giovedì 21 febbraio 2019

RECENSIONE | "Joe Petrosino. Il mistero del cadavere nel barile" di Salvo Toscano [Review Party]

New York. 1903. Solo un detective di origini italiane può sfidare la mafia di Little Italy.
Pagine di Storia hanno come tema l’emigrazione degli italiani. Le destinazioni più ambite erano New York e gli States. Milioni di italiani cercavano una vita migliore all’estero. Erano, però, accolti dagli stessi pregiudizi che oggi spesso noi riserviamo agli immigrati che arrivano nel nostro Paese. I viaggi della speranza avvenivano a bordo di transatlantici che approdavano a Ellis Island, nella baia di New York. Da qui iniziava la grande sfida e da qui inizia il romanzo ”Joe Petrosino. Il mistero del cadavere nel barile.” di Salvo Toscano, Newton Compton Editori. 

STILE: 8 | STORIA: 9 | COVER: 7
Joe Petrosino. Il mistero del cadavere nel barile
Salvo Toscano

Editore: Newton Compton
Pagine: 285
Prezzo: € 9,90
Sinossi
New York, 1903. Un cadavere orribilmente mutilato viene ritrovato all'interno di un barile abbandonato su un marciapiede. I sospetti portano verso la criminalità italiana. È un lavoro per il "Dago", il sergente Giuseppe "Joe" Petrosino, il più famoso detective della città. L'unico dell'intero dipartimento di polizia di New York che, grazie alle sue umilissime origini italiane, è capace di passare inosservato tra i vicoli di Little Italy, capire i dialetti del sud della penisola, interpretare i simboli e le modalità delle prime organizzazioni criminali mafiose, come la temutissima Mano Nera. Un'indagine difficile in cui a Petrosino toccherà fronteggiare non solo gli spietati padrini ma anche i violenti pregiudizi di cui sono vittime gli immigrati italiani. Un romanzo tratto da una storia vera che racconta la nascita della Mafia italo-americana e il coraggio degli uomini che la sfidarono.

E poi, i più numerosi, i più rumorosi, i più poveri forse. Sono loro, gli italiani. Saranno più di trecento su questa nave. Una parte viene dal Nord, sono gli ultimi scampoli di un’emigrazione cominciata nei decenni scorsi. Vanno a raggiungere i familiari e gli amici che da un po’ si sono trasferiti negli Stati Uniti. I più, invece, arrivano dal Sud. Fuggono dalla fame e da una povertà che dopo l’Unità è diventata insopportabile.
Con la speranza di un futuro migliore le persone arrivavano affamate, sporche e senza una lira. Non conoscevano una parola d’inglese e i loro cuori si aprivano alla speranza quando intravedevano, dopo un lunghissimo viaggio, la Signora.
La Merica! La Merica!

È un attimo. Il sogno cullato a lungo prima d’imbarcarsi sta prendendo forma in questa giorno d’autunno del Novecentouno. La terra promessa è lì, dapprima solo un puntino. Poi sempre più chiara e nitida assume i contorni di un’isola. E della sua Signora che solleva la fiaccola della libertà e accoglie i pellegrini a Nuova York.
Tuttavia da quelle navi non scendevano solo persone oneste e pronte al duro lavoro, ma anche schiere di furfanti. L’Italia esportò la mafia, non era mafia vera e propria, ma era un’organizzazione chiamata la Mano Nera. Gli italiani vivevano in condizioni terribili in America. Ghettizzati, privi di diritti, vittime di razzismo. In tali circostanze, l’organizzazione crebbe sempre più con l’arrivo di persone sgradite.
Finchè una sagoma si erge tra loro. E la sua apparizione sembra fermare il tempo. I siciliani si scostano per fargli largo, i più tenendo gli occhi bassi, qualcuno piegandosi in una sorta di pudico inchino. Don Vito Cascio Ferro, con passo lento e solenne, raggiunge la prua de La Champagne. Inspira l’odore della salsedine e scorge i rimorchiatori vicini alla riva. Sul suo viso appare un ghigno diabolico, lui non è venuto a chiedere nulla. Don Vito è venuto per prendersela l’America. Senza chiedere il permesso.
New York, 1903. In un barile, abbandonato su un marciapiede, viene ritrovato un cadavere orribilmente mutilato. Si pensa subito alla criminalità italiana. Al sergente Giuseppe “Joe” Petrosino, detto il “Dago”, vengono affidate le indagini. Petrosino, di umili origini italiane, è il detective più famoso della città. Sa come muoversi tra i vicoli di Little Italy, comprende i dialetti del sud Italia, riesce a interpretare i simboli e le modalità delle prime organizzazioni criminali mafiose, come la temutissima Mano Nera. Il Dago dovrà affrontare mille pericoli rappresentati non solo dagli spietati  ma anche dai violenti pregiudizi di cui sono vittime gli immigrati italiani.

“Joe Petrosino” è un romanzo che parte da un dato di realtà. Ispirandosi a una storia vera, reali sono il poliziotto Petrosino e il caso del cadavere nel barile, Toscano intreccia abilmente realtà e finzione. Il ritmo narrativo si arricchisce di accelerazioni e frenate, che rendono la lettura sempre avvincente con momenti in cui l’azione è travolgente, e sequenze più calme e riflessive. Tanti i personaggi caratterizzati da un soprannome. Ne cito solo alcuni per stuzzicare la vostra curiosità. Giuseppe “don Piddu” Morello detto “l’Artiglio”, capo della Mano Nera di New York; James Corrigan detto “Smart Jimmy”, senatore; Tommaso Petto detto “il Bove”, scagnozzo dell’Artiglio; George “il Presuntuoso” McClusky, il grande capo dell’Investigativa.

La scena, però, è dominata dal sergente Joe Petrosino, un abile e integerrimo segugio italiano. Lo scrittore lo descrive, sia fisicamente che caratterialmente, in modo approfondito. La storia di Petrosino si mescola con la storia dei tanti emigranti italiani. Egli considera l’ignoranza e la povertà alleati della criminalità e nutre il fondato sospetto che la Mano Nera si stia organizzando per trasformarsi in qualcosa di ancor più devastante. Dago ha un carattere forte, è abituato  a combattere e non si è mai arreso alla paura. Egli è un uomo al servizio dello Stato, dotato di grande fiuto investigativo. I suoi metodi operativi, forse poco ortodossi, sono efficaci e riuscirà a imprimere duri colpi alla Mano Nera americana. Tuttavia Petrosino ha un sogno, dar vita alla Squadra italiana per mettere sulle strade di Little Italy poliziotti che capiscano l’italiano per dare la possibilità agli emigrati di parlare con la polizia per ricevere protezione e giustizia.

“Joe Petrosino”, l’appassionante libro di Salvo Toscano, è un romanzo che rispolvera storie lontane nel tempo. I personaggi hanno un forte senso del potere e la lotta alla “mafia” non sarà priva di dure e drammatiche conseguenze. Con uno slang, che mescola siciliano e inglese, tutto assume connotati di tragica realtà e ci rimanda all’incrollabile certezza che la “memoria” sia fondamentale. Ricordare le vittime per mafia vuol dire non abbassare mai la guardia, vuol dire non vanificare il lavoro di tanti uomini giusti che hanno dato la vita per la giustizia e la difesa di tutti noi. Volgere lo sguardo al passato vuol dire serbar memoria di ciò che è stato, dei magistrati che hanno vinto la paura, dei tanti Joe Petrosino che hanno marciato contro la mafia. Ieri come oggi.

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