venerdì 15 marzo 2019

RECENSIONE | "La versione della cameriera" di Daniel Woodrell

Dal 14 marzo è in libreria “La versione della cameriera” di Daniel Woodrell, nella traduzione di Guido Colza, NN Editore. Woodrell è considerato uno dei maggiori scrittori americani viventi, i suoi libri hanno ottenuto diversi premi e riconoscimenti. Ama ambientare le sue storie nei panorami dei monti Ozark, in Missouri, e lui stesso ha coniato la definizione di “country noir” per descrivere la sua opera. “La versione della cameriera” è  il primo episodio della Serie di West Table.

STILE: 8 | STORIA: 8 | COVER: 8
La versione della cameriera
(Serie di West Table #1)
Daniel Woodrell (traduzione di G. Calza)

Editore: NN Editore
Pagine: 192
Prezzo: € 18,00
Sinossi
Il dodicenne Alek trascorre l’estate a West Table, Missouri, con sua nonna Alma. Vecchia, eccentrica e orgogliosa, la donna ha lavorato per cinquant’anni come cameriera per le famiglie ricche della città, allevando tre figli e sopportando un marito sempre assente. Alma conosce molte storie, ma quella che più la ossessiona è l’esplosione della sala da ballo che nel 1929 causò la morte di quarantadue persone, tra cui l’amatissima sorella Ruby. Nessuno ha mai scoperto com’è andata, né è mai stato trovato il responsabile: Alma è certa di sapere la verità, e la racconta ad Alek, per rendere giustizia alle vittime e donare pace a se stessa.




Mi spaventava all’alba di ogni giorno, nell’estate che trascorsi con lei. Si sedeva sul bordo del letto, i lunghi capelli sciolti, sciolti fino a terra e ondeggianti mentre li spazzolava senza posa, e nella stanza si ritiravano le ombre e dalle due finestre fluiva la prima luce. I capelli erano lunghi come la sua storia…
Alex, 12 anni, trascorre l’estate del 1965 a  West Table, Missouri, con sua nonna Alma.
Lei era felice di ospitarmi e si preoccupava che mi divertissi, che passassi un’estate memorabile, ma la spensieratezza non le veniva molto naturale; le sue ultime ore di gioco risalivano a prima della Grande guerra, un gioco d’infanzia dimenticato, con un cerchio di legno e una bacchetta.
La donna ha lavorato, per gran parte della sua vita, come cameriera per le famiglie ricche della città. Il suo matrimonio non sarà felice, crescerà tre figli e dovrà sopportare un marito sempre assente. Alma ha un’ossessione: nel 1929 c’era stata un’esplosione all’Arbor Dance Hall, 42 ballerini erano morti in un istante in quell’angolo dei monti Ozark. L’inchiesta si concluse senza aver scoperto il colpevole. Nessuno venne mai incriminato e tantomeno condannato. Tra le vittime, ventotto non vennero identificate, c’era Ruby, l’amatissima sorella di Alma.
A Ruby DeGeer non importava di spezzare cuori, ma preferiva spezzarli con serenità, senza brutte scene d’addio in cui un uomo in lacrime le torceva un braccio dietro la schiena, o gridava a piena voce da una finestra aperta l’elenco dei suoi molti difetti o delle sue fastidiose abitudini.
 Coloro che perirono nell’esplosione, vennero sepolti ai piedi di un monumentale angelo alto tre metri che pian piano divenne nero.
L’Angelo nero che sovrastava i defunti senza nome cominciò a ballare. La lapide su cui posava era lunga come due uomini, fitta di nomi cesellati nel marmo molti decenni prima, ma ancora lucida. Reggeva alta una torcia, nel caso che la Verità tentasse la fuga col favore delle tenebre.
Alma è sicura di sapere la verità sull’esplosione e la racconta ad Alex, per rendere giustizia alle vittime e donare pace a se stessa.

Alma è il cuore pulsante di questo romanzo. A lei era stato concesso di finire la terza elementare per poi andare a lavorare prima nei campi del padre e poi in città. Qui Alma faceva la lavandaia, la cuoca, la domestica a tempo pieno. Guadagnava pochi soldi ed era sempre a un passo dalla miseria più nera. La vita l’aveva resa ostile e sofferente, prigioniera delle sue oscure ossessioni e del bisogno di vendetta.
Alma crede di sapere chi è stato e perché, ma non può far nulla. Sapere e non poter agire è la sua maledizione.
“La versione della cameriera” è un romanzo americano a più voci, ogni personaggio si presenta e narra parte della sua vita. È un romanzo corale dal ritmo serrato, parla di condivisione e di comunità, di un passato mai dimenticato nell’attesa della verità. Tutti appaiono colpevoli e innocenti in una girandola di libere scelte e scherzi del destino.

Leggere questo romanzo è stato come intraprendere un viaggio le cui tappe sono i racconti che emergono dalla memoria dei personaggi e lasciano spazio a mille domande. È una perenne ricerca di giustizia con un grande assente, il perdono. I ricordi percorrono strade tortuose attraverso un paesaggio dell’animo in bianco e nero. Il bianco per illuminare tutto ciò che è ben accettato dalla società. Salvare le apparenze e il buon nome è tutto. Alcuni personaggi indossano una maschera, sono solo facciate pregiate per chi le guarda ma, in realtà, vuote e oscure. Oltrepassando lo specchio dell’apparire si entra nel lato oscuro. Il tempo si ferma e inizia il viaggio più difficile alla scoperta di sé. Nell’intimità di relazioni nascoste, cade la maschera e appare l’uomo che vive con difficoltà le proprie emozioni cercando una dannata quanto utopica felicità. I capitoli sfilano velocemente indossando parole che sono frammenti di vita dei personaggi immortalati nelle loro misere esistenze, nelle lotte contro la fame e la solitudine. Sullo sfondo il dramma della guerra che segnerà gli uomini con cicatrici profonde. Ognuno, a modo suo, cerca un riscatto tra il duro lavoro e i matrimoni d’interesse, tra amore e infedeltà, tra pregiudizi  e amicizia, tra rabbia e sospetti. C’è, tra le righe, anche una carezza di speranza. Non so se ciò, come scriveva Nietzsche, prolungherà la sofferenza degli uomini coinvolti in questa storia ma è comunque un volger lo sguardo verso il futuro. Coloro che sono perdenti, hanno un pathos coinvolgente e diventano ancore gettate nella profondità umana della sofferenza. Se si semina dolore, se si sparge sangue innocente, indosseremo sempre la lunga veste dell’indifferenza e della crudeltà sentendo, ogni notte, le urla tremende di coloro a cui abbiamo fatto del male.

3 commenti:

  1. Non c'è perdono senza guistizia. Ma come faremo ... con questa magistratura?

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