giovedì 25 ottobre 2018

RECENSIONE | "Tredici canti (12+1)" di Anna Marchitelli

Cari lettori, qualche settimana fa ho notato in libreria  un libro che mi ha incuriosita per la cover e per il titolo. È stato un impulso acquistarlo e un’esperienza positiva leggerlo! Si tratta di “Tredici canti (12+1)” di Anna Marchitelli, Piccola Biblioteca Neri Pozza.

Anna Marchitelli, giornalista napoletana, collabora con le pagine della cultura e dello spettacolo per il Corriere del Mezzogiorno. In occasione del quarantennale della legge Basaglia, ha pubblicato “Tredici canti (12+1)" con uno scopo ben preciso: “Ho preso un impegno con le donne e gli uomini reclusi in questo luogo: prestare loro la mia voce per sottrarli all’invisibilità in cui, ancor prima di morire, erano stati relegati.”


STILE: 8 | STORIA: 9 | COVER: 8
Tredici canti (12+1)
Anna Marchitelli

Editore: Neri Pozza
Pagine: 157
Prezzo: € 13,50

Sinossi
Nel 1793, a Bicêtre, nei sobborghi di Parigi, Philippe Pinel libera i malati di mente dalle catene e dà vita al «manicomio moderno». Un'istituzione che in Italia sopravvivrà fino al 1978, anno in cui morirà con la legge Basaglia n. 180. Uno dei monumenti italiani di questa istituzione è stato certamente l'ospedale psichiatrico Leonardo Bianchi di Napoli. Edificio simile a una fortezza che sin dal 1897 si erge in Calata Capodichino, l'ospedale serba al suo interno un archivio di ben sessantamila cartelle cliniche di pazienti rinchiusi tra le sue mura e tra quelle del precedente manicomio provinciale creato nel 1874 nel complesso di San Francesco di Sales. Anna Marchitelli è andata a rovistare in quell'archivio e da quel prezioso scrigno della memoria ha tratto tredici cartelle di folli che ha riscritto intrecciando storia e creazione. Tredici casi di pazienti celebri, come il matematico Renato Caccioppoli, il primo pentito di camorra Gennaro Abbatemaggio, l'anarchica Clotilde Peani e il giovane ribelle Emilio Caporali, e meno celebri, come l'avvocato Virginio Mogliazza morto con i suoi 33 anni distici dopo aver bevuto vino. Tredici canti in cui la follia, con le sue misteriose e divine manifestazioni, illumina il lato oscuro di un secolo.

 
La gran parte dei reclusi non erano folli, erano persone che volevano esprimere qualcosa e cadevano nella follia quando questo veniva loro impedito.
Nel 1793, a Bicetre, nei sobborghi di Parigi, Philippe Pinel libera i malati di mente dalle catene e dà vita al “manicomio moderno”. Un’istituzione che in Italia sopravvivrà fino al 1978, anno in cui morirà con la legge Basaglia n. 180.

La follia è una condizione umana.
In noi la follia esiste ed è presente come lo è la ragione.
(Franco Bisaglia)

Uno dei monumenti italiani di questa istituzione è stato l’ospedale psichiatrico Leonardo Bianchi di Napoli che serba al suo interno un archivio di ben sessantamila cartelle cliniche di pazienti rinchiusi tra le sue mura. Anna Marchitelli, da quel prezioso scrigno della memoria, ha tratto 13 cartelle di folli che ha riscritto intrecciando storia e creazione. Tredici canti in cui la follia, con le sue misteriose manifestazioni, illumina il lato oscuro di un secolo.
I medici non toccavano nemmeno i pazienti, li analizzavano da lontano toccandoli con una penna o con le chiavi.
L’autrice narra 13 storie che si riveleranno straordinarie storie di vita : dal pensatore Martinotti, di cui solo Benedetto Croce ha lasciato traccia della sua ricerca “dell’armonia universale”, al giovane ribelle Emilio Caporali che tentò di assassinare Francesco Crispi perché stanco di vivere nella miseria, dall’anarchica Clotilde Penai, rinchiusa ultrasessantenne, solo perché considerata pericolosa e capace di aizzare la folla, fino al primo pentito di camorra Gennaro Abbatemaggio che si faceva rinchiudere nell’ospedale psichiatrico per sfuggire alla polizia e alla camorra.

Prima della legge Basaglia venivano internate nei manicomi le persone “affette per qualunque causa da alienazione mentale.” “I deviati” non erano solo coloro che purtroppo presentavano davvero una malattia mentale ma anche chi era ai margini della società (omosessuali e tante donne che si ribellavano alle violenze dei mariti). Durante il periodo fascista finirono in manicomio anche i dissidenti e donne incapaci di ricoprire i ruoli che il regime assegnava loro (la donna doveva essere prolifica, materna e docile).

Come è immaginabile alla verità sociale e (pseudo)medica, si contrappone la verità dei “folli”. La scrittrice ha dato loro una possibilità mostrando come, attraverso la follia, spesso si insegna la vita.

Chi decide chi è normale? 
La normalità è un’invenzione di chi è privo di fantasia.
(Alda Merini)

Già, chi decide? Leggendo questi frammenti di vita risulta evidente come la diversità fosse sinonimo di follia. Le famiglie rifiutavano i figli “imperfetti”. L’onore andava salvaguardato, bisognava sfuggire pubblico scandalo. La soluzione era immediata e definitiva: un semplice certificato medico e bambini e adulti oltrepassavano la soglia del manicomio per dire addio al mondo e “imparare a morire” (come diceva Alda Merini).

Se avete fatto attenzione al titolo, sicuramente la vostra attenzione sarà stata stuzzicata dalla presenza dei numeri (12+1). Il numero 13 rappresenta la morte, la trasformazione e la rinascita. Il 13 ci parla di drastici cambiamenti che possono essere positivi o negativi. Ed è proprio il cambiamento, la rinascita ciò che accade, idealmente, ai 13 folli che si raccontano in questo libro. A veder bene tra i  13 casi c’è l’avvocato Virginio Mogliazza morto con i suoi 33 anni cristici dopo aver bevuto vino, mentre Gennaro Abbatemaggio siede metaforicamente al tavolo con i 12 giurati durante il processo Cuocolo nel quale veste i panni del traditore. Non ultima la data della legge Basaglia promulgata il 13 maggio 1978 ( troverete queste informazioni e molto di più, nelle prime pagine del libro).

“Tredici canti. (12+1)” è una lettura che vi porterà a conoscere una piccola armata di folli che poi tanto folli non sono. “Nascosti” nel manicomio, affinché il mondo non vedesse le loro imperfezioni, c’erano pazienti celebri e perfetti sconosciuti.

Ascolterete la voce dell’inventore Roberto D’Andrea, trentatré anni, nato nel 1915 e ammesso nel 1948.

Vi commuoverete con la gravida Maria Michela Guarino, trentatré anni, nata nel 1838 e ammessa nel 1871.

Ragionerete di logica con il matematico Renato Caccioppoli, 34 anni, nato nel 1904 e ammesso nel 1939.

Conoscerete la triste storia di Teresa Alfieri che parlava con gli spiriti, 43 anni, nata nel 1904 e ammessa nel 1947.

Sul filo della follia camminano  giovani e anziani, studiosi e gente semplice, uomini e donne.  La loro è una voce comune, nel manicomio non ci sono differenze sociali: lo studioso e l’analfabeta parlano allo stesso modo. È come se le disparità sociali svanissero davanti alla malattia per dare a tutti la possibilità di sottrarsi all’oblio degli uomini e del tempo. Questa uguaglianza d’espressione mi ha ricordato la poesia più famosa e amata di Antonio De Curtis, in arte Totò: ‘A livella.

 Sti pagliacciate ‘e ffanno sulo e vive: nuje simmo serie… appartenimmo a morte!

La cultura e la ricchezza non sono importanti, la morte (e la follia) rende tutti uguali.

Non lasciatevi impressionare dal tema trattato, questo libro si legge con interesse e un pizzico di curiosità. Per me conoscere i “13 folli” è stato un onore e vorrei dedicar loro un pensiero della nota poetessa Alda Merini: “Da queste profonde ferite, usciranno farfalle libere.”

2 commenti:

  1. Grazie per questa segnalazione! Dev'essere un libro bellissimo!

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    1. È un libro molto particolare che merita l'attenzione dei lettori :)

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