giovedì 12 settembre 2019

RECENSIONE | "Rosamund" di Rebecca West

Dopo “La famiglia Aubrey” e “Nel cuore della notte”, oggi Fazi pubblica “Rosamund”, terzo e ultimo capitolo dell’acclamata trilogia di Rebecca West. Abbiamo lasciato la famiglia Aubrey sconvolta dall’arrivo della guerra, costretta ad affrontare momenti drammatici e lutti strazianti. La vita però non si ferma e le giovani sorelle, Mary e Rose intraprendono la loro carriera da pianiste, mentre Clelia si è sposata abbracciando il ruolo di moglie convenzionale. La cugina Rosamund, affascinante più che mai, lavora come infermiera. Ora prepariamoci ad affrontare il volume conclusivo in cui l’universo delle Aubrey verrà attraversato da grandi misteri: gli uomini e l’amore.

STILE: 7 | STORIA: 8 | COVER: 7
Rosamund
Rebecca West (traduzione di F. Frigerio)

     Trilogia degli Aubrey    
#1 La famiglia Aubrey (recensione)
#2 Nel cuore della notte (recensione)
#3 Rosamund

Editore: Fazi
Pagine: 422
Prezzo: € 20,00
Sinossi
Mentre lo scintillio degli anni Venti cede il posto alla Grande Depressione, Mary e Rose sono ormai due pianiste famose. Girano l’America soggiornando negli alberghi più esclusivi e vengono accolte come star alle feste d’élite, dove lo champagne scorre a fiumi e gli invitati sono ricchi, affascinanti e privilegiati. Di pari passo al lusso e al successo, si trovano però ad affrontare una società crudele e la volgarità di chi si finge amante della musica senza realmente comprenderla. Ma soprattutto le due gemelle non riescono a colmare il divario tra presente e passato e a intessere nuove relazioni; prostrate dal dolore per la scomparsa della cara madre e dell’adorato fratello, subiranno anche l’allontanamento dell’unica persona che sarebbe in grado di dare valore alle loro esistenze: l’affascinante cugina Rosamund, che ha inspiegabilmente sposato un uomo avido e volgare, la quale abbandona il suo lavoro per viaggiare all’estero con lui.
In questo faticoso percorso di maturazione emotiva e artistica, le due donne si aggrapperanno sempre di più l’una all’altra e troveranno rifugio e ristoro nell’affettuosa e pacata umanità degli avventori del Dog and Duck – il pub sul Tamigi –, che ai loro occhi paiono trasformarsi quasi in figure mitologiche. Eppure, mentre il loro senso di inadeguatezza nei confronti della realtà continua a crescere, e Mary si ritira sempre di più a vita privata, c’è una sorpresa che attende Rose: la più deliziosa delle scoperte, l’amore, con tutta la potenza di una sensualità ancora da esplorare.




Ma noi siamo bambine per natura, non sappiamo come si fa a vivere da sole. Mamma, Rosamund e Richard Quin erano genitori per natura. Ora se ne sono andati. Non importa quanti di noi siano rimasti indietro, siamo comunque tutti come bambini abbandonati.
Dopo gli orrori della Prima Guerra Mondiale, l’Europa vive una nuova rinascita e anche per Mary e Rose, ormai famose pianiste, è tempo di raccogliere i frutti dei loro studi e di tante fatiche. A portare nella loro vita un momento di gran stupore sarà l’amatissima cugina Rosamund che sposerà all’improvviso un grottesco uomo d’affari di dubbia moralità. Rose e Mary ripensano spesso alla loro famiglia e si rendono conto, a malincuore, che il magico mondo dell’infanzia è ormai lontano. È tempo di affrontare la maturità e per Rose arrivano le complicate tensioni dell’età adulta e la sorpresa di un grande amore.

Leggere “Rosamund” significa, per me, continuare l’affascinante viaggio narrativo al fianco della famiglia Aubrey. Significa partecipare, con Mary e Rose, alle feste d’élite, dove lo champagne scorre a fiumi e gli invitati sono ricchi e affascinanti. Tuttavia non è tutto oro quello che luccica. Nel mondo dorato del lusso e del successo ci sono anche persone crudeli che nascondono la loro volgarità fingendosi amanti della musica senza comprenderla realmente. Intorno a Mary e Rose c’è un solco che le divide dal presente e le proietta nel passato. I legami famigliari sopravvivono alle tragedie e le gemelle si sentono profondamente legate ai loro parenti tanto da non riuscire a provare interesse per nuove relazioni. A rendere ancora più frustrante il loro senso di solitudine è il matrimonio dell’affascinante Rosamund che lascia il suo lavoro per viaggiare all’estero con il marito. Seguire le gemelle in questo faticoso percorso di maturazione emotiva e artistica, è un arricchimento interiore. Coinvolgenti le pagine dedicate all’affettuosa e serena umanità degli avventori del Dog and Duck - il pub sul Tamigi -  che accoglie le ragazze per proteggerle dal loro senso di inadeguatezza nei confronti del mondo. La vita però è sempre ricca di sorprese e mentre Mary si ritira a vita privata, Rose scoprirà l’amore.

Musica, famiglia, solitudine sono i grandi temi che l’autrice sviluppa con grande armonia e senso di pace.
All’orizzonte, arbusti e salici bordavano un isolotto, e lo sfondo d’immagini tutt’intorno formava un miscuglio di verdi delicati, e l’acqua che faceva da specchio era di un grigio gentile. Era bello che nel mondo ci fosse un po’ di tenerezza, anche se solo nei colori.
“Rosamund” è un romanzo pubblicato postumo nel 1988, ricostruito dagli appunti autografi e ciò ha indubbiamente influito sulla narrazione perdendo un po’ della magia creata nei volumi precedenti. Alcune descrizioni non sono riuscite a catturare la mia attenzione mentre alcuni capitoli mi sono piaciuti tantissimo. Ho apprezzato, ad esempio, la narrazione dell’incontro tra le sorelle Aubrey e Nestor Ganymedios, il marito di Rosamund.

Rebecca West, definita dal Time nel 1947 “indiscutibilmente la scrittrice numero uno al mondo”, è un’autrice britannica, di origini scozzesi e irlandesi, oggi poco conosciuta tra noi lettori. Leggendo la trilogia degli Aubrey, mi sono resa conto che non esiste un vero unico protagonista, ma tanti personaggi che si muovono in armonia. Proprio come le acque di un fiume scorrono placide, così la prosa della West è fluente con le parole che scorrono mansuete. Non c’è fretta nei suoi romanzi. Anzi con calma e grande perizia, l’autrice sceglie le parole per descrivere luoghi, eventi o figure non in primo piano. L’autrice parte dalle piccole cose per raccontare la vita, le difficoltà, i misteri, gli orrori e la bellezza. Nei suoi romanzi ho ritrovato una grande sensibilità che fa da sostegno alle inquietudini dell’epoca. Infatti lo scintillio degli anni Venti sta per cedere il posto alla Grande Depressione. Ed è proprio alle soglie del  crollo del ’29 che il romanzo termina. Molto probabilmente l’autrice pensava a un quarto volume che non vedrà mai la luce.

La trilogia degli Aubrey è profondamente autobiografica. Il padre di Rebecca era un giornalista e la madre una pianista lasciata dal marito. Rose, la voce narrante, è la stessa Rebecca che narra un mondo di emozioni che fanno sorridere e piangere. Nella vita di Mary e Rose, com’è normale che sia, non mancano lutti, sacrifici, illusioni, dubbi e paure ma tutto è raccolto in poche righe mentre un pieno di emozioni segna il loro cuore e dilata le conseguenze nel tempo. A far da padrone, lo ripeto, sono le piccole cose, i momenti che scorrono nel tempo in attesa della vita. Poi, superata l’adolescenza, si deve vivere appieno la vita e chiudere quella porta dei ricordi che permetteva di entrare nel salotto di casa Aubrey per sorseggiare un tè e ridere, sognare e guardare alla vita schermata dall’amore dei propri famigliari. Però questa è una gran triste verità perché io, in quel salotto con la famiglia Aubrey al completo, ci stavo bene.

1 commento:

  1. le saghe famigliari mi intrigano, questa purtroppo la sto notando ma ancora non la inizio...; dev'essere appassionante al punto giusto!

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