mercoledì 26 novembre 2014

RECENSIONE "Non andartene docile in quella buona notte" di Licia Vichi

Salve lettori :)
Alcuni giorni fa ho presentato sul blog un racconto dal titolo evocativo: “Non andartene docile in quella buona notte” di Licia Vichi. Oggi posso condividere con voi il mio parere  :)



Non andartene docile in quella buona notte

Autrice: Licia Vichi
Data uscita: 8 / 11 / 2014
Editore: auto pubblicato
Prezzo: € 2,68
Pagie: 140
Sinossi: 
Ginny e Jason sono  due ragazzi di vent’anni di Padova che si incontrano in circostanza particolari: in un reparto psichiatrico.
Entrambi stanno infatti passando un brutto momento: lei è reduce da un tentativo di suicidio, lui ha appena perso la sorella gemella.
Le circostanze non sono ottimali, eppure l’amore sboccia, dolce e tenero e li sorregge nei momenti bui che attraversano dopo le dimissioni dall’ospedale. Riuscirà l’amore ad essere abbastanza? La loro storia sarà il fattore scatenante per la loro guarigione o quello che li trascinerà a fondo?
Una storia di dolore e speranza. Due ragazzi  che nella sofferenza comunicano tramite la poesia e grazie all’amore trovano la via per uscire dall’oscurità.



STILE: 6
STORIA: 7
COPERTINA: 7


 INCIPIT 
Era il 2 novembre, il giorno dei morti.

In quei giorni avevo sentito con grande forza la canzone della morte, tanto che per un attimo avevo pensato che le vecchie leggende fossero vere e che nei giorni vicini a Samhaim[1] il velo tra i vivi e i morti fosse veramente più sottile... forse per questo volevo disperatamente raggiungerli.


[1] Halloween

Due ragazzi, Ginny e Jason, vivono un disagio esistenziale che sconvolge le loro esistenze. Ricoverati entrambi nello stesso reparto psichiatrico, scopriranno che l’amore può donare quell’energia necessaria per affrontare i demoni del passato.

Lei, Ginny, nasconde un terribile segreto che le devasta l’anima. Ha un unico desiderio: addormentarsi tra le braccia della Morte.

“Mi dispiace, non ce la faccio proprio più.

Le jeux sont faint, rien ne va plus.”

Fortunatamente il suo tentativo di suicidio fallisce per il provvidenziale intervento dei suoi genitori. La conseguenza di questo atto sarà il ricovero in un reparto psichiatrico.

Lui, Jason, si sente impotente davanti alla morte della sua gemella Amanda per overdose. Il rimorso per non aver fatto nulla, prima del tragico evento, lo sta distruggendo. Chiede aiuto presentandosi spontaneamente in ospedale chiedendo di essere ricoverato in psichiatria.

Due ragazzi. Un unico destino forgiato con la forza che scaturisce dalla consapevolezza di non avere qualcuno che ci ascolti, che condivida i nostri stessi tormenti. I demoni del passato saranno più forti dell’amore?

La trama di questo racconto affronta temi inquietanti ma reali. Molto spesso capita, purtroppo, di sentirsi invisibili anche agli occhi dei propri genitori persi nel lavoro e innamorati dell’immagine di “famiglia perfetta”.
Quando ci si sente soli, indifesi, è facile essere vittima delle proprie insicurezze. Non si ha la forza e la voglia per lottare, non si vedono vie d’uscita e il dramma cresce in noi, le sue radici stritolano la nostra volontà e la mente si arrende. Anche il rimorso è un sentimento che sfonda gli argini della ragione rendendoci fragili e prossimi alla follia.

Ginny e Jason, due anime bisognose d’affetto. Bisognose di quell’amore che smuove le montagne, per non arrendersi, per combattere contro le tempeste della vita. 
Non importa se si vince o si perde. L’importante è non arrendersi mai. L’importante è alzarsi dopo ogni caduta, combattere per se stessi per il proprio futuro.
I due protagonisti del racconto riescono a dar voce ai loro sentimenti attraverso il dono reciproco di poesie che diventano un modo per comunicare per incoraggiarsi a vicenda, per fidarsi l’una dell’altro, per trovare il coraggio di affrontare i problemi.

Il primo passo verso la guarigione è accettare che ciò che ci è successo è reale, non si può tenere chiuso in se stessi un dolore, non possiamo far finta che non sia accaduto. Anche il rimorso non deve essere una tomba, un’autopunizione per ciò che avremmo potuto fare e che non abbiamo fatto. E’ giusto urlare la propria rabbia manifestare il dolore che proviamo ma bisogna reagire perché la Morte non è la soluzione ai nostri problemi.

Sicuramente siamo tutti essere fragili, con i nostri mille problemi, a volte subiamo violenze che cancelliamo dalla nostra mente perché non sappiamo come affrontarle. Leggendo questo racconto appare evidente che l’uomo affronta il viaggio della vita con le sue fragilità e vorrebbe avere dei compagni di viaggio forti e coraggiosi. Sarebbe bello avere, accanto a noi, qualcuno con cui condividere il proprio dolore. Non sempre è così. Ognuno deve trovare in sé la forza per lottare perché non si può vivere prigionieri delle cose non dette, delle violenze non denunciate. Come ci ricorda la poesia “Non andartene docile in quella buona notte” di Dylan Thomas, ispiratrice del titolo, non ci si deve mai arrendere, bisogna lottare contro il morire della luce per non andarsene docile in quella buona notte.

La scrittrice ha saputo trasmettere, con la sua scrittura, tante emozioni. 
Credo che in questo scritto ci sia molta passione e la voglia di comunicare, di mettere i propri pensieri nero su bianco, per renderli reali.
Una passione che rivela un animo sensibile, una necessità quasi terapeutica di scrivere per raccontare che il suicidio o l’autolesionismo non sono soluzioni. Partono da un disagio e l’autolesionismo è un modo per rendere più sopportabile il dolore emotivo, per comunicare il proprio malessere.
Questo libro parla di morte ma inneggia alla vita.
Tuttavia il romanzo presenta alcuni punti deboli. La prima parte è avvincente con un buon ritmo che diventa più pacato nella seconda sezione del racconto. Alcuni personaggi, come i genitori dei ragazzi, sono rimasti un po’ in ombra. Probabilmente la brevità del racconto ha imposto questa scelta. Nei dialoghi alcune espressioni sono prive di spontaneità. Il finale avrebbe dovuto avere un respiro più ampio. Sicuramente l’autrice supererà, con lo studio e l’esercizio, queste mancanze.
Lasciando da parte la tecnica di scrittura, ho apprezzato la capacità dell’autrice di creare empatia tra lettore e personaggio. Amo imbattermi in scritti caratterizzati da un’intelligenza emotiva che li renda vivi. La scrittrice ha trasferito molte delle sue emozioni in questa scrittura per comunicare e riflettere con se stessa e con il lettore. Scrivere è un processo emotivo coinvolgente la cui tecnica si può sempre migliorare ma che richiede passione, cuore, emotività.
Licia Vichi ha queste doti in sé, sono sicura che sentiremo ancora parlare dei suoi scritti.

5 commenti:

  1. Questo è il genere di libri che mi piacciono.
    Io, che studio queste cose e che per prima vi ho passato trovo sempre affascinante quando si trattano certi argomenti.
    Non è una storia comune (finalmente!) e, come sempre, apprezzo che sia made in italy. Trattare di amore sembra sempre semplice, ma farlo unendo anche disagio e sofferenza trovo sia meraviglioso, se fatto bene. E' coinvolgente.
    Da quello che scrivi sembra che sia scritto molto bene, è da vedere se la scrittrice era anche ben informata sulla psichiatria e tutto quello che vi è attorno.
    Sono pignola in queste cose :P
    Questo lo leggerò sicuramente, finisce nella mia Wish List.
    Grazie per avermi fatto conoscere quest'opera :)
    Sai se c'è la possibilità di averlo cartaceo?

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    1. E' sempre difficile parlare di un disagio esistenziale, mille sono le sfaccettature che lo compongono. Quando si trattano temi legati ai problemi dell'animo e della mente bisogna farlo entrando in punta di piedi in un mondo complesso. Trovo importante che alcuni scrittori affrontino questi argomenti dandoci l'opportunità di riflettere. Un cordiale saluto:)

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