’intorno serpenti in movimento. È “Lo scudo con testa di Medusa”che ritroverete nel romanzo come elemento narrativo ed evocativo dell’opera del pittore. Capitolo dopo capitolo vi si aprirà un mondo di turbamenti,  inquietudini,  ossessioni,  passioni.  Vi sentirete  trasportati nei diversi momenti della vita di Caravaggio attraverso un racconto che fonde eventi e stati d’animo dell’artista. Capire la sua personalità multiforme non è facile, così come non è facile comprendere la sua produzione pittorica anche se mi affascina il sapere che i suoi modelli erano persone “vere” rese immortali dalla sua arte.

Il romanzo è ambientato nell’Italia del 1600 e l’autore è bravo nel far interagire personaggi realmente esistiti con personaggi di fantasia. Un ruolo importante è affidato a Costanza Sforza Colonna,madre di numerosi figli, moglie infelice poi vedova, che ha protetto il pittore per tutta la sua vita. Mi è piaciuto entrare nella psicologia di questa donna forte e debole allo stesso tempo. Naturalmente non manca il cattivo nel reale personaggio del Cardinal Borghese, fonte di numerosi guai per Caravaggio. Comunque non mancheranno frati impiccioni, vescovi intriganti e l’Ordine di Malta. Tutti renderanno questo romanzo pieno d’azione e devo rivelarvi che, nel finale, una lacrimuccia potrebbe inudire i vostri begli occhi di lettori attenti pronti a vivere ogni emozione sulla propria pelle.

“Il Sigillo di Caravaggio” è un romanzo ricco di passione che vi conquisterà e vi porterà a schierarvi contro il destino avverso, contro i burattinai che dall’ombra emergono per gestire la vita altrui. La vita, signori miei, dà le carte. Alcune buone, altre meno. È la legge dell’esistenza che danna i deboli per nascita e salva i forti per censo. Non prevede eccezioni. Per l’uomo Michelangelo la vita non è stata facile, per il pittore Caravaggio l’arte è stata la sua chiave per entrare nell’immortalità.