giovedì 14 novembre 2019

RECENSIONE | "Delitto a Villa Fedora" di Letizia Triches

È ambientato nella Città Eterna il nuovo giallo di Letizia Triches, “Delitto a Villa Fedora”, pubblicato da Newton Compton Editori. In questa nuova indagine del commisario Chantal Chiusano, “ribollono passioni e tempeste del cuore”, menzogne e verità s’intrecciano ambiguamente e danno voce a oggetti del passato che hanno tante storie da raccontare. Letizia Triches narra sentimenti e lacerazioni di esistenze sospese tra due mondi: l’arte e il nebuloso “nido” familiare.

STILE: 8 | STORIA: 7 | COVER: 7
Delitto a Villa Fedora
Letizia Triches

Editore: Newton Compton
Pagine: 348
Prezzo: € 9,90
Sinossi
Roma, ottobre 1992. A Villa Fedora, nel quartiere Coppedè, viene allestito il set cinematografico per un film sulla vita di Alberto Fusco, famoso scenografo e proprietario dello stabile, morto da diciotto anni. Tutti i componenti della famiglia sono coinvolti nella produzione. Nel pomeriggio di un'umida giornata autunnale, Liliana Fusco, che sin da giovane fu l'assistente di Alberto e poi ne sposò il figlio, è sola nella villa. Sono all'incirca le otto e trenta di sera quando il suo corpo viene ritrovato, massacrato con una ferocia inaudita. Alcune stanze della villa sono state messe a soqquadro, ma mancano segni di effrazione. Cosa cercava l'assassino? La casa contiene soltanto oggetti appartenuti ad Alberto Fusco. Cosa può avere spinto l'omicida ad agire a quasi vent'anni dalla sua morte? Il commissario Chantal Chiusano e l'ispettore Ettore Ferri sono chiamati a fare luce su una vicenda che si rivela ben presto oscura. Perché gli intrighi familiari sono strettamente intrecciati al destino della splendida villa nel cuore di Roma...


In un pomeriggio nuvoloso ma stranamente lucente l’autunno si accorse del giardino di Villa Fedora. Le piante rabbrividirono e la prima foglia dell’acero accanto alla casa si staccò. Dalla finestra dello studio Liliana Fusco avrebbe potuto vederla cadere, ma era concentrata sulla schedatura di alcuni oggetti e aveva la testa abbassata.
Roma, ottobre 1992. A Villa Fedora, dimora del famoso scenografo Alberto Fusco, viene allestito il set cinematografico per il film sulla vita del famoso proprietario morto da diciotto anni. Tutti i componenti della famiglia sono coinvolti nella produzione. La Villa, però, diventa la scena di un violento omicidio. Il corpo di Liliana Fusco, moglie di uno dei figli di Alberto, viene ritrovato massacrato da una ferocia inaudita. Alcune stanze della villa sono state messe a soqquadro, cosa cercava l’assassino? Il commissario Chantal Chiusano e l’ispettore Ettore Fermi sono chiamati a far luce su questa oscura vicenda. Una cosa appare evidente fin da subito: la violenza con cui è stato compiuto il delitto denota un movente d’odio che punta il dito verso gli intrighi della famiglia Fusco che inevitabilmente si intrecciano al destino di Villa Fedora nel cuore di Roma.
Un’abitazione che è un labirinto, riempito all’inverosimile di oggetti. Un labirinto che invita il visitatore a una speciale caccia al tesoro. Arrivare al tesoro significa scoprire la vera natura del suo proprietario.
I gialli firmati da Letizia Triches sono sempre una garanzia. L’eleganza e la fluidità della scrittura coinvolgono e appassionano. Io ho conosciuto il personaggio di Chantal Chiusano in “I delitti della Laguna” (recensione) e con piacere lo ritrovo in questo nuovo romanzo la cui storia si snoda tra arte e morte. Durante lo sviluppo delle indagini ho potuto conoscere e apprezzare ancor di più la protagonista che ha un approccio del tutto particolare quando deve svolgere il suo lavoro. All’intuizione affianca pensieri, sentimenti, sensazioni, esperienza. Non si limita a osservare la realtà evidente dei fatti, và oltre seguendo il suo istinto e grattando quella patina di normalità che gli indagati mostrano celandosi ognuno dietro a una maschera. Per alcuni la vita è una recita, la maschera una seconda pelle ma se si osserva con attenzione si può arrivare a scorgere il vero volto delle persone. Chantal osserva, guarda oltre e sà perfettamente che in ogni persona c’è un lato oscuro, nascosto ma vigile.

“Delitto a Villa Fedora” è un giallo che procede su due piani narrativi separati da un lungo lasso di tempo. Da una parte ci sono le indagini per l’omicidio di Liliana, dall’altra si retrocede nel passato con un lungo inquietante flashback che crea suspence e ci permette di conoscere meglio la figura di Alberto Fusco. Così i capitoli del presente si alternano con frammenti del passato creando una crescente curiosità nel lettore che potrà raccogliere gli indizi seminati dalla scrittrice e provare a risolvere il caso.

“Delitto a Villa Fedora” è un giallo caratterizzato da una trama accattivante, colpi di scena e personaggi ambigui. L’autrice dedica molta attenzione alla descrizione della psicologia dei personaggi e ciò rende più intrigante la lettura. Ad affiancare il commissario nelle indagini, ci sono il medico legale Giovanni Pozzi e l’ispettore Ferri. Insieme formano una squadra vincente. Tenerissima è la figura dell’anziana vicina di casa di Chantal, la signora Maria. Tra le due donne nasce una sincera amicizia e la solitudine è meno dura quando si può contare sulla presenza di un’altra persona.

Il giallo è ambientato a Roma ma non faremo alcun giro turistico della città accompagnando il commissario nelle sue indagini che si svolgeranno in ambienti chiusi. Faremo una specie di pellegrinaggio spostandoci da una casa all’altra dei sospettati e assisteremo ad interrogatori che, pian piano, faranno luce sull’accaduto. I componenti della famiglia Fusco si mostreranno al meglio, recitando la loro parte con abilità come se si trovassero su un gran palcoscenico. Purtroppo la famiglia, come spesso accade, perde il ruolo di “nido”. Non è “un porto sicuro” dove trovare rifugio e mostra il suo lato buio dando vita a litigi e incomprensioni. Tutto ciò rende fragili i giovani componenti del nucleo famigliare e infligge ferite profonde che segnano l’animo.

Leggere questo romanzo è una bella, intensa avventura che coinvolge immediatamente e ti conduce per vie impervie prima di giungere allo scioglimento del caso. Interessante l’intreccio tra il ruolo professionale del commissario e le sue vicende personali che la portano a porsi mille domande sulla natura dell’uomo, su quella normalità che nasconde l’istinto della violenza.

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