mercoledì 22 ottobre 2025

RECENSIONE | "Lizzie" di Shirley Jackson

"Lizzie" (Adelphi) è un romanzo della regina del genere gotico, Shirley Jackson. Accolto con freddezza dalla critica del tempo, che lo definì incoerente e difficilmente leggibile, "Lizzie" (1954) è la storia di una donna tormentata da un disturbo di personalità. Oggi la critica lo ha rivalutato. Per me è stata una bella scoperta, un viaggio claustrofobico nella psiche frantumata della protagonista.

STILE: 7 | STORIA: 8 | COVER: 7
Lizzie
Shirley Jackson

Editore: Adelphi
Pagine: 320
Prezzo: € 13,00
Sinossi

La protagonista, Elizabeth Richmond, ventitré anni, i tratti insieme eleganti e anonimi di una "vera gentildonna" della provincia americana, non sembra avere altri progetti che quello di aspettare "la propria dipartita stando il meno male possibile". Sotto un'ingannevole tranquillità, infatti, si agita in lei un disagio allarmante che si traduce in ricorrenti emicranie, vertigini e strane amnesie. Un disagio a lungo senza nome, finché un medico geniale e ostinato, il dottor Wright, dopo aver sottoposto la giovane a lunghe sedute ipnotiche, rivelerà la presenza di tre personalità sovrapposte e conflittuali: oltre alla stessa Elizabeth, l'amabile e socievole Beth e il suo negativo fotografico Betsy, "maschera crudele e deforme" che vorrebbe fagocitare e distruggere, con il suo "sorriso laido e grossolano" e i suoi modi sadici, insolenti e volgari, le altre due. È solo l'inizio di un inabissamento che assomiglierà, più a che un percorso clinico coronato da un successo terapeutico, a una discesa amorale e spietata nelle battaglie angosciose di un Io diviso, apparentemente impossibile da ricomporre: tanto che il dottor Wright sentirà scosse le fondamenta non solo della sua dottrina, ma della sua stessa visione del rapporto tra l'identità e la realtà.





Veniamo tutti misurati, buoni e cattivi, dal male che facciamo agli altri.

Elizabeth era una timida ventitreenne che trascorreva la sua vita svolgendo un noioso lavoro in un museo. Non aveva amici, né conoscenti e "nessun progetto che non fosse sopportare l'ineludibile intervallo antecedente la sua dipartita stando il meno male possibile." Nell'ufficio del museo dove lavorava, la consideravano spenta e amorfa, poco interessante. Rimasta orfana, viveva con la prepotente zia Morgen. Al compimento dei venticinque anni, Elizabeth avrebbe ereditato la grande fortuna lasciata dal padre. Nel frattempo la ragazza riceveva spesso minacciose lettere, in cui si faceva riferimento a una certa Lizzie, che conservava gelosamente in una scatola rossa. 

Sotto un'ingannevole tranquillità si agitava in lei un disagio allarmante che si traduceva in terribili emicranie e amnesie, vertigini e insonnia. La zia decise di portarla dal medico e poi da uno psichiatra, il dottor Wright, che, dopo aver sottoposto la giovane a lunghe sedute ipnotiche, rivelerà la presenza di più personalità sovrapposte e conflittuali. 

Lentamente e con la freddezza caratteristica di Shirley Jackson scopriamo, seduta dopo seduta, la sconcertante verità: nella protagonista, intrappolata nel suo corpo e nella sua mente, convivono più personalità distinte: 

Elizabeth è la personalità nervosa e afflitta da dolori lancinanti, modesta, chiusa e oppressa dall'imbarazzo, è la stupida ma in qualche modo resistente; 

poi esiste Beth, la personalità serena e socievole, tutta sorrisi, graziosa e sensibile; 

a volte, però, emerge Betsy, la personalità disinibita, sfrenata, insolente, dozzinale e perfida. 

Tuttavia tre non è il numero ultimo delle identità. C'è anche Bess, la personalità arrogante e avara, diabolica e senza ritegno, pronta a schiacciare chiunque le impedisca di prendere il controllo. 

Ogni nuova personalità si rivelava più sgradevole della precedente, tutte sono in conflitto tra loro e ognuna cerca di emergere a scapito delle altre. 

È stato sicuramente angosciante leggere "Lizzie" perché ci si ritrova faccia a faccia con i terrificanti effetti del disturbo di personalità. La protagonista non esiste più nel suo tutto che si frantuma in più identità. 

È importante ricordare che l'approccio alla malattia mentale nel romanzo si basa su un modello di psicanalisi agli esordi. La paziente è un mistero da svelare. Il suo psichiatra si comporta come un detective che indaga per scoprire il trauma sepolto che ha generato tanti problemi. 

Jackson, con ironia, dà la possibilità alle varie personalità di presentarsi e raccontare la situazione dal loro punto di vista, cercando di prendere il controllo della storia. Più voci narranti che catturano l'attenzione del lettore che comprende subito quanto le "voci" siano inaffidabili. 

Tra tutti i protagonisti la figura dello psichiatra ha un fascino particolare. 

Il dottor Wright era un uomo pomposo, falsamente umile e incline all'autocompiacimento. Spesso veniva deriso da Betsy, la personalità cattiva, che lo chiamava dottor Wrong (cioè "sbagliato", in un gioco di parole fra right, "giusto", e wrong, "sbagliato"). Lui era sempre sul punto di tirarsi indietro, di mollare l'incarico. 

L'idea di una personalità che combinasse la stupidità di Elizabeth con la fragilità di Beth, la cattiveria di Betsy con l'arroganza di Bess, mi faceva venir voglia di nascondermi sotto le coperte! Mi vedevo come un dottor Frankenstein che ha per le mani il materiale necessario per costruire un mostro. 

Anche la zia di Elizabeth è una figura che riserverà grandi sorprese. 

La zia Morgen era una donna che non nascondeva la propria eccentricità, così come non nascondeva il suo amore per l'alcol. Donna poco empatica, a modo suo voleva bene alla nipote e si preoccupava per la sua salute. 

Figure negative? Andando avanti con la lettura ho scoperto lati inaspettati di questi personaggi che, sopravvissuti a un travagliato passato, riveleranno sensibilità e profondità. 

"Lizzie" non è sicuramente tra i libri più belli di Shirley Jackson ma merita comunque di essere considerato perché affronta un tema sicuramente poco conosciuto all'epoca e perché nulla sarà esplicitamente risolto. Si naviga a vista con "Lizzie", la storia non svela ma insinua. L'autrice semina abilmente indizi che permettono ai lettori di ricomporre la vicenda caratterizzata anche da tradimenti, abbandoni, violenze, soldi e rivalità. L'autrice adotta vari stili per scrivere questo romanzo, tanti stili quante erano le personalità di Elizabeth. A volte il libro appare serio, a volte ironico, a volte frivolo, a volte noioso. Sicuramente il soggetto è originale ma la confusione di Elizabeth, tra follia e delirio, diventa anche la confusione del lettore. "Lizzie" è un'audace indagine psicologica, una discesa spietata nelle battaglie angosciose di un Io diviso, apparentemente impossibile da ricomporre. Il finale ambiguo annuncia la vittoria di una battaglia, non della guerra. Una volte scoperchiato il vaso di Pandora non si torna indietro, parola di Elizabeth, Beth, Betsy e Bes.  

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