mercoledì 7 marzo 2018

RECENSIONE | "Il pittore fulminato" di César Aira

Grazie a Fazi Editore ho letto un breve ma suggestivo romanzo di uno scrittore che non conoscevo. Si tratta di César Aira con “Il pittore fulminato”nelle librerie dal primo marzo 2018. Il romanzo, traduzione di Raul Schenardi, è preceduto da un’eccellente introduzione di Roberto Bolano che mi ha permesso di conoscere un po’ lo scrittore e le sue opere. Aira è nato a Coronel Pringles, Buenos Aires, nel 1949. Annoverato tra i più influenti autori latinoamericani, ha all’attivo più di sessanta pubblicazioni. Aira, scrive Bolano, è un eccentrico ma è anche uno dei tre o quattro migliori scrittori in lingua spagnola di oggi.

STILE: 8 | STORIA: 9 | COVER: 8
Il pittore fulminato
César Aira (traduzione di R. Schenardi)

Editore: Fazi
Pagine: 93
Prezzo: € 16,00
Sinossi
Johann Moritz Rugendas, noto pittore tedesco dell'Ottocento, compie un viaggio tra la regione andina e l'Argentina insieme a un altro pittore più giovane, il fidato amico Krause. I due paesaggisti cercano il volto nascosto della loro arte e sono catturati dall'ignota immensità, che palpita di mistero; si immergono nella ricchezza della natura, nella sua specificità, nella vivida diversità rispetto ai climi e agli ambienti del Vecchio Mondo. Sono entrambi alla mercé di un mondo tanto fiorente quanto violento: da un lato ci sono gli indios, con la loro ferocia primitiva e le loro scorribande imprevedibili, veri e propri tifoni umani che i due europei sognano di immortalare; dall'altro c'è un tempo atmosferico mutevole e spietato. Sarà proprio quest'ultimo, con uno scherzo crudele, a cambiare le sorti del viaggio e della vita stessa del protagonista: un giorno, Rugendas viene colpito da un fulmine insieme al suo cavallo...

In Occidente si sono avuti pochi pittori viaggiatori davvero bravi. Il migliore di cui abbiamo notizia e una corposa documentazione fu il grande Rugendas, che si recò due volte in Argentina; la seconda nel 1847, gli offrì l’opportunità di catalogare i paesaggi e i tipi umani del Rio de la Plata e servì a smentire il suo amico e ammiratore Humboldt secondo il quale il talento del pittore doveva esercitarsi soltanto sull’esuberanza orografica e botanica del Nuovo Mondo.
In questo breve ma intenso romanzo viene narrato un momento importante della vita di Johann Moritz Rugendas, noto pittore tedesco dell’Ottocento. I fatti narrati riguardano un viaggio compiuto da Rugendas  tra la regione andina e l’Argentina. Con lui c’è un altro pittore, il fidato amico Krause. I due paesaggisti ritraggono la ricchezza della natura con le sue diversità, immergendosi in un ambiente completamente diverso dal Vecchio Mondo. Il viaggio svela aspetti ignoti di questi luoghi tanto fiorenti quanto selvaggi. Da un lato ci sono gli Indios, veri e propri tifoni umani con le loro scorribande imprevedibili, dall’altro c’è un tempo atmosferico mutevole e spietato. Un giorno Rugendas viene colpito da un fulmine insieme al suo cavallo.

Ho letto questo libro con molto interesse e curiosità. Mi sono sentita partecipe di questo viaggio scandito da eventi che non pongono limiti invalicabili. Un viaggio suggestivo attraverso la bellezza, l’arte e il lato grottesco della natura. Affascinante e terribile la scena in cui il pittore è colpito, per ben due volte, da un fulmine.
Il temporale si manifestò all’improvviso con un grandioso lampo che riempì il cielo intero, tracciando un ferro di cavallo zigzagante. Scese così in basso che il viso sollevato del pittore, irrigidito in un’espressione di stupore idiota, si illuminò tutto di bianco. Credette di avvertirne il sinistro calore sulla pelle, e le pupille gli si contrassero fin quasi a scomparire. Il crollo impassibile del tuono lo avviluppò in milioni di onde. Il cavallo cominciò a girare su se stesso. Non aveva ancora smesso quando un fulmine lo colpì in testa. Come una statua di nichel, l’uomo e l’animale si accesero di elettricità.
Con uno stile elegante, energico e preciso, Aira narra il viaggio di Rugendas svelando non solo il lato conoscitivo dei luoghi e dei suoi abitanti, ma anche la riflessione che porta a una conoscenza interiore. Le vicende narrate dallo scrittore appaiono come frammenti di un insieme sezionato con umorismo. Il lettore si sentirà partecipe di questo viaggio attraverso montagne e pianure del Nuovo Mondo. Il desiderio, oserei dire “ossessione”, del pittore è quello di ritrarre il Malòn, un attacco di indigeni.

Sicuramente non sarà un fulmine a fermare Rugendas anche se il suo corpo ha riportato notevoli danni. Lacerazioni al viso, nervi facciali devastati che causano movimenti incontrollati del viso e forti dolori alleviati solo dalla morfina. Il pittore continuerà a riprodurre la realtà attraverso la sua percezione deformata da un rimescolamento tra sogno e verità. Il mondo quotidiano si colora di allucinazioni e la verità si ingigantisce nella sua immaginazione. Per affrontare il mondo esterno, Rugendas indossa una mantiglia di pizzo nero, un velo per coprire il viso ma che gli permette di filtrare i raggi solari. Nella parte finale del romanzo il pittore riuscirà nel suo intento di riprodurre su tela il Màlon disegnando ogni dettaglio e ritraendo gli indios selvaggi. Anche lui però è deforme nel corpo e nei gesti incontrollati. Due realtà a confronto, due diversità che cambiano il tradizionale pensare: il selvaggio indios e il civilizzato bianco. Su tutti prevale l’arte, immortale e sublime.

2 commenti:

  1. Sembra un romanzo delizioso, grazie per la segnalazione!

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  2. Sì, è una lettura piacevole che permette di conoscere il mondo dei pittori viaggiatori :)

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