martedì 28 giugno 2022

RECENSIONE | "Il castello dei falchi neri" di Marcello Simoni [Review Party]

“Il castello dei falchi neri”( Newton Compton Editori), con illustrazioni dell’autore, è il nuovo romanzo di Marcello Simoni, l’autore italiano di thriller storici più venduto nel mondo. Se desiderate viaggiare attraverso i secoli tra emozioni, paure e tensioni, questo è il romanzo che fa per voi.


STILE: 8 | STORIA: 8 | COVER: 7
Il castello dei falchi neri 
Marcello Simoni

Editore: Newton Compton
Pagine: 320
Prezzo: € 9,90
Sinossi

Anno Domini 1233. Dopo aver preso parte alla crociata di Federico II, il nobile Oderico Grifone, ormai diventato uomo, fa ritorno alla dimora di famiglia, una grande magione nella campagna di Napoli. Il rientro, tuttavia, non è dei più felici. Sua sorella, Aloisia, è stata data in sposa a un uomo di dubbia reputazione, mentre Fabrissa, una giovane aristocratica con la quale Oderico, prima di partire per la Terra Santa, aveva intrecciato una storia d’amore, è promessa a un altro. Come se non bastasse, la famiglia sembra essere caduta in disgrazia e il castello, un tempo ricco e prospero, versa ora in uno stato di abbandono. Pur non riuscendo a comprenderne il motivo, Oderico intuisce che la madre, il padre e il fratello minore gli nascondono qualcosa. Qualcosa che riguarderebbe il feudo dei Grifoni, una collina sulla quale in molti vorrebbero mettere le mani a causa di un antico segreto custodito tra i suoi fitti boschi. Nel tentativo di risollevare le sorti della famiglia, Oderico resterà coinvolto, suo malgrado, in una serie di efferati delitti che sembrano avere uno stretto legame col più grande motivo d’orgoglio del suo casato: la nobile arte della falconeria.


E all’improvviso, proprio fra quei tronchi, emerse un figuro in sella a un corsiero del colore dell’ebano. Vestito di nero, così da apparire un tutt’uno con la sua cavalcatura, quell’individuo faceva vibrare a ogni falcata i sonagli di metallo cuciti ai lembi della cappa in cui era avvolto, producendo un suono giocoso e allo stesso tempo grottesco. Quel demone portava a mo’ di trofeo una testa! Non erano resti umani. Ma nemmeno la reliquia di un demone. Era l’avanzo di un beccaio. L’enorme testa di un caprone nero.

Anno Domini 1233. Dopo aver preso parte alla crociata di Federico II, il nobile Oderico Grifone fa ritorno alla dimora di famiglia, una grande magione nella campagna di Napoli. Al rientro scopre che la sua famiglia lo credeva morto e molte cose sono cambiate. Sua sorella Aloisia ha sposato un uomo di dubbia reputazione, mentre Fabrissa, una giovane aristocratica amata da Oderico prima di partire per la Terra Santa, è promessa a un altro. Come se non bastasse, la famiglia sembra essere caduta in disgrazia e il castello, un tempo ricco e prospero, versa ora in uno stato di abbandono. Il padre, la madre e il fratello di Oderico non svelano al primogenito i motivi di questo declino. Oderico scopre che in molti vorrebbero mettere le mani sul feudo dei Grifoni a causa di un antico segreto custodito tra i suoi fitti boschi. Oderico farà di tutto per risollevare le sorti della famiglia e resterà coinvolto in una serie di efferati omicidi che sembrano avere un legame col più grande motivo d’orgoglio del suo casato: la nobile arte della falconeria.

Il Medioevo è sicuramente un’epoca che affascina e una nuova avventura attende tutti coloro che amano i romanzi di Simoni. Come sempre il contesto storico è accurato e realistico a riprova di un gran lavoro di ricerca fatto dall’autore. Tra le pagine del romanzo si muovono personaggi che catturano subito l’attenzione del lettore anche perché si muovono in un labirinto di intrighi e misteri dove nessuno è un agnellino. Mescolando verità e finzione, Simoni ha saputo costruire una storia ricca di colpi di scena e adoro vedere i buoni e i cattivi, entrare nelle loro menti, cercare di carpire i loro segreti osservando le loro reazioni. La storia narrata viaggia su due binari: l’azione e i dilemmi emotivi ricchi di contraddizioni, su tutto e tutti volteggia impietosa l’ombra della Falconeria. Pur sapendo che la famiglia dei Grifoni e il colle sul quale sorge il loro castello, sono un’invenzione letteraria mi piace come Simoni riesce a collocarli in un’ambientazione reale. Infatti frutto di documentazione storica sono le descrizioni degli edifici e dei quartieri di Napoli della prima metà del Duecento. L’autore, per coinvolgere ancora di più il lettore, aggiunge al romanzo anche un tocco di mitologia con creature fantastiche e leggende senza tempo. Il risultato? Una storia ammaliante che fornisce la chiave per esplorare un mondo di intrighi e subdoli giochi di potere costantemente in bilico tra il bene e il male. Simoni non lascia nulla al caso e notevole è l’approfondimento dei caratteri dei personaggi, la loro psicologia rivela il lato oscuro che emerge e i cattivi, astuti e sanguinari, hanno, per me, un fascino del tutto particolare.

“Il castello dei falchi neri” è un romanzo che pone al centro della storia la famiglia Grifone. È un dramma familiare avvincente che si evolve intorno a un mistero. Fin dalla prima pagina non puoi non schierarti con Oderico, preoccuparti per i malvagi fratelli Castagnola, farti delle domande sul misterioso Al-Qalam, subire il fascino della perfida Badessa Mobilia. In un mondo declinato al maschile, le donne avevano sempre la paura di sbagliare, di fallire nel ruolo che la società aveva scelto per loro. Simoni racconta le mille sfaccettature dell’essere donne e madri.

Marcello Simoni riesce nell’intento di trasportare il lettore tra i personaggi, i luoghi, le atmosfere della storia che racconta. Il Medioevo napoletano fa da sfondo a delitti orribili, false amicizie, intrighi, amori e tradimenti. La fervida immaginazione dell’autore ci conduce in un vortice d’avventura e in un castello pieno d’incanto.  Lo stesso incanto che si prova guardando un falco volare nel cielo e nel percepire quel filo invisibile che lega falconi e falconieri. Benvenuti nell’anima nera del Medioevo.

martedì 21 giugno 2022

RECENSIONE | "Sarò breve" di Francesco Muzzopappa

“Sarò breve”, pubblicato da Fazi Editore, è il nuovo romanzo di Francesco Muzzopappa, un autore molto amato dai suoi lettori che torna in libreria con una storia originale: un testamento in forma di commedia dallo spirito dissacrante e tutto da ridere.


STILE: 8 | STORIA: 8 | COVER: 7
Sarò breve
Francesco Muzzopappa

Editore: Fazi
Pagine: 184
Prezzo: € 17,00
Sinossi

Ennio Rovere fa testamento. Ha impiegato l’intera esistenza per costruire un sogno e ci è riuscito mettendo su un mobilificio di successo che porta il suo nome in Brianza. Si è fatto da solo, ha avuto fortuna, anche se la sua vita non sempre è stata facile. Ha avuto amori più o meno fortunati, mogli più o meno fedeli, figli più o meno litigiosi, collaboratori più o meno capaci. Con il testamento, però, ha l’occasione di rimettere tutti a posto: dalla prima moglie all’esuberante donna di servizio, dal figlio minore allo zelantissimo autista, dal dentista al cane devoto. Mai come adesso, si sente libero di parlare e dire finalmente la sua. Con la scusa di distribuire in maniera equa il suo patrimonio, il protagonista di questo libro ripercorrerà per iscritto la propria esistenza, intrecciando dinamiche familiari e lavorative, premiando quanti davvero hanno meritato il suo affetto e punendo senza pietà tutti gli altri, senza risparmiarsi neppure nel giudizio. Ormai, questo è chiaro, non ha più nulla da perdere.


A quanto pare sono morto.

Se state leggendo queste righe, infatti, è probabile che la mia anima sia già in volo tra i satelliti, al di là della stratosfera. Prima o poi doveva succedere: dall’altro canto, sulla mia ultima torta di compleanno c’erano candele a sufficienza da illuminare a giorno una pista d’atterraggio. Il passo successivo doveva essere per forza il decollo.

Ennio Rovere fa testamento. Ha impiegato l’intera esistenza per realizzare un sogno e ci è riuscito mettendo su un mobilificio di successo che porta il suo nome in Brianza. Si è fatto da solo, tra alti e bassi, la sua vita non sempre è stata facile. Ha avuto amori più o meno fortunati, mogli più o meno fedeli, figli più o meno litigiosi, collaboratori più o meno capaci. Con il testamento, però, ha l’occasione di rimettere tutti a posto: dalla prima moglie all’esuberante donna di servizio, dal figlio minore allo zelantissimo autista, dal dentista al cane devoto. Mai come adesso, si sente libero di parlare e dire finalmente la sua. Con la scusa di distribuire in maniera equa il suo patrimonio, Ennio ripercorrerà per iscritto la propria esistenza, intrecciando dinamiche familiari e lavorative, premiando quanti hanno davvero meritato il suo affetto e punendo senza pietà tutti gli altri, senza risparmiarsi neppure nel giudizio. Ormai non ha più nulla da perdere.

Prima di passare alla divisione vera e propria, è bene cominciare dalle mie origini. Dalla Basilicata. La mia era una famiglia povera. Non avevamo la doccia, non avevamo il bidet, non avevamo la radio e nemmeno quello che negli anni si è rivelato il mio elettrodomestico preferito: il frigorifero, che da noi non arrivò mai. Altro che boom degli anni Cinquanta. A noi, in casa, ci esplodeva solo la fame.

Il protagonista, Ennio Rovere, è un morto che parla finalmente libero di dire quello che pensa. Attraverso il suo testamento racconta frammenti della sua vita e trasforma ogni pagina in una riflessione sincera e divertente sul suo mondo famigliare.

Se ben ricordi, il divorzio e la crisi della mia azienda mi avevano ridotto come un petto di pollo in un forno a microonde: ben cotto fuori e rovente dentro.

L’autore intrattiene il lettore tratteggiando il ritratto di personaggi che interpretano la società di oggi. Non leggerete polemiche ma un frizzante resoconto di una vita che mette in scena le debolezze della nostra società. Noi uomini siamo fatti di gioie e di dolori, di vittorie e sconfitte.

Io sono stato uno stuntman della vita: ho rischiato, ho avuto successo, ho vissuto sull’orlo del baratro, ho perso amore e denaro, ho ritrovato amore e fortuna, ho avuto tutto e ho avuto niente.

“Sarò breve” è un testamento non convenzionale, un vero page-turner che scandaglia, con ironia e riflessione, la vita del protagonista facendo leva sulle sue contraddizioni, i suoi amori, le sue scelte che danno alla narrazione del sé, un sapore nuovo. È il racconto di un uomo che celebra la vita di tutti. È una raccolta di ombre e luci sulla evoluzione della sua famiglia allargata, è il coraggio di riprendere in mano i sogni e realizzarli, è la forza di procedere tra gioie e dolori perché la vita non è mai un percorso senza ostacoli. Il risvolto più coinvolgente e autentico del testamento è, per me, il lascito morale che si trasforma in un’opportunità di futuro, a un incoraggiamento a sognare e a credere fino in fondo di poter realizzare ciò che desideriamo senza mollare mai. Il protagonista raccomanda, ai suoi amati, di eliminare quelle situazioni pesanti o inutili, di lasciar perdere le migliaia di sciocchezze su cui sprecano le loro energie per vivere con impegno e responsabilità pur sapendo che tutto potrebbe svanire in un soffio. Queste sono preziose riflessioni per tutti noi per vivere con maggior consapevolezza, migliorando la qualità dei nostri rapporti umani.

“Sarò breve” è un romanzo godibilissimo, divertente e arguto in cui Muzzopappa tratteggia un microcosmo potente, allegro e doloroso. Con uno stile agile e ironico, usando le parole necessarie senza perdersi in voli pindarici, l’autore ha la capacità di farci ridere anche se la morte ridere non fa. L’umorismo nasce dall’osservazione della realtà, dalla fragilità dell’uomo, dalle ossessioni che contagiano il nostro tempo e inquinano le nostre vite. Con un sorriso e una lacrima piccina, è bene ricordare che la morte non è un addio ma un arrivederci celato nel cuore di chi abbiamo amato, di chi ha condiviso con noi un tratto della nostra vita.

Fare testamento è un ultimo abbraccio per coloro che restano. William Hodding Carter II scriveva:

Ci sono due cose durature che possiamo lasciare in eredità ai nostri figli: le radici e le ali.

venerdì 10 giugno 2022

BLOGTOUR | "Una giornata cominciata male" di Michele Navarra | I 5 motivi per leggere il romanzo

Dopo “Solo Dio è innocente” e “La tana del serpente”, Michele Navarra, avvocato penalista dal 1992, tornerà in libreria il 14 giugno con “Una giornata cominciata male”, un legal thriller che vi conquisterà. Tutti i romanzi di Navarra sono pubblicati da Fazi nella collana Darkside.

Anche questo romanzo, come i precedenti, ha come protagonista l’avvocato Alessandro Gordiani, penalista coscienzioso che si divide tra le pesanti responsabilità della professione e la sua indole ironica e scherzosa. Ora vi spiego perché dovete leggere “Una giornata cominciata male”.




Una giornata cominciata male
Michele Navarra

Editore: Fazi
Pagine: 316
Prezzo: € 17,00
Sinossi
Durante una sera d’agosto sferzata da un nubifragio estivo, l’imprenditore romano Federico Santini guida a tutta velocità verso l’Argentario per raggiungere Claudia, la sua ultima conquista, mentre rimugina sull’ennesima questione legale in cui lo sta trascinando la sua ex moglie. Tra distrazione ed eccesso di velocità, l’auto di Santini travolge un ciclista. Non sembra esserci nessuno nei paraggi, e l’uomo, incurante dell’accaduto, riprende la sua corsa.
Nel giro di pochi giorni, però, tutto precipita. La mattina di Ferragosto, Santini si risveglia con la mente confusa e la memoria offuscata in un luogo che non conosce. Non riesce a ricordare nulla della notte precedente e, mentre decide di cercare Claudia nella speranza di scoprire cos’è accaduto, si trova invischiato nelle indagini su un terribile omicidio. Sarà l’avvocato Gordiani ad accettare di aiutare Santini, provando a districare la matassa e a ricostruire i fatti avvenuti a Ferragosto. Insieme alla sua abile quanto affascinante collaboratrice, l’avvocato trascorrerà le calde giornate d’estate tra Roma e l’Argentario, tra yacht ormeggiati nei porticcioli e suggestivi scorci del paesaggio toscano, cercando di farsi strada verso la verità e, possibilmente, verso la giustizia.



I 5 motivi per leggere il romanzo

1. Perché la trama coinvolge e diventa specchio della nostra società. Durante una sera d’agosto sferzata da un nubifragio estivo, l’imprenditore romano Federico Santini guida a tutta velocità verso l’Argentario per raggiungere Claudia, la sua ultima conquista, mentre rimugina sull’ennesima questione legale in cui lo sta trascinando la sua ex moglie. Tra distrazione ed eccesso di velocità, l’auto di Santini travolge un ciclista. Non sembra esserci nessuno nei paraggi e l’uomo, incurante dell’accaduto, riprende la sua corsa. Alcuni giorni dopo, la mattina di Ferragosto, Santini si risveglia con la mente confusa e la memoria offuscata in un luogo che non conosce. Non riesce a ricordare nulla della notte precedente e, mentre cerca di contattare Claudia nella speranza di scoprire cos’è accaduto, si trova coinvolto nelle indagini su un terribile omicidio. Sarà l’avvocato Gordiani ad accettare di aiutare Santini, provando a districare la matassa e a ricostruire i fatti avvenuti a Ferragosto. Insieme alla sua abile quanto affascinante collaboratrice, l’avvocato trascorrerà le calde giornate d’estate tra Roma e l’Argentario, tra yacht ormeggiati nei porticcioli e suggestivi scorci del paesaggio toscano, cercando di farsi strada verso la verità e, possibilmente, verso la giustizia.

2. Perché inizialmente tutto appare incomprensibile e l’amnesia del sospetto omicida, complica ancor di più ogni cosa. Le ipotesi, i dubbi e le incertezze si moltiplicano celando la sorprendente verità. È un gioco di specchi costruito magistralmente che indaga il lato oscuro dell’animo umano. Crimini e corruzioni, segreti e bugie, il labile confine che separa il lecito dall’illecito, i legami familiari. La ricerca della giustizia sono elementi che creano il prolifico substrato del narrare arricchito da tematiche sociali sempre attuali. Chì infrange la legge verrà punito anche se la farraginosa e imperfetta macchina della giustizia può riservare delle sorprese. Infatti  può succedere che la verità processuale e quella reale non sempre coincidono. La legge è fatta dagli uomini ed è imperfetta.

“La giustizia in realtà non esiste, esiste solo la sua ombra furtiva, di cui spesso dobbiamo accontentarci.”

3. Perché Michele Navarra ha creato un personaggio letterario, l’avvocato  Alessandro Gordiani, con una propria visione di ciò che è giusto e di ciò che non lo è. Gordiani, penalista romano, è un uomo con dubbi e paure. Teme di essere inadeguato per il suo lavoro, ha molte incertezze e prova a dare sempre il massimo per non deludere le aspettative di chi si affida a lui. Legge e giustizia, lo sa bene Gordiani, non combaciano quasi mai. Applicare correttamente la legge non sempre vuol dire far trionfare la giustizia. L’avvocato difensore, Gordiani in primis, vorrebbe esser sicuro di difendere un innocente. A volte accade, come in questo romanzo, che il sospettato taccia su vari particolari temendo di sembrare ancor più colpevole. Alla fine non ci saranno veri e propri vincitori perché non sempre è possibile separare nettamente i buoni dai cattivi. Quando si commette un crimine, qualunque sia la sentenza, si è tutti un po’ perdenti. L’avvocato Gordiani non è un eroe, vuol far bene il proprio lavoro, ha coraggio e intraprendenza e molti dubbi ma è un protagonista vincente.

4. Perché Michele Navarra racconta, con una prosa intrigante e scorrevole, gli elementi e i protagonisti del processo penale italiano senza mai rinunciare a una irresistibile dose di ironia. Per me è davvero un piacere leggere i suoi romanzi perché trovo le storie narrate affascinanti. Ogni caso non è mai solo bianco o solo nero, ma presenta varie sfumature. Questa ambiguità, in cui la storia evolve, è basilare per generi letterari come il legal thriller dove, a ben vedere, nessuno è del tutto innocente.

5. Perché è interessante conoscere il mondo che ruota attorno alla figura dell’avvocato Gordiani. Un mondo fatto di crimini e indagini, verità celate e omicidi, processi e pentimenti. Il tutto è reso con molto realismo ed esattezza giuridica. Ogni romanzo è una partita a scacchi tra Gordiani e i suoi antagonisti. L’autore modella le storie prendendo spunto da casi reali e li trasforma, attraverso la fantasia, in romanzi giudiziari ben scritti e coinvolgenti. I crimini narrati catturano il lettore con il loro fascino perverso e Navarra non risolve solo l’enigma individuale, ma cerca di comprenderlo. Tra le righe, i più attenti, scopriranno riflessioni sulla condizione umana sia negli aspetti positivi che in quelli negativi.

L’avventura, disseminata in lungo e largo nei fatti di cronaca e nelle aule di giustizia, tende a riportare l’ordine spezzato dal crimine. Con coraggio si combatte contro il male pur sapendo che la sconfitta è sempre possibile. Qualche volta la verità non si saprà mai, Gordiani sicuramente non si arrende e noi con lui.

“Una giornata cominciata male” è una lettura scorrevole, intrigante e appassionante. Perfetta nel caldo torrido dell’estate che si avvicina.



martedì 7 giugno 2022

RECENSIONE | "Storia del figlio" di Marie-Hélène Lafon

“Storia del figlio”(Fazi nella collana Le strade) di Marie-Hélène Lafon, grande scrittrice francese, arriva per la prima volta nelle librerie italiane. Il romanzo, vincitore del prestigioso premio Renaudot, è stato accolto con entusiasmo dai lettori e dalla critica. In Francia è diventato un caso editoriale da 200.000 copie vendute. In dodici capitoli, ogni capitolo una data, la scrittrice narra una saga familiare che si dipana nell’arco del 20° secolo e conduce il lettore in un viaggio tra generazioni. Marie-Hélène Lafon tratteggia, con eleganza e sensibilità, la verità di una famiglia percorrendo le sue pieghe più profonde, i meandri di esistenze, frammenti di vite relegati in un album di famiglia.

STILE: 8 | STORIA: 8 | COVER: 8
Storia del figlio
Marie-Hélène Lafon

Editore: Fazi
Pagine: 160
Prezzo: € 17,00
Sinossi

Il figlio è André. La madre, Gabrielle. Il padre è sconosciuto. André viene cresciuto da Hélène, la sorella di Gabrielle, e suo marito: coccolatissimo, unico maschio fra le cugine, ogni estate ritrova “la madre”, misteriosa signora che ha scelto di vivere a Parigi e torna a trascorrere le vacanze in famiglia. Questo è solo l’inizio della storia, o meglio è una parte, perché le vicende narrate in Storia del figlio coprono un arco lungo cent’anni, raccontando il prima e il dopo, indagando sui molti perché, spostando di volta in volta la lente su un personaggio e su un momento diverso: due bambini gemelli di Chanterelle a inizio Novecento, un irrequieto collegiale che conosce i primi turbamenti erotici, una donna sola in un appartamento parigino, un partigiano in cerca di suo padre e molti altri ancora. A mettere insieme tutti i pezzi, in questa saga familiare costruita come un mosaico, è la magistrale penna di Marie-Hélène Lafon che, con eleganza, delicatezza e sensibilità, racconta la verità di una famiglia nelle sue pieghe più profonde, quelle che scavano i solchi della vita.


È partita. Sua madre è partita, il treno l’ha portata via. Lui, André, preferisce che lei non sia più lì, ma sente che non è una cosa da dirsi, né da far capire, anche se a Hélène non si può nascondere nulla. André non può nascondere nulla a Hélène, lei gli attraversa la pelle con lo sguardo, vede dentro le sue ossa, tra le pieghe aggrovigliate del suo cervello. Hélène vede, ma non rimprovera, non giudica, non aggrotta le sopracciglia, non alza la voce, non stringe le labbra. Lei bacia, tiene in grembo, non dice molte parole.

Il figlio è André. La madre, Gabrielle. Il padre è sconosciuto. André viene cresciuto da Hélène, la sorella di Gabrielle, e suo marito: coccolatissimo, unico maschio fra le cugine, ogni estate ritrova “la madre”, misteriosa signora che ha scelto di vivere a Parigi e torna a trascorrere le vacanze in famiglia. Inizia così “Storia del figlio”, ma le vicende narrate coprono un arco lungo cent’anni, raccontando il prima e il dopo, indagando sui molti perché, presentando di volta in volta un personaggio e un momento diverso: due bambini gemelli di Chanterelle a inizio Novecento, un irrequieto collegio, una donna sola in un appartamento parigino, un partigiano in cerca di suo padre e molti altri ancora. La scrittrice mette insieme i pezzi di questo mosaico familiare e procede con delicatezza e decisione tra bugie e contraddizioni dalle quali nascono assenze profonde, silenzi e tragedie, legami rarefatti e carezze trattenute. Al centro del romanzo si eleva, schiva e mutevole, la ricerca di un padre, la ricerca delle proprie radici, della propria identità. 

Immergersi nella lettura di “Storia del figlio” è come toccare con mano una serie di immagini e situazioni che dialogano con il passato e il presente. Frammenti di ricordi si rincorrono in una voragine che nulla concede al rapporto tra un genitore e un figlio. Le fragilità umane si perdono nell’eco dei ricordi e delle scoperte che sembrano programmate da un destino che concede, con molta parsimonia, cruciali informazioni per scoprire il nome di un padre fantasma. 

“Storia del figlio” è una girandola di eventi, un lieve e carezzevole vento di ombre popolano le pagine del romanzo. A fare da sfondo agli eventi sono presenti delle riflessioni che nascono dai pensieri di André, dalle carezze di Hélène, dai misteri di 

Gabrielle. Si riflette su cosa vuol dire essere figlio, si è sempre il figlio di qualcuno ma, nel caso di André lui è figlio di un genitore che non conosce o di chi l’ha cresciuto? L’assenza di un padre e di una madre può essere colmata con le parole che spazzano via il silenzio di una vita? Attorno ad André c’è un disordine di speranze, tregue, misteri. Un caos che perdura per più generazioni con cose non dette e persone che, pur non essendoci più, hanno lasciato un segno nella vita dei protagonisti. André è alla ricerca delle sue origini: una madre che non voleva o non sapeva fare la madre, un padre sconosciuto che forse neanche sapeva della sua esistenza. Gabrielle è un personaggio enigmatico, impenetrabile che ha vissuto una storia d’amore di cui conosceremo solo alcuni frammenti. È una donna solitaria che condivide con il figlio solo poche settimane in estate e una settimana a Natale. Compare e svanisce nel volger di un tempo breve, vive nella sua solitudine e non c’è una spiegazione per tutto ciò. Non parla mai del padre di André e rivelerà ogni cosa solo il giorno del matrimonio del figlio. Ancora una volta, però, non parlerà con lui ma rivelerà ogni cosa a Juliette sposa di André. 
Tua madre ieri mi ha detto di tuo padre.
È il suo lascito, un testamento rivelatore di un segreto sempre custodito e mai svelato, con cui André e Juliette dovranno convivere. Ora il fantasma del padre ha un’identità, una professione, un indirizzo. Diventa tutto più facile? No, assolutamente no! André non è più un figlio sconosciuto di un padre sconosciuto. Ora che anche lui sta per diventare padre, affronterà quel fantasma per colmare la sua mancanza? Una madre a intermittenza e un padre fantasma, questa è la famiglia di André ma aveva avuto Hélène, Léon, le cugine, la casa e un giardino. Aveva vissuto la sua vita di uomo protetto dalla famiglia che l’aveva cresciuto e per loro era stato il regalo più bello. Gabrielle era la parigina estrosa e spensierata che portava regali a tutti e si dava arie da gran dama. Spesso la vita di una persona non è proprio come l’immaginiamo. Con gli anni André scoprirà una versione diversa della storia ma ormai non è più così importante. André troverà il suo posto nel mondo con buona pace dei ricordi e del cuore. 

Con penna raffinata, Marie-Hélène Lafon, incanta fin dal primo capitolo. Con una narrazione acrobata sul filo del tempo, rivela le paure e i desideri dei protagonisti che vogliono scoprire la verità ma ne hanno timore. Prepotenti salgono sul palcoscenico della vita la giovinezza, i sogni, l’amore, la famiglia. Siamo tutti acrobati nella vita, non abbiamo una rete di protezione e facciamo del nostro meglio: viviamo sul serio. 

La vita è un’opera di teatro che non ha prove iniziali. Quindi, canta, ridi, balla, ama, piangi e vivi intensamente ogni momento della tua vita prima che cali il sipario e l’opera finisca senza applausi. (Charlie Chaplin)