giovedì 16 maggio 2013

RECENSIONE "Laila Volpe e Evindi Mott - I trafficanti dell'ombra" di Man Ekang

                 Laila Volpe e Evindi Mott 
          I trafficanti dell'ombra

Autore: Man Ekang
Dire chi sono io in poche parole risulta difficile poiché, mi ritengo un individuo dalla personalità complessa. Cresciuto in un ambiente dove si parlava molto di cose nascoste all'occhio materiale, ho sviluppato sin da giovane un grande amore per il fantastico. continua...

Casa Editrice: lulu.com
Pagine: 260
Prezzo: € 17,60
Trama: La giovane torinese Laila Volpe incontra Evindi Mott, alla lezione di antropologia culturale del professore Debrossac. L’incontro in apparenza casuale era in realtà voluto dal ragazzo africano nel quadro di una sua prova di iniziazione, nella società dei suonatori di Mvett. Ma dopo averlo sorpreso in flagrante, il professore Debrossac lo convincerà ad aiutarlo per ritrovare sua figlia scomparsa misteriosamente in Torino. Evindi Mott accantonerà successivamente i suoi primi progetti per Laila e, insieme al professore,aiuterà la ragazza a dare un taglio ai suoi incubi ricorrenti. In questo contesto,Laila conoscerà l’esistenza delle “monete del fato” e imparerà che la sfortuna non è nient’altro che il risultato di un’attenta manipolazione di certe entità, da parte di coloro che hanno la conoscenza di alcune leggi della natura. L'acquisizione di questa conoscenza da parte di Laila, scatenerà l’ira di coloro che tenevano un cospicuo traffico delle sue capacità intelletuali e delle sue chance
 
STILE: 6
STORIA: 7
COPERTINA: 6



Recensione
ATTENZIONE POSSIBILI SPOILER
Guardando la copertina del libro “Laila Volpe e Evindi Mott- I trafficanti  dell’ombra” di Man Ekang, ho notato due figure in evidenza: la Mole Antonelliana e una figura sconosciuta con in mano un oggetto misterioso. Quando ho iniziato a leggere il libro mi sono ritrovata in un mondo diviso in due: da una parte Torino, città fulcro di energie esoteriche, dall’altra la magia che trae spunto dalla cultura africana, in particolare da quella di alcune tribù del Camerun. La storia, con protagonisti la giovane Laila Volpe e Evindi Mott, unisce e interseca fra loro questi due mondi che ci vengono presentati, dallo scrittore, dal suo punto di vista da antropologo. Egli osserva, registra, studia per comprendere e conoscere le culture diverse ma non interviene mai con un giudizio su ciò che noi consideriamo “diverso”. Mi è piaciuto l’accostamento tra antropologia e magia, perché, forse sono le due facce di una stessa moneta. Il personaggio maschile è un giovane africano, Evindi Mott, originario della tribù Fang-Beti . Si narra, che questo popolo, sia nato dall’esodo verso l’Africa centrale di una casta di preti egizi, quando l’impero egizio iniziò a sgretolarsi. Di questa cultura, a me totalmente sconosciuta, Mott è un depositario dell’antico sapere che ben si adatta alla nostra società. Per la prima volta ho letto di Evu e Mvett. L’Evu, secondo la cultura Fang-Beti, è l’organo interno dell’essere umano, dove risiede la magia, ma che, se svegliato in modo negativo, può rubare un soffio di vita. Lo Mvett è un’arpa tradizionale che veniva suonata per dare coraggio e forza ai guerrieri, mentre, nel romanzo, è  per Mott un mezzo per spostarsi nel tempo e nello spazio. Ma la magia viene usata in malo modo da coloro che “rubano” le possibilità altrui, i talenti altrui. Nella vita, infatti, non basta essere bravi nel proprio ambito lavorativo o professionale per crescere, bisogna anche saper sfruttare e preservare le proprie  chances. Ed è qui che entrano in gioco le “Monete del Fato” che non hanno un valore finanziario ma vengono usate per sottrarre talenti a coloro che sembrano destinati a un gran futuro. Laila apprenderà, tramite Mott, che esistono persone pronte a tutto pur di acquisire le “capacità” altrui. Attorno alle sue capacità artistiche si è sviluppato un florido commercio gestito da … No, non vi rivelerò nient’altro perché la storia è piena di risvolti inaspettati che ti tengono con il fiato sospeso. Ora vorrei analizzare brevemente il luogo in cui la storia si sviluppa. Nel romanzo è evidente l’interesse dell’autore per la città di Torino, città misteriosa in cui “mistero”, “magia”, “dualismo”, convivono. Questa città vanta secoli di tradizione esoterica ed è il punto vertice dei due triangoli magici. Nel romanzo la città è vissuta, dai due ragazzi, con un rapporto di amore e curiosità verso i suoi monumenti carichi di un simbolismo particolare dal punto di vista esoterico. Bene fa lo scrittore a fondere questo aspetto, del capoluogo piemontese, con una realtà osservata con gli occhi della magia. Tra i luoghi citati vi è il Parco del Valentino al cui interno è collocata la Fontana dei dodici Mesi. Secondo la mitologia greca Fetonte, figlio del Dio del Sole, prese il carro del padre e lo guidò nel cielo ma, a causa della sua inesperienza, ne perse il controllo; prima salì troppo in alto bruciando parte della volta celeste, poi scendendo si avvicinò talmente  alla Libia da trasformarla in un deserto. Zeus, adirato, gli scagliò contro un fulmine facendolo precipitare esattamente dove, oggi, sorge questa meravigliosa fontana. Quindi mito e realtà si confondono in una società in cui l’uomo deve combattere coloro che hanno la conoscenza per sfruttare alcune leggi della natura a danno degli altri. Consiglio questo romanzo a tutti coloro che vogliono leggere qualcosa di nuovo nell’ambito esoterico-fantasy. Vorrei concludere riportando una frase detta da Man Ekang: "Lasciarsi dominare dall’Evu è la cosa più stupida che uno possa fare”. Riflettete.

2 commenti:

  1. Anch'io l'ho letto. mi sono ben immersa tra i monumenti di Torino e le sue piazze. Tu che cosa ne pensi di quel passaggio sui numeri e la scena della Venaria reale? A me, mi ha lasciata con un punto interrogativo.
    :)

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    1. Allora siamo in due a non aver ben compreso la scena:)

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