giovedì 28 ottobre 2021

RECENSIONE | "Un matrimonio non premeditato" di Rebecca West

“Un matrimonio non premeditato” (Fazi Editore) è un romanzo finora inedito in Italia di Rebecca West, autrice della trilogia degli Aubrey. La scrittrice racconta la storia del matrimonio fra Isabelle, ricca vedova americana, e Marc, ebreo francese, imprenditore col vizio del gioco. Il romanzo mostra l’effetto della ricchezza sulle persone e quello degli uomini sulle donne, entrambe forme di schiavitù. 


STILE: 8 | STORIA: 8 | COVER: 7
Un matrimonio non premeditato
Rebecca West

Editore: Fazi
Pagine: 398
Prezzo: € 18,50
Sinossi

La giovane e bellissima Isabelle è una ricca vedova americana che arriva a Parigi per riprendersi dalla perdita del marito. Dopo una serie di corteggiamenti incontra Marc Sallafranque, il quale, semplicemente, è l’uomo sbagliato nel momento giusto. I due decidono di sposarsi nonostante nulla, o quasi, li accomuni: scelgono di unire le proprie vite più sulla spinta di forze e coincidenze estranee alla loro volontà che per una reale attrazione. Isabelle, sensibile quanto devota alla ragione come a un dio implacabile, si trova a fare i conti con una cultura a lei estranea, mentre matura un disgusto incapace di compromessi per la trivialità della vita dettata dall’aristocrazia del denaro: i soldi non fanno che complicare la relazione tra i sessi, spingendo gli uomini a voler possedere le donne come possiedono il denaro, e le donne a prostituirsi, per quanto in forme socialmente accettate, per migliorare la propria posizione materiale… Soltanto nel momento in cui abbandonerà la propria ricerca ossessiva di spiegazioni razionali al comportamento umano e accetterà l’imperfezione, Isabelle riuscirà ad avvicinarsi davvero al marito.


Ma se è vero che la ricchezza è fedele a chi la possiede, è vero anche che può distruggere.

Isabelle è giovane, bellissima. Immensamente ricca e vedova all’età di 26 anni. Nel 1928 lascia l’america  per Cannes e Parigi per riprendersi dalla perdita del primo marito. Anche se materialmente ha tutto ciò che le donne sognano, nel suo cuore desidera  la pace di un matrimonio duraturo. Per trovare l’amore di cui ha bisogno, Isabelle deve scegliere tra tre uomini. L’aristocratico André de Verviers, uomo affascinante ma violento. Laurence Vernon, un riservato proprietario di piantagioni del profondo sud. L’eccentrico miliardario Marc Sallafranque, uomo buono e generoso.

Isabelle, per una serie di coincidenze estranee alla sua volontà, sposerà Marc: l’uomo sbagliato nel momento giusto. Nulla, o quasi, accomuna i due sposi. Sono semplicemente un uomo e una donna che decidono di unire le loro vite più per un caso voluto dal destino che per propria volontà. Isabella è una donna sensibile e devota alla ragione. È un’americana immersa in una cultura a lei estranea. Matura, nel tempo, un disgusto incapace di compromessi per la trivialità della vita condotta dall’aristocrazia del denaro con la quale si trova a mescolarsi. Il denaro non facilita, anzi complica, le relazioni tra i sessi. Spinge gli uomini a voler possedere le donne come possiedono le loro ricchezze, e le donne sono capaci di ogni bassezza, per quanto in forme socialmente accettabili, per migliorare la propria posizione sociale. Isabelle cerca una spiegazione razionale per ogni comportamento, non troverà tutte le risposte e finirà per accettare l’imperfezione umana. Solo allora riuscirà ad avvicinarsi davvero al marito.

Pubblicato per la prima volta nel 1936, “Un matrimonio non premeditato”, è l’opera più popolare di Rebecca West. È un magistrale ritratto dello splendore e della decadenza dell’alta società negli anni ’20, è il ritratto della vita di una donna e dei suoi amori.

Isabelle, la protagonista, non agisce mai con fretta o rabbia. La storia del suo matrimonio la mostra come una donna sensibile che pian piano si innamora del marito. Attraverso le azioni e i pensieri della ricca americana, apprendiamo la concezione francese della vita e iniziamo a conoscere il suo modo di vedere la vita. Leggeremo le sue critiche intransigenti sulle disuguaglianze di classe, sulla ricchezza capitalista distribuita in modo non uniforme, sulla superficialità e sulle stravaganze dei ricchi. L’autrice, con la voce di Isabelle, ci mostra la vita condotta dalle donne e fa satira sul lussuoso stile di vita egli anni ’20.

Isabelle è un vulcano di idee, esplora le emozioni umane e riflette sull’incrocio tra destino e libero arbitrio.

Siamo davvero liberi di scegliere? In fondo lei desiderava solo un compagno con cui rifarsi una vita, si sentiva sola e infelice, e ingenuamente credeva che non vi fosse nulla di difficile in ciò. Il matrimonio non premeditato con Marc sorprende anche lei e la conduce verso nuove riflessioni. La ricchezza può complicare la vita matrimoniale? Gli amici sono sinceri o sono attratti solo dai loro soldi? La natura umana indossa una maschera: il mondo delle apparenze soppravvive a ogni incidente di percorso. Tutti si mostrano gentili, sorridenti, rispettabili  ed invece sono pronti a tradire, ad accusare, a tentare. Il denaro è visto da Isabelle come un veleno, chi è ricco è spesso circondato da leccapiedi, scrocconi e parassiti. La cosiddetta bella gente non è bella affatto. Chi possiede grandi ricchezze dovrebbe mettere a frutto la propria ricchezza pensando al bene degli altri. Essere ricchi non vuol dire poter fare tutto ciò che si desidera. Davanti a chi ha i soldi, si chiudono gli occhi per non vedere i loro vizi, le loro passioni spesso perverse.

L’antipatia di Isabelle per le persone che frequentano e la volubilità di Marc creeranno non pochi problemi.

“Un matrimonio non premeditato” è un romanzo che offre molti spunti di riflessione. Si è sommersi da un fiume di parole, eventi e descrizioni minuziose e ricercate. In una cornice narrativa in continuo movimento, i personaggi occupano ognuno un proprio spazio, ne emerge un romanzo raffinato ed elegante che conferma, anche grazie alla traduzione di Stefano Tummolini, il talento di Rebecca West.

Scrive con intelligenza e irriverenza, il romanzo procede lentamente indugiando su una sottile analisi psicologica dei personaggi. Nella seconda parte diventa più piacevole e interessante. La scrittrice descrive le frustrazioni e le falsità della vita quotidiana, i rapporti intrapersonali e mette a nudo la fragilità di una parte della società che rimane ostinatamente aggrappata ad un mondo in totale trasformazione. Un mondo che è a un passo dal baratro prima del crollo di Wall Street del 1929.

“Un matrimonio non premeditato” è una storia affascinante costruita attorno alla figura di Isabelle, vedremo gli effetti del matrimonio su di lei e spesso ci chiederemo che cosa farà della sua vita.  L’autrice, in modo raffinato, fonde vita privata e pubblica dei protagonisti, si ha la sensazione che ci sia sempre in destino in agguato. Isabelle e Marc cercano di trovare la felicità, i loro privilegi sono visti come fonte di veleno che danneggia la loro esistenza. Il loro è quasi un adattamento forzato alla ricchezza e ai privilegi che diventano schiavitù.

Schiavitù contro cui l’uomo è destinato a lottare.

L’uomo non è che un giunco, il più fragile della natura; ma è un giunco pensante. Non occorre che l’universo intero si armi per annientarlo. Un vapore, una goccia d’acqua, bastano a ucciderlo. Ma anche se l’universo lo schiantasse, l’uomo resterebbe più nobile di chi lo uccide, perché sa di dover morire e sa quale vantaggio ha l’universo su di lui; mentre l’universo, di queste cose, non sa nulla.

(Dai “Pensieri” di Pascal)

giovedì 21 ottobre 2021

RECENSIONE | "Tutto il cielo che serve" di Franco Faggiani

La notte del 24 agosto 2016, alle 3 e 36, la terra tremò per 142 secondi. Con un terremoto di magnitudine 6.0, nei pressi di Amatrice, iniziava una delle più importanti sequenze sismiche che abbia colpito l’Italia. Sotto le macerie perirono 299 persone, furono estratte vive dalle macerie 238 persone, vi furono 388 feriti e 41 mila sfollati. Un boato di morte aveva inghiottito un’intera comunità. A distanza di cinque anni da quel terribile terremoto, Franco Faggiani rende omaggio a quella terra ferita, alle vittime della tragedia e agli uomini e alle donne corsi in aiuto,  con il romanzo “Tutto il cielo che serve”, Fazi Editore. Un libro sulla forza della natura e sulla capacità dell’uomo di adattarsi a questa legge, ambientato in una delle zone meno conosciute e più belle d’Italia.


STILE: 8 | STORIA: 8 | COVER: 7
Tutto il cielo che serve
Franco Faggiani

Editore: Fazi
Pagine: 280
Prezzo: € 18,00
Sinossi

Nell’agosto del 2016, Francesca Capodiferro, giovane geologa e capo squadra dei Vigili del Fuoco di Roma, si trova per lavoro sui Monti della Laga, al confine tra Lazio, Marche e Abruzzo. La sera del 24, con i suoi due cani da ricerca, decide di accamparsi sulla montagna sopra Amatrice ma proprio quella notte violente scosse di terremoto distruggono il paese e tutte le frazioni limitrofe. Francesca sarà tra i primi ad arrivare sul luogo e a organizzare i primi soccorsi, inizialmente con mezzi di fortuna, poi aiutata dagli uomini della sua squadra. Con loro ha sempre avuto rapporti difficili, quasi conflittuali: i ‘suoi’ Vigili del fuoco le obbediscono ma non la amano e questo spesso le causa problemi anche durante le operazioni di emergenza. Dopo incontri inaspettati, allontanamenti e ricongiungimenti, arrivano i rinforzi e Francesca, provata emotivamente dalla tragedia e dai contrasti sorti con i colleghi, decide di partire da sola alla ricerca dei dispersi e delle persone rimaste bloccate nelle vallate circostanti, frugando nei casolari, nelle grotte e nei rifugi offerti dai boschi, dove la gente si è nascosta per la paura. Sarà un viaggio difficile il suo, nel dolore e nella bellezza della natura, a volte così violenta e indifferente alle vicende umane. Ma sarà anche un viaggio necessario per scoprire, dentro di sé, le ragioni della propria missione e riconciliarsi finalmente con la vita, i suoi uomini, il suo lavoro.


Spesso, in quei frangenti, avvertivo la solitudine, ma il più delle volte, come pure in quel caso, ero contenta di affrontarla, di possederla o almeno di comprenderla, visto che nessuno o quasi la ama. In cima alla montagna c’eravamo io, un pezzetto di terra su cui sdraiarsi e tutto il cielo immenso, dove veleggiavano nuvole e stormi di uccelli, minuscoli semi e foglie leggere, pensieri lievi come piccole piume. Potevo essere ovunque nel mondo o in nessuna parte, e questo mi dava una profonda sensazione di libertà. Quella intima, tutta mia, da non condividere mai con nessuno.

È la sera del 24 agosto del 2016, Francesca Capodiferro, giovane geologa e caposquadra dei vigili del fuoco di Roma, si trova in missione sul monte Gorzano per studiare anomale spaccature del terreno. Decide di accamparsi, con i suoi cani da ricerca, sulla montagna sopra Amatrice ma, proprio quella notte, violente scosse sismiche distruggono il paese e le frazioni limitrofe. Francesca sarà tra i primi ad arrivare sul luogo organizzando subito i soccorsi. Inizialmente si scaverà a mani nude poi, con l’arrivo della sua squadra, le operazioni di emergenza verranno ben organizzate. Francesca ha sempre avuto rapporti difficili con i componenti della sua squadra, le obbediscono ma non la amano. Dopo incontri inaspettati, arrivano i rinforzi ma la donna, provata emotivamente dalla tragedia e dai contrasti sorti con i colleghi, decide di partire da sola alla ricerca dei dispersi e delle persone rimaste bloccate nelle vallate circostanti. Non si ferma davanti a nulla. Fruga nei casolari, nelle grotte e nei rifugi offerti dai boschi, dove la gente si è nascosta per la paura. Nulla sarà facile. Il suo sarà un viaggio nel dolore e nella bellezza della natura, a volte così violenta e indifferente alle vicende umane. Ma sarà un viaggio necessario per scoprire, dentro di sé, le ragioni della propria missione e riconciliarsi finalmente con la vita, i suoi uomini, il suo lavoro.

Ancora una volta, dopo “La manutenzione dei sensi”, “Il guardiano della collina dei ciliegi” e “Non esistono posti lontano”, Franco Faggiani conferma la sua abilità nel descrivere paesaggi e situazioni che coinvolgono il lettore in una storia d’amore e di coraggio. L’autore scrive, ancora una volta, di natura e di montagne ma ci mostra una natura a noi avversa. L’uomo nulla può contro la forza distruttrice della natura ma deve trovare il coraggio e andare avanti.

Due i protagonisti del romanzo: l’uomo, con la sua capacità e la natura, con la sua forza. Il terremoto di Amatrice ci ricorda questo rapporto. Da un lato c’è la distruzione dei centri abitati e dall’altro ci sono le persone che scappano, disorientate e impaurite. Ci si sente impotenti e fragili ed ecco che i primi soccorsi rappresentano il risveglio della speranza.

Nel romanzo “Tutto il cielo che serve”, Franco Faggiani racconta il lavoro prezioso svolto dai vigili del fuoco nell’emergenza terremoto ad Amatrice e ci conduce sui monti della Laga, tra valli e boschi selvaggi. La devastazione mette a dura prova i soccorritori e i vigili del fuoco portano a termine i loro compiti con coraggio, determinazione, spirito di gruppo. Spesso rischiano la vita ma lo fanno senza clamore sempre pronti a  ripartire per altre missioni. I soccorritori sono medici, infermieri, poliziotti, volontari. Organizzano i campi base, scavano tra le macerie, aiutano chi, in un batter di ciglia, ha visto stravolta la sua vita. Quando riescono a salvare qualcuno, i loro occhi brillano di felicità e di speranza. Quando purtroppo recuperano corpi senza vita, soffrono ma non si fermano. Con loro portano traumi silenziosi e cicatrici profonde. In ogni borgo fantasma lasciano un po’ del loro cuore. La loro armatura scintillante è forgiata con il coraggio, la gentilezza, le idee, la saggezza.

“Tutto il cielo che serve” è un romanzo in cui i sentimenti svolgono un ruolo preponderante e si ergono a testimoni di quanto sia importante godere della bellezza e dei colori della natura. Occorre però ricordare che la natura non è solo bellezza ma un insieme di tante cose. Accanto alla pace c’è la tempesta, il gelo, la solitudine, le frane, i terremoti. A volte l’amiamo, a volte ci spaventa. Può essere madre ma anche matrigna, può regalare gioie ma spesso elargisce dolori. Accettare l’incomprensibile mistero della natura è forse l’unico modo per amarla e rispettarla davvero.

Il fulmine si mostra, la neve ha una vita palpabile, la pioggia la senti addosso e le nuvole assumono continue forme mutevoli. Il vento ha solo la voce e va in cerca di qualcuno che lo ascolti. E io sono sempre disposta a farlo. A volte vorrei essere vento leggero, quello che passa, accarezza e non lascia tracce.

giovedì 14 ottobre 2021

RECENSIONE | "Il libro delle due vie" di Jodi Picoult

Oggi nelle librerie  troverete “Il libro delle due vie” di Jodi Picoult, edito da Fazi. È una storia coinvolgente in cui si respira il fascino misterioso dell’Egitto mentre ci si lascia catturare da una sottile esplorazione della psicologia femminile. Jodi Picoult ci consegna un romanzo commovente sull’amore e sulla morte, ma soprattutto sulle scelte che cambiano per sempre il corso delle nostre vite.


STILE: 8 | STORIA: 8 | COVER: 7
Il libro delle due vie
Jodi Picoult

Editore: Fazi
Pagine: 450
Prezzo: € 18,50
Sinossi

Tutto cambia nel giro di pochi secondi per Dawn Edelstein. La donna si trova su un aereo quando l'assistente di volo fa un annuncio: «Prepararsi per un atterraggio di fortuna». I pensieri cominciano ad attraversarle la mente. Ma non riguardano suo marito, bensì un uomo che non vede da quindici anni: Wyatt Armstrong. Dawn sopravvive miracolosamente allo schianto. Nella sua vita non manca nulla: ad aspettarla a Boston ci sono il marito Brian, la loro amata figlia e il suo lavoro di doula di fine vita, che consiste nell'aiutare i suoi clienti ad alleviare la transizione tra la vita e la morte. Ma da qualche parte in Egitto c'è Wyatt Armstrong, che lavora come archeologo portando alla luce antichi luoghi di sepoltura: una carriera che Dawn è stata costretta ad abbandonare. E ora che il destino le offre una seconda possibilità, non è così sicura della scelta che ha fatto. Dopo l'atterraggio di emergenza, potrebbe prendere un'altra strada: tornare al sito archeologico che ha lasciato anni fa, ritrovare Wyatt e la loro storia irrisolta, e forse anche completare la sua ricerca sul Libro delle Due Vie, la prima mappa dell'aldilà. I due possibili scenari per Dawn si svelano l'uno al fianco dell'altro, così come i segreti e i dubbi a lungo sepolti insieme a loro. È il momento di affrontare le domande che non si è mai veramente posta: cos'è una vita vissuta bene? Quando abbandoniamo questa terra, cosa ci lasciamo dietro? Facciamo delle scelte... o sono le nostre scelte a fare noi? E chi saresti, se non fossi diventata la persona che sei adesso?


Dawn, la protagonista, è una delle poche persone sopravvissute allo schianto di un aereo. È un’ex studentessa di egittologia di Yale  diventata doula della morte.

Ho sentito dire che quando stai per morire, ti passa davanti in un istante tutta la tua vita. Ma non riesco a visualizzare Brian, mio marito, con il maglione inevitabilmente segnato dalla polvere di gesso delle vecchie lavagne nel suo laboratorio. E neanche Meret, da bambina, che mi chiede di controllare se ci sono mostri sotto il letto. Non vedo neanche mia madre. Invece, vedo lui. Wyatt, un uomo che non fa più parte della mia vita da quindici anni.

Dawn è una doula della morte e trascorre la sua vita ad aiutare le persone a compiere pacificamente la transizione finale. Ma quando l’aereo su cui viaggia precipita, si ritrova a pensare non alla vita perfetta che ha, ma alla vita che è stata costretta ad abbandonare quindici anni fa, quando si è lasciata alle spalle una carriera in egittologia e un uomo che amava. Contro ogni previsione sopravvive allo schianto dell’aereo e la compagnia aerea  le offre un biglietto per una destinazione a sua scelta. Per Dawn l’opzione più ovvia è tornare a casa dalla sua famiglia. L’altra è tornare al sito archeologico che ha lasciato anni prima. Dawn vola al Cairo, diretta allo scavo dove crede possa trovarsi Wyatt Armstrong, che  lavora come archeologo scoprendo antichi siti di sepoltura, un lavoro per cui anche lei aveva studiato ma che era stata costretta a lasciare. Ora sembra che il destino le stia offrendo una seconda possibilità e non è più così sicura della scelta che ha fatto una volta. Quindi il percorso della sua vita si biforca in due direzioni molto diverse e la donna dovrà affrontare domande che non si è mai posta veramente: che aspetto ha una vita ben vissuta? Cosa ci lasciamo dietro con le nostre scelte? E siamo davvero liberi di scegliere o sono le nostre scelte a fare noi? Due futuri possibili. Una sola impossibile scelta.

È questo il problema dell’essere ossessionati dal passato. Ti impedisce di accorgerti del presente.

Quante volte abbiamo volto lo sguardo al nostro passato pensando a cosa sarebbe successo se avessimo preso decisioni diverse, c’è chi parla di rimpianti, chi di destino. Allora mi chiedo: “Se potessimo tornare indietro a quell’attimo che ha cambiato la nostra vita, ci comporteremmo in modo differente?” Avere una seconda possibilità non è il nostro pane quotidiano e allora proviamo a vivere questa possibilità seguendo con attenzione e partecipazione la vita di Dawn, la protagonista. In lei, sopito nel suo cuore, vive ancora  l’amore per Waytt. Tornare al sito archeologico dove insieme studiavano e lavoravano vuol dire avere la possibilità di riparare a un errore commesso, ritrovare Wyatt e la loro storia irrisolta, completare forse le sue ricerche sul Libro delle Due Vie, la prima mappa conosciuta degli inferi. Dawn vede i due suoi possibili futuri snodarsi fianco a fianco, così come i segreti e i dubbi a lungo sepolti.

Mi hai chiesto perché sono qui: perché pensavo che questa sarebbe stata la mia vita, e non lo è stata e dovevo sapere come sarebbe stata. Tu, io, un sito archeologico. Una scoperta. So che rinunciare è stata una mia scelta. Ma volevo vedere, solo per una volta, cosa mi ero persa.

Questo romanzo  ci parla di complicate dinamiche familiari e di scelte strazianti. La storia si evolve su due linee temporali e su due ambientazioni: Terra/Egitto e Acqua/Boston. Terra e Acqua sono i due elementi che ritroviamo nel “Libro delle Due Vie” che indica la strada da seguire per raggiungere l’aldilà. Infatti gli antichi egizi credevano che, seguendo le indicazioni della mappa, il defunto avrebbe trovato la sua meta ma solo se fosse stato considerato senza peccato nella Sala delle due Verità. Il suo cuore sarebbe stato pesato usando la piuma della dea Maat simbolo della verità. Se il cuore pesava come la piuma, il defunto poteva andare nell’aldilà. E il cuore di Dawn era puro? I sensi di colpa si fanno sentire. La trama segue i complicati meandri del cuore umano e spesso incrocia le due possibilità che la vita offre alla donna. Tornare dal marito e dalla figlia? Tornare in Egitto sapendo che Wyatt è lì? Gli eventi si intrecciano con l’egittologia e per me, appassionata dell’antico Egitto, è stato davvero interessante leggere di come vengono decifrati i geroglifici, delle tecniche di scavo per scoprire tombe intatte di faraoni, come riportare alla luce i sarcofagi e studiarne le iscrizioni interne. Affascinante.

L’antico Egitto rappresenta il passato lontano ma la storia si arricchisce anche di riferimenti alla fisica quantistica e all’arte che l’autrice mescola alla sua narrativa e segna un procedere lento. È come se il ripensare alle scelte fatte, a ciò che lasciamo morendo, ai rimpianti che ti affliggono, segnassero un lungo passaggio di riflessioni che si snodano su linee temporali che spostano il focus della narrazione. I personaggi si muovono in ordine sparso e spesso mi sono posta la domanda se esista davvero il destino o se occorre considerare anche le realtà alternative. Dawn può sembrare una donna egoista, vorrebbe riportare indietro il tempo per realizzarsi nel lavoro e nell’amore, ma non è così. Perché un uomo può fare delle cose per se stesso cercando il proprio io e la donna no? E perché una donna non può scegliere tra una vita avventurosa con l’uomo che ama o una vita comoda con l’uomo che ha sposato senza doversi colpevolizzare? Cosa sceglierà Dawn?

Quando sono con Wyatt, mi sembra di vedere il mondo per la prima volta, con colori così ricchi che non saprei identificarli. Quando sono con Meret e Brian, mi sembra di passare al setaccio ogni prezioso arazzo di ricordi. Chi potrebbe mai scegliere una cosa a discapito dell’altra?

“Il libro delle Due Vie” è un romanzo sulla perdita, sull’amore e sulla vita che creano un fragile equilibrio. Nella vita si accumulano conoscenze, amori, rimpianti e il passato, a volte, conta più del presente. Ottenere ciò che si vuole è un lento e lungo percorso. Ci sono di mezzo dolori e scelte difficili. Durante il breve tempo che abbiamo sulla terra, cerchiamo di costruire vite felici. Ci muoviamo tra amori complicati, maternità, lavoro. Ci lasciamo trasportare dai venti dei sentimenti e spesso ci perdiamo nella selva oscura dei se, dei ma, dei forse se. È possibile cambiare vita e ritornare sui propri passi per percorrere un’altra via? Concretamente non abbiamo molte speranze, con il pensiero tutto è possibile. tuttavia tutto ha un prezzo anche la felicità.

L’amore è strano. A volte fai male alle persone che ami. A volte ami le persone che ti fanno del male.

mercoledì 6 ottobre 2021

BLOGTOUR | "Cara Rose Gold" di Stephanie Wrobel | I 5 motivi per leggere il romanzo

“Cara  Rose Gold” è il romanzo d’esordio di Stephanie Wrobel,  edito da Fazi nella collana Darkside. Finalista all’Edgar Award, tradotto in sedici paesi e in testa alle classifiche di vendita, “Cara Rose Gold” è un raffinato thriller psicologico ambientato nella provincia americana più cupa. Un duello morboso fra una madre che non dimentica e una figlia che non perdona.

“C’era una volta una madre malvagia che aveva avuto una figlia. La figlia, a quanto pare, era molto malata e presentava problemi di ogni genere. Aveva un sondino nasogastrico, perdeva i capelli a ciocche ed era talmente debole da dover girare su una sedia a rotelle. Per diciotto anni nessun medico riuscì mai a capire quale fosse il suo male. Poi, arrivarono due agenti di polizia a salvare la figlia. E, pensate un po’, la ragazza era perfettamente sana, mentre quella malata era la madre malvagia.”

Di seguito troverete cinque motivi per cui vale la pena leggere “Cara Rose Gold”





Cara Rose Gold
Stephanie Wrobel

Editore: Fazi
Prezzo: € 18,00
Sinossi
Una madre che non dimentica. Una figlia che non perdona. Un gioco molto pericoloso. Durante i primi diciotto anni della sua vita, Rose Gold Watts ha creduto di essere gravemente malata: era allergica a qualsiasi cosa, era costretta a portare una parrucca, si spostava utilizzando una sedia a rotelle. Nonostante il sostegno della piccola comunità di Deadwick, che ha organizzato raccolte fondi e offerto spalle su cui piangere, nonostante tutti i medici consultati, gli esami effettuati e gli interventi subiti, nessuno è mai riuscito a capire cosa non andasse in lei. Fino al terribile giorno in cui è emersa la verità più spaventosa: era tutta una messinscena architettata dalla madre. Dopo aver scontato cinque anni di prigione per abuso di minore, Patty Watts non ha un posto dove andare e implora sua figlia di accoglierla. I vicini non l’hanno perdonata e sono scioccati quando Rose Gold accetta. Patty insiste, non vuole altro che una riconciliazione, ha perdonato la sua piccola cara che l’ha tradita testimoniando al processo contro di lei. Ma la ragazza conosce sua madre: Patty Watts non è una che lascia correre. Sfortunatamente per lei, Rose Gold non è più una bambina indifesa, ed è da molto tempo che aspetta questo momento… È l’ora della resa dei conti: sarà un duello spietato, combattuto a colpi di bugie e condotto da due abilissime manipolatrici.



I 5 motivi per leggere il romanzo

1. Perché la trama, deliziosamente contorta e oscura, si snoda in un clima di sospetto e diffidenza con personaggi che rivelano pian piano la loro natura dando vita a conflitti morali e a una percezione distorta della realtà. Per incuriosirvi vi riporto in modo sommario i fatti. Rose Gold ha creduto, per diciotto anni, di essere malata. Pensava di aver bisogno del sondino per l’alimentazione, di interventi chirurgici e della sedia a rotelle, viveva praticamente in ospedale. Si scopre che sua madre è una gran brava bugiarda. Dopo cinque anni di carcere, Patty Watts, la madre bugiarda, è finalmente libera. Tutto ciò che vuole è lasciarsi alle spalle i vecchi rancori, riconciliarsi con sua figlia che ha testimoniato contro di lei e prendersi cura del nipote neonato. Quando Rose Gold accetta di ospitare la madre a casa sua, sembra che la loro relazione sia davvero in via di guarigione. La ragazza si mostra in una nuova luce, sarà in grado di perdonare? E Patty ha davvero dimenticato il loro passato? Non potete perdervi un romanzo in cui la tensione e i pericoli si intersecano con la complicata psiche dei personaggi.

2. Perché  Stephanie Wrobel scrive con stile ed efficacia. Crea scene molto reali e avvincenti e senti di essere lì, accanto ai protagonisti. L’autrice crea l’attesa per ciò che accadrà plasmando la sua immaginazione in una trama intrigante. È facile osservare i crudeli giochi psicologici, i complicati percorsi mentali, gli stati d’ansia delle due protagoniste. Preda e cacciatore non hanno un nome definito, i ruoli sono intercambiabili tra madre e figlia. È impossibile non lasciarsi coinvolgere da un clima di sospetti, dalle schegge di un passato che ancora ferisce. Con passo lieve ma deciso ho iniziato la mia personale ricerca della verità muovendomi tra personaggi che creano suspense con i loro pensieri. Leggendo emerge la convinzione di quanto siano fragili le certezze, di come i dubbi striscianti minano le verità. Il romanzo è un viaggio  nel lato oscuro della maternità, tra sospetti e dubbi troverete la forza vitale della storia. Seducente l’alternarsi delle voci. Patty e Rose Gold si avvicendano nel  dare la loro versione dei fatti ed è da brivido scoprire i loro pensieri per un futuro carico di nubi nere. A chi credere?

3. Perché questo romanzo offre una seconda occasione alle protagoniste. Assisteremo a un duello spietato, combattuto a colpi di bugie e condotto da due abilissime manipolatrici. Mentire è il loro mantra, ingannare è più facile che dire la verità. I personaggi prendono vita in un mondo che appare a portata di mano e permette, a noi lettori, di confrontarci con temi duri. L’ombra della sindrome di Munchhausen per procura, aleggia su tutto il romanzo ed è un abuso sempre molto pericoloso. Si tratta di una malattia mentale in cui un genitore  simula o provoca una malattia nel bambino per attirare l’attenzione e la compassione per se stessa. Che Patty abbia inventato sintomi e provocato lei stessa danni alla sua bambina, è un fatto assodato così come c’è certezza di un’infanzia turbolenta, povera di affetti e attenzioni. Il romanzo inizia con la conferma che Rose Gold non è malata ma è stata resa tale dalla madre che, negli anni, l’aveva avvelenata e ridotta alla fame. Patty ha pagato, ha trascorso cinque anni in prigione e ora spera in una seconda occasione, in una riconciliazione con la figlia. Non vi sorge il sospetto di essere davanti a due narratori inaffidabili? Cosa progettano le due donne?

4. Perché “Cara Rose Gold” è una storia nera, un romanzo dove emerge una verità che nessuno vorrebbe scoprire. Un enigma sull’oscurità del nostro essere che cela anche un lato struggente di dolore e sofferenza.

“Cara Rose Gold” è un duello psicologico avvincente tra due protagoniste complesse. Entrambe sono manipolatrici, maniache del controllo e non sanno cosa sia la redenzione. Entrambe hanno bisogno di sentirsi amate e io sono stata indecisa nel scegliere con chi schierarmi. Rose Gold appare più indifesa e la sua fragilità, molto ben celata, mi ha portata a tifare per lei pur sapendo che non è un angioletto. Madre e figlia sono due personaggi che fanno inorridire. Con verità dette a metà costruiscono un ponte tra loro e me. Mi confidano i loro segreti e spesso ho sorriso per l’umorismo nero per poi rabbrividire per la loro crudeltà. La falsa innocenza di Rose Gold è davvero inquietante ed è da tempo che aspetta l’ora della resa dei conti.

5. Perché se vi state chiedendo cosa leggere a ottobre, “Cara Rose Gold” è la risposta alla vostra domanda. Stephanie Wrobel narra come la dinamica tra madre e figlia possa prendere una svolta malvagia. Il libro mi è piaciuto subito perché non sai di chi fidarti, perché è malvagio, perché puoi ascoltare il lavorio delle cellule celebrali e guardare negli occhi i personaggi disfunzionali, perché la rabbia e l’odio si stratificano nel cuore di Patty e Rose Gold, perché a volte c’è intenzionalità nel ferire le persone che ami. Patty e Rose Gold vi aspettano, non fatele attendere potrebbero inquietarsi ancor di più e non sarebbe per nulla auspicabile.