venerdì 12 settembre 2025

RECENSIONE | "La donna nel pozzo" di Piergiorgio Pulixi

"La donna nel pozzo" (Feltrinelli) di Piergiorgio Pulixi è la storia di due scrittori che si ritrovano in Sardegna per indagare sulla morte di Cristina Mandas e su un misterioso delitto di trent'anni prima.


STILE: 8 | STORIA: 8 | COVER: 7
La donna nel pozzo
Piergiorgio Pulixi

Editore: Feltrinelli
Pagine: 304
Prezzo: € 18,00
Sinossi

Un dettaglio. È sempre un dettaglio a fare la differenza. Capita a Cristina Mandas di dimenticare il compleanno del marito. Che vuoi che sia. Invece, la svista è il primo scricchiolio di una vita che sta per andare in frantumi. Perché a quarant’anni Cristina non è la maestra, la moglie, la madre, stimata e ben voluta dalla comunità di quel paesino sardo in cui si è trasferita tempo prima. Dietro la cortina di un’esistenza comune, custodisce un segreto che deve rimanere sepolto nelle profondità di un pozzo. E così è stato, almeno fino a un particolare colto di sfuggita, fino a quella dimenticanza. Qualcuno, però, si è accorto che Cristina non è più la stessa, che è sul punto di cedere. Qualcuno rimasto nell’ombra a spiarla per anni. Lorenzo Roccaforte è stato uno degli scrittori più amati d’Italia e ha anche vinto il Premio Strega. Ora che il successo è volato via a causa della sindrome da pagina bianca, si ritrova ad aver mancato lo status di “solito stronzo”, lui che puntava a rimanere un “venerato maestro”. Ermes Calvino ha un cognome di peso, nessuna parentela con il grande Italo e un abbonamento premium coi guai. Generoso, legatissimo alla madre e alla sorella, è anche uno sconosciuto scrittore di talento. Diversi come il giorno e la notte, Roccaforte e Calvino diventano gli involontari contraenti di un patto diabolico: Ermes scrive i romanzi che Lorenzo firma. Lo chiamano ghostwriting. L’ideatore del piano è Arturo Panzirolli, un ex galeotto che in carcere ha avuto l’idea del secolo: diventare editore! Sotto la regia di Panzirolli, un Roccaforte senza più speranze è ritornato sulla scena come autore di thriller e podcaster true crime. Scrittore e ghostwriter si ritroveranno in Sardegna a indagare sulla morte di Cristina Mandas e su un misterioso delitto di trent’anni prima, che sconvolse l’isola.





Si era dimenticata del suo compleanno. In diciotto anni di matrimonio non era mai successo. Quella consapevolezza l'aveva fulminata non appena era entrata in sala insegnanti. Aveva posato la tazzina di caffé e, dando una sbirciata all'agenda, si era sentita ghiacciare. Aveva ricontrollato per sicurezza, scorrendo all'indietro i giorni della settimana, salvo rendersi conto dell'imbarazzante concretezza di quella mancanza: Angelo, suo marito, aveva compiuto gli anni quarantotto ore prima, e lei se n'era del tutto dimenticata.

Tutti noi, inutile nasconderlo, subiamo il fascino del male ma non oltrepassiamo la soglia oscura. Sicuramente non conosciamo i pensieri che si agitano nella mente delle persone con cui condividiamo la nostra quotidianità. Se fossimo in grado di farlo, sarebbe un dono o una dannazione?

Piergiorgio Pulixi si è ispirato a fatti reali per scrivere questo thriller intenso che, una volta iniziato, non puoi più lasciare fino all'ultima pagina.

Nel 1898, a Carbonia, venne uccisa Gisella Orrù, una bella ragazza di sedici anni. Scomparve misteriosamente e venne ritrovata in un pozzo. L'autopsia rivelò che era stata violentata. Furono condannate due persone ma, forse, i veri colpevoli non erano quelli. Seguirono altri omicidi, che sembravano collegati. Tante domande rimasero senza risposte. Troppe verità nascoste, troppi silenzi. La paura ha tenuto le bocche cucite e dopo tanti anni nessuno si è fatto avanti per dire la verità.

Questo cold case è l'innesco per narrare una storia intrigante intrisa di amara ironia. A muovere le fila del racconta sarà un trio di nuovi protagonisti che daranno vita a una narrazione incalzante che alterna pagine oscure a denunce sociali, oscillando fra il noir e la commedia.

Un dettaglio. È sempre un dettaglio a fare la differenza. Capita a Cristina Mandas di dimenticare il compleanno del marito. La svista è il primo scricchiolio di una vita che sta per andare in frantumi. Perché a quarant'anni Cristina non è la maestra, la moglie, la madre, stimata e ben voluta dalla comunità del paesino sardo in cui si è trasferita tempo prima. La donna custodisce un segreto ed è sul punto di cedere. Qualcuno rimasto nell'ombra la spia ormai da anni.

Decise che doveva uscire dall'ombra e impedirglielo, perché la verità di cui Cristina era a conoscenza doveva rimanere sepolta nel fondo melmoso di quel vecchio pozzo.

Quando il corpo di Cristina Mandas viene ritrovato in fondo a un pozzo, il caso viene archiviato come suicidio. Mentre in Sardegna si consuma questa tragedia, a Roma facciamo la conoscenza con i tre protagonisti: Lorenzo, Ermes e Arturo.

Lorenzo Roccaforte è stato uno degli scrittori più amati d'Italia e ha anche vinto il Premio Strega. Tuttavia il successo è volato via a causa della sindrome da pagina bianca. Dietro la facciata di celebrità si cela un uomo disilluso e tormentato, che odia tutto e tutti.

Ermes Calvino, un talentuoso ghostwriter di romanzi noir, sembra avere un abbonamento premium coi guai. Generoso e legatissimo alla madre, che fa la donna delle pulizie, e alla sorella, che si droga e fa debiti con i mafiosi, il ragazzo vorrebbe diventare uno scrittore.

Diversi come il giorno e la notte, Roccaforte e Calvino diventano gli involontari contraenti di un patto diabolico. Ermes scrive i romanzi che Lorenzo firma. Roccaforte si gode il successo, l'editore si arricchisce e Calvino nulla stringe, né fama né soldi.

L'ideatore del piano, il terzo protagonista, è Arturo Panzirollo, un ex galeotto che in carcere ha avuto l'idea del secolo: diventare editore! A volte, purtroppo, i desideri si avverano e Arturo diventa un cinico editore truffaldino senza scrupoli. Sotto la sua regia, Roccaforte è ritornato sulla scena come autore di thriller e conduce il podcast "Trame e delitti". Il vero autore è però Ermes, sempre relegato all'ombra del grande scrittore. Proprio per cercare materiale per il loro programma, Calvino e Roccaforte si ritroveranno in Sardegna a indagare sulla morte di Cristina Mandas che richiama  alla mente un misterioso delitto di trent'anni prima che sconvolse l'isola.

Così mentre Roccaforte, cinico e opportunista, decide di trascorrere i giorni "d'indagine" in un resort di lusso, dove incontrerà una signora con la figlia disabile, sarà Ermes a svolgere il lavoro sporco indagando sull'omicidio della "donna nel pozzo".

Il romanzo mostra un cancro della nostra società, la violenza di genere. Viene anche mostrato un nuovo tipo di criminalità economica che si basa sull'applicazione delle regole del business: i criminali rilevano i debiti della droga o del gioco e li fanno fruttare con gli interessi, distruggendo intere famiglie.

La parte noir del romanzo ci porta a voler scoprire la verità su segreti che, anche a distanza di tempo, non possono proprio essere svelati. Ci sono verità che condannano all'inferno, seppellirle in fondo al cuore non serve a nulla. Il tempo non alleggerisce le coscienze e non si possono dimenticare le proprie colpe.

Il romanzo vede Calvino e Roccaforte frugare tra le pieghe dell'animo umano, mettere insieme deduzioni e riflessioni per rendere giustizia a chi ha subito un'ingiustizia. La loro caparbietà riuscirà a infrangere la bolla di silenzi e complicità che ha protetto i colpevoli?

"La donna nel pozzo" è una sapiente miscela di noir, thriller e commedia e spietata autoanalisi sul funzionamento della fabbrica del racconto crime. I personaggi sono accattivanti e caratterizzati dall'uso del dialetto romano che rende ancor più vivaci i battibecchi e le battute sarcastiche. L'ambientazione è ben caratterizzata sia nelle vicende che si svolgono a Roma, sia quando siamo in Sardegna con la bellezza incontaminata dei suoi territori.

Squadra che vince nun se cambia. Me dovete cerca' 'n artro delitto irrisolto. Vojo de novo scrive in fascetta 'na roba tipo "Ispirato dal terribile caso de 'sto cazzo". Oppure: "Roccaforte ce riporta sul luogo der delitto con la sua sapiente penna, prospettando nuove piste investigative". O ancora: " Il romanzo verità sul caso de, puntini puntini. O magari: "Dove la giustizia se ferma arriva er castigo della letteratura". Senti come sona bene? Me stai a capì', Calvi'? vojo 'n effetto stile er Mostro de Firenze.

L'autore mostra un indubbio talento narrativo e riesce a coinvolgere il lettore in questa storia che segna l'inizio di una nuova serie con una coppia di indagatori che cerca la verità tra le troppe mutevoli bugie. Una verità che giace in fondo al pozzo.

mercoledì 10 settembre 2025

RECENSIONE | "La preda" di Damon Galgut

"La preda" è uno dei primi romanzi di Damon Galgut, pubblicato originariamente nel 1995 e ora edito in Italia da Edizioni E/O nella traduzione di Tiziana Lo Porto, è una parabola suggestiva sul peccato e sulla colpa. La speranza, invece, sarà sacrificata sull'altare del pessimismo. Tutto ha inizio in un tratto di strada solitaria quando due sconosciuti si incontrano. Il primo è un fuggitivo, il secondo è un prete.

STILE: 7 | STORIA: 7 | COVER: 8
La preda
Damon Galgut

Editore: E/O
Pagine: 160
Prezzo: € 17,00
Sinossi

In un tratto di strada solitario due sconosciuti si incontrano. Il primo è un fuggitivo e viaggia a piedi apparentemente senza una meta precisa, il secondo guida un furgone ed è un prete diretto verso la nuova parrocchia che gli è stata assegnata. Temendo di essere consegnato alla polizia, dopo un momento di strana e folgorante intimità, il fuggitivo uccide il prete, nasconde il cadavere in una cava, ne assume vesti e identità, raggiunge la nuova parrocchia e si ritrova a presenziare il funerale del prete ucciso. Il fortuito ritrovamento del cadavere nella cava metterà il capo della polizia sulle tracce dell’assassino. Ma il crimine commesso dal fuggitivo non è un caso isolato, così come la sua fuga, trasformando la caccia all’uomo in una caccia collettiva al crimine, dove a inseguire è la legge e a essere inseguito è chiunque sia fuorilegge.





Un uomo che inseguiva un altro uomo attraverso la terra bruna, non erano più persone, erano un principio in atto: legge e fuorilegge. Cacciatore e preda. 

Il protagonista è un uomo senza nome che, in un tratto di strada solitaria, commette un omicidio. La vittima è un prete in viaggio verso una città vicina dove si trova la sua nuova parrocchia. 

La bottiglia si ruppe a mezz'aria dove prima c'era la testa del prete e il vino esplose rosso, come sangue. O forse era sangue. Poi l'uomo si chinò e sollevò un sasso che era rimasto lì immobile fino a quel momento e lo lasciò cadere sul cranio dell'uomo sotto di lui e lo piantò dentro.

L'omicida, in fuga nel Sudafrica natio dello scrittore, nasconde il cadavere in una cava dismessa e ruba l'identità del prete. Si reca in città e si presenta alla missione. Il suo primo incarico ufficiale è presenziare il funerale dell'uomo che lui ha ucciso. Il fortuito ritrovamento del cadavere nella cava metterà il capo della polizia sulle tracce dell'assassino. Il poliziotto, sospettoso per natura, si interessa sempre più al lavoro del nuovo ministro: osserva, ascolta, gira lentamente intorno alla sua preda. Il falso prete fugge. La legge lo insegue. La caccia all'uomo si trasforma in una caccia collettiva al crimine. 

In appena 160 pagine, Galgut realizza la metafora della colpa e del rimorso. Come in un eterno duello, il Poliziotto e il Fuggiasco si fronteggiano, si inseguono . Le vicende si svolgono attorno a una cava: un buco, nella terra, buio e freddo che, dice Galgut, è il massimo che gli esseri umani possono aspettarsi dal futuro. Puro pessimismo o realtà? 

L'elemento naturale (la cava) e quello umano sono intimamente legati simboleggiando la precarietà della vita umana, del sepolto, del nascosto e della solitudine spettrale. 

Poi il sole tramonta e l'ombra nella cava si trasforma. L'ombra si addensa. A quel punto non è più ombra. É oscurità e l'oscurità nel buco non è diversa dall'oscurità sopra di essa. Potrebbe esserci acqua nella cava, o movimento, o niente. Potrebbe non esserci fondo. 

I personaggi, infatti, sono uomini tormentati senza alcuna speranza nel futuro. Il loro disagio esistenziale nasce da un oscuro passato che proietta la sua ombra anche sul presente in un quadro di sconfitta globale. La posta in gioco è la libertà. Ottenerla è una lotta impari. 

Leggendo questo romanzo ho ripensato a un lavoro di John Steinbeck, "Uomini e topi", che narra la storia di due braccianti itineranti desiderosi di possedere un pezzo di terra dove lavorare e vivere in pace. Ma il sogno si infrange su una realtà fatta di solitudine, pregiudizio, tormento e crudeltà. La libertà anche per loro, come per il Fuggiasco, è una chimera. 

"La preda" è un'indagine che scava nelle profondità dell'animo umano, è un viaggio tra le zone d'ombra dell'esistenza, è un percorso sempre alla periferia dell'identità. È l'esplorazione di un territorio intimo che sconfina nell'onirico. Si percepisce la lama affilata che incide non solo le carni di una persona ma incide il corpo della società del Sudafrica e proietta l'oscurità sui cambiamenti reali nel Sudafrica post apartheid. 

L'incipit ci proietta in un'azione già iniziata, non conosciamo il passato del fuggitivo e non possiamo far altro che seguirlo nel suo viaggio alla continua ricerca di un luogo dove potersi fermare. Sembra, però, condannato a una fuga perpetua: 

C'era dentro di lui la sensazione di eventi che si esaurivano, di molle che si srotolavano e di ruote che rallentavano e sapeva che nella sua fuga azzurra e spettrale di movimento e sonno si stava rapidamente avvicinando al limite estremo delle cose. 

Uccidere è rinascere con un'altra identità. Tuttavia il destino del nostro assassino è già segnato. Fuggire e nascondersi a nulla servono. Il sospetto è come una spada di Damocle sempre pronta a colpire. "La preda" è un breve romanzo che narra di uomini in perpetuo movimento. La prosa concisa, cupa e intrisa di pessimismo, ben si adatta al paesaggio sudafricano, spoglio e suggestivo. I capitoli brevi, alcuni solo frammenti, rendono bene il susseguirsi veloce degli avvenimenti. Non c'è tempo per approfondimenti psicologici, non c'è modo di conoscere il passato, si respira una violenza repressa pronta a esplodere. Galgut non offre nessun conforto a chi legge. Appare subito chiaro che vittime e carnefici non sono poi così diversi, si è perseguitati dai propri demoni interiori e si insegue una verità che ogni volta ci sfugge tra le mani. Il capitolo finale del romanzo ci congeda ricordandoci l'inevitabilità del destino e il contagio dell'oscurità. Siamo tutti prede. Siamo tutti cacciatori.

lunedì 1 settembre 2025

RECENSIONE | "I vedovi" di Boileau e Narcejac

Buongiorno lettori, oggi vi parlo de "I vedovi" (Adelphi) scritto a quattro mani da Boileau e Narcejac. È un noir ambientato in una Parigi di fine anni Sessanta, fitto di misteri intricati con al centro la gelosia ossessiva del protagonista.


STILE: 8 | STORIA: 8 | COVER: 7
I vedovi
Boileau e Narcejac

Editore: Adelphi
Pagine: 172
Prezzo: € 18,00
Sinossi

Quando si varca la soglia di una delle storie costruite, con abilità diabolica, da Boileau e Narcejac, si prova sempre una lieve inquietudine – che però, com’è ovvio, fa parte del piacere della lettura. Sappiamo, infatti, che verremo trascinati in un gioco perverso e saremo le consapevoli e appagate vittime di quei due temibili creatori di angosciosa suspense, capaci come pochi altri di tenerci inchiodati alla pagina così come di infliggere un tormento dopo l’altro ai loro protagonisti. Che sono sempre, a ben vedere, uomini – in genere irresoluti, inconsistenti, spesso infantili – che si ritrovano prigionieri di un ingranaggio infernale, al quale, per quanto si dibattano, non riescono a sfuggire. E che, soprattutto, a poco a poco smarriscono la capacità di percepire la differenza tra la realtà e le proprie farneticazioni. E quale sentimento umano si presta meglio a mettere in moto un delirio se non la gelosia? Sarà appunto la gelosia, una gelosia furibonda, autoalimentata, incontrollabile, a condurre all’omicidio il protagonista dei Vedovi – titolo che solo alla fine del romanzo svelerà il suo ambiguo significato. Ma attenzione: l’omicidio non è che l’inizio – il bello deve ancora venire.





Fa davvero così male dover ammettere che ci si è sempre sbagliati? 

Serge, voce nei drammi radiofonici e scrittore occasionale, è morbosamente geloso. Perseguita la moglie Mathilde, la fa seguire, perquisisce i suoi effetti personali, controlla il contachilometri della sua auto. Quando si rende conto del suo errore, è già troppo tardi: ha ucciso il presunto amante della moglie. Da marito fragile, "il nostro amore era un gigante mansueto", Serge si ritrova a essere un assassino ricercato dalla polizia. Nel frattempo un altro fatto si mette di traverso a complicare la vita a Serge. Il suo secondo libro dal titolo "Strani Amori", presentato anonimo a un concorso letterario, vince il prestigioso premio Messidor e sua moglie lo esorta a farsi conoscere. 

Le cose non sono mai come appaiono e al centro del narrare c'è una fissazione paranoica di cui non si comprende se sia fondata su una realtà effettiva o figlia di un puro idillio. Gli autori modificano a loro piacimento realtà e incubo, mescolandoli e confondendoli fra loro. Nel romanzo "I vedovi" la gelosia opprime il protagonista che vede tradimenti ovunque. Le sue sono fantasie dolorose alimentate dall'ambiente che la moglie frequenta. Modella di successo, Mathilde è sempre circondata da stilisti, fotografi, persone importanti che vivono una mondanità luccicante. 

Serge non è famoso, non è brillante, non è ricco. La gelosia diventa frustrazione, la frustrazione lo trasforma in un assassino, il delitto lo pone al centro di un complotto. Complotto reale o immaginario? L'uomo ne resta prigioniero. Tormentato da dubbi e divorato dalla gelosia, Serge non sa che parte di preciso lui stesso reciti. 

Pagina dopo pagina emerge il lato oscuro, l'ambiguità, la disperazione dei personaggi che attirano il lettore e non danno tregua per cui è impossibile chiudere il libro prima del gran finale. È interessante vedere come l'atto delittuoso diventa un pretesto per raccontare non solo la psicologia dei personaggi ma anche per mostrare una visione esistenziale negativa, angosciosa, amara. Tenendo ben stretto il filo d'Arianna è intrigante entrare in questo labirinto mentale dove il malessere esistenziale regna sovrano. Non ci sono regole e la diabolica storia evolve in un universo ossessivo e inquietante. I personaggi si ritrovano prigionieri di un ingranaggio infernale, al quale, per quanto si dibattano, non riescono a sfuggire. 

Quel tiepido bozzolo non era che una ragnatela inestricabile. 

È sempre coinvolgente vedere come, a poco a poco, smarriscono la capacità di percepire la differenza tra la realtà e le proprie farneticazioni. Per Serge l'amore è dubbio, diffidenza, sospetto e angoscia. Il suo è un amore tossico, cupo e possessivo. 

"I vedovi" è un romanzo attualissimo perché racconta l'incapacità dell'uomo di accettare, tra le altre cose, la libertà della donna. Serge è un uomo insicuro che vede possesso il suo potere e si autoconvince di essere stato ingannato, manipolato, umiliato da colei che dice di amarlo. Allora nella mente del protagonista si fa strada la necessità di punire la moglie che rappresenta, ai suoi occhi, uno specchio che riflette la sua immagine di uomo mediocre, incapace di realizzarsi, insoddisfatto. L'ego maschile si sente minacciato e la sua fragilità è messa a nudo. Quindi l'ossessione emerge dalla nebbia del vittimismo e l'inevitabile si compie. 

Gli autori raccontano un male che attraversa le varie epoche e giunge sino ai nostri giorni, sempre vitale e sempre presente, come una ferita che non riesce mai a guarire. Nel romanzo non c'è condanna, non c'è assoluzione, ma c'è l'opportunità per una riflessione doverosa. 

L'omicidio non è che l'inizio, infatti nel corso del romanzo gli eventi si complicano, il ritmo cresce, l'incubo incombe e Serge comprenderà che la vendetta ha mille volti. Il piacere di amare e di essere amati su basi paritarie sembra così lontano.