lunedì 5 novembre 2018

RECENSIONE | "The Hunger - Affamati" di Alma Katsu

“Tornate indietro 
o morirete tutti.”

Questo messaggio lapidario avrebbe potuto, se ascoltato, salvare la vita di molti uomini e donne e bambini. Era il 1846 e la carovana Donner andava spedita incontro a un terribile destino. Questa storia non è frutto di fantasia ma crudele realtà. Ho voluto avvisarvi perché la recensione odierna riguarderà una tragica pagina della storia americana dell’Ottocento.

“The Hunger- Affamati” (Alma Katsu, Newton Compton) è un romanzo imperdibile.

La storia narra la tragica vicenda della spedizione Donner, un gruppo di coloni diretti in California nel 1846. I membri della spedizione, dopo incidenti e ritardi si trovarono bloccati sulla Sierra Nevada. L’inverno era alle porte e per sopravvivere, alcuni coloni furono costretti al cannibalismo.

STILE: 8 | STORIA: 9 | COVER: 7
The Hunger - Affamati
Alma Katsu (traduzione di A. Russo)

Editore: Newton Compton
Pagine: 379
Prezzo: € 12,00
Sinossi
1846. Dopo aver viaggiato per settimane verso Ovest, in direzione della California, un gruppo di pionieri si trova di fronte a un bivio. Per il leader della spedizione, George Donner, è il momento di fare una scelta. Davanti a lui, infatti, due strade che conducono alla stessa destinazione. Una è già nota come una pista sicura, ma dell'altra, ancora sconosciuta, si vocifera che potrebbe essere più corta. La decisione di Donner avrà ripercussioni sulle vite di tutti coloro che sono in viaggio con lui. Il caldo cocente del deserto sta per lasciare il posto a venti pungenti e a un freddo acuto in grado di congelare il bestiame. Spinti verso la follia dalla fatica e dalle privazioni, i membri del gruppo dovranno lottare per la sopravvivenza. Mentre i bambini cominciano misteriosamente a scomparire. Ma la minaccia più pericolosa che i pionieri dovranno affrontare non è la furia della natura, bensì qualcosa di più primitivo e feroce che si sta risvegliando.

Raccontava del dolce profumo della pelle umana, della ricchezza profonda e dura del sangue degli uomini, e del bisogno che travolge tutto il proprio essere.
Un gruppo di pionieri viaggia, ormai da settimane, verso ovest, in direzione California. Il leader della spedizione è George Donner che decide di percorrere una pista, forse più corta, ma poco conosciuta. È la scorciatoia Hastings che attraversa il territorio degli indiani Anawai, una piccola tribù composta da uomini violenti che praticano sacrifici umani. La decisione di Donner avrà pesanti ripercussioni sulle vite di coloro che sono in viaggio con lui. Ben presto dovranno affrontare venti pungenti e un freddo in grado di congelare il bestiame. Il viaggio si trasforma in una dura lotta per la sopravvivenza. I bambini iniziano misteriosamente a scomparire e “qualcosa”, in quelle terre dimenticate da Dio, si sta risvegliando dando vita ai peggiori incubi dell’uomo.

Non conoscevo la scrittrice Alma Katsu e ho scelto questo libro per il titolo, intrigante e foriero di neri eventi, e per il giudizio espresso da Stephen King che lo ha definito “una terrificante storia vera. Non leggetelo al buio”. Poiché del giudizio del Re mi fido, ho iniziato a leggere “The Hunger” con alte aspettative che non sono state deluse. Sapere che gli avvenimenti erano frutto di eventi reali ha contribuito ad aumentare il mio coinvolgimento. Sicuramente l’autrice ha romanzato un po’ la verità ma ciò ha aggiunto ancora più inquietudine e un fascino di mistero soprannaturale.

Alma Katsu non lascia nulla al caso, intreccia perfettamente storie diverse, descrive in dettaglio l’ambiente e dedica particolare attenzione alla caratterizzazione dei personaggi. Mi è piaciuto molto anche l’evolversi delle emozioni che hanno accompagnato i pionieri in questa tragica avventura. Alla partenza da Springfield gli uomini sono euforici, pieni di speranza, pronti a dare una svolta alla propria vita. Quasi tutti hanno un passato da dimenticare, peccati inconfessabili e comportamenti non proprio cristallini. Partono con le famiglie, i carri e gli animali, pervasi da un coraggio che li sosterrà per tutta la prima parte del viaggio. Quando si presenteranno le prime difficoltà allora compariranno dubbi e diffidenze. La parabola delle emozioni declina rapidamente man mano che le scorte di viveri diminuiscono paurosamente. Una fame misteriosa serpeggia nella carovana. Una fame che inizialmente non risiede nello stomaco ma nel sangue. Una fame logorante. Una fame che sussurra all’orecchio degli uomini con voci fantasma che torturano solo alcune persone in grado di ascoltarle:
Mi domando quale sia il tuo sapore.
Mi domando come sarebbe mangiarti.
Comincerei da qualcosa di piccolo, un dito del piede o una delle tue morbide, morbide orecchie.
Brividi!

La malconcia spedizione è ormai in preda alla confusione, all’ansia e alla discordia ma sulla Sierra Nevada le cose peggiorano. L’inverno blocca la carovana con il suo gelido abbraccio. Dio è distratto e non sente le loro preghiere. C’è però chi segue passo passo la carovana, i suoi famelici occhi narrano di un’antica leggenda la “na’it”. La fame. Uno spirito maligno pronto a entrare nella mente degli uomini per aprire le porte alla follia.

Leggendo queste pagine non ho potuto far a meno d’immedesimarmi in quei poveri pionieri e ho pensato a come mi sarei comportata io in una situazione del genere. Naturalmente, con la pancia piena, considero impossibile fare ciò che fecero gli uomini prigionieri dell’inverno. Tuttavia, in quella situazione estrema non so cosa avrei fatto. Ho provato a immaginare la disperazione delle madri e dei padri nel vedere i propri figli morire di fame. Cade un terribile tabù: per poter sopravvivere si dovrà mangiare carne umana. Distopico? No, fatto reale che, a ben pensare, si è ripetuto altre volte nella storia dell’umanità.

Ritornando agli eventi del libro scopriremo la fragilità del mondo. Un giorno godiamo di una rasserenante prosperità, il giorno dopo potremmo ritrovarci senza più nulla. La disperazione, quindi, stravolge gli uomini e l’inevitabile accade.

I morti diventano cibo per i vivi. Tagliano dai corpi, privi di vita, dei pezzi di carne. Chi mangiò sopravvisse. Chi si rifiutò morì diventando, a sua volta, cibo per gli altri.

Fra quelle montagne c’è una forza misteriosa che ti fa diventar pazzo e ti lascia a combattere contro la tua stessa pazzia. Come un castigo biblico.

“The Hunger - Affamati” è un romanzo a più voci. Vari personaggi si alternano nel raccontare gli eventi e ciò crea un panorama narrativo ancora più accattivante. Un viaggio infernale, il freddo estremo, la fame aggravata dal bere neve sciolta sono i punti salienti di una storia agghiacciante e a tratti commovente. La carovana è composta da quasi 90 persone e tra loro non mancano i mostri e i peccati. All’inizio i pionieri si sentono uomini civili e hanno giudizi negativi verso i popoli nativi e le loro culture. Tuttavia le cose non sono sempre come qualcuno le racconta, i fatti dimostreranno altre verità.

Quando il gruppo dei soccorritori arrivò, una brutta sensazione si era insinuata in tutta la squadra.
Si avvicinarono al capanno lentamente, con i fucili spianati. Diversi oggetti inaspettati erano sparsi sulla neve: un libro di preghiere tascabile, un segnalibro fatto con una striscia di nastro che fluttuava al vento. Alcuni denti.

Quella che sembrava una vertebra umana, ripulita della carne.

Adesso la brutta sensazione era nelle loro gole e dietro gli occhi. Alcuni si rifiutarono di procedere oltre. La porta del capanno era proprio davanti a loro, accanto a un’ascia poggiata contro la parete esterna. La porta si aprì da sola.
Vi consiglio vivamente di leggere “The Hunger - Affamati”, il romanzo dove la morte dona la vita.

3 commenti:

  1. Ho avuto modo di leggere il romanzo in anteprima perchè ho partecipato al review party dedicato. Io l'ho trovato molto intenso e inquietante-

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  2. riporto di seguito la mia recensione già effettuata su altro sito:
    Non basta saper scrivere per fare un buon lavoro. Le idee contano più delle parole e a mio avviso l'idea di adattare una delle vicende più drammatiche della storia dell'emigrazione americana ad un horror vero e proprio è di pessimo gusto. Sarebbe come inventarsi un'horror sulle stragi di immigrati che sempre più frequentemente colpiscono i nostri mari. Oltre alla pessima idea di scrivere un horror basato su una tragedia realmente accaduta trovo di pessimo gusto anche molti adattamenti, come ad esempio il far passare Tamsen (Tamzen) Donner come una donna di facili costumi che nel cuore della notte sgattaiola fuori dal suo carro per avere rapporti extraconiugali, quando la realtà dei fatti dice l'esatto contrario. Se solo la scrittrice avesse fatto studi approfonditi prima di scrivere il libro saprebbe che Tamsen Donner ha trovato la morte tra quei monti proprio per restare accanto al marito, avrebbe potuto lasciare il campo già con la prima spedizione di salvataggio dal momento che era perfettamente in grado di camminare da sola ma sia in quell'occasione sia nelle successive due si rifiutò di abbandonare il marito gravemente ferito ed ammalato. Io credo (ma questa naturalmente è la mia personale opinione) che quando si tratta di narrare fatti realmente accaduti, soprattutto se drammatici, la cosa migliore è, se pur romanzando un po', attenersi il più possibile alla realtà. Si legge nei ringraziamenti "...ma quando la trama ha rischiato alcuni cambiamenti che entravano in conflitto con la storia...", la trama di questo libro è tutta un conflitto con la storia, forse l'unica cosa reale sono i nomi dei personaggi ed anche qui la scrittrice ammette di essersi presa alcune licenze come quella di inserire personaggi o modificarne il nome come nel caso del giovane indiano Trudeau che viene ribattezzato Thomas. Detto ciò, a sbalordirmi ancor più è il fatto che il figlio del famoso regista Ridley Scott stia pensando di girare un film basandosi sui racconti di questo "Scritto" (chiamarlo libro o romanzo mi sembra un po' eccessivo). A mio avviso, se qualcuno volesse riadattare le vicende della spedizione donner al grande schermo la miglior cosa sarebbe attenersi fedelmente a quello che è successo o se proprio vogliono romanzare il tutto che lo facessero prendendo spunto dal libro "1846 - Donner Party Gli ultimi pionieri" di Donatella Dell'Olmo, quantomeno nel suo racconto a far da contorno alla vicenda c'è una storia d'amore e non zombie cannibali e donne fedifraghe. Concludo dicendo che quando si narra di persone realmente esistite che hanno perso la vita in tragici eventi il rispetto è la prima cosa anche se i fatti che si raccontano sono accaduti quasi 200 anni fa.

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