Carissimi lettori, oggi vorrei presentarvi un libricino, piccino piccino, che
contiene un racconto surreale e visionario. L’ho acquistato attratta dal mini
formato e da una copertina blu: il mio colore preferito. Sto parlando de “L’isola nello spazio” di Osman Lins, traduzione di Angelo
Morino, Sellerio editore.
L'isola nello spazio
Autore: Osman Lins
Editore: Sellerio
Pagine: 42
Prezzo: € 6,00
Sinossi:
Un brivido metropolitano che a noi italiani potrebbe far pensare a quei racconti che scriveva Dino Buzzati sugli incubi delle città del boom degli anni Sessanta. E infatti è di quegli anni, e alle svolte di allora sembra allegoricamente connesso, questo racconto di uno dei maggiori scrittori brasiliani del secolo. Una serie di morti indecifrabili colpisce, come una epidemia metafisica, gli inquilini di un grattacielo appena costruito sul lungofiume di una grande città brasiliana. Però l'atmosfera magica e inquietante, in conclusione di questa cronaca del terrore, lascia il posto a una realissima cospirazione abietta e a una vendetta micidiale e beffarda.
STILE: 8
STORIA: 7
COPERTINA: 6
Nel settembre del 1958, la scomparsa di Claudio Arantes Marinho, sposato, quarantunenne, lasciò attonita la popolazione di Recife. Non per la scomparsa in sé, ma per le circostanze in cui si produsse e che dovevano trasformarsi nel punto culminante degli oscuri fatti di cui stampa e radio, per diversi mesi, si sarebbero occupate, facendo sì che rimanesse in prima pagina il maestoso Edificio Capibaribe, dove Arantes Marinho abitava.
All’inizio, si credette che fosse morto: il suo appartamento, al diciottesimo piano, era chiuso dall’interno, con catenaccio e chiave. Arrivarono giornalisti, poliziotti, e sfondarono la porta: la finestra di fronte, che dava sul fiume e sul mare, era aperta, una tendina svolazzava, ma non c’era nessuno nell’appartamento. Il copriletto leggermente stropicciato, il segno della testa su uno dei guanciali e il paio di pantofole sopra il tappetino di ciniglia davano l’impressione che lui fosse lì disteso, invisibile.
“L’isola nello spazio” è un breve e intenso racconto: solo
42 pagine per narrare “la liberazione” di Caudio Arantes Marinho, il
protagonista. Ci troviamo a Recife, la capitale dello stato del Pernambuco, nel
Nord-Est brasiliano. Qui, sulla zona costiera della città, sorge l’Edificio
Capibaribe: due blocchi di venti piani ognuno affacciati sul mare. In uno di
questi blocchi, al diciottesimo piano, abita Claudio Arantes Marinho con la sua
famiglia. Egli è un impiegato di banca,
sposato con due figlie, ma l’amore non è presente nella sua vita: è prigioniero
della quotidianità e di tre donne pronte sempre a dargli contro. Quando
iniziano a verificarsi strani avvenimenti nell’Edificio, l’inquietudine si
diffonde in ogni appartamento. Gli inquilini del Capibaribe, muoiono nel sonno.
Nessuno sa perché, non c’è alcuna spiegazione, la Morte sembra aver scelto
Capibaribe come sua fissa dimora. La situazione precipita quando molti
inquilini decidono di lasciare gli appartamenti. Ma lui no, Arantes non fugge
davanti alla Morte, è deciso a rimanere, è pronto a sfidare il mistero. Il
coraggio di Arantes non è, però, una qualità contagiosa: la moglie e le figlie
lo lasciano solo. Così Arantes rimane l’unico inquilino del palazzo e comincia
ad assistere a misteriosi accadimenti: l’ascensore si muove attraverso i piani
ma dentro non c’è nessuno, le luci si accendono da sole negli appartamenti
desolatamente vuoti, il telefono squilla ma dall’altro capo della cornetta non
c’è nessuno. Solo Arantes resiste, lui non ha paura. Forse.
Poi tutto cambia nella mente del protagonista scatta l’idea
truffaldina: sparire per rinascere a nuova vita. Così il fu Claudio Arantes
Marinho fugge, con uno stratagemma, via dal grattacielo della Morte e …
La lettura de “L’isola nello spazio” è veloce e fluida, le
descrizioni e i dialoghi sono ridotti all’essenziale, l’atmosfera lugubre è
resa intrigante da fatti inspiegabili che però rivelano la loro natura “terrena
e reale” in un finale sbrigativo che lascia il lettore non completamente
soddisfatto. Il romanzo è scritto bene, sembra un esercizio di scrittura
creativa, ma non mi è piaciuto del tutto. Il richiamo a Pirandello e al suo “Il
fu Mattia Pascal” è evidente anche se i due protagonisti avranno destini
diversi. Il terrore che si diffonde a Capibaribe non mi ha coinvolta più di
tanto e la spiegazione degli avvenimenti ha sminuito l’intero racconto.
“L’isola nello spazio” può rivelarsi una piacevole lettura
estiva a patto che le vostre aspettative non siano molto alte. Buona lettura!
non mi attrae particolarmente, anche se vista l'esiguità delle pagine si potrebbe provare :)
RispondiEliminaL'ho letto proprio incuriosita dal numero esiguo di pagine :)
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