giovedì 22 ottobre 2020

RECENSIONE | "La storia perduta" di Elisabetta Gnone

In occasione del 15° anniversario della saga, un nuovo capitolo della saga Fairy Oak  ci aspetta in libreria e sugli store online da oggi, 22 ottobre. “La storia perduta” di Elisabetta Gnone, Salani Editore, ci permette di oltrepassare la soglia della magia per far ritorno al villaggio di Fairy Oak dove le gemelle Pervinca e Vaniglia ci racconteranno una storia di magia, amori e avventure ammalierà i lettori.


STILE: 8 | STORIA: 8 | COVER: 9
La storia perduta
Elisabetta Gnone

Editore: Salani Editore
Prezzo: € 18,00
Sinossi

Il tempo è passato e molte cose sono cambiate a Fairy Oak, e così capita di immelanconirsi riguardando vecchie fotografie davanti a un tè, ricordando vecchi amici e grandi avventure. Ma quando i ricordi approdano all'anno della balena, i cuori tornano a battere e i visi a sorridere. Che anno fu! Cominciò tutto con una lezione di storia, proseguì con una leggenda e si complicò quando ciascun alunno della onorata scuola Horace McCrips dovette compilare il proprio albero genealogico. Indagando tra gli archivi, le gemelle Vaniglia e Pervinca, con gli amici di sempre, si mettono sulle tracce di una storia perduta e dei suoi misteriosi protagonisti. E mentre il loro sguardo ci riporta nella meravigliosa valle di Verdepiano, si consolidano vecchie amicizie, ne nascono di nuove, si dichiarano nuovi amori e si svelano sogni che diventano realtà. 


Le radici dei popoli sono come le radici degli alberi: consolidano il terreno per le generazioni future. E ogni storia perduta, o dimenticata, può contenere molte verità.

Fairy Oak è un villaggio di pietra, antico e incantato, sperduto tra le pieghe di un tempo immortale e cresciuto intorno a una quercia fatata, da cui ha preso il nome. Nel villaggio, in perfetta armonia, vivono umani e creature magiche. Le fate, piccole e luminose, vengono chiamate dai Magici per badare ai bambini. Felì è la fatina a cui è affidato il compito di proteggere le streghe gemelle Vaniglia e Pervinca, nate con opposti poteri e simbolo vivente di un’eterna alleanza, quella fra Luce e Buio. Il tempo è passato e molte cose sono cambiate a Fairy Oak.

Ad accoglierci a Fairy Oak, per una nuova avventura, sono proprio le streghe gemelle che, in questo inaspettato romanzo, torneranno indietro nel tempo guardando vecchie fotografie davanti a un tè, ricordando vecchi amici e grandi avventure. Così i ricordi riportano le due sorelle a un anno molto particolare, l’anno della balena. Tutto era cominciato con una lezione di storia e un compito davvero intrigante: scoprire l’origine di Fairy Oak. Sulla nascita del villaggio ci sono molte ipotesi e la verità è tutta da scoprire attraverso la consultazione di antichi libri, interviste agli anziani e la compilazione di un albero genealogico della propria famiglia. Facendo le ricerche in biblioteca, Pervinca si imbatte in una leggenda antica quanto il mare che si intreccia con la loro indagine che durerà per tutto l’anno scolastico. La leggenda ritrovata metterà le gemelle e i loro amici sulle tracce di una storia perduta.

Anche in questo romanzo, come nei precedenti, riscopriamo il ruolo principale che la Natura ricopre nella vita del villaggio e dei suoi abitanti. Attraverso le avventure delle due gemelle, la scrittrice si rivoge ai suoi lettori affrontando temi importanti come il rispetto e l’amore per la Natura, l’amicizia, l’amore, la lealtà e il coraggio. Ancora una volta, attraverso il racconto di una missione importante da compiere, Elisabetta Gnone si fa testimone di come ognuno di noi può trovare dentro di sé la forza necessaria per affrontare le sfide che la vita ci propone.

“La Storia Perduta” è un lasciapassare per ritornare nella meravigliosa valle di Verdepiano dove si consolidano vecchie amicizie, ne nascono di nuove, si dichiarano nuovi amori e si svelano sogni che diventano realtà.

Pervinca e Vaniglia sono due deliziose streghe identiche e inseparabili, tuttavia opposte. Una aveva il potere del Buio, l’altra il potere della Luce. Tra loro non c’è opposizione, sono due facce della stessa medaglia. La natura, pensateci un momento, ha in sé sia il potere creativo che quello distruttivo. Il fluire delle stagioni rappresenta quest’alternanza tra Luce e Buio in un’equilibrio fragile che tutti noi dobbiamo difendere.

Un altro tema importante che viene trattato nel romanzo è l’importanza dello studio della Storia. Nei primi capitoli conosceremo un nuovo personaggio Orcomorto, un professore di Storia capace di seminare il panico tra i suoi studenti. Tutti odiavano le ore di Storia, e il professore Absenzio Enormous sembrava odiare i suoi alunni.

Lo chiamavamo Orcomorto, per via del fatto che era grosso quanto lo sarebbe stato un orco, camminava come secondo noi camminavano gli orchi, biascicava come immaginavamo biascicassero gli occhi, teneva sempre le palpebre abbassate e non alzava mai lo sguardo, come un morto. Era informe e grigio… Era noioso da strapparsi le unghie.

Poi, causa piccolo incidente, Orcomorto lascia la scuola e arriva la supplente Illuminata Foresta e tutto cambiò perché era una strega sorprendentemente viva e vitale, capace di calore umano e dotata d’ingegno. Tutti iniziarono ad appassionarsi allo studio della Storia. Infatti studiare la Storia è importante perché ci porta a conoscere il passato, le nostre radici, ci avvicina a un mondo lontano nel tempo che però ci permette di comprendere meglio il nostro presente.

Leggendo “La Storia Perduta” ho notato come la storia fantasy non è solo un momento d’intrattenimento ma scoprirete temi su cui riflettere come la fragilità dell’adolescenza, l’importanza dell’amicizia, l’impegno nel difendere la Natura.

Quello di Elisabetta Gnone è un fantasy ricco di emozioni, è originale ed avvincente. Oltre alla scrittura curata, il libro si arricchisce d’immagini colorate che conferiscono un’atmosfera pacata e accogliente. Le illustrazioni ricreano il mondo che la scrittrice aveva in mente da quando, molti anni fa, aveva fatto un viaggio in Normandia e in Scozia. La splendida copertina è opera di Claudio Prati e raffigura un’enorme balena. All’interno le illustrazioni  sono di Barbara Baldi e Valeria Turati.

Quindi non ci resta che far ritorno nel villaggio della Quercia Fatata per leggere una storia che intreccia avventura e fantasia. Una storia animata da personaggi straordinari che ci accoglieranno a braccia aperte  per volare, con tutti noi, sulle ali della fantasia.

giovedì 8 ottobre 2020

RECENSIONE | "Perdersi" di Elizabeth Jane Howard

“Perdersi” è il nuovo romanzo di Elizabeth Jane Howard, pubblicato da Fazi Editore, nella traduzione di Sabina Terziani e Manuela Francescon. Con molta umiltà e sincerità, la scrittrice racconta, in forma romanzata, un’esperienza tragica vissuta in prima persona. È la storia di un plagio psicologico messo in atto da una mente malata che si fa strada negli affetti di una donna. Lo strumento basilare per la manipolazione della realtà si identifica nella manipolazione delle parole e vedrete come delle semplici lettere possano ricoprire un ruolo fondamentale nelle vicende narrate.

La  malvagità è incarnata in un giardiniere di nome Henry che decide di conquistare, per scopi puramente economici, una scrittrice di nome Daisy.


STILE: 8 | STORIA: 8 | COVER: 7
Perdersi
Elizabeth Jane Howard

Editore: Fazi
Prezzo: € 20,00
Sinossi

Henry è un ultrasessantenne solo e piuttosto male in arnese, che vive sulla barca di una coppia di amici. La sua è stata un'esistenza sfortunata e apparentemente segnata dalla crudeltà delle donne. Lettore e pensatore, è un uomo privo di mezzi, ma non di fascino. Daisy è una drammaturga di successo, anche lei ha superato i sessant'anni e conduce una vita piuttosto solitaria in un piccolo cottage di campagna con giardino che ha da poco acquistato, dove contempla l'enorme vuoto affettivo che nessun uomo ormai riempirà più, nonostante una parte di lei continui a desiderare di essere amata ancora una volta. Quando Henry si offre come giardiniere, all'inizio Daisy è diffidente, ma poi gli consente di insinuarsi pian piano nella sua vita quotidiana: bisognosa com'è di affetto e attenzione, abbocca facilmente al suo amo. La tensione sessuale tra i due cresce in modo graduale, fino a che Daisy ne è obnubilata e non è più in grado di vedere Henry per quello che realmente è, nonostante i suoi amici e sua figlia, perplessi e sospettosi, continuino a metterla in guardia...


Mi ha lasciato. Quest’ultimo colpo, il più tremendo di tutti, mi ha messo al tappeto. Non riesco a soffermarmi su questo pensiero abbastanza a lungo da farmi un’idea pur vaga del perché sia accaduto. Era innamorata di me -ne sono certo- oppure si trattava di semplice attrazione sessuale?

Henry è un ultrasessantenne che, nell’arco di pochi mesi, si era ritrovato senza lavoro e senza moglie. Viveva sulla barca di una coppia di conoscenti e la sua è un’esistenza apparentemente segnata dalla crudeltà delle donne. Ama leggere, fine pensatore, affascinante. Daisy è una drammaturga di successo, ha superato i 60 anni e conduce una vita solitaria dopo la morte dell’adorata zia e il naufragio di due matrimoni. Acquista un cottage di campagna con giardino e spesso riflette sull’enorme vuoto affettivo che nessun uomo potrà più colmare. Daisy, pur indipendente e diffidente verso il prossimo, desidererebbe essere amata ancora una volta. Quando Henry si offre come giardiniere, lei è inizialmente diffidente poi pian piano l’uomo riesce a insinuarsi nella sua vita quotidiana. Daisy ha bisogno di attenzioni e affetto, Henry userà questo bisogno come un cavallo di Troia per entrare nella sua vita, nel suo cuore e nel suo letto. La scrittrice si lascia conquistare dall’uomo e non riesce a vedere l’uomo per quello che realmente è, un truffatore. Ormai Daisy è caduta nella trappola di Henry e non ascolta i consigli dei suoi amici e di sua figlia che, perplessi e sospettosi, continuano a metterla in guardia.

Come avrete compreso i due protagonisti di “Perdersi” sono Henry e Daisy.

Henry si presenta, a noi lettori, come un uomo abbandonato dalla donna amata. Inizialmente, per le primissime pagine, sembrava un personaggio simpatico poi tutto è cambiato nel volger di un battito di ciglia. L’uomo si è mostrato cinico, senza scrupoli, pronto a calpestare i sentimenti di chiunque pur di trovare una donna, con una buona situazione economica, per sposarsi e sistemarsi. Henry conta sul suo fascino per far breccia nel cuore delle sue prede ma non lesina attenzioni e premure condite da una buona dose di menzogne costruite a tavolino. Lui sapeva ciò che voleva!

Negli anni ho imparato che se da un lato non bisogna mai smettere di cercare le opportunità, dall’altro è necessario avere ben chiaro il genere di opportunità che vale la pena trovare.

La sua opportunità rispondeva al nome di Daisy. La donna, nella sua vita, aveva dovuto affrontare momenti difficili. A causa del suo passato infelice, la donna vedeva la fiducia come una debolezza ma, in cuor suo, sperava di trovare qualcuno che le desse ancora amore.

Henry, complice un giardino che necessita di cure, comprende subito la fragilità di Daisy e con pazienza e mille attenzioni mette in atto il suo piano di conquista. Riesce a farsi assumere come giardiniere per poi diventare l’amante della donna. C’è però un piccolo problema: lui vorrebbe convolare a nozze, lei no.

Nel romanzo, a voci alterne, i due protagonisti danno la loro versione dei fatti mostrando due diverse prospettive della storia. Lui è intento a mescolare la verità, giusto una goccia, con un mare di bugie per dare di sé la visione di un uomo bistrattato dalla vita che per sua fortuna, ma per disgrazia di lei, incontra una donna capace di risvegliare l’amore che, ben nascosto anzi introvabile, è in lui.

I capitoli in cui Henry  espone i fatti sono in prima persona, mentre quelli di Daisy sono narrati in terza persona. Completano la narrazione delle lettere, fulgido esempio di manipolazione della parola, e annotazioni di diario.

Procedere nella conoscenza di Henry e Daisy vuol dire camminare su un terreno fragile e pericoloso reso infido dalla solitudine, dal desiderio, dalla vulnerabilità, dalla fiducia e dall’invecchiamento. Ci ritroveremo ad esplorare il tema dell’amore, nelle sue gioie e pericoli, avendo libero accesso sia alla vita esteriore che a quella interiore dei due protagonisti. Appare evidente la natura truffaldina, narcisista e bugiarda di lui. Lei, dopo un iniziale tentennamento, accetta, senza alcun dubbio, tutto ciò che lui le dice. Beata ingenuità!

Quando il gioco sporco di Henry verrà scoperto, sarà evidente come ogni sua azione sia stata  falsa volta a ottenere la collaborazione della sua preda. L’uomo sa come farle credere di essere la persona più importante del mondo, sa come convincerla ad ascoltarlo, sa camuffare la verità e confondere le idee. Lui è un manipolatore emotivo, non si assume mai alcuna responsabilità, capisce cosa la sua vittima vuole e si comporta di conseguenza dandole quello che vuole. Quando cade la maschera indossata da Henry, Daisy dovrà affrontare un’amara verità.

Non c’è niente per te lì. Non c’è cuore. Niente tra la testa e i genitali.

La prosa raffinata è il segno distintivo della scrittura di Elizabeth Jane Howard che spesso, nei suoi romanzi, racconta storie basate sulle relazioni malate tra uomini e donne, sulle dinamiche familiari  e sul ruolo della figura femminile. Il fallimento dei matrimoni e il conseguente abbandono sono esperienze che la scrittrice, come la protagonista di “Perdersi”, conosce in prima persona. Narra di errori e delle persone che li commettono. Gli sbagli che si ripetono, i matrimoni che mescolano infelicità e amore, la voglia di scappar via, l’orgoglio ferito.

“Perdersi” è la storia di un inganno crudele in cui la vera vittima è l’amore. È la storia di una manipolazione   e di un reinventare la propria vita per dare di se stessi un’immagine migliore. È la storia di una tattica di conquista in tre atti: scelta accurata della preda, assedio emotivo per far breccia nel cuore della donna, conquista. Le armi? Una profonda fede nei sentimenti, comprensione, pazienza e un mostrarsi come un inguaribile romantico desideroso di compagnia, assetato di intimità.

Nessuno è felice di essere solo, l’amore attira come la luce attrae le falene. Volare verso l’amore è bellissimo ma attenzione a non bruciare le ali della libertà.

lunedì 5 ottobre 2020

RECENSIONE | "La corona del potere" di Matteo Strukul [Review Party]

“La corona del potere”, secondo volume appartenente al ciclo  de “Le sette dinastie”, è un romanzo storico di Matteo Strukul, Newton Compton Editori.  Attraverso questa saga, lo scrittore racconta il secolo d’oro del Rinascimento mediante la storia di sei grandi città e dinastie protagoniste di quel tempo: Milano (Visconti-Sforza), Venezia (Condulmer), Roma (Borgia e Colonna), Firenze (Medici), Ferrara (Estensi) e Napoli (Aragonesi). Anche in questo nuovo capitolo, come nel precedente, troveremo personaggi che hanno fatto la Storia come Ludovico il Moro, papa Alessandro VI, Leonardo da Vinci, Cesare e Lucrezia Borgia, Caterina Sforza, Antonio Condulmer, Michelangelo Buonarroti, Girolamo Savonarola e tanti altri.

Strukul con piglio deciso ci guida attraverso gli splendori e le stragi del Rinascimento, un tempo magnifico e terribile insieme. Milano e Roma sono le grandi protagoniste di questo romanzo, non mancano, però, altri scenari ugualmente importanti. Tra i protagonisti assumono un ruolo rilevante le vicissitudini della famiglia Borgia, ma affascina il personaggio di Caterina Sforza e incuriosisce un inedito ritratto di Leonardo da Vinci.




STILE: 9 | STORIA: 8 | COVER: 7
La corona del potere 
(Saga delle sette dinastie vol. 2)
Matteo Strukul

Vol. 1 | Vol. 2

Editore: Newton Compton
Pagine: 512
Prezzo: € 9,90
Sinossi
La saga delle sette dinastie 1494. L’ombra di Carlo VIII si allunga come una maledizione sulla penisola italica. Intanto Ludovico il Moro ha da tempo usurpato il ducato di Milano. A Roma Rodrigo Borgia, eletto papa, alimenta un nepotismo sfrenato e colleziona amanti. Venezia osserva tutto grazie a una fitta rete di informatori, magistralmente orchestrata da Antonio Condulmer, Maestro delle Spie della Serenissima, mentre il re francese valica le Alpi e, complice l’alleanza con Ludovico il Moro, giunge con l’esercito alle porte di Firenze. Piero de’ Medici, figlio del Magnifico, lascia passare l’invasore, accettandone le condizioni umilianti e venendo in seguito bandito dalla città che si offre, ormai prostrata, ai sermoni apocalittici di Girolamo Savonarola. Mentre il papa si rinchiude a Castel Sant’Angelo, Carlo marcia su Roma con l’intento di saccheggiarla, per poi mettere a ferro e fuoco Napoli e reclamare il regno nel nome della sua casata, gli Angiò. L’inesperto Ferrandino non ha alcuna possibilità di opporsi. In un’Italia sbranata dal “mal francese”, che dilaga come un’epidemia mortale, convivono lo splendore del Cenacolo di Leonardo da Vinci e l’orrore della battaglia di Fornovo; le passioni e la depravazione del papa più immorale della Storia e le prediche apocalittiche di un frate ferrarese che finirà bruciato sul rogo…

Stato delle Chiesa, Forlì, rocca di Ravaldino

Glielo avevano ammazzato, pensò. E avrebbero pagato per questo. Ludovico e Checco Orsi, i suoi assassini. E poi gli Ordelaffi e Lorenzo de’ Medici, tutti complici di quell’omicidio. Avrebbe atteso e, giorno dopo giorno, nutrito la sua vendetta.

Con queste riflessioni, Caterina Sforza, apre le porte del romanzo presentandosi come una donna forte e implacabile. I cittadini di Forlì avevano dilaniato con le loro mani il corpo di Girolamo Savonarola. Erano stati i fratelli Orsi a scaraventarlo fuori dalla finestra del palazzo. Quell’omicidio non poteva restare impunito.

Il prologo coinvolgente accoglie il lettore e promette una storia ricca di passioni, intrighi, vendette, congiure e tradimenti. Matteo Strukul sa come affascinare proponendo un romanzo che intreccia la fedeltà storica con la fantasia creando un mosaico che rivela come l’uomo sia ambizioso, scaltro e risoluto, pronto a tutto pur di conquistare il potere senza esclusione di colpi. Trame oscure si celano nell’ombra dei palazzi del potere dove, insieme alle arti, si coltivano l’intrigo e il tradimento. L’Italia è divisa tra signorie, territori della Chiesa, repubbliche marinare, zone d’influenza di potenti e aggressivi vicini quali la Francia e la Spagna.

1492. Carlo VIII, re di Francia, si prepara a scendere in italia per rivendicare il trono di Napoli.  Intanto Ludovico il Moro ha da tempo usurpato il ducato di Milano. A Roma Rodrigo Borgia, eletto papa, alimenta un nepotismo sfrenato e colleziona amanti. Venezia, grazie alla rete di informatori orchestrata da  Antonio Condulmer, osserva tutto mentre il re francese valica le Alpi e complice l’alleanza con il Moro, l’esercito francese arriva alle porte di Firenze. Da quale parte si schiereranno i signori italiani? Piero de’ Medici lascia passare l’invasore, accettando le condizioni umilianti e venendo poi bandito dalla città che si offre, ormai prostrata, ai sermoni di Girolamo Savonarola. Mentre Carlo marcia su Roma, con 30mila uomini e potentissime artiglierie, il papa si rinchiude a Castel Sant’Angelo. Il re vuole saccheggiare  Roma, per poi marciare su Napoli e reclamare il regno nel nome della sua casata, gli Angiò. In un’Italia devastata dal “mal francese”, che dilaga come un’epidemia mortale, convivono lo splendore del Cenacolo di Leonardo da Vinci e l’orrore della battaglia di Fornovo; le passioni e la depravazione del papa più immorale della Storia e le prediche apocalittiche di un frate ferrarese che finirà bruciato sul rogo.

Matteo Strukul non delude mai i suoi lettori che, leggendo i suoi romanzi, apprendono sempre qualcosa di nuovo. Il Rinascimento è raccontato in maniera corale con molti protagonisti e una fitta rete di spie. Nella Storia c’è sempre tanto da scoprire e lo scrittore ci offre l’opportunità per farlo intrecciando il romanzo storico e il romanzo d’avventura. I fatti storici rendono avvincente la trama e lasciano stupefatto il lettore che, attraverso una ricostruzione precisa, riscopre il passato delle diverse aree dell’Italia da cui nascono le molteplici culture del presente.

Tra i personaggi che ho amato di più, senza nulla togliere al fascino dei Borgia, c’è Caterina Sforza, signora di Imola e Forlì, nota come la Tigre di Forlì. È una donna potente dal carattere indomabile e di straordinaria bellezza, mostra un’innata predisposizione per l’uso delle armi. Si distingue per le azioni coraggiose e temerarie che mette in atto per salvaguardare da chiunque i propri titoli e onori. Coinvolgenti le pagine in cui Strukul narra l’episodio dell’assedio, da parte di Cesare Borgia, alla rocca di Rivaldino dove Caterina si è rifugiata.

“La corona del potere” è un romanzo storico appassionante, dove  intrighi, amore e suspense s’intrecciano dando vita a una travolgente avventura dalle venature thriller. È un viaggio a ritroso nel tempo che ci permette di essere testimoni di eventi importanti gestiti da personaggi che non nascondono i loro caratteri. Pensate alla forza di Cesare Borgia e alla debolezza di Giovanni Sforza, marito di Lucrezia Borgia.

Durante i giorni turbolenti e sanguinosi della discesa in Italia di Carlo VIII, vi troverete a confronto con personaggi complessi, leali o infedeli, ambigui e pronti a tradire per i propri interessi. Tra matrimoni d’interesse, celebrati per rinsaldare alleanze politiche, invidie e tradimenti, amori e battaglie, Strukul ci accompagna in un periodo storico tumultuoso, complicato ed intricato.

Il libro si legge con viva passione. A tener desta l’attenzione ci pensano i Borgia e Cesare realizza finalmente il suo sogno di diventare un guerriero e un comandante. Lasciato l’abito cardinalizio, il giovane Borgia mostra le sue tante facce: “falso cardinale, assassino sanguinario, stupratore di vergini, traditore, spergiuro, mostro sfigurato dal mal francese.”

Eppure un fuoco interiore divora la sua anima:

Cesare Borgia, l’uomo che fu tutto e fu niente, fu notte e giorno, croce e spada, ma mai, mai gli riuscì d’essere chi davvero voleva.

“La corona del potere” è un romanzo che mostra la forza del passato ma racconta anche i vizi, i tradimenti, la corruzione di un’umanità fragile in perenne divenire. Ad attenuare la violenza delle battaglie c’è la bellezza dell’arte. L’uomo, con le sue complicazioni, è al centro del tempo. Nel bene come nel male, ogni azione nasconde secondi fini. Con precisione chirurgica, l’autore incide i recessi più nascosti dell’animo umano e porta alla luce un labirinto di emozioni, passioni e desideri. Non tutto però ci è dato sapere. Da storie intrecciate, talvolta complicate, nascono dubbi, domande e incertezze che legano i personaggi al lettore incapace di sottrarsi a una partecipazione empatica alla narrazione.

Quindi, se ancora non l’avete fatto, vi consiglio di leggere la saga delle sette dinastie, sarà una sorprendente immersione nel passato che vi permetterà di comprendere il nostro presente.

giovedì 1 ottobre 2020

RECENSIONE | "L’ultima nave per Tangeri" di Kevin Barry

Esce oggi nelle librerie “L’ultima nave per Tangeri” di Kevin Barry, talentuoso e premiato autore irlandese contemporaneo. Il romanzo, edito da Fazi nella Collana Le strade, è una storia nera i cui personaggi sbagliano e perseverano nei loro errori. È un viaggio nei ricordi, in un passato che non ritornerà ma è anche un voler riaffermare l’amore che è scivolato via tra i rigagnoli di crimini e violenze. Tra le pagine si percepisce un sentimento di nostalgia e di malinconia. Le conseguenze delle scelte del passato si riflettono nel dramma di un padre che da tre anni non vede sua figlia. Il lato oscuro di uomini malvagi si mostra in bilico tra amore e catastrofe, speranza e rassegnazione. Il romanzo di Kevin Barry è triste ma bellissimo, ogni dialogo è uno squarcio in ciò che è stato, è come un refolo di vento che arriva all’improvviso e sussurra parole intrise di tristezza soffiando sui momenti inaspettati delle relazioni d’amore, sulla crudeltà, sui crimini, sulla fiducia, sull’inganno.


STILE: 8 | STORIA: 8 | COVER: 7
L'ultima nave per Tangeri
Kevin Barry

Editore: Fazi
Prezzo: € 18,50
Sinossi

Nel porto spagnolo di Algeciras, Maurice e Charlie, due irlandesi sulla cinquantina, tengono d’occhio le navi per Tangeri. Stanno cercando Dilly, la figlia di uno dei due. Maurice e Charlie si conoscono fin dall’adolescenza: sono due ex trafficanti, hanno iniziato a spacciare da giovani, sono cresciuti, hanno fatto i soldi, hanno pestato i piedi ai rivali, si sono dovuti nascondere per non essere ammazzati, hanno attirato la sfortuna, sono andati in esilio innumerevoli volte, hanno bevuto come spugne, si sono strafatti di eroina, hanno amato e tradito la stessa donna, Cynthia, per la quale si sono accoltellati. Ormai tagliati fuori dai giri criminali, Maurice e Charlie, due presenze minacciose soltanto in apparenza, si rivelano per ciò che sono diventati: due ex criminali al verde, due balordi noti come macchiette all’interno del porto, che inseguono un fantasma che forse non è mai esistito se non nella loro immaginazione.


Maurice e Charlie in una notte d’ottobre se ne stanno seduti sulla panchina appena a ovest del portellone con su scritto ‘INFORMACION’ nel terminal dei traghetti di Algeciras.

Stanno cercando una giovane donna, la figlia di uno dei due uomini, scomparsa da vari anni.

È il 23 settembre, Charlie e Maurice, due gangster sulla via del tramonto, aspettano, nel porto di Algeciras, notizie di una giovane donna, la figlia di uno dei due uomini. Al porto, nel sud della Spagna, partono e attraccano le barche notturne per Tangeri.

La scena iniziale ricorda la celebre opera dello scrittore Samuel Beckett, “Waiting for Godot”. Al posto di Vladimiro ed Estragone ci sono Maurice e Charlie che aspettano l’arrivo di un enigmatico personaggio di nome Dilly.

I due uomini, seduti sulla panchina del porto, ripercorrono le tappe salienti della loro esistenza ed è proprio attraverso i variegati discorsi che  emerge il loro passato.

Hanno da poco superato i cinquanta. Gli anni ormai si ritirano come la marea. Ci sono i vecchi tempi sui loro volti, sulle linee dure delle loro mascelle, sulle bocche sgangherate. Ma mantengono – più o meno – un’aria spavalda.

Le certezze di un tempo passato si sono infrante sulle rocce di un presente che non ha per loro un ruolo da protagonisti. I due uomini, amici e rivali, aspettano l’arrivo di Dilly ma è come se aspettassero l’unica possibilità che hanno per far pace con il passato. La morte si profila ai loro orizzonti e il riallacciare i rapporti con la ragazza rappresenta un modo per dare un senso alla propria vita. Un senso che vada oltre la ricchezza e il potere. Con amara ironia, Maurice e Charlie, ripercorrono i loro trascorsi da gangster, il traffico di droga, i guadagni illeciti. Raccontano di se stessi, delle loro scelte quando l’azione era il motore della vita. Ora aspettano l’arrivo incerto di una ragazza, fuggita dall’Irlanda dopo la morte della madre, ma potrebbero tranquillamente aspettare la morte o il momento giusto per cambiare la situazione di declino in cui si sono impantanati. Nel passato sono stati sicuri, violenti, hanno fatto cose terribili e potrebbero, nel futuro, farle ancora. Potrebbero. Tuttavia i tempi cambiano, il loro mondo è andato in frantumi e loro sono rimasti indietro, sono nostalgici, sono gente di una volta.

La roba non fa più girare gran soldi. I soldoni oggi si fanno con le persone. Il Mediterraneo è un mare di schiavi.

Leggere “L’ultima nave per Tangeri” è come esplorare l’animo dei due malviventi. È un’esplorazione in bianco e nero perché la vita è fatta di momenti vissuti alla luce el sole e altri che appartengono al lato oscuro che alberga in noi. Battute malinconiche di esseri imperfetti, intrecciano un passato travagliato a un futuro che cela una triste verità.

Non è l’odio la risposta all’amore; la risposta all’amore è la morte.

Il romanzo, a tratti poetico con venature inquietanti, trae forza dalle sue contraddizioni. I due uomini mostrano un lato che mette in luce la loro fragilità, la debolezza, i difetti, la difficoltà nella partecipazione emotiva al sentire dell’altro. La violenza è stata la madre che ha nutrito il loro passato che non svanisce nella nebbia dei ricordi ma attanaglia il presente con un’azione devastante sulle loro vite.

Parlano dell’avanzare dell’età e della morte. Parlano di quelli che hanno incrociato e di quelli che hanno aiutato, dei loro primi amori e degli amori perduti, dei nemici e degli amici. Parlano dei giorni andati a Cork, e a Barcellona, e a Londra, e a Malaga, e nella città fantasma di Cadice.

L’attesa appare un tempo sospeso. Seduti sulla panchina, con il dolore di una vita, sono alla deriva del tempo che fu.

Insomma, ai nostri tempi eravamo una coppia tremenda. Selvaggi. Oh, cosa non abbiamo combinato. E giravano soldi a palate, il che complicava tutto. È lì che la vecchia amica cupidigia viene a fare toc toc.

Ora tutto è mutato, in un presente a loro estraneo aspettano “Godot”. Per me l’attesa rappresenta l’ultima possibilità per accendere quella luce capace d’illuminare una vita buia. La luce potrebbe avere il nome di Dilly. I due uomini, andando incontro alla morte, vorrebbero riaccendere una fiammella di amore e respirare nuovamente aria di famiglia. Forse è troppo tardi. Forse.