lunedì 18 febbraio 2019

RECENSIONE | "Donne che non perdonano" di Camilla Läckberg

Il nuovo libro di Camilla Läckberg, “Donne che non perdonano” edito Einaudi, è un romanzo breve con tre personaggi femminili, donne maltrattate sia fisicamente che psicologicamente, che svestono i panni di vittime per diventare carnefici dei loro mariti violenti.

STILE: 8 | STORIA: 7 | COVER: 8
Donne che non perdonano
Camilla Läckberg (traduzione di K. De Marco)

Editore: Einaudi
Pagine: 150
Prezzo: € 14,50
Sinossi
«È vero, stava per uccidere un uomo, ma avrebbe anche liberato una donna. La somma algebrica delle sue azioni sarebbe stata uguale a zero. E poi un'altra persona avrebbe liberato lei». Tre donne: Ingrid, Birgitta e Victoria. Umiliate, offese, disprezzate dai loro compagni ma costrette a vivere al di fuori delle mura domestiche una vita «normale», come se niente fosse. Sullo sfondo una Svezia che sembra guardare distrattamente l'onda del movimento #MeToo, anche se avrebbe molto su cui interrogarsi, come sostiene la stessa Camilla Läckberg. "Donne che non perdonano" parte da queste tre donne che si sono stancate di subire e hanno il desiderio di vendicarsi. Ingrid è la moglie di un famoso direttore di giornale: ha sacrificato la propria carriera per quella del marito che, oltretutto, la tradisce. Victoria è una donna russa a cui hanno ucciso l'ex compagno gangster davanti ai suoi occhi e che ora si ritrova prigioniera di un ubriacone obeso che la tratta «come una bambola gonfiabile capace anche di cucinare e tenere pulita la casa». Infine c'è Birgitta, la dolce maestra apprezzata da tutta la comunità che deve combattere contro una malattia trascurata a causa delle violenze costanti del marito.


È vero stava per uccidere un uomo, ma avrebbe anche liberato una donna. La somma algebrica delle sue azioni sarebbe stata uguale a zero. E poi un’altra persona avrebbe liberato lei.
Tre protagoniste: Ingrid, Birgitta e Victoria. Umiliate, offese e disprezzate da coloro che dicevano d’amarle.

Donne costrette a subire l’inferno tra le mura domestiche e fuori obbligate a vivere una vita normale, come se nulla fosse. Siamo nell’incantevole Svezia considerata una nazione idilliaca ma non è oro tutto ciò che luccica. Anche il “paradiso terrestre” mostra, ormai da parecchi anni, profonde crepe nel sistema sociale della più famosa società del benessere. Divario retributivo di genere, sessismo e violenza sono solo alcuni dei mali che affliggono tutte le classi sociali.

Camilla Lackberg mette da parte per un momento la tanto amata saga di Fjallbacka e dà voce a tre donne stanche di subire violenza. Conosciamo meglio queste vittime.

Ingrid è la moglie di un famoso direttore di giornale. Lei ha sacrificato la propria carriera per quella del marito che ora la ripaga tradendola. Il noto marito copre, in redazione, colleghi che sono dei molestatori da anni.

Victoria è una giovane donna russa a cui hanno ucciso l’ex compagno gangster davanti ai suoi occhi e che ora si ritrova prigioniera di un ubriacone che la considera “una moglie ordinata per corrispondenza, una bambola gonfiabile capace anche di cucinare e tenere pulita la casa.”

Birgitta è una dolce maestra, amata e rispettata da tutti, che deve combattere  contro una malattia trascurata a causa delle violenze del marito.
Mio marito mi riempie di botte ogni volta che gli salta in testa, ma fa attenzione a picchiarmi dove non si vede. E io mi sono sempre detta che finché non si vede non è successo niente.
Per tutte le violenze subite, per le umiliazioni subite, per i loro corpi usati e gettati via, per il rispetto calpestato, per la libertà negata, per tutto questo le protagoniste sono stanche di sopportare e il desiderio di vendetta si fa sempre più urgente diventando una punizione per chi le ha offese nel corpo e nell’animo.
Non gli avrebbe mai più dato l’occasione di ucciderla. Né a lui né a nessun altro uomo. Le serviva aiuto, e le era venuto in mente un modo per procurarselo.
“Donne che non perdonano” è un uragano di violenze concentrato in 152 pagine. Anche se la trama non è originale, il breve romanzo è scritto bene e coinvolge con la durezza degli eventi. Le tre protagoniste si alternano nel racconto della propria prigionia domestica. Nessuna descrizione psicologica, a parlare sono i comportamenti. L’autrice è diretta e porta avanti le tre storie mostrandole inizialmente come tre fili separati per poi intrecciarli nel nome della vendetta. Io ho provato, fin da subito, una forte empatia con le protagoniste. Sicuramente non sono responsabili dei comportamenti brutali dei mariti ma rimanere in silenzio non è mai una soluzione. Tacere vuol dire coprire il carnefice, bisogna denunciare “il mostro che ci dorme vicino”, chiedere aiuto! Nel romanzo le cose vanno in maniera diversa e anche se non condivido “la vendetta”, posso capirla e tifare per le povere vittime. Nel romanzo non c’è neanche l’ombra di un perdono ma un regolamento di conti. Quando la famiglia diventa un carcere, con le chiavi strette nel pugno “dell’amore verso i figli”, riconquistare la libertà è un’impresa ardua ma non impossibile.

Tutte e tre le protagoniste dovranno spezzare le catene che le tengono prigioniere, dovranno percorrere nuove strade e capire per cosa valga la pena lottare. I loro destini  s’intrecceranno e ognuna trarrà forza dall’altra. A unirle un filo insanguinato, sottile ma tenace, che darà loro la forza per cambiare per sempre la loro esistenza. La vendetta donerà loro la felicità di un istante ma, secondo me, solo la giustizia e il perdono rendono liberi.

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