lunedì 15 maggio 2017

RECENSIONE | "Le cose che abbiamo perso nel fuoco" di Mariana Enriquez

“Le cose che abbiamo perso nel fuoco”  di Mariana Enriquez, Marsilio Farfalle, è una raccolta di racconti neri in cui la scrittrice mescola abilmente amore e sofferenza, superstizione e apatia. Le storie sono ambientate a Buenos Aires, nei ghetti e nei quartieri equivoci della città. Il lettore verrà accolto da creature inquietanti in un mondo in cui vita e morte si confrontano dando spazio ai vari aspetti della natura umana che si rispecchia nel mistero e nella violenza.

STILE: 7 | STORIA: 8 | COVER: 6
Le cose che abbiamo perso nel fuoco
Mariana Enriquez (Traduzione di F. Cremonesi)

Editore: Marsilio
Pagine: 199
Prezzo: € 16,50
Sinossi
Piccoli capolavori di realismo macabro che mescolano amore e sofferenza, superstizione e apatia, compassione e rimpianto, le storie di Mariana Enriquez prendono forma in una Buenos Aires nerissima e crudele, vengono direttamente dalle cronache dei suoi ghetti e dei quartieri equivoci. Sono storie che emozionano e feriscono, conducendo ¡I lettore in uno scenario all'apparenza familiare che si rivela popolato da creature inquietanti. Vicini che osservano a distanza, gente che sparisce, bambini assassini, donne che s'immolano per protesta. Quello di Mariana Enriquez è un mondo dove la realtà accoglie le componenti più bizzarre e indecifrabili della natura umana, e dove il mistero e la violenza convivono con la poesia. Sullo sfondo di un'Argentina oscura e infestata dai fantasmi, con la sua brillante mescolanza di horror, suspense e ironia, "Le cose che abbiamo perso nel fuoco" ha fatto di Mariana Enriquez la risposta contemporanea a Edgar Alian Poe e Julio Cortázar, la voce più interessante della nuova letteratura sudamericana. Una voce intensa e diretta, che racconta di personaggi brutali e talvolta buffi, trascinando il lettore in una spirale fascinosa e disturbante cui è difficile resistere.


“Le cose che abbiamo perso nel fuoco” è una pubblicazione composta da 12 racconti che regalano brividi e riflessioni sullo sfondo di un Paese, l’Argentina, che mostra il suo cuore nero. Horror, suspense e ironia animano i personaggi creati da Mariana Enriquez. Conosceremo adolescenti che si staccano palpebre e unghie davanti ai compagni, donne che si danno fuoco per dar voce alla loro protesta contro la violenza tra le mura domestiche, bambini che uccidono altri bambini, la droga fonte di allucinazioni e smarrimento. L’orrore irrompe nel quotidiano, ne modifica l’essenza, crea paura. Attraverso la paura la scrittrice narra il dolore, la rabbia che affondano le loro radici nella realtà dei femminicidi, della crisi economica, della dittatura.

La raccolta inizia il viaggio nell’orrore con “Il bambino sporco”. Violenza e miseria prendono forma nel quartiere Constituciòn di Buenos Aires. Il degrado ha infestato la zona dove vive “il bambino sporco” con la sua giovanissima madre. Per le vie del barrio il mondo reale e soprannaturale si confondono. La ragione fa un passo indietro e la superstizione diventa la regina di un quartiere-prigione per i suoi abitanti.

La lettura prosegue affrontando altri racconti che hanno come denominatore comune l’Argentina coi i suoi problemi endemici, con una storia politica travagliata segnata dal sangue degli innocenti, con le sue disuguaglianze, le dittature, le discriminazioni.

Leggere questi racconti neri è come calarsi nelle crepe più profonde di un baratro che ingoia anche la luce lasciando al buio il compito di trovare il tutto nel nulla. Si alzano le voci di personaggi che vivono in un inferno permanente dove le debolezze soddisfano il male. Vincitori e vinti si confondono. Pensare in modo diverso, fuori dal coro, è un peccato e come tale deve essere punito.

L’ultimo racconto, da cui prende il titolo la raccolta, affronta un tema difficile e attualissimo: il femminicidio. Le donne,reagiscono alla violenza degli uomini in un modo molto particolare: si danno fuoco da sole.
Per questo, quando le donne iniziarono a darsi fuoco sul serio, nessuno credeva alle loro parole. Credevano che stessero proteggendo i loro uomini, che li temessero ancora, che fossero sotto shock e non potessero dire la verità; ci volle parecchio per arrivare a concepire i roghi.
E ancora:
Sono gli uomini a fare i roghi, piccola. Ci hanno sempre bruciato. Ora ci bruciamo da sole. Non per morire, ma per mostrare le nostre cicatrici.
Ho letto questo racconto due volte,affascinata dalla teoria dei roghi e dal nascere di una nuova bellezza che vede nelle cicatrici del corpo, il suo massimo splendore. Il rogo diventa il mezzo per rinascere a nuova vita avendo il pieno controllo del proprio corpo. Le donne, oggi come ieri, vengono punite dagli uomini per la loro disobbedienza. Nuovi roghi, plasmati da una realtà orribile, ricordano i roghi del passato dove venivano bruciate le streghe: creature create dalla paura dell’uomo verso coloro che sono diversi. Luce e buio, bene e male, vita e morte sono in noi e nessun rogo, per quanto luminoso sia, potrà mai illuminare il buio che ci divora. Buona lettura.

4 commenti:

  1. Alcuni li ho adorati, di altri mi è sfuggita la chiave di lettura giusta.
    L'ultimo, quello che dà il titolo alla raccolta, è bellissimo. Mi piace molto anche la copertina. Concordo, in generale, con la tua valutazione. Io e i racconti in genere non tanto ci prendiamo...

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    1. Sì, l'ultimo racconto mi ha conquistata anche se ho dovuto rileggerlo due volte per ben comprendere ciò che si celava tra le righe. Una lettura da consigliare :)

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  2. Di solito i racconti non li amo particolarmente, però è il genere che mi alletta. Non conoscevo questa raccolta, proverei a leggerlA ;-)

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    1. I racconti, in genere, non riscuotono molto successo ma, in questo caso, sono perfetti per affrontare temi diversi legati a una società difficile. Un caro saluto :)

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