giovedì 9 maggio 2019

RECENSIONE | "Come diventai monaca" di César Aira

Oggi, 9 maggio, arriva nelle librerie un romanzo molto particolare: “Come diventai monaca” di César Aira, traduzione dallo spagnolo di Raul Schenardi, Collana Le strade,  Fazi Editore. Vi troverete tra le mani un piccolo libro, circa 110 pagine, che racchiude uno dei romanzi più famosi e apprezzati di Aira: una storia sempre in equilibrio fra l’innaturale e il reale, la fantasia e l’autobiografia, la crudeltà e la meraviglia, il riso e le lacrime. Fazi Editore ha pubblicato a firma Aira “Il pittore fulminato”, (recensione), un omaggio  narrativo al pittore tedesco Johann Moritz Rugendas e ai suoi viaggi nell’America Latina dell’Ottocento.

STILE: 8 | STORIA: 7 | COVER: 7
Come diventai monaca
César Aira (traduzione di R. Schenardi)

Editore: Fazi
Pagine: 110
Prezzo: € 16,00
Sinossi
Madre, padre e figlia si sono appena trasferiti in città. Il padre prende per mano la bambina e la porta a mangiare il gelato, una delizia mai provata prima. Fra tutti i gusti e colori, la bambina, emozionata, sceglie la fragola. Il gelato però è disgustoso. Il padre insiste, sempre più arrabbiato, ma alla fine lo assaggia anche lui: effettivamente, è avariato. I due tornano sul luogo del misfatto e, preso da un raptus, il padre uccide il gelataio affogandolo nel gelato alla fragola.

Dopo un periodo in ospedale a causa dell’intossicazione, la bambina comincia la scuola in ritardo rispetto ai compagni. Non sa leggere né scrivere e trova rifugio nella sua prodigiosa fantasia, popolata di radio che prendono vita, nane che fanno miracoli, dentiere rubate per il carnevale, cieli che si tingono di rosa. Mescolando il ricordo all’immaginazione crea mondi sensibili e delicati, poetici e meravigliosi. A partire dalla narrazione di sé: una narrazione tutta sua.

Finché, così come è cominciato, il racconto si chiude col gelato alla fragola, protagonista di un’atroce vendetta.






La mia storia, la storia di “come diventai monaca”, è cominciata molto presto nella mia vita; avevo appena compiuto sei anni. L’inizio è segnato da un vivido ricordo che posso ricostruire fin nei minimi particolari. Prima di quello non c’è niente; poi, tutto è proseguito formando un ricordo unico, vivido, continuo e ininterrotto, compresi i periodi di sonno, finchè non presi l’abito.
Questo romanzo, devo confessarlo, mi ha mandata in confusione. Succede raramente, ma accade. Iniziamo dal titolo: mi aspettavo tutt’altro e di monache, nel romanzo, nemmeno l’ombra. Sulla cover compare un bel gelato. Monache e gelato, come si rapportano tra loro? Poi leggendo le prime pagine ho assistito al balletto delle desinenze, -a e -o. Solo dopo ho capito che il protagonista era un bambino che parlava di sé al femminile. Allora sapete cosa ho fatto? Ho ricominciato a leggere il romanzo con la mente libera da ogni preconcetto e la lettura è stata gratificante anche se non facile. Andiamo con ordine.

Madre, padre e figlia si sono appena trasferiti in città. Il padre prende per mano la bambina e la porta a mangiare il gelato, una delizia mai provata prima.
Ci eravamo trasferiti a Rosario. […] La grande città ci impressionò moltissimo. Mio padre non attese nemmeno un paio di giorni per mantenere una promessa che mi aveva fatto: portarmi a mangiare un gelato. Sarebbe stato il primo per me.
Fra tutti i gusti e i colori, la bambina, emozionata, sceglie la fragola.
A piedi raggiungemmo una gelateria. Lui ne chiese uno al pistacchio, crema americana e chinotto al whisky, e per me uno da dieci centesimi alla fragola. Il colore rosa mi affascinò. Ci sedemmo su una panchina sul marciapiede… Osservai come faceva papà, che in pochi secondi aveva finito la pallina di crema verde. Riempii il cucchiaino con la massima cautela e me lo portai alla bocca. Non appena le prime particelle mi si sciolsero sulla lingua mi sentii male dal disgusto. Non avevo mai assaggiato niente di così ripugnante.
E sì,il gelato è disgustoso! Il padre si arrabbia e infine assaggia anche lui la gelida crema rosa: effettivamente il gelato è avariato. Torna dal gelataio e, preso da un folle raptus, uccide il gelataio affogandolo nel gelato alla fragola. Finisce in carcere e la bambina viene ricoverata in ospedale per l’intossicazione. Trascorrono settimane in cui la piccola paziente è tra la vita e la morte, nelle mani di una terrificante infermiera. Molti sono i bambini con intossicazione da cianidi e la Morte ha un gran da fare. Poi avviene il miracolo, la bimba guarisce ma iniziano, per lei, una serie di esperienze traumatiche e allucinanti. Causa ricovero, la piccola inizia la scuola in ritardo. Tutti la prendono in giro perché non sa leggere né scrivere e la maestra l’accusa di essere un mostro. Segue la visita in carcere al padre e anche qui la realtà gioca con immagini e suggestioni fantastiche.
Tutti gli uomini incarcerati erano il mio papà. E io lo amavo. Se prima, stando fra le sue braccia, tenendolo per mano, avevo creduto di amarlo, adesso sapevo che l’amore era di più, molto di più. Bisognava essere l’angelo custode di tutti gli uomini disperati per sapere cos’era l’amore.
Come può la piccola superare questi eventi traumatici? Lei trova rifugio nella sua prodigiosa fantasia. Costruisce mondi poetici e meravigliosi tanto da arrivare a parlare di sé al femminile. La realtà si capovolge pur rimanendo realtà. Così leggiamo di drammi radiofonici che prendono vita, nane che fanno miracoli, dentiere sottratte durante il carnevale. Ricordo e immaginazione si mescolano, le carte si confondono, i confini si dilatano fino a svanire e nascono mondi incantevoli ma non incantati. Pian piano ogni tassello occupa il suo posto, la storia assume una sua identità fino all’epilogo davvero sorprendente. È un cerchio che si chiude. Tutto ha avuto inizio per colpa di un gelato alla fragola e tutto si chiude in presenza della dolce crema.

Il gelato! Il fanciullino che è in noi,  Pascoli mi perdonerà, adora sicuramente questa delizia. Il gelato è una delle chiavi che ci permette di accedere alla parte bella della nostra infanzia, è un condensato di felicità. Il romanzo capovolge questo comune sentire e assegna al gelato l’infrangersi di ogni positività.

“Come diventai monaca” è un cammino di ricerca, un viaggio fuori e dentro di sé. In circa 110 pagine l’autore tratteggia la sua biografia parziale che copre solo un anno, dai sei ai sette anni. È una storia surreale, narrata in modo surreale. È una favola crudele sulla scoperta del mondo proiettato sul palcoscenico della vita. Il protagonista fugge dalle difficoltà e si rifugia nella fantasia dove la realtà, alla fine, lo raggiunge mostrandogli il dolce e il salato della vita. Il tesoro più importante dell’infanzia, intesa come un continuo divenire, non è sicuramente “il gelato” ma l’immaginazione senza limiti ricordando che tutto ciò che si può immaginare è reale. Pablo Picasso diceva: “Dipingo gli oggetti come li penso, non come li vedo.”

Giusto per incuriosirvi un po’ di più vi rivelo che il titolo originale, “Cómo me hice monja”, nasconde un gioco di parole tipico del vesre, la parlata popolare del Rio de la Plata. Lascio a voi il piacere di scoprirlo e  ringrazio il traduttore per questa piccola curiosità.

Cèsar Aira, nato in Argentina nel 1949, è uno dei più importanti autori latinoamericani contemporanei. Ha pubblicato più di 120 libri e tradotto autori come Franz Kafka, Jane Austen, Stephen King. È stato paragonato a Calvino e Nobokov per il suo allegro gioco letterario, tradotto in 28 paesi e apparso negli ultimi anni in cima alle liste dei favoriti al Nobel.

Ora che ci penso, e se il protagonista percepisse la realtà come una cella di un convento? E se, visto che parla di sé al femminile, si sentisse una monaca? Forse il mondo pazzesco di Aira mi ha travolta. E dire che il gelato alla fragola non piace neanche a me!

1 commento:

  1. Questa volta non cedo, il romanzo non mi ispira. Sarà che non amo troppe stranezze, le letture surreali.

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