mercoledì 17 settembre 2025

RECENSIONE | "Il giudice e il suo boia" di Friedrich Durrenmatt

"Il giudice e il suo boia" (Adelphi) è il primo romanzo poliziesco dello scrittore svizzero Friedrich Durrenmatt, che si è conquistato un ruolo importante nella letteratura del secondo Novecento europeo grazie alle sue trame investigative che intendono dimostrare come sia il caso a governare i destini umani. 
Un tenente svizzero viene assassinato. Le indagini sono affidate a un commissario veterano e a un novellino. Saranno ostacolati da alcuni politicanti svizzeri.

STILE: 8 | STORIA: 9 | COVER: 7
Il giudice e il suo boia
Friedrich Durrenmatt

Editore: Adelphi
Pagine: 121
Prezzo: € 11,00
Sinossi

Esiste il delitto perfetto? Gastmann, "demonio in forma umana", ne è convinto, e per dimostrarlo al commissario Bärlach – e vincere la temeraria scommessa fatta in una bettola sul Bosforo – getta uno sconosciuto dal ponte di Galata. Ormai i due sono incatenati l'uno all'altro. Per oltre quarant'anni il commissario seguirà imperterrito le orme di Gastmann, nel vano tentativo di fornire le prove dei delitti via via più audaci, efferati e sacrileghi che costui ha commesso per capriccio. Finché un giorno l'assassinio dell'ispettore Schmied della polizia di Berna – la città dove Bärlach è nato, e che lui chiama il suo "aureo sepolcro" – lo metterà nuovamente di fronte al suo nemico, e al sinistro viluppo di trame politiche e finanziarie di cui questi tira le fila. A Bärlach non resta molto da vivere: giusto il tempo di regolare i conti una volta per tutte. Ormai ha emesso il suo verdetto – ed è una condanna a morte.



Non ho saputo incastrarti per i delitti che hai commesso, ora ti incastro con quello che non hai commesso. 

Protagonista della vicenda è il commissario Barlach, ormai prossimo al pensionamento per seri motivi di salute. Col suo giovane assistente Tschanz deve risolvere un caso di omicidio. La vittima è un ispettore della polizia di Berna. L'uomo viene ritrovato senza vita nella sua auto, nei pressi di un piccolo paese, vicino a Bienne. 

Durante le indagini appare evidente una diversità di base nel portare avanti le indagini. 

Barlach era più riflessivo e pacato, Tschanz era per le maniere forti. Tutto precipitò quando Barlach trovò sulla sua strada l'acerrimo nemico Gastmann con il quale si scontrava da tutta la vita. 

Il primo incontro, tra i due, avvenne in una bettola nel sobborgo di Tophane, dove sostennero tesi opposte. 

Barlach sosteneva che "l'imperfezione umana è il motivo per cui la maggior parte dei delitti viene inevitabilmente alla luce: siamo incapaci di prevedere con sicurezza come agiranno gli altri, e nei nostri ragionamenti non riusciamo a integrare il caso, che in tutto mette lo zampino." 

Invece Gastmann affermava che "proprio il garbuglio dei rapporti umani ti permette di compiere delitti che non si possono scoprire. È questo il motivo per cui i crimini, nella loro stragrande maggioranza, non solo rimangono impuniti ma non destano nemmeno sospetto, quasi avvenissero in gran segreto." 

Il confronto porta a una scommessa: Gastmann avrebbe compiuto un delitto in presenza di Barlach, senza che lui fosse poi in grado di fornirne le prove. 

Tre giorni dopo Gastmann uccide un uomo, gettandolo giù da un ponte, sotto gli occhi di Barlach che non riuscirà a trovare le prove per farlo incriminare. Da quel momento i due uomini vivranno "incatenati" per sempre l'uno all'altro. Per oltre quarant'anni il commissario seguirà imperterrito le orme di Gastmann, nel vano tentativo di fornire le prove dei delitti via via più audaci, efferati e sacrileghi che costui ha commesso per capriccio. 

Ora che i due uomini si erano nuovamente incrociati, Gastmann era tra gli indiziati per l'omicidio del poliziotto, era giunta l'ora della resa dei conti. Barlach aveva solo un anno, questa era la sua aspettativa di vita, per dare scacco matto alla belva Gastmann, per chiudere la partita. 

Il male è davanti a noi, inutile negarlo, ma sappiamo combatterlo e vincerlo con le forze della logica, della filosofia e della scienza? 

Barlach non accetta "le grandi acquisizioni della moderna criminologia", lui conosce già la soluzione nel groviglio umano. E inizia la sua ultima partita muovendo gli uomini come pedine ma ben presto il "fattore umano" prevale, menzogna e verità si mescolano. Il commissario, prima di morire, tesse con astuzia una rete che costringerà un carnefice a eseguire una sentenza di morte che egli stesso ha decretato. Si può ricorrere a comportamenti illegali, pensa Barlach, pur di colpire criminali che altrimenti sfuggirebbero alla Legge. Così il poliziotto diventa giudice e ha già scelto il boia per regolare i conti. 

Io ti ho giudicato, Gastmann, e ti ho condannato a morte. Tu non sopravvivrai a questa giornata. Il boia che ho scelto per te ti ucciderà, perché in nome di Dio questa cosa va fatta una buona volta. 

Tutto andrà come pianificato o il caso ci metterà lo zampino? 

"Il giudice e il suo boia" è un racconto poliziesco breve, conciso, ipnotico, ricco di tensione e ambiguità. La trama intricata e affascinante si avvale di un'atmosfera cupa e ricca di suspense. Il finale è assolutamente sorprendente. 

Questo romanzo è una delle opere che meglio esprime il pensiero dell'autore che intende dimostrare l'impossibilità della legge di arrivare alla verità. Nelle sue opere il concetto di giustizia é sempre presente al centro di una girandola di criminali, enigmi e detective. I personaggi si muovono nel labirinto dell'ingiustizia e del male. 

Per Durrenmatt tutte le nostre azioni sono dominate dal caso, un misterioso concatenarsi di eventi. Il caso, mescolate le lettere e otterrete "caos", porta il mondo a vivere nel caos. L'investigatore tradizionale rivela la sua incapacità a muoversi in una realtà complessa e incomprensibile. 

"Il giudice e il suo boia" è un noir raffinato, imprevedibile e movimentato, che introduce il Caso, parola chiave che racchiude la concezione del mondo di Durrenmatt. 

I suoi romanzi criminali, come "Il giudice e il suo boia", hanno un sottofondo filosofico e spesso sono intrisi di macabra satira. L'autore analizza con critica pungente e sarcastica i problemi della società e smaschera la meschinità che si cela dietro la facciata perbenista della società svizzera. 

Quando Durrenmatt scrisse "Il giudice e il suo boia" aveva appena trent'anni. Georges Simenon, che di noir se ne intendeva, lesse questo romanzo cupo, implacabile, e disse: "Non so che età abbia l'autore. Se è alla sua prima prova, credo che farà strada." Ben detto!

venerdì 12 settembre 2025

RECENSIONE | "La donna nel pozzo" di Piergiorgio Pulixi

"La donna nel pozzo" (Feltrinelli) di Piergiorgio Pulixi è la storia di due scrittori che si ritrovano in Sardegna per indagare sulla morte di Cristina Mandas e su un misterioso delitto di trent'anni prima.


STILE: 8 | STORIA: 8 | COVER: 7
La donna nel pozzo
Piergiorgio Pulixi

Editore: Feltrinelli
Pagine: 304
Prezzo: € 18,00
Sinossi

Un dettaglio. È sempre un dettaglio a fare la differenza. Capita a Cristina Mandas di dimenticare il compleanno del marito. Che vuoi che sia. Invece, la svista è il primo scricchiolio di una vita che sta per andare in frantumi. Perché a quarant’anni Cristina non è la maestra, la moglie, la madre, stimata e ben voluta dalla comunità di quel paesino sardo in cui si è trasferita tempo prima. Dietro la cortina di un’esistenza comune, custodisce un segreto che deve rimanere sepolto nelle profondità di un pozzo. E così è stato, almeno fino a un particolare colto di sfuggita, fino a quella dimenticanza. Qualcuno, però, si è accorto che Cristina non è più la stessa, che è sul punto di cedere. Qualcuno rimasto nell’ombra a spiarla per anni. Lorenzo Roccaforte è stato uno degli scrittori più amati d’Italia e ha anche vinto il Premio Strega. Ora che il successo è volato via a causa della sindrome da pagina bianca, si ritrova ad aver mancato lo status di “solito stronzo”, lui che puntava a rimanere un “venerato maestro”. Ermes Calvino ha un cognome di peso, nessuna parentela con il grande Italo e un abbonamento premium coi guai. Generoso, legatissimo alla madre e alla sorella, è anche uno sconosciuto scrittore di talento. Diversi come il giorno e la notte, Roccaforte e Calvino diventano gli involontari contraenti di un patto diabolico: Ermes scrive i romanzi che Lorenzo firma. Lo chiamano ghostwriting. L’ideatore del piano è Arturo Panzirolli, un ex galeotto che in carcere ha avuto l’idea del secolo: diventare editore! Sotto la regia di Panzirolli, un Roccaforte senza più speranze è ritornato sulla scena come autore di thriller e podcaster true crime. Scrittore e ghostwriter si ritroveranno in Sardegna a indagare sulla morte di Cristina Mandas e su un misterioso delitto di trent’anni prima, che sconvolse l’isola.





Si era dimenticata del suo compleanno. In diciotto anni di matrimonio non era mai successo. Quella consapevolezza l'aveva fulminata non appena era entrata in sala insegnanti. Aveva posato la tazzina di caffé e, dando una sbirciata all'agenda, si era sentita ghiacciare. Aveva ricontrollato per sicurezza, scorrendo all'indietro i giorni della settimana, salvo rendersi conto dell'imbarazzante concretezza di quella mancanza: Angelo, suo marito, aveva compiuto gli anni quarantotto ore prima, e lei se n'era del tutto dimenticata.

Tutti noi, inutile nasconderlo, subiamo il fascino del male ma non oltrepassiamo la soglia oscura. Sicuramente non conosciamo i pensieri che si agitano nella mente delle persone con cui condividiamo la nostra quotidianità. Se fossimo in grado di farlo, sarebbe un dono o una dannazione?

Piergiorgio Pulixi si è ispirato a fatti reali per scrivere questo thriller intenso che, una volta iniziato, non puoi più lasciare fino all'ultima pagina.

Nel 1898, a Carbonia, venne uccisa Gisella Orrù, una bella ragazza di sedici anni. Scomparve misteriosamente e venne ritrovata in un pozzo. L'autopsia rivelò che era stata violentata. Furono condannate due persone ma, forse, i veri colpevoli non erano quelli. Seguirono altri omicidi, che sembravano collegati. Tante domande rimasero senza risposte. Troppe verità nascoste, troppi silenzi. La paura ha tenuto le bocche cucite e dopo tanti anni nessuno si è fatto avanti per dire la verità.

Questo cold case è l'innesco per narrare una storia intrigante intrisa di amara ironia. A muovere le fila del racconta sarà un trio di nuovi protagonisti che daranno vita a una narrazione incalzante che alterna pagine oscure a denunce sociali, oscillando fra il noir e la commedia.

Un dettaglio. È sempre un dettaglio a fare la differenza. Capita a Cristina Mandas di dimenticare il compleanno del marito. La svista è il primo scricchiolio di una vita che sta per andare in frantumi. Perché a quarant'anni Cristina non è la maestra, la moglie, la madre, stimata e ben voluta dalla comunità del paesino sardo in cui si è trasferita tempo prima. La donna custodisce un segreto ed è sul punto di cedere. Qualcuno rimasto nell'ombra la spia ormai da anni.

Decise che doveva uscire dall'ombra e impedirglielo, perché la verità di cui Cristina era a conoscenza doveva rimanere sepolta nel fondo melmoso di quel vecchio pozzo.

Quando il corpo di Cristina Mandas viene ritrovato in fondo a un pozzo, il caso viene archiviato come suicidio. Mentre in Sardegna si consuma questa tragedia, a Roma facciamo la conoscenza con i tre protagonisti: Lorenzo, Ermes e Arturo.

Lorenzo Roccaforte è stato uno degli scrittori più amati d'Italia e ha anche vinto il Premio Strega. Tuttavia il successo è volato via a causa della sindrome da pagina bianca. Dietro la facciata di celebrità si cela un uomo disilluso e tormentato, che odia tutto e tutti.

Ermes Calvino, un talentuoso ghostwriter di romanzi noir, sembra avere un abbonamento premium coi guai. Generoso e legatissimo alla madre, che fa la donna delle pulizie, e alla sorella, che si droga e fa debiti con i mafiosi, il ragazzo vorrebbe diventare uno scrittore.

Diversi come il giorno e la notte, Roccaforte e Calvino diventano gli involontari contraenti di un patto diabolico. Ermes scrive i romanzi che Lorenzo firma. Roccaforte si gode il successo, l'editore si arricchisce e Calvino nulla stringe, né fama né soldi.

L'ideatore del piano, il terzo protagonista, è Arturo Panzirollo, un ex galeotto che in carcere ha avuto l'idea del secolo: diventare editore! A volte, purtroppo, i desideri si avverano e Arturo diventa un cinico editore truffaldino senza scrupoli. Sotto la sua regia, Roccaforte è ritornato sulla scena come autore di thriller e conduce il podcast "Trame e delitti". Il vero autore è però Ermes, sempre relegato all'ombra del grande scrittore. Proprio per cercare materiale per il loro programma, Calvino e Roccaforte si ritroveranno in Sardegna a indagare sulla morte di Cristina Mandas che richiama  alla mente un misterioso delitto di trent'anni prima che sconvolse l'isola.

Così mentre Roccaforte, cinico e opportunista, decide di trascorrere i giorni "d'indagine" in un resort di lusso, dove incontrerà una signora con la figlia disabile, sarà Ermes a svolgere il lavoro sporco indagando sull'omicidio della "donna nel pozzo".

Il romanzo mostra un cancro della nostra società, la violenza di genere. Viene anche mostrato un nuovo tipo di criminalità economica che si basa sull'applicazione delle regole del business: i criminali rilevano i debiti della droga o del gioco e li fanno fruttare con gli interessi, distruggendo intere famiglie.

La parte noir del romanzo ci porta a voler scoprire la verità su segreti che, anche a distanza di tempo, non possono proprio essere svelati. Ci sono verità che condannano all'inferno, seppellirle in fondo al cuore non serve a nulla. Il tempo non alleggerisce le coscienze e non si possono dimenticare le proprie colpe.

Il romanzo vede Calvino e Roccaforte frugare tra le pieghe dell'animo umano, mettere insieme deduzioni e riflessioni per rendere giustizia a chi ha subito un'ingiustizia. La loro caparbietà riuscirà a infrangere la bolla di silenzi e complicità che ha protetto i colpevoli?

"La donna nel pozzo" è una sapiente miscela di noir, thriller e commedia e spietata autoanalisi sul funzionamento della fabbrica del racconto crime. I personaggi sono accattivanti e caratterizzati dall'uso del dialetto romano che rende ancor più vivaci i battibecchi e le battute sarcastiche. L'ambientazione è ben caratterizzata sia nelle vicende che si svolgono a Roma, sia quando siamo in Sardegna con la bellezza incontaminata dei suoi territori.

Squadra che vince nun se cambia. Me dovete cerca' 'n artro delitto irrisolto. Vojo de novo scrive in fascetta 'na roba tipo "Ispirato dal terribile caso de 'sto cazzo". Oppure: "Roccaforte ce riporta sul luogo der delitto con la sua sapiente penna, prospettando nuove piste investigative". O ancora: " Il romanzo verità sul caso de, puntini puntini. O magari: "Dove la giustizia se ferma arriva er castigo della letteratura". Senti come sona bene? Me stai a capì', Calvi'? vojo 'n effetto stile er Mostro de Firenze.

L'autore mostra un indubbio talento narrativo e riesce a coinvolgere il lettore in questa storia che segna l'inizio di una nuova serie con una coppia di indagatori che cerca la verità tra le troppe mutevoli bugie. Una verità che giace in fondo al pozzo.

mercoledì 10 settembre 2025

RECENSIONE | "La preda" di Damon Galgut

"La preda" è uno dei primi romanzi di Damon Galgut, pubblicato originariamente nel 1995 e ora edito in Italia da Edizioni E/O nella traduzione di Tiziana Lo Porto, è una parabola suggestiva sul peccato e sulla colpa. La speranza, invece, sarà sacrificata sull'altare del pessimismo. Tutto ha inizio in un tratto di strada solitaria quando due sconosciuti si incontrano. Il primo è un fuggitivo, il secondo è un prete.

STILE: 7 | STORIA: 7 | COVER: 8
La preda
Damon Galgut

Editore: E/O
Pagine: 160
Prezzo: € 17,00
Sinossi

In un tratto di strada solitario due sconosciuti si incontrano. Il primo è un fuggitivo e viaggia a piedi apparentemente senza una meta precisa, il secondo guida un furgone ed è un prete diretto verso la nuova parrocchia che gli è stata assegnata. Temendo di essere consegnato alla polizia, dopo un momento di strana e folgorante intimità, il fuggitivo uccide il prete, nasconde il cadavere in una cava, ne assume vesti e identità, raggiunge la nuova parrocchia e si ritrova a presenziare il funerale del prete ucciso. Il fortuito ritrovamento del cadavere nella cava metterà il capo della polizia sulle tracce dell’assassino. Ma il crimine commesso dal fuggitivo non è un caso isolato, così come la sua fuga, trasformando la caccia all’uomo in una caccia collettiva al crimine, dove a inseguire è la legge e a essere inseguito è chiunque sia fuorilegge.





Un uomo che inseguiva un altro uomo attraverso la terra bruna, non erano più persone, erano un principio in atto: legge e fuorilegge. Cacciatore e preda. 

Il protagonista è un uomo senza nome che, in un tratto di strada solitaria, commette un omicidio. La vittima è un prete in viaggio verso una città vicina dove si trova la sua nuova parrocchia. 

La bottiglia si ruppe a mezz'aria dove prima c'era la testa del prete e il vino esplose rosso, come sangue. O forse era sangue. Poi l'uomo si chinò e sollevò un sasso che era rimasto lì immobile fino a quel momento e lo lasciò cadere sul cranio dell'uomo sotto di lui e lo piantò dentro.

L'omicida, in fuga nel Sudafrica natio dello scrittore, nasconde il cadavere in una cava dismessa e ruba l'identità del prete. Si reca in città e si presenta alla missione. Il suo primo incarico ufficiale è presenziare il funerale dell'uomo che lui ha ucciso. Il fortuito ritrovamento del cadavere nella cava metterà il capo della polizia sulle tracce dell'assassino. Il poliziotto, sospettoso per natura, si interessa sempre più al lavoro del nuovo ministro: osserva, ascolta, gira lentamente intorno alla sua preda. Il falso prete fugge. La legge lo insegue. La caccia all'uomo si trasforma in una caccia collettiva al crimine. 

In appena 160 pagine, Galgut realizza la metafora della colpa e del rimorso. Come in un eterno duello, il Poliziotto e il Fuggiasco si fronteggiano, si inseguono . Le vicende si svolgono attorno a una cava: un buco, nella terra, buio e freddo che, dice Galgut, è il massimo che gli esseri umani possono aspettarsi dal futuro. Puro pessimismo o realtà? 

L'elemento naturale (la cava) e quello umano sono intimamente legati simboleggiando la precarietà della vita umana, del sepolto, del nascosto e della solitudine spettrale. 

Poi il sole tramonta e l'ombra nella cava si trasforma. L'ombra si addensa. A quel punto non è più ombra. É oscurità e l'oscurità nel buco non è diversa dall'oscurità sopra di essa. Potrebbe esserci acqua nella cava, o movimento, o niente. Potrebbe non esserci fondo. 

I personaggi, infatti, sono uomini tormentati senza alcuna speranza nel futuro. Il loro disagio esistenziale nasce da un oscuro passato che proietta la sua ombra anche sul presente in un quadro di sconfitta globale. La posta in gioco è la libertà. Ottenerla è una lotta impari. 

Leggendo questo romanzo ho ripensato a un lavoro di John Steinbeck, "Uomini e topi", che narra la storia di due braccianti itineranti desiderosi di possedere un pezzo di terra dove lavorare e vivere in pace. Ma il sogno si infrange su una realtà fatta di solitudine, pregiudizio, tormento e crudeltà. La libertà anche per loro, come per il Fuggiasco, è una chimera. 

"La preda" è un'indagine che scava nelle profondità dell'animo umano, è un viaggio tra le zone d'ombra dell'esistenza, è un percorso sempre alla periferia dell'identità. È l'esplorazione di un territorio intimo che sconfina nell'onirico. Si percepisce la lama affilata che incide non solo le carni di una persona ma incide il corpo della società del Sudafrica e proietta l'oscurità sui cambiamenti reali nel Sudafrica post apartheid. 

L'incipit ci proietta in un'azione già iniziata, non conosciamo il passato del fuggitivo e non possiamo far altro che seguirlo nel suo viaggio alla continua ricerca di un luogo dove potersi fermare. Sembra, però, condannato a una fuga perpetua: 

C'era dentro di lui la sensazione di eventi che si esaurivano, di molle che si srotolavano e di ruote che rallentavano e sapeva che nella sua fuga azzurra e spettrale di movimento e sonno si stava rapidamente avvicinando al limite estremo delle cose. 

Uccidere è rinascere con un'altra identità. Tuttavia il destino del nostro assassino è già segnato. Fuggire e nascondersi a nulla servono. Il sospetto è come una spada di Damocle sempre pronta a colpire. "La preda" è un breve romanzo che narra di uomini in perpetuo movimento. La prosa concisa, cupa e intrisa di pessimismo, ben si adatta al paesaggio sudafricano, spoglio e suggestivo. I capitoli brevi, alcuni solo frammenti, rendono bene il susseguirsi veloce degli avvenimenti. Non c'è tempo per approfondimenti psicologici, non c'è modo di conoscere il passato, si respira una violenza repressa pronta a esplodere. Galgut non offre nessun conforto a chi legge. Appare subito chiaro che vittime e carnefici non sono poi così diversi, si è perseguitati dai propri demoni interiori e si insegue una verità che ogni volta ci sfugge tra le mani. Il capitolo finale del romanzo ci congeda ricordandoci l'inevitabilità del destino e il contagio dell'oscurità. Siamo tutti prede. Siamo tutti cacciatori.