lunedì 9 ottobre 2017

RECENSIONE | "L'ultima estate e altri scritti" di Cesarina Vighy

Carissimi lettori, oggi vorrei attirare la vostra attenzione su un romanzo denso di emozioni e riflessioni. Un potente antidoto alla sofferenza, una liberazione che nasce da una tremenda malattia che imprigiona il corpo ma nulla può contro la libertà di mente e cuore. Una condanna a morte che svela la gioia di vivere e il coraggio di percorrere la propria esistenza fino alla fine. Sto parlando de “L’ultima estate e altri scritti” di Cesarina Vighy, Fazi Editore.

STILE: 9 | STORIA: 8 | COVER: 7
L'ultima estate e altri scritti
Cesarina Vighy

Editore: Fazi
Pagine: 318
Prezzo: € 18,50
Sinossi
Z. è malata. Gravemente. Dallo spazio ristretto da cui guarda il mondo, osserva il tenace manifestarsi della vita: l’andirivieni dei vicini, un merlo che fa il nido, i piccioni in cerca di cibo. Per lei, ogni gesto è enorme, difficilissima la quotidianità, in equilibrio sui nervi e sugli orari delle medicine. La notte però, con la gatta a farle compagnia, i sogni intervengono ad alleviare il fastidio di resistere a se stessi e sulla pagina, così, il resoconto di un’esistenza vicina alla fine diventa il ricordo di una vita che finalmente appare bella.

«Eccoci qua dopo anni di quiete che si potrebbero chiamare anni felici se solo sapessimo, mentre la si vive, che quella è la felicità».

Con una lingua nitida, a tratti feroce, mai retorica, Cesarina Vighy ha affrontato il più evitato degli argomenti: la sofferenza. Definito «un De Senectute intriso di dolorosa saggezza», L’ultima estate ha messo al centro una donna giunta alla fine del suo ciclo vitale ma non per questo priva di un’arma potentissima, specie se innata: lo spirito dell’umorismo

La cosa più stupida da dire a un malato è che lo si trova molto bene, che è una fissazione, che tutti stanno un po’ giù ecc. 

La cosa più triste, invece, è quando non te lo dicono più, anzi non sanno bene che dire.
Cesarina Vichy, nel 2009, all’età di 72 anni è già molto malata. È affetta da Sclerosi Laterale Primaria. La sua opera  è “L’ultima Estate”, un romanzo dai forti tratti autobiografici che vinse il Premio Campiello Opera Prima e si qualificò nella cinquina del Premio Strega.
Veramente, quando si annunciò la mia rara malattia, mi lascia scappare di bocca che avrei preferito essere appunto un caso letterario piuttosto di un caso clinico. Passò l’Angelo e disse Amen. Invano lo rincorsi: «Ehi, signor Angelo…». «Ho fretta ». «Ma io volevo spiegare…». «Ma io…».
È stato così che sono diventata un caso in entrambe le categorie.
Z. è gravemente malata. I medici hanno emesso l’infausta diagnosi: SLA. Dalla sua casa Z. guarda il mondo e il continuo, inarrestabile, manifestarsi della vita. L’andirivieni dei vicini, un merlo che fa il nido, i piccioni in cerca di cibo. Per lei la quotidianità è scandita sugli orari delle medicine e sulla difficoltà di ogni gesto. Solo di notte Z. trova un po’ di quiete. I sogni alleviano il fastidio di resistere a se stessi e il computer diventa una pagina su cui scrivere i ricordi, belli e brutti, di un’esistenza prossima alla fine.
Eccoci qua dopo anni di quiete che si potrebbero chiamare anni felici se solo sapessimo, mentre la si vive, che quella è la felicità.
Così Z., “la bambina più amata del mondo”, rievoca l’infanzia in tempo di guerra, Venezia con le sue luci e ombre, le prime esperienze sentimentali, il trasferimento a Roma, il periodo in psicanalisi, il femminismo, l’inizio della malattia. La scritture diventa per Z. un unguento da spalmare sull’anima per lenire i dolori, per avere ancora una voce, per amare, per non arrendersi.
Camminare eretti e parlare, due facoltà che hanno fatto della scimmia un uomo: io le sto perdendo entrambe. Restano l’inutile pollice sovrapponibile e l’insopportabile coscienza di me.
Con ostinazione Z. difende la propria individualità, non cede ai medici che la vorrebbero in clinica. La sua ironia le permette di rendere quasi impalpabile la sofferenza, la malattia la libera dal pudore e la rende testimone di coraggio e dignità. Mai un lamento davanti alla morte.
Dicono che si nasca incendiari e si muoia pompieri. A me è successo il contrario: brucerei tutto, adesso.
Il romanzo comprende anche dei brani tratti da “Scendo. Buon proseguimento”. È uno scambio di mail, realmente avvenuto tra il 2007 e il 2010, tra l’autrice e diversi corrispondenti come la figlia e le amiche. Queste lettere mostrano un linguaggio affettuoso, premuroso e tenero di una madre che scrive alla figlia. Questo carteggio si può considerare un testamento spirituale con cui l’autrice, pochi giorni prima di morire, si congeda dal mondo.
Come diceva Charlot, la vita in primo piano è una tragedia, in campo lungo una commedia.
“L’ultima estate” è un libro duro che ha il pregio di non trasmettere tristezza. Con ironia, mai celata, Cesarina Vichy narra la sua vita e risveglia i fantasmi del passato. Con fermezza e voce limpida affronta argomenti difficili. Lei, una donna giunta alla fine della sua vita, usa lo spirito dell’umorismo come arma potentissima contro la sofferenza. Per impugnare quest’arma la scrittrice abbandona il suo martoriato corpo e sale sulle ali della scrittura che la rendono libera e irraggiungibile. Cesarina Vichy scrive un inno alla vita, mai facile ma sempre preziosa.

“L’ultima Estate” è un romanzo che induce a riflettere sul senso della vita. Nessun pietismo, nessuna emozione superficiale ma un profondo coinvolgimento che non può lasciare indifferenti.

Proverete mille emozioni ma avrete il sorriso sulle labbra. L’autrice riporta una poesia in una mail alla figlia: “C’è un’ape che si posa su un bottone di rosa: lo succhia e se ne va. Tutto sommato la felicità è una piccola cosa."  (Trilussa)

Quindi, se potete, leggete questo libro senza alcun timore. Non sarà una lettura facile ma, nella vita, cosa è facile?

Patti chiari: non sarà un acquarello, piuttosto un’autopsia. Forse vi farò male. Ne farò anche a me.

4 commenti:

  1. Aspettavo una recensione di questo romanzo. In realtà il romanzo è sul mio comodino, ma non ho ancora trovato il coraggio di affrontarlo. Non sono brava con i commiati e la malattia delle persone a me care è già un fardello nella vita quotidiana; un romanzo di questo tipo mi susciterà un mare di emozioni, tengo i kleenex a portata di mano! Grazie della bella recensione.

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    1. Leggendolo noterai che anche il sorriso può esprimere un dolore, la malattia diventa un momento per liberarsi dai fardelli che ci opprimono. Si rivede la propria vita, si rivalutano le ricchezze morali, si affronta la morte con il coraggio che viene dalla consapevolezza di aver amato e di aver ricevuto amore. Lettura impegnativa ma consigliata. Un saluto.

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  2. Sembra un libro molto particolare, non il mio genere ma mi piace il fatto che sia colmo di emozioni.
    Con la tua recensione me lo hai fatto rivalutare :)

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    1. Qui potrai trovare le mille sfaccettature delle emozioni che ci accompagnano durante la nostra vita.Momenti belli e brutti sono vissuti con la consapevolezza delle scelte fatte in autonomia. I ricordi ci legano alla vita e sono la forza con cui affrontiamo il presente. Un saluto.

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