sabato 13 febbraio 2016

RECENSIONE | “Ruggine” di Anna Luisa Pignatelli

Buon sabato, amati lettori :) A volte succede, per caso o per destino, di ritrovarsi tra le mani dei libri che squarciano l’anima per la loro intensa bellezza. Il romanzo a cui mi riferisco è “Ruggine” di Anna Luisa Pignatelli (Fazi Editore) e descrive la via crucis di una vecchia donna persa nella sua solitudine. Anna Luisa Pignatelli, toscana di nascita, ha trascorso molti anni fuori dall’Italia, fra cui alcuni a Dar es Salaam e a Seoul. E’ molto conosciuta e apprezzata in Francia, dove, nel 2010, ha vinto il Prix des lecteurs du Var con la traduzione del suo primo libro, “Nero toscano”. Attualmente vive in Guatemala.

Ruggine
Anna Luisa Pignatelli

Editore: Fazi Editore
Pagine: 152 
Prezzo: € 15,00 

Sinossi: Ruggine è un racconto che si inserisce magistralmente nel solco di un’illustre tradizione narrativa. Libro dalla lingua evocativa, quasi poetica, ricostruisce la storia di una donna ormai anziana che vive in un paese di poche anime, grette e crudeli. Vicende aspre, paesaggi violenti, orizzonti senza speranza: sullo scenario di una Toscana letteraria e allo stesso tempo autentica, gli abitanti del piccolo centro commetteranno ogni tipo di angheria ai danni della donna, vittima suo malgrado di una persecuzione collettiva per via del suo torbido passato. Il mistero di Gina, da tutti chiamata Ruggine per l’attaccamento a Ferro, un gatto che ora è l’unica compagnia di una vita altrimenti desolata, ruota attorno a un fatto atroce accaduto anni prima: suo figlio, malato, una volta morto il padre aveva iniziato ad abusare di lei che, spaventata, non aveva avuto la forza di reagire, fino all’inevitabile arrivo dei servizi sociali. Ruggine da allora è il demonio, la strega, messa al bando dalla comunità e perseguitata con atti di sopraffazione meschina, privi di ogni tipo di pietas. Da qui la grande solitudine della donna fino allo straziante epilogo nel rovesciamento di ogni senso comune di pietà e giustizia. 


STILE: 8 | STORIA: 9 | COPERTINA: 7

Non era che una vecchia. Non le sembrava di aver avuto una giovinezza, una maturità. Molti avvenimenti del passato li aveva dimenticati.

Vecchia e sola contro tutti durante una vita intera, s’era saputa difendere, era riuscita a sopravvivere. In fondo quella sua condizione le sarebbe perfino piaciuta – solo una persona antica può avvicinare i misteri del mondo – se non fosse stato per il suo busto: s’inclinava in avanti ogni anno un poco di più come se, per trovare sollievo dai dolori che la tormentavano, cercasse di non opporre resistenza alle leggi della vita che impongono, a chi non è toccato dal privilegio, di chinare la schiena.
Nel piccolo paese toscano di Montici, viveva Gina, un’anziana donna. La sua vita era costellata da continue prove, da una soffocante solitudine, da intensi dolori fisici che rendevano sempre più curva la sua schiena. Erano i mali del corpo che nascondevano i mali dell’anima. Gina, per star meglio non aveva bisogno di medicine ma di amore, rispetto, considerazione. Tutta la sua vita era stata costellata da momenti duri e crudeli. Il suo matrimonio con il Neri, la maternità, la cattiveria dei vicini di casa. Ogni giorno Gina doveva affrontare lo stillicidio doloroso e angosciante dei suoi movimenti che le rendevano difficoltoso ogni azione. Tutti erano pronti a condannarla, a criticare qualsiasi cosa facesse. In molti dicevano di sapere cosa siano la generosità e la compassione. Mentivano.

Solo il giovane parroco della chiesa di Santa Lucia, originario della Giamaica, le dava una mano.

Gina, rimasta vedova, riusciva a sopravvivere con la misera pensione del marito. Il figlio, Loriano, era un ragazzo strano capace solo di oltraggiarla. Nel suo cuore Gina custodiva un segreto, un orribile segreto che la sua mente rifiutava di ricordare. Loriano era stato allontanato dalla casa materna e rinchiuso in una casa di cura per il suo comportamento violento. Tutto ciò opprimeva l’animo di Gina e la rendeva, agli occhi della società, colpevole. La gente maligna mormorava su di lei, c’era chi la definiva una strega, chi l’accusava di non disdegnare la compagnia degli uomini e del vino, chi la definiva una povera pazza smemorata causa dei suoi problemi. Tutti contro Gina, era più facile accusare, volgere lo sguardo dall’altra parte, che intervenire e schierarsi con i più deboli. La protagonista era vittima o carnefice? I vicini, cattivi e senza cuore, la isolavano e le puntavano il dito contro. Si ergevano a giudici e mentivano pur conoscendo la crudele verità.

Non era facile la vita dell’anziana donna, il padrone di casa la voleva sfrattare, dei ladri le avevano rubato la misera pensione, la vicina era pronta a dire ogni male di lei. Nel buio della solitudine Gina trovava consolazione in un gatto che l’aveva scelta come padrona.
La gente del paese considerava quel gatto parte integrante di Gina e, da quando s’era saputo che gli aveva dato il nome di Ferro, molti s’erano messi a chiamarla Ruggine.
Ruggine vedeva in Ferro un compagno con cui condividere l’ultimo tratto della sua vita. Questa amicizia le scaldava il cuore ma non impedirà al suo destino di compiersi. Il finale amaro s’infrangerà nella consapevolezza che la vita, a volte, è una grande ingiustizia.

“Ruggine” è un romanzo intenso e crudele che ha suscitato in me tante emozioni. La storia è fin dall’inizio un condensato di cattiverie e ingiustizie di cui sono capaci gli abitanti di Montici. Leggere e schierarsi con Gina è un tutt’uno. Ho provato rabbia per il comportamento dei vicini di casa, mi si è intenerito il cuore nell’apprendere le difficoltà materiali e morali di una donna allontanata da tutti “per un orrido segreto che poi tanto segreto non è.”

Ho sorriso con Ferro, gatto guerrafondaio e opportunista,  che porta un raggio di sole nella vita di Ruggine. L’autrice, Anna Luisa Pignatelli, ha saputo raccontare con semplicità una storia che ha la forza di un pugno nello stomaco. E’ una storia crudele, dura in cui non c’è redenzione. I cattivi rimangono tali dall’inizio alla fine, nessuno corre in aiuto della povera Gina. Forse il parroco, don Feliciano, è tra i pochi che cercano di aiutarla. Anche lui non è accettato dalla comunità, è un uomo di colore, è uno straniero, ha un comportamento non lecito per un prete.

Non c’è scampo per Ruggine. Da sola dovrà  affrontare il percorso doloroso della sua vita. Sempre più curva sotto il peso dei tormenti e dei fantasmi del passato, Gina non avrà scampo. A nulla varrà il suo coraggio e i suoi tentativi di opporsi al destino.

La scrittrice riesce a conquistare l’attenzione del lettore, fin dalle prime pagine, con uno stile sobrio e intenso. Il bene è il grande assente di questo romanzo, il male è protagonista assoluto in una società priva di sentimenti. Mi sembra quasi di vederli i “cari” vicini che spiano Ruggine da dietro le tendine. Tra le pagine riecheggiano i sussurri e le maldicenze di uomini e donne pronti a tutto per i propri interessi. Il finale mi ha lasciato dentro un gran dolore. Avrei voluto abbracciare Gina per trasmetterle un po’ di calore umano che nasce dalla solidarietà, dall’amore, dalla voglia di giustizia.

“Ruggine” è un libro che vi consiglio di leggere, parlerà al vostro cuore e dovrete fare i conti con le brutture della vita. Si consiglia un bel respiro profondo prima d’iniziare la lettura e la vicinanza di un fazzolettino per affrontare il finale che potrebbe, a me è successo, strapparvi lacrime di commozione. Buona lettura.

7 commenti:

  1. L'avevo adocchiato in libreria settimana scorsa, vado sempre a sbirciare nella sezione della Fazi! Mi sembra da quello che racconti un libro difficile, da leggere se non siamo troppo sensibili all'argomento, altrimenti rischiamo di affogare nelle lacrime. Forse per me non è il momento giusto, però....intanto lo compro!
    Paola

    RispondiElimina
  2. Questo libro deve essere proprio bello, credo che lo comprerò!

    RispondiElimina
  3. Non sembra proprio il genere che leggo di solito, ma mi hai fatto venire voglia di dargli una possibilità :D è anche breve tra l'altro!

    RispondiElimina
  4. Eccola la recensione che aspettavo ^^ Ormai attendo con ansia di sapere le tue opinioni.
    Questo libriccino già lo volevo leggere, ma ora ne sono più che convinta. Mi piace leggere di anziani, perché hanno un modo di guardare la vita che sembra sappiano il segreto di questa, sembra che se la siano messi in tasca.

    RispondiElimina
  5. Una recensione dolorosamente convincente. Credo di non aver mai letto un romanzo contemporaneo così duro, quindi va di diritto in lista e spero di aver modo di leggerlo ...più prima che poi, magari potrei farci un pensierino per l'anno prossimo.
    Ho dato invece una sbirciatina alle tue attuali letture: cosa vedono i miei occhi, Todorov? Mi interessa moltissimo il tuo parere, visto che io lo conosco (non troppo bene in realtà) soltanto come semiologo (deformazione da studentessa di lettere, che vuoi farci!). Curiosa anche su la signorina Milne. Ho trovato recensioni discordanti, quindi non vedo l'ora di leggere la tua. E allora ... a presto!

    RispondiElimina
  6. Aquila questo titolo fila dritto in wishlist, recensione impeccabile, sembra una di quelle storie laceranti che sanno conquistarmi.

    RispondiElimina
  7. Ho letto con molta attenzione la tua recensione e ho apprezzato molto la chiave narrativa che hai scelto per presentare e parlare di questo romanzo che, a dirla tutta, è una lettura più che difficile. Soprattutto per me che ho il cuore tenero: già mi immagino circondata di fazzoletti in un mare di lacrime! Lo inserisco in WL e quando mi sentirò più pronta credo di dovergli dare una possibilità. Grazie Aquila, credo che questo romanzo, dietro tutte le brutture che lo caratterizzano, mi farà innamorare di Gina :)

    RispondiElimina