martedì 15 aprile 2025

RECENSIONE | "Una strada tranquilla" di Seraphina Nova Glass

Per le lettrici e i lettori che amano i thriller psicologici, Fazi pubblica "Una strada tranquilla" di Seraphina Nova Glass, romanzo ambientato in un sobborgo americano pieno di segreti: alcuni grandi, altri piccoli, altri mortali.


STILE: 8 | STORIA: 8 | COVER: 7
Una strada tranquilla
Seraphina Nova Glass

Editore: Fazi
Pagine: 324
Prezzo: € 18,50
Sinossi

Un intrigante thriller psicologico ambientato in un sobborgo americano pieno di segreti: alcuni grandi, altri piccoli, altri mortali. Uno dopo l’altro stanno per essere svelati tutti… Chi non vorrebbe vivere a Brighton Hills? Questo esclusivo comprensorio residenziale sulla costa dell’Oregon è il mix perfetto di lusso e bellezza naturale: splendide case si ergono sotto possenti abeti, rigogliosi giardini si estendono fino al lungolago. Chi vive qui conduce un’esistenza agiata e mondana, scandita da eventi di beneficenza, partite a golf e bevute tra conoscenti; è il tipo di posto in cui i vicini si prendono cura l’uno dell’altro. A volte fin troppo. Cora, quarantenne organizzatrice di eventi, è certa che suo marito la tradisca; deve solo coglierlo sul fatto. Per smascherarlo assolda la fedele dirimpettaia Paige. Dal canto suo, Paige non si dà pace da quando il figlio ha perso la vita in un incidente e, convinta che il responsabile si celi tra i residenti del comprensorio, ha preso a spiare compulsivamente i vicini in cerca del colpevole. Nel frattempo, la nuova vicina Georgia, giovane inglese giunta da poco a Brighton Hills al seguito del marito, si comporta in modo sempre più strano. Ma cosa potrebbe mai nascondere una madre così adorabile?





A Brighton Hills non succede mai niente. Be', non alla luce del sole, quantomeno. Le cose avvengono sempre in segreto e dietro porte chiuse: vorticano sotto forma di pettegolezzi e sguardi furtivi, ma la superficie resta patinata e imperturbabile.

Brighton Hills è un esclusivo comprensorio residenziale sulla costa dell'Oregon, è un mix perfetto di lusso e bellezza naturale. Case meravigliose si annidano sotto imponenti abeti e rigogliosi giardini scendono fino al lungolago. Chi vive qui conduce un'esistenza agiata e mondana, scandita da eventi di beneficenza, partite a golf e bevute tra conoscenti. É il tipo di posto in cui i vicini si prendono cura l'uno dell'altro. A volte fin troppo. 

Cora, quarantenne organizzatrice di eventi, è convinta che suo marito Finn la tradisca. Lui nega. Deve solo coglierlo in flagrante per dimostrare che il marito non ha rispettato la clausola del loro accordo prematrimoniale. Per smascherarlo assolda la fedele dirimpettaia Paige. 

Dal canto suo, Paige non si dà pace da quando il figlio Caleb ha perso la vita in un incidente stradale. É convinta che la morte del figlio non sia un incidente e che il colpevole si celi tra i residenti del comprensorio. La donna ha in sé una miscela di dolore e rabbia che cresce ogni giorno di più e tende ad allontanare tutti, compreso il marito che si trasferisce in un nuovo appartamento. Paige è determinata a scoprire chi ha ucciso il suo Caleb e così inizia a spiare i suoi vicini: scatta delle foto, osserva con il binocolo. Si improvvisa super investigatrice amatoriale. 

Nel frattempo, la nuova vicina Georgia, giovane inglese giunta da poco a Brighton Hills al seguito del marito, si comporta in modo sempre più strano. Non oltrepassa mai il portico di casa ed evita a tutti i costi di chiacchierare con i vicini. Suo marito spiega che il comportamento della moglie è dovuto all'agorafobia a causa di un trauma passato. Ma cosa potrebbe mai nascondere una giovane madre così adorabile? 

Con "Una strada tranquilla", dal quale verrà tratta una serie tv, l'autrice è stata finalista all'Edgar Award. 

I personaggi sono accattivanti: Cora, Paige e Georgia sono tre donne imperfette che si confrontano con relazioni matrimoniali disfunzionali ma, nel momento del bisogno, stringono una specie di alleanza trovando la forza l'una nell'altra per rimediare a qualche torto. Le loro voci sono nitide ed è facile schierarsi dalla loro parte. 

"Una strada tranquilla" è un dramma domestico che dimostra come le apparenze ingannino. Dietro le porte chiuse tutti hanno dei segreti e accadono eventi angoscianti 

La trama è incisiva, veloce e contorta. Si trattano temi come l'infedeltà, il dolore, la perdita di identità e la manipolazione psicologica. Tutto ciò rende la lettura emozionante e ricca di tensione. L'autrice, con mano sicura, conduce il lettore verso la soluzione di più misteri. La forza del romanzo è nei personaggi che dapprima singolarmente, poi in gruppo, riescono a scoperchiare un vaso di Pandora che non promette nulla di buono. Man mano che i segreti vengono rivelati, ciascuno si rende conto di quanto la verità cambierà la vita della propria famiglia. 

Questo è il primo libro di Seraphina Nova Glass che leggo. Mi è piaciuto il suo stile di scrittura e il suo sarcasmo e umorismo che hanno stemperato un po' l'atmosfera di cruda disperazione creata dai temi trattati. Ho trovato la storia molto interessante con momenti di alta tensione e disagio. Non sono stata sempre d'accordo con alcune decisioni prese dalle protagoniste ma leggere le loro azioni è stato assistere a un interessante gioco del gatto e del topo. 

"Una strada tranquilla" è un thriller domestico a tinte nerissime con personaggi che si arricchiscono di nuove sfaccettature a ogni capitolo. L'ingranaggio narrativo alterna le loro voci rivelando un quadro d'insieme complesso e mostruoso. Quanti demoni chiusi tra le pareti domestiche! Le convenzioni di una società senz'anima si moltiplicano segnando una pericolosa soglia invisibile. Sarà pericoloso portare alla luce gli aspetti nascosti della personalità di alcuni protagonisti. 

La bellezza di questo thriller è vedere come forze inarrestabili si mettono in moto e inducono il lettore alla riflessione e rivalutazione dei lati oscuri della personalità, dei non detti del matrimonio e della vita famigliare. 

È intrigante seguire le prospettive di Paige, Cora e Georgia, conoscenti e vicine di casa attraverso una spirale che si sviluppa intorno a una tragedia. Le loro storie sono un'esperienza emotiva di largo respiro che porta il lettore a guardare gli eventi sulla pagina come proiezione di eventi che le donne possono vivere realmente in famiglia. La famiglia diventa un luogo pericoloso, non è più un nido di accoglienza, calore e felicità. Non c'è niente di più terrificante di ciò che può accadere nelle nostre case, all'interno delle nostre famiglie e delle amicizie. C'è sempre un divario tra l'ineccepibile facciata pubblica delle famiglie perfette e il loro lato oscuro privato. 

Vorrei concludere con un'ultima riflessione. Sotto la superficie della normalità si annidano gli orrori della perversione, dietro gli abbracci e i sorrisi possono nascondersi paura, odio e violenza. La libertà e la dignità della donna sono beni a cui non si può e non si deve rinunciare. La violenza non è mai giustificata, l'amore non è mai possesso. Diamo voce alla violenza sotterranea, ai lividi che deturpano la pelle, alle paure taciute, alle minacce sommesse, alle manipolazioni e alla gelosia ossessiva. Promuoviamo la cultura del rispetto.

lunedì 7 aprile 2025

RECENSIONE | "56 giorni" di Catherine Ryan Howard

"56 giorni" (Fazi) è il nuovo romanzo di Catherine Ryan Howard, scrittrice di gialli di successo internazionale. La storia è ambientata a Dublino, città d'origine della scrittrice, nell'Irlanda 2020 nel periodo del lockdown.

Tutto ha inizio con un incontro casuale, con una convivenza affrettata e con la scoperta di un cadavere in decomposizione. Potrebbe essere l'omicidio perfetto?


STILE: 7 | STORIA: 8 | COVER: 7
56 giorni
Catherine Ryan Howard

Editore: Fazi
Pagine: 372
Prezzo: € 19,00
Sinossi

Nessuno sapeva che vivevano insieme. Ora uno dei due è morto. Potrebbe essere questo il delitto perfetto? 

56 GIORNI PRIMA Ciara e Oliver si incontrano per la prima volta in un supermercato di Dublino, durante una pausa pranzo come tante; tra loro scatta subito la scintilla e, nel giro di pochi giorni, iniziano a frequentarsi. Nella stessa settimana, il Covid-19 raggiunge le coste irlandesi. 

35 GIORNI PRIMA Quando il lockdown minaccia di tenerli separati, Oliver suggerisce di andare a vivere insieme nel suo appartamento. Nonostante si conoscano da poco, Ciara accetta: per lei è l’unico modo di far funzionare la relazione sfuggendo al controllo della famiglia e degli amici. Per Oliver è l’unico modo di nascondere la sua vera identità. 

OGGI Nell’appartamento di Oliver viene trovato un cadavere in decomposizione. Gli investigatori si buttano a capofitto nell’indagine: riusciranno a capire cosa è realmente accaduto, oppure la pandemia ha permesso a qualcuno di commettere il delitto perfetto?





Le bugie sono cose sottili e poco maneggevoli. Filamenti delicati, come i fasci di nervi del corpo. Facili da torcere, difficili da controllare, impossibili da tenere fermi.

Ciara e Oliver si incontrano in coda al supermercato a Dublino la stessa settimana in cui il Covid-19 raggiunge le coste irlandesi. Tra loro scatta subito una forte attrazione. Quando il lockdown minaccia di tenerli separati, Oliver propone a Ciara di trasferirsi nel suo appartamento. Si conoscono appena ma lei vede la convivenza come l'opportunità per vivere una nuova relazione senza l'esame scrupoloso di famigliari e amici, lui la vede come un'opportunità per tenere segreto il suo passato. 

Cinquantasei giorni dopo, la polizia trova un cadavere in decomposizione nel loro appartamento. Nessuno sapeva della loro convivenza. 

Cosa è realmente successo nell'appartamento di Oliver? Un tragico incidente, un delitto passionale o il lockdown ha offerto l'occasione per un crimine perfetto? I detective saranno in grado di determinare cose sia realmente successo? 

"56 giorni" è un giallo claustrofobico che vi trascinerà in un gorgo di sospetti fino all'ultima rivelazione. 

Oliver è un "tecnico dell'architettura", studia il modo per costruire gli edifici progettati dagli architetti. È alto e bello, forse un po' troppo paranoico. 

Ciara lavora per un'azienda tecnologica. È una ragazza che sembra insicura 

Le loro storie creano un'atmosfera carica di tensione e sono un portale per svelare i misteri del loro passato. Hanno 56 giorni per trasformare l'attrazione iniziale in amore. Ma il loro sarà un paradiso in terra o l'anticamera dell'inferno? 

L'intera vicenda è divisa in capitoli che hanno come titolo date che collocano gli eventi sia nel passato sia nel presente. I protagonisti sono ben descritti e le loro motivazioni psicologiche vengono sondate in profondità anche se ognuno nasconde delle informazioni. L'autrice è brava a seminare sospetti su entrambi i protagonisti costruendo un castello destinato a crollare miseramente. 

Il thriller si evolve su più piani temporali. Tutto parte dal lontano 2003 quando Oliver e Ciara erano all'inizio dell'adolescenza. Un passato, mai del tutto sepolto, allunga la sua ombra sugli eventi del 2020. 

"56 giorni" è un giallo ben congegnato, intriso di dolore, rancore, rabbia, desiderio di essere perdonati. Il passato non si può cambiare ma si può scrivere il presente e soprattutto il futuro. Ogni protagonista esprime il proprio punto di vista con rari e frammentati nuovi elementi e questo genera una certa ripetizione rimbalzando avanti e indietro nel tempo. Oliver e Ciara mentono sapendo di mentire, indossano una maschera e rimescolano continuamente le carte in tavola. 

Leggere questo thriller mi ha fatto rivivere l'incertezza, la solitudine e la tensione del lockdown: le strade silenziose, gli scaffali del supermercato vuoti, il distanziamento sociale, le mascherine, la vita messa in stand-by. Comunque il Covid fa solo da sfondo alla vicenda fornendo l'atmosfera perfetta per un mistero drammatico e agghiacciante. Infatti quando pensi di aver afferrato il bandolo della matassa, ti accorgi di aver sbagliato e le tue deduzioni si volatilizzano nel nulla. 

Catherine Ryan Howard ci propone un romanzo in cui nulla è come sembra e non ci si può fidare di nessuno. L'autrice è brava nell'arte della manipolazione della trama, spiazza il lettore intrappolandolo nelle menti di Oliver e Ciara. Fin dall'inizio sappiamo che qualcuno morirà ed è normale chiedersi: Chi morirà? Chi ha commesso l'omicidio? Qual è il movente? 

A dare una risposta a queste domande è una coppia di detective che dovrà scoprire cosa sia realmente successo nell'appartamento dove hanno scoperto un corpo in putrefazione nella doccia. La polizia non trova alcun documento né impronte digitali. Riusciranno a stabilire cosa è realmente accaduto? 

Questo libro mi ha tenuto sulle spine fino alla fine. Non sono mai stata sicura per chi tifare e di chi fidarmi. Un bel colpo di scena segna il gran finale dove l'Io si perde dietro al vetro smerigliato di una doccia, in una piccola pozzanghera d'acqua che diventa l'universo in cui giustizia e vendetta si fronteggiano. In ognuno di noi c'è un mostro, attenti!

lunedì 31 marzo 2025

RECENSIONE | "Uccidi i ricchi" di Sandrone Dazieri

Con un titolo che suona come un incitamento contro le classi sociali più agiate, Sandrone Dazieri ci presenta il suo nuovo romanzo, "Uccidi i ricchi", edito da Rizzoli. Il libro segna il ritorno della coppia investigativa Dante Torre e Colomba Caselli che abbiamo conosciuto nella "Trilogia del padre" ("Uccidi il padre", 2014; "L'angelo", 2016; "Il re di denari", 2018), serie bestseller che ha fatto di Dazieri un autore internazionale tradotto in 25 Paesi.

Dante e Colomba saranno alle prese con un piano diabolico e con un assassino che non sembra intenzionato a fermarsi. L'indagine ha inizio in seguito alla morte sospetta di un ex calciatore miliardario in un grattacielo di Milano. Intanto sul web si diffondono post incendiari con il mantra "Uccidi i ricchi".

STILE: 8 | STORIA: 9 | COVER: 7
Uccidi i ricchi
Sandrone Dazieri

Editore: Rizzoli
Pagine: 384
Prezzo: € 19,00
Sinossi

Era scomparsa dai radar ma ora è tornata, l’ex vicequestore Colomba Caselli, e si fa notare. Capelli corti neri, iridi di un verde cangiante, spalle larghe da nuotatrice, zigomi alti vagamente orientali. E ferite difficili da ricucire. Ora, nel suo nuovo ruolo di detective privato, ha per le mani un omicidio fuori dal comune. Tra i grattacieli di vetro abitati dai milionari di Milano, infatti, tutto sembra sotto controllo: massima sorveglianza e telecamere ovunque. Eppure l’ex calciatore Jesús Martínez viene trovato morto nel suo costosissimo appartamento, congelato in una criosauna di ultima generazione. Sembra un malfunzionamento, ma se si tratta di uno dei cinquecento uomini più ricchi al mondo non esistono errori. Colomba non può fare a meno del suo prezioso quanto imprevedibile socio, Dante Torre, uomo dalle intuizioni geniali, che soffre di una forma estrema di claustrofobia e che con lei condivide le cicatrici di un passato traumatico. Tra loro c’è una complicità che li tiene in connessione, anche quando a dividerli è la lontananza. I due scoprono presto che quella di Martínez non è l’unica morte sospetta tra i membri di un ristretto cerchio composto da multimilionari. Nel frattempo si diffonde online una serie di post che incitano alla rivolta lanciando lo slogan: UCCIDI I RICCHI. Che si tratti della mano di un singolo vendicatore sociale oppure di un gruppo di anarchici o complottisti, il killer sembra inafferrabile. Messi a dura prova dall’indagine, Dante e Colomba dovranno anche sbrogliare la matassa intricata dei loro sentimenti, e capire se provano qualcosa l’uno per l’altra. 



Per essere definiti "ricchi", spiega Dante, non occorre solo il denaro. 

Ci sono i ricchi normali, gli arricchiti e i super ricchi. La prima categoria è ricca di famiglia: ha proprietà, terre e liquidità da generazioni. Sangue blu, in certi casi. Gli arricchiti hanno fatto i soldi con il loro business, hanno tante case ma poche terre, liquidità variabili dalle loro capacità. Hanno conosciuto la povertà o comunque la vita normale, hanno paura di tornare poveri, sono arroganti e accumulatori. Poi ci sono i super ricchi. É una novità del terzo millennio. Si muovono con altri ordini di grandezza. Possiedono letteralmente il nostro mondo. Hanno eserciti privati, costruiscono città nei deserti e impongono i loro gusti a tutti.

Conosciamo la coppia investigativa: 

Lei è l'ex vicequestore Colomba Caselli. Dopo aver deciso di chiudere con la polizia, collaborerà con i Servizi Segreti. Ora è tornata e si fa notare. Capelli corti neri, iridi di un verde cangiante, spalle larghe da nuotatrice, zigomi alti vagamente orientali. E ferite difficili da ricucire. 

Lui è Dante Torre, cultore della materia criminale. É diventato una star di podcast in cui parla delle origini dei crimini e dei casi irrisolti. Prezioso quanto imprevedibile socio di Colomba, Dante è un uomo dalle intuizioni geniali che soffre di una forma estrema di claustrofobia conseguenza di un passato traumatico. 

Colomba, nel suo nuovo ruolo di detective privato, deve affrontare un omicidio fuori dal comune. Tra i grattacieli di vetro abitati dai milionari di Milano, tutto sembra supercontrollato: massima sorveglianza e telecamere ovunque. Eppure l'ex calciatore Jesus Martinez, diventato magnate del fitness nel settore specifico della crioterapia, viene trovato morto nel suo costosissimo appartamento, per un "infarto da freddo" dovuto al mal funzionamento di una criosauna di ultima generazione. Sembra un incidente, ma se si tratta di uno dei cinquecento uomini più ricchi al mondo non esistono errori. 

Per indagare Colomba chiede la collaborazione di Dante e i due scoprono presto che quella di Martinez non è l'unica morte sospetta. In un breve lasso di tempo muoiono anche Franco Muller, magnate farmaceutico, e Cristina Rinaldi Moretti, stilista che firma abiti ecosostenibili ma che era stata accusata di far produrre i vestiti in Bangladesh con paghe irrisorie. 

Chi uccide i multimilionari? 

Nel frattempo si diffonde online una serie di post che incitano alla rivolta lanciando lo slogan: "Uccidi i ricchi". 

Durante le indagini sono formulate varie ipotesi. Potrebbe trattarsi di un singolo vendicatore o di un gruppo di anarchici o complottisti. Il killer sembra inafferrabile. Dante e Colomba dovranno mettere fine agli omicidi e sbrogliare anche la massa intricata dei loro sentimenti per capire se provano qualcosa l'uno per l'altra. 

"Uccidi i ricchi" è un thriller implacabile che si interroga sul presente della nostra società e sul futuro dell'umanità. Tra complotti e dilemmi morali, vendette sociali e riflessioni sul potere, Sandrone Dazieri unisce il fascino del noir con le sfumature del lato oscuro della società e crea una trama che ci porta a riflettere sul nostro mondo. 

C'é una sola grande nazione e si chiama Dollaronia e a comandarla sono le persone più ricche del mondo. I primi venti hanno il potere assoluto. Comandano loro. Su tutto. Economia, guerre... Tutti voi avete casa o usate qualche servizio fornito da loro. Internet, medicine, armi. Tutto.

La disuguaglianza nella distribuzione della ricchezza e dei privilegi è sotto gli occhi di tutti. Il potere dei super ricchi rischia di non avere un limite. I ricchi diventano sempre più ricchi, i poveri diventano sempre più poveri. Negli affari sono spietati e non hanno certo un cuore tenero. Viviamo in un'epoca dominata da un capitalismo sempre più tecnologico, dove poche persone controllano risorse immense. 

Eppure c'è qualcosa che ci rende tutti uguali: la Morte che tutto appiana. La morte è una "livella", diceva Totò, si diventa tutti uguali a prescindere da ciò che si è fatto in vita. Di fronte al potere della morte comprendiamo la natura effimera dei beni mondani. Tuttavia la nuova sfida dei miliardari per sconfiggere la morte potrebbe portare nuovi problemi a noi poveri mortali. Il potere cerca l'immortalità! Giocare a fare Dio non è per tutti, lo sa bene l'assassino che uccide i ricchi, potenti e ingordi. Per loro nessuno verserà lacrime, anzi la loro morte sembra un atto di giustizia. 

"Uccidi i ricchi" è un romanzo da leggere tutto d'un fiato. Dazieri proietta subito il lettore sulla scena del crimine e da qui inizia un'indagine tagliente del tessuto sociale. Molti i personaggi che interagiscono tra loro in un lasso di tempo molto breve e alla fine del romanzo tutti gli interrogativi saranno evasi in modo soddisfacente. Il conflitto tra il mondo dei ricchi e quello di chi non lo è solleva molti interrogativi. Parteciperemo a cerimonie esclusive dove i cani robot fanno la guardia. Voleremo su elicotteri sorvolando antichi castelli e mega yacht. Avremo sempre presente il messaggio del titolo e toccheremo con mano il malcontento sociale e il senso di ingiustizia che portano alla protesta. In una girandola di false piste e scoperte inattese si giunge all'amara conclusione che la normalità di una vita sia spesso una facciata che nasconde realtà oscure e inquietanti. Cosa succederà al grido di "Uccidi i ricchi"? Leggete questo romanzo e ogni cosa vi verrà svelata.

martedì 25 marzo 2025

RECENSIONE | "Il sentiero dei nidi di ragno" di Italo Calvino

Il primo romanzo di Italo Calvino è stato "Il sentiero dei nidi di ragno" pubblicato nel 1947. Con l'intenzione di partecipare a un concorso per giovani scrittori indetto dall'editore Mondadori, Calvino scrisse il romanzo che però non vinse il concorso, ma incontrò l'approvazione di Pavese e venne pubblicato da Einaudi nella collana "I coralli".

Nell'immediato dopoguerra vi furono molti romanzi che trattavano la vicenda bellica appena conclusa. Calvino però racconta la guerra vista con gli occhi di un bambino, Pin, che non sa distinguere il bene dal male, a causa della sua superficialità con cui supera le difficoltà, e non sa decifrare gli eventi della storia.

Pin, il protagonista della vicenda, osserva il mondo dei grandi di cui vorrebbe far parte.



Il sentiero dei nidi di ragno
Italo Calvino

Editore: Mondadori
Pagine: 159
Sinossi

Dove fanno il nido i ragni? L'unico a saperlo è Pin, che ha dieci anni, è orfano di entrambi i genitori e conosce molto bene la radura nei boschi in cui si rifugiano i piccoli insetti. È lo stesso posto in cui si rifugia lui, per stare lontano dalla guerra e dallo sbando in cui si ritrova il suo piccolo paese tra le colline della Liguria, dopo l'8 settembre 1943. Ma nessuno può davvero sfuggire a ciò che sta succedendo qui e nel resto d'Italia. Neppure Pin. Ben presto viene coinvolto nella Resistenza e nelle lotte dei partigiani, sempre alla ricerca di un grande amico che sia diverso da tutte le altre persone che ha conosciuto. Ma esisterà davvero qualcuno a cui rivelare il suo segreto?




Tutti abbiamo una ferita segreta per riscattare la quale combattiamo.

Pin, un bambino ligure di circa dieci anni dalla vita vagabonda e solitaria in un mondo di adulti, vive insieme alla sorella, soprannominata la Nera di Carrugio Lungo, che si prostituisce con i tedeschi. Il bambino trascorre le sue giornate sulla strada e all'osteria raccontando storie di cui non capisce tutto il significato e cantando canzoni malinconiche che parlano di amori perduti e di prigionie. All'osteria c'è anche un gruppo di antifascisti che minaccia lui e la sorella, perché la loro casa è frequentata dai tedeschi e la Nera è una spia. Pin vorrebbe guadagnarsi la fiducia di quel gruppo di uomini e decide di impossessarsi della pistola di uno degli amanti della sorella, un marinaio tedesco. Rubata l'arma, Pin torna all'osteria ma si rende conto che gli uomini non prendono in gran considerazione il suo gesto. L'arma è un vecchio modello, pesante e facile a incepparsi. Il bambino allora decide di tenere per sé l'arma e la nasconde nel sentiero dei nidi di ragno, un luogo magico e segreto che conosce solo lui.

C'è un posto dove i ragni fanno i loro nidi. Solo Pin lo sa. È l'unico in tutta la valle, forse in tutta la zona. Nessun altro ragazzo, a parte Pin, ha mai sentito parlare di ragni che fanno i nidi. Forse un giorno Pin troverà un amico, che lo capisca e che lui possa capire, e allora a lui, e solo a lui, mostrerà il posto dove i ragni hanno le loro tane.

Arrestato e picchiato per il furto dell'arma, Pin conosce in prigione Lupo Rosso, giovane partigiano famoso per le sue imprese. Fugge con lui e si unisce alla brigata partigiana capeggiata dal Dritto. Qui conosce anche Amico, una persona con cui condividere sogni ed esperienze, e Cugino che ha fatto della guerra il suo scopo di vita.

Tuttavia Pin, lavora nella bottega di Pietromagro il ciabattino e fa "pubblicità" alla sorella, non riesce ancora a capire fino in fondo gli eventi che avvengono. Per lui la Storia è un mistero e la guerra un gioco per poter conquistare un posto nel mondo.

Forse non farò cose importanti, ma la storia è fatta di piccoli gesti anonimi, forse domani morirò, magari prima di quel tedesco, ma tutte le cose che farò prima di morire e la mia morte stessa saranno pezzetti di storia.

Questo primo libro di Calvino è molto scorrevole, i dialoghi si alternano a minuziose descrizioni dell'animo umano dei personaggi. Il narratore è esterno e la storia è narrata in terza persona. L'ambientazione è quella di un piccolo paese della Liguria, che richiama Sanremo, città dove crebbe lo scrittore, durante gli anni della Resistenza e dell'occupazione nazista.

È stato coinvolgente leggere il racconto dei fatti e le paure di una guerra visti da un bambino. Pin non può nulla nella dinamica del conflitto eppure è costretto a prendervi parte. Lui non ha legge, non ha una madre, la realtà è una guerra in cui la gente si ammazza e non è colpa sua se il mondo era ostile e non risparmiava nessuno .

È triste essere come lui, un bambino nel mondo dei grandi, sempre un bambino, trattato dai grandi come qualcosa di divertente e di noioso; e non poter usare quelle loro cose misteriose ed eccitanti, armi e donne, non poter mai far parte dei loro giochi.

Ho appreso anche alcuni termini militari e partigiani, ad esempio gap (Gruppi di Azione Partigiana), che indica gli appartenenti a un'organizzazione partigiana, e sten, "l'arma smilza che sembra una stampella rotta".

Nel romanzo i partigiani non sono sempre presentati come degli eroi. Calvino racconta nel romanzo di partigiani che si trovarono a combattere contro i fascisti per semplice casualità o per salvarsi dalla prigione.

Calvino, per rendere il testo più comprensibile, fa un uso frequente delle similitudini e di figure retoriche. Molti personaggi si esprimono in dialetto e Pin adotta il linguaggio dei grandi, proprio per mascherare la sua solitudine e la sua debolezza. Tuttavia non si ha mai il prevalere di una voce ma un coro uniforme e compatto che narra una realtà dove le durezze e i drammi del vivere non vengono nascosti. La condizione umana si manifesta in tutto il suo dolore e non c'è alcuna consolazione, nessuna edulcorazione.

La guerra porta solo violenza e crudeltà, sangue e morte. Calvino la racconta attraverso la mediazione della fiaba che permette all'autore di far intravedere la realtà sotto le spoglie del sogno. Il sesso, la guerra, la morte, l'amicizia, il desiderio, la passione fanno parte della realtà che accompagna la crescita di Pin.

Calvino, ponendo un bambino al centro del racconto, ha lo scopo di alleggerire il discorso. Il tema della Resistenza viene trattato "di scorcio" intrecciato alla storia di Pin che vive in un mondo di adulti che spesso non capisce nella continua ricerca di protezione che alla fine troverà in Cugino. Pin è alla ricerca di sé stesso, affascinato dal mondo degli adulti, ma l'arma è ancora nascosta e "Pin si sente solo e sperduto in quella storia di sangue e corpi nudi che è la vita degli uomini."

"Il sentiero dei nidi di ragno" mescola realismo e fantasia per una lettura che affascina lettori di tutte le età. Ispirata alle vicenda che Calvino ha realmente vissuto nel periodo della Seconda guerra mondiale, la storia rimane ai margini della guerra partigiana ma ne trasmette il suo cuore pulsante in un ritratto crudo e realistico.

Italo Calvino è stato uno dei più importanti scrittori di tutta la letteratura italiana. Il suo impegno culturale, politico e civile, è stato notevole ed è stato terreno fertile per i suoi scritti carichi di innovazione e profonda riflessione. Per le sue opere gli sono stati conferiti numerosi premi letterari ed ancor oggi rappresentano una pietra miliare della letteratura italiana.

giovedì 20 marzo 2025

RECENSIONE | "Il teatro dei delitti" di Marcello Simoni

Vitale Federici e il suo giovane discepolo Bernardo della Vipera, tornano con una nuova indagine nel romanzo "Il teatro dei delitti" (Newton Compton Editori) di Marcello Simoni, amatissimo autore di thriller storici.

Si tratta di un intrigante giallo ambientato in un teatro pieno di segreti. Se volete trascorrere qualche ora in compagnia di una piacevole lettura allora lasciatevi portare per mano da Simoni: è giunta l'ora di alzare il sipario che nasconde la verità.


STILE: 7 | STORIA: 7 | COVER: 7
Il teatro dei delitti
Marcello Simoni

Editore: Newton Compton
Pagine: 224
Prezzo: € 9,90
Sinossi

Firenze, Carnevale 1794. Nel Teatro della Pergola è in corso il primo atto del dramma in musica "Le feste d'Iside" quando uno strepito riecheggia tra i palchetti degli spettatori. A urlare è stata la contessina Ludovica di Corvino, persuasa di aver visto una donna che veniva decapitata sotto un'arcata del fondale scenico. Il precettore Vitale Federici e il suo giovane discepolo Bernardo della Vipera, intenti a seguire lo spettacolo dalla balconata del granduca di Toscana, saranno chiamati a indagare sul caso. Ma all'interno di un teatro, realtà e finzione sono destinate a intrecciarsi in un gioco di specchi, dando all'acuto Federici l'impressione di essere entrato lui stesso a far parte di un'enigmatica messa in scena.





Lo sguardo della contessina Ludovica di Corvino, reso tre volte più acuto dalle lenti del cannocchiale, aveva colto un violento palpitare di luci proveniente da un arco situato fra le colonne del tempio dipinto sul fondale. Quindi scrutò con maggior attenzione in quel punto. Fino a quando un grido d'orrore non le straripò dalle labbra, lacerando la sala teatrale.

Firenze, Carnevale 1794. Nel Teatro della Pergola è in corso il primo atto del dramma musicale "Feste d'Iside" quando un grido riecheggia tra i palchetti degli spettatori. A urlare è stata la contessina Ludovica di Corvino, persuasa di aver visto una donna che veniva decapitata sotto un'arcata del fondale scenico. Il precettore Vitale Federici e il suo giovane discepolo Bernardo della Vipera, intenti a seguire lo spettacolo dalla balconata del granduca di Toscana, saranno chiamati a indagare sul caso.

Il personaggio di Vitale Federici richiama alla mente il detective Sherlock Holmes trasportato nel Settecento, per l'arguzia e il formidabile spirito di osservazione, per l'abilità deduttiva, per gli omicidi in serie, per le situazioni potenzialmente pericolose, per i delitti apparentemente senza soluzione.

Con Marcello Simoni si diventa viaggiatori nel tempo in compagnia di personaggi, buoni o cattivi, che non nascondono le loro fragilità, le loro emozioni e le loro speranze. Tutti nascondono dei segreti e hanno desideri inconfessabili. La Storia è già un gran mistero da risolvere e Simoni è bravo ad armonizzare le nozioni storiche con gli elementi narrativi. Nei suoi romanzi c'è sempre la ricerca del colpo di scena, di una narrazione dal ritmo incalzante che spinge il lettore a voltare una pagina dopo l'altra, fino alla fine della storia.

"Il teatro dei delitti" non si sottrae a questo vademecum e trasporta il lettore in un vortice d'avventura creato nel teatro della Pergola che esiste davvero a Firenze. Fondato dall'Accademia degli Immobili nel 1657,  era dotato  dei caratteristici palchetti del teatro all'italiana. Inizialmente riservato alla corte, fu poi aperto al pubblico pagante. Anche "Le feste d'Iside" è un dramma in musica esistito realmente e mandato in scena per la prima volta alla Pergola il 10 febbraio 1794, in occasione del Carnevale. Qui si innesta la fantasia dell'autore che crea personaggi pronti ad affrontare nuovi misteri e intrighi. Il duo investigativo, Vitale Federici e Bernardo della Vipera, è affiatato e quasi infallibile.  

Marcello Simoni, in questo romanzo, costruisce una narrazione ricca di enigmi e colpi di scena, una storia intrigante e dal ritmo avvincente con capitoli brevi e personaggi inventati che interagiscono con quelli realmente vissuti. Anche qui, come in tutti i lavori dell'autore, vi è un minuzioso lavoro di documentazione che permette a Simoni di descrivere le armi da fuoco, i meccanismi del teatro, l'orologeria, che hanno caratterizzato l'epoca in cui è ambientata la storia. Nel complesso posso dire di aver apprezzato questo romanzo breve che ho letto in poche ore.

Marcello Simoni con "Il mercante di libri maledetti", il suo romanzo d'esordio, è stato per oltre un anno in testa alle classifiche e ha vinto il 60esimo Premio Bancarella. La saga che narra le avventure di Ignazio da Toledo ha consacrato Simoni come autore culto di thriller storici. Con la Newton Compton ha pubblicato numerosi bestseller, tra cui la trilogia Codice Millenarius Saga e la Secretum Saga.

"La cattedrale dei morti", "La taverna degli assassini" e "Il teatro dei delitti" sono i primi tre titoli della serie che vede Vitale Federici sempre alle prese con casi complessi in cui si assiste alla metamorfosi del male. Ciao Simoni, ci si rivede tra le pagine del tuo prossimo romanzo!

martedì 18 marzo 2025

RECENSIONE | "Il male che non c'è" di Giulia Caminito

Nel nuovo romanzo di Giulia Caminito,"Il male che non c'è" (Bompiani), il protagonista è ossessionato dalle malattie. Le sente dentro di sé e nella sua mente. Nel tentativo di scoprire cosa non va nel suo corpo, l'uomo, giovane trentenne, trascura il lavoro, la fidanzata e la famiglia. Allontana amici e conoscenti. I suoi rifugi sono il web e i ricordi d'infanzia.


STILE: 8 | STORIA: 8 | COVER: 7
Il male che non c'è
Giulia Caminito

Editore: Bompiani
Pagine: 272
Prezzo: € 18,00
Sinossi

Tutto comincia nel tempo dell’infanzia, che Loris trascorre nell’orto di nonno Tempesta. Quando è insieme al nonno, il bisogno eccessivo di leggere per scacciare le angosce scompare e lui impara cose meravigliose come costruire una voliera per allevare i colombi, fedelissimi e iridescenti. Ma ora Loris ha trent’anni, ha fatto della lettura il suo mestiere, ha un appartamento e una fidanzata. Ma il lavoro in casa editrice è precario, l'ansia di non essere all'altezza dell'età adulta lo schiaccia, lo divora. Tempesta, i colombi, l’infanzia sembrano perduti per sempre. Giorno dopo giorno, Loris scivola dentro sé stesso, concentrato sui segnali di allarme che il corpo gli manda. C’è un male che lo assedia, ne è certo, un male che nessuno vede tranne lui, così come solo lui vede Catastrofe, la creatura mutaforme – occhi di gatta, pelle di pesce, orecchie da lupa – che gli siede accanto nei momenti più difficili.





Non so se lei può capire, dottore, ma io sono certo ci sia qualcosa, ognuno di noi conosce il proprio corpo e lo sente, e poi non c'entrano i valori comuni del sangue, l'emocromo completo, e non c'entra l'ecografia, il gel freddissimo sulla pelle, io voglio vedere dentro, voglio indagare le anse, i pertugi, i vicoli ciechi del mio intestino, delle mie membrane, dove si annidano i ragni violino, i più cattivi.

Il protagonista del romanzo di Giulia Caminito è un giovane uomo ossessionato dalle malattie. Per scoprire le patologie, frutto di fantasia, che secondo lui lo affliggono, si sottopone a continui esami diagnostici e assume numerosi farmaci che lui stesso si autoprescrive. Ma tutti i dottori consultati, ogni analisi eseguita, confermano un'unica diagnosi: Loris non ha nulla, è tutto frutto della sua mente.

Loris, questo è il nome del personaggio, è un uomo cupo prigioniero di un male, come dichiara il titolo, che non c'è. Anche se il male non c'è, Loris percepisce un dolore reale che invade ogni parte del suo corpo. Quel dolore, come una Bestia che lo divora, lo tiene lontano dal mondo intero e lo proietta in un'esistenza fatta di ricerche sui siti medici, di compilazioni di lunghi elenchi di sintomi spie di multiple patologie e di voli pindarici nel campo medico con atterraggi nei blog di malati veri o presunti. L'uomo si rifugia allora nei ricordi d'infanzia e ha un'amica immaginaria. Si tratta di Catastrofe, una creatura seducente, beffarda e mutaforme (gatta, lupa, amica, sposa), che si manifesta nei momenti in cui il dolore si fa quasi insopportabile. È come se Loris desse un corpo al proprio dolore, lo rendesse visibile e concreto.

Grazie ai blog, Loris non si sente solo. Ci sono tante persone che condividono con lui problemi seri di salute come Maddie che nel suo blog ha un diario sulla sua malattia. Lei racconta quotidianamente la sua odissea e raccoglie fondi per la terapia.

Il protagonista sembra vivere due vite. Quella reale lo vede immerso tra i suoi libri, non coinvolto dal lavoro di stagista presso una piccola casa editrice, quasi sempre in disaccordo con la fidanzata e con i genitori. In lui domina l'ansia di non essere all'altezza dell'età adulta. Ansia che lo schiaccia e lo divora. Poi c'è la vita parallela che lo vede attivo nella ricerca dei suoi sintomi, nel districarsi tra studi medici per prenotare visite di controllo specialistiche che, naturalmente, non portano mai a nulla. L'uomo sente di avere un male dentro di lui, un male capace di cancellare ogni barlume di speranza.

Loris accoglie in sé le aspettative che gli altri hanno proiettato su di lui. Non sarà mai il lavoratore propositivo, il figlio modello, il fidanzato premuroso. Non si riconosce in nessun ruolo sociale e fugge via sull'isola felice della sua infanzia. Scopriremo un Loris bambino che adora trascorrere il suo tempo con il nonno Tempesta che alleva colombe in una grande voliera posta in giardino. Con lui, Loris è felice e scompare il suo bisogno eccessivo di leggere per allontanare le angosce. Nonno Tempesta e l'amico Gelo, arrivato dalla Romania, sono un balsamo per il bambino. Il nonno, vissuto in Africa al tempo del colonialismo, ha tanti aneddoti e avventure da raccontare all'amato nipotino.

Giulia Caminito racconta se stessa e la sua generazione che ha sperimentato la solitudine della Rete e della precarietà. Lo fa alternando momenti colmi di spietata tensione a periodi in cui l'emozione regna sovrana. Tuttavia si può scorgere, fate attenzione, un'ombra di speranza. Un'ombra in trappola nella torre della solitudine.

L'ipocondria diventa protagonista di una storia intensa. L'insicurezza e l'angoscia crescono in modo direttamente proporzionale alla crescita del protagonista. Diventare adulti non é facile. La precarietà, l'isolamento a cui ci ha condannato la tecnologia, la depressione sempre dietro l'angolo, sono mali invisibili che ci accompagnano. Sono i peggiori, i più crudeli. Da questo terreno fertile nasce Catastrofe, l'ipocondria che si materializza e si manifesta nei momenti più bui.

Catastrofe è l'insieme di tante paure, dell'angoscia di non farcela, di non essere come gli altri, di ammalarsi e di morire.

Caminito usa uno stile essenziale per presentare personaggi che si perdono in un mondo simile a una corsa a ostacoli, per dare voce a un'oscurità che esiste. Non tutti hanno resistenza e volontà, diventa sempre più difficile emanciparsi dalla famiglia, farsi strada in un mondo lavorativo dominato dallo sfruttamento, sopravvivere con un misero stipendio, affrontare i disservizi del sistema sanitario nazionale, affrontare il primo appuntamento con la Morte che si porta via una persona cara.

La nostra società è fatta di maschere che giudicano, i volti sono davvero pochi. In questa nebbia di malessere e aggressività è facile perdersi. Sono innanzitutto persone che vogliono essere visti non tanto per i propri pregi ma per le proprie mancanze. Incatenati a un malessere che nasce anche dall'essere non capiti, vivono un dolore perenne per ciò che non sono in grado di essere. Si sentono non compresi, non ascoltati, non visti. Sono continuamente alla ricerca di un'identità, vogliono essere riconosciuti per ciò che sono comprese le loro imperfezioni e insicurezze.

Riuscirà Loris ad approdare a un lieto fine? Ci sarà una luce in fondo al tunnel?

Giulia Caminito riesce a trasformare i disagi in parole, con sensibilità procede lungo il confine tra dolore fisico e mentale, tra quello che vediamo e quello che facciamo finta di non vedere. Una lettura ricca di poesia, un viaggio nella vulnerabilità che ripercorre un'oscurità che si cela nel corpo.

Il dolore sta lì e spinge, spinge e diventa bolo, nodulo, è sodo, lo puoi tastare sottopelle, finché il guscio non si crepa e qualcosa esce.

L'ipocondria, la fragilità emotiva, il malessere che ci portiamo dentro, sono zavorre che appesantiscono il nostro cammino per le vie del mondo. Eppure, ne sono sicura, una possibilità di rinascita c'è. L'ancora di salvezza è in noi, il difficile è trovarla.

venerdì 14 marzo 2025

RECENSIONE | "Una mente assassina" di Angela Marsons

"Una mente assassina" (traduzione di Anna Ricci per Newton Compton) è l'attesissimo nuovo thriller della bestsellerista inglese Angela Marsons. Si tratta del tredicesimo capitolo della saga che vede protagonista la detective Kim Stone, comparsa per la prima volta nel romanzo giallo "Urla nel silenzio" (2016, Newton Compton).

Questa volta Kim e la sua squadra dovranno vedersela con una comunità apparentemente pacifica dentro cui si annidano il male e un assassino spietato.


STILE: 7 | STORIA: 8 | COVER: 7
Una mente assassina
Angela Marsons

Editore: Newton Compton
Pagine: 384
Prezzo: € 12,90
Sinossi

Quando la detective Kim Stone viene chiamata a casa di Samantha Brown, trova la giovane donna distesa sul letto con la gola tagliata e un coltello in mano. Senza segni di effrazione o lotta, Kim classifica la sua morte come un tragico suicidio. Ma una visita ai genitori di Samantha fa scattare in Kim dei segnali d'allarme: è sicura che non le stiano dicendo tutta la verità. Grazie a un dettaglio nascosto in una fotografia, la detective si rende conto di aver commesso un gigantesco errore. Samantha non si è tolta la vita, è stata assassinata. Quando in un lago della zona viene trovato il corpo di un giovane, anche lui con la gola tagliata, Kim capisce che c'è un collegamento tra questa nuova vittima e Samantha. In comune hanno un soggiorno a Unity Farm, un ritiro per persone che vogliono abbracciare uno stile di vita alternativo. Sotto la facciata accogliente del luogo, la detective e la sua squadra scoprono una comunità sinistra che si nutre delle vulnerabilità emotive dei suoi adepti. Kim sa che mandare uno dei suoi agenti sotto copertura alla Unity Farm è rischioso, ma sa anche che è l'unica possibilità per catturare l'assassino prima che un'altra vita venga spezzata...  Una comunità apparentemente pacifica dentro cui si annidano il male e un assassino spietato. Un nuovo caso per la detective Kim Stone.





Aveva bisogno di qualcosa che la convincesse a darle il permesso di indagare al meglio sulla morte di Samantha. Continuò a scorrere le foto. La posizione. Il coltello. Il sangue. La mano. Maledizione, non c'era nulla che non fosse già presente nei suoi ricordi.

"Una mente assassina" non lascia tempo agli indugi e catapulta subito il lettore sulla scena di un crimine dove è stato simulato il suicidio di una ragazza. Il corpo senza vita è quello di Samantha Brown. La ragazza è distesa sul letto, impugna un coltello, ha la gola tagliata, ovunque schizzi di sangue. Non ci sono segni di autodifesa o di violenza. Tuttavia Kim non riesce ad archiviare il caso come suicidio. Qualcosa le dice che le apparenze possono ingannare. Occorre comprender le ragioni celate ed è proprio nei dettagli, in ciò che risulta invisibile ma c'è, che si nasconde l'indizio che farà crollare la prima ricostruzione dei fatti. Il finto suicidio è in realtà un omicidio che darà il via a un'indagine appassionante non scevra da pericoli. Quando in un lago della zona viene trovato il corpo di un giovane, anche lui con la gola tagliata, Kim capisce che c'è un collegamento tra questa nuova vittima e Samantha. In comune hanno un soggiorno a Unity Farm, un ritiro per persone che vogliono abbracciare uno stile di vita alternativo. Sotto la facciata accogliente del luogo, la detective e la sua squadra scoprono una comunità che si nutre delle vulnerabilità emotive dei suoi adepti. Una comunità apparentemente pacifica, dove tutti sono felici. Tuttavia fra tanta serenità si annidano il male e un assassino spietato. Kim sa che per scoprire qualcosa deve mandare uno dei suoi agenti sotto copertura alla Unity Farm. Sa che è rischioso. Ma sa anche che è l'unica possibilità per catturare l'assassino prima che un'altra vita venga spezzata.

Angela Marsons è una scrittrice che arricchisce da sempre i suoi scritti affrontando temi anche molto delicati, di carattere sociale, culturale o educativo.

"Una mente assassina" non fa eccezione rivestendo il duplice ruolo di strumento di svago e occasione di riflessione. Con la detective Kim Stone esploreremo il mondo oscuro e angosciante delle sette. Non si tratta di sette religiose ma di gruppi che rispondono a esigenze affettive di persone in difficoltà. Persone vulnerabili che fanno scelte opinabili e dettate dal desiderio di sentirsi accettate e amate.

La storia camaleontica porta il lettore a uscire dalla sua comfort zone mentale per entrare in un territorio oscuro che genera una sensazione di pericolo imminente.

La scrittrice permette al lettore di camminare al fianco di Kim e della sua squadra. Ciò crea una tensione costante in un susseguirsi di eventi imprevedibili. Ci si muove tra protagonisti fragili che devono superare ostacoli emotivi e non sanno cosa fare. Ed è proprio sulla pelle di queste persone che vivono momenti di difficoltà affettiva che viene costruito un mondo oscuro dove la manipolazione psicologica regna sovrana. La linea di confine tra ciò che costituisce una setta e ciò che è socialmente accettabile è sottilissima. Nel romanzo ripercorreremo le tappe che portano alcune persone ad allontanarsi dalla famiglia per entrare in un'altra "famiglia" che ti parla di serenità, sicurezza e protezione, mentre ti isola, ti manipola, espropria i tuoi bene.

Nel thriller "Una mente assassina" non tutto è come sembra. Come una sarta, l'autrice cuce più storie insieme realizzando un romanzo in cui l'esca ha il sapore dolce della comprensione e dell'ascolto, ma cela un leader carismatico di vitale importanza sia per la sopravvivenza della setta, sia per la trama del romanzo. Kim dovrà procedere con molta cautela se vuole portare a galla la verità. La sua sarà una strada in salita tra personaggi misteriosi molto abili a confondere le indagini.

Quello che rende unica Angela Marsons è il suo abile intreccio di trama e personaggi complessi che si muovono in una fitta rete di intrighi e di menzogne. Ogni libro è un nuovo caso, una nuova sfida per Kim e il suo team. Io, come sempre, mi sono goduta questo viaggio emozionante nel mondo oscuro del Male. Ogni capitolo contribuisce al buon ritmo del romanzo e non si ha mai un attimo di tregua. Anche perché in parallelo alla storia principale si sviluppa anche un'altra vicenda che vede il sergente Bryant alle prese con un suo vecchio caso: lo stupro e l'omicidio della quindicenne Wendy Harrison. L'omicida, Peter Drake, sta per ottenere la libertà vigilata e Bryant è convinto che ucciderà di nuovo.

La serie di Kim Stone si legge con vero piacere. Mi piace l'aria di cooperazione che si respira nel suo team. Tutti partecipano alla risoluzione dei casi, ognuno con i propri talenti sempre pronti ad aiutarsi a vicenda. Anche la protagonista ha smussato qualche angolo del suo carattere, è amata e rispettata dai suoi colleghi.

Quindi se amate le storie che vi catapultano sulla scena del crimine, se volete indagare quanto sia profondo l'abisso del Male, allora non vi resta che lasciarvi affascinare dalla serie poliziesca bestseller di Angela Marsons. Da leggere tutto d'un fiato!  

lunedì 10 marzo 2025

RECENSIONE | "La levatrice di Nagyrév" di Sabrina Zuccato

Sabrina Zuccato per il suo primo romanzo, "La levatrice di Nagyrév" (edito da Marsilio), prende spunto da un fatto di cronaca realmente avvenuto, tra le due Guerre Mondiali, nell'Ungheria rurale.

L'Europa venne sconvolta per l'efferatezza dei crimini e per una ribellione silenziosa delle donne che iniziarono a vendicarsi degli abusi e dei soprusi subiti da parte dei loro uomini e familiari. 

STILE: 8 | STORIA: 9 | COVER: 8
La levatrice di Nagyrév
Sabrina Zuccato

Editore: Marsilio 
Pagine: 448
Prezzo: € 19,00
Sinossi

Zsigmond Danielovitz, incaricato di indagare sul cadavere di un’anziana contadina, è un uomo indebolito dalla guerra, ma vigile. E così ci mette poco a scorgere, dietro gli occhi degli abitanti di Nagyrév, qualcosa di sinistro. Nagyrév è un piccolo villaggio sperduto nella pianura ungherese, l’anno è il 1929 e il benessere, in quella ristretta comunità rurale, non arriva. Zsigmond Danielovitz si rende presto conto che la morte della donna sulle sponde del fiume Tibisco non è che l’anello di una lunga catena di scomparse e incidenti che da tempo coinvolgono il piccolo villaggio. "La levatrice di Nagyrév" racconta un fatto di cronaca realmente avvenuto tra le due guerre mondiali, un episodio che sconvolse l’Europa non solo per l’efferatezza dei crimini, ma anche per un inedito capovolgimento dei ruoli: le donne uccidono gli uomini, si vendicano. Superstizione, violenze, miseria e soprusi sono i protagonisti delle vite che si incrociano in questo affresco rurale, dove a fare le spese di appetiti e frustrazioni sono sempre le donne. Le regole patriarcali della comunità magiara e le meschinità dell’animo umano creano situazioni insostenibili e sofferenze ingiustificabili per mogli e figlie, anziane e ragazze. Personaggio chiave, intorno al quale girano le storie di Nagyrév, è la misteriosa Zsuzsanna, levatrice dal passato fumoso, spesso etichettata come «strega» dai suoi concittadini, temuta e, ogni tanto, rispettata, una figura carismatica, rarissimo esempio di donna emancipata, cui molte «sorelle» chiedono aiuto per risolvere i guai che hanno dentro casa: gravate da inganni, stupri e sottomissioni, le vittime hanno deciso di alzare la testa. Gli avvenimenti che ebbero luogo a Nagyrév, mostrando gli orrori di cui è capace la vita domestica e le forme di resistenza alle sopraffazioni di genere, possono essere una finestra utile, e dolorosa, per capire il presente.



"Adagiato sull'erba ristagnante, tra le mosche che vi vorticavano intorno, c'era il corpo di una donna. La pelle cerulea e i tessuti rigonfi rendevano irriconoscibili quei lineamenti che erano appartenuti a un'anziana signora. La decomposizione si era arrestata, e le basse temperature sembravano aver avuto compassione della salma."

Siamo nel 1929. Nel villaggio "sperduto tra il nulla e l'addio" di Nagyrév, sulle sponde del fiume Tibisco, viene trovato il corpo senza vita di una vecchia signora. Per gli abitanti del villaggio a uccidere la donna è stata sua figlia, Anna la lurida, "due occhi incagliati in un volto orrendamente butterato che sprigionavano cattiveria e rancore."

Zsigmond Danielovitz, capitano della gendarmeria, è incaricato di indagare sull'omicidio. Osservando il cadavere "ciò che vide lo fece rabbrividire: all'attaccatura dei denti, le gengive erano quasi completamente nere, probabilmente a causa della presenza di ulcere necrotiche" spie di un avvelenamento da arsenico.

Anna la lurida confessa l'omicidio e inizia a raccontare la propria storia. Una storia carica di dolore e sofferenza. Ed è solo l'inizio di una lunga catena di personaggi femminili che celano un passato marchiato da violenze e abusi perpetuati in ambito famigliare. Si delinea il ritratto di una società patriarcale che non ha alcun rispetto per le donne che vengono derise, violate, vessate, picchiate, da parte di mariti e suoceri alcolizzati e violenti. Donne costrette a sposarsi con uomini che non amano e che disprezzano. Non hanno alcun diritto ma il continuo dovere di procreare. Ogni figlio maschio rappresenta una forza-lavoro da impegnare nell'economia famigliare. Se le donne non hanno figli "rappresentano un pericolo per tutta la società, pertanto devono essere trattate come nemiche del Regno. La maternità deve essere la principale priorità delle donne, altrimenti la razza ungherese scomparirà presto."

In questo poco amabile contesto sociale, le indagini del capitano delle gendarmeria procedono anche se Anna, rea confessa, è stata già arrestata. Un altro mistero bussa alla porta della giustizia. qualcuno infila sotto la porta della taverna nella quale Zsigmond soggiorna un foglietto su cui c'è scritto:

Le tombe di Nagyrév sono rimaste silenziose per più di un decennio, ma adesso finalmente parleranno rivelando i loro orribili segreti.

Zsigmond Danielovitz si rende conto che la morte della donna sulle sponde del Tibisco non è che l'anello di una catena di scomparse e incidenti che da tempo coinvolgono il piccolo villaggio.

"La levatrice di Nagyrév" è un romanzo complesso con più piani di lettura. L'autrice intreccia abilmente riferimenti storici ed elementi narrativi di fantasia. Ad amalgamare il tutto è un linguaggio fluido in cui si alternano atmosfere cupe e fiabesche a un'esplicita denuncia sociale sulla condizione femminile. Il romanzo nasce dalle voci di più figure femminili che raccontano la propria storia. Si narra di bambini  con i corpi deturpati dalla fame, di case distrutte dai bombardamenti, ma soprattutto di uomini che perpetuavano la loro violenza fra le mura domestiche. In una girandola di superstizione, violenze, miseria e soprusi, si assiste a un ribaltamento dei ruoli: le donne si vendicano, alzano la testa per porre fine alle situazioni insostenibili in cui vivevano. Le regole patriarcali della comunità magiara vengono squarciate.

Personaggio chiave, intorno al quale girano le storie di Nagyrév, è la misteriosa Zsuzsanna, la levatrice del villaggio. Spesso etichettata come "strega" dai suoi concittadini, è temuta e, ogni tanto, rispettata. Figura carismatica è un rarissimo esempio di donna emancipata alla quale molte "sorelle" si rivolgono chiedendo aiuto per risolvere i guai che hanno dentro casa. Sono donne gravate da inganni, stupri e sottomissioni. Sono vittime che hanno deciso di alzare la testa. Per tutte loro la levatrice rappresenta la speranza, la possibilità di poter fuggire da vite opprimenti. Per tutte la guaritrice aveva consigli, insegnamenti e soluzioni semplici e definitive per estirpare il male da ogni famiglia.

Lei sapeva guardare dentro le persone, riuscendo a scandagliare la loro anima. Forse era per questo che le donne del villaggio le chiedevano udienza così spesso. Per loro lei non era solo la levatrice di Nagyrév. Non era solo la guaritrice. Era molto di più: un'amica, un'insegnante, una confidente. Lei era zia Zsuzsi, e aveva una soluzione per tutto.

Anche il personaggio del capitano Zsigmond Danielovitz gioca un ruolo importante in questa vicenda. È un uomo tormentato fin da giovane quando "aveva intuito come non fosse stato un figlio desiderato". Aveva trascorso "la giovinezza in solitudine" ed era tornato dal fronte "con la mano sinistra spappolata, cicatrici sparse sul corpo e una parziale perdita dell'udito." Nascondeva sempre il moncherino dentro la tasca. Sua sarà la decisione di riesumare tutti i cadaveri a partire dal 1910. Si scopriranno amare verità e l'innocenza del colera che pur aveva flagellato quelle terre.

"La levatrice di Nagyrév" è un fiume narrativo in piena alimentato dall'alternarsi di piani temporali e da molti personaggi tutti ben caratterizzati. É una storia inquietante che porta a riflettere sulla natura del potere e sul desiderio di vendetta. Sabrina Zuccato dà voce alla "rivolta silenziosa delle donne". I ruoli si ribaltano, le vittime diventano carnefici. Costruire il proprio futuro sul sangue non è giusto ma ogni caso va analizzato e diversamente giudicato. Occorre tener conto anche del momento storico. Le donne, che durante la guerra avevano sostituito gli uomini in tutti i lavori, erano costrette, alla fine del conflitto, a dover rientrare nei vecchi ruoli sottostando alla volontà del capofamiglia. Ricominciano le umiliazioni e le violenze. In questo contesto si evolve il piano di salvezza della levatrice. Lei aveva cercato di migliorare quella società abietta affidandosi a una "soluzione definitiva". Era convinta di agire per un bene supremo. "È questa la missione che Dio le aveva affidato."

Gli orchi che si celavano all'interno di una famiglia dovevano ricevere la giusta punizione per le loro malvagie azioni. Donne che avevano già cercato di denunciare i propri aguzzini, le loro parole si erano perse nel nulla, le loro richieste d'aiuto erano rimaste inascoltate. Naturalmente vi furono anche donne che fecero scelte amorose di eutanasia, per non veder più soffrire i loro cari, ma anche scelte fatte per avidità, per ereditare e vivere felici.

Il finale riserva un lampo nel buio, la possibilità di vedere la vita da un'altra prospettiva, magari surreale, ma non per questo meno vera. Così mentre diciamo "addio" al villaggio sperduto, lontano dal progresso e da ogni assistenza statale, portiamo con noi amare riflessioni. Si può sempre scegliere? Esistono morti giuste? Quanti omicidi si commettono in nome della patria? In guerra se uccidi il nemico ti danno una medaglia. Non sempre si può scegliere.

In coda al libro troverete un'Appendice a cura dell'autrice che illustra le fonti documentarie e secondarie, le figure storiche e i personaggi coinvolti che sono alla base del lavoro preparatorio del romanzo.

Da non perdere.

lunedì 3 marzo 2025

RECENSIONE | "Greco cerca greca" di Friedrich Durrenmatt

"Greco cerca greca" (Adelphi) è un romanzo dello scrittore svizzero Friedrich Durrenmatt. Pubblicato originariamente nel 1955, la prima edizione italiana è del 1963 grazie a Feltrinelli, ora Adelphi lo ripropone in una nuova traduzione italiana a opera di Margherita Belardetti.


STILE: 7 | STORIA: 8 | COVER: 7
Greco cerca greca
Friederich Durrenmatt

Editore: Adelphi
Pagine: 141
Prezzo: € 16,00
Sinossi

Arnolph Archilochos, sottocontabile in un’azienda che produce mitragliatrici e cannoni atomici, è pingue, occhialuto, inibito. Nulla che lasci intuire le sue remote origini greche. La sua mesta esistenza è puntellata da valori inscalfibili, incarnati da un pantheon personale che include il presidente della Repubblica, il capo spirituale della setta cui è affiliato e l’industriale Petit-Paysan per cui lavora. Un uomo ligio e insignificante, insomma. Una mezza calzetta, secondo alcuni. Almeno fino a quando Archilochos non decide di pubblicare un laconico annuncio, «Greco cerca greca», che – si augura – gli consentirà di trovare moglie e insieme di riannodare i rapporti con la radiosa patria che non ha mai conosciuto. E l’impensabile accade. La giovane donna che si presenta a lui, Chloé Saloniki, non solo è abbagliante di bellezza ed eleganza, ma trasforma di colpo il timido contabile in un uomo facoltoso, potente, ossequiato – fulcro di un consesso sociale che lo aveva sino allora ignorato e calpestato. Quando finalmente Archilochos scoprirà le ragioni di questa miracolosa metamorfosi, il sistema «consolidato, puntuale, etico, gerarchico» che lo sorreggeva andrà in pezzi. E non meno sbalorditivi saranno i successivi sviluppi. Il mondo che questa favola incantevole e feroce raffigura – il nostro mondo – è del resto non meno assurdo che allarmante, e il sarcasmo incendiario di Dürrenmatt incenerisce tutto nel ridicolo: falso decoro borghese e conformismo religioso, impostura politica e aneliti rivoluzionari, rigorismo morale e paternalismo imprenditoriale. Tutto tranne forse l’amore – l’amore che non teme la verità.





Arnolph Archilochos di origine greca, era un pio sottocontabile in un'azienda che produceva mitragliatrici e cannoni atomici. L'uomo era pingue, occhialuto e inibito. Aveva una sua nobile visione della vita basata sulla solidità mentale che egli traduceva nel quotidiano: non beveva alcolici ma latte, non fumava, non mangiava carne, non bestemmiava e non aspirava alla ricchezza. Il suo era un mondo consolidato, etico e gerarchico. In questo sistema etico del mondo, puntellato da valori inscalfibili, troneggiava al primo posto il presidente della Repubblica, uomo sobrio, un filosofo, in realtà un santo. Al secondo posto figurava il vescovo Moser, capo spirituale di una setta un po' stravagante e oscura. In terza posizione c'era l'industriale Petit-Paysan per cui lavorava. 

Arnolph era quindi un uomo ligio e insignificante, si considerava un buon cristiano, di una improbabile setta, dalla grande moralità. Pur lavorando viveva in una fetida stamberga e donava buona parte del suo stipendio alla famiglia scroccona di suo fratello Bibi. 

Un giorno Archilochos decide di pubblicare un laconico annuncio, "Greco cerca greca", per cercar moglie e insieme riannodare i rapporti con la radiosa patria che non ha mai conosciuto. La sua famiglia era emigrata sin dai tempi di Carlo il Temerario, ma lui sentiva di appartenere ancora all'antica terra degli Elleni. 

La giovane donna che si presenta a lui, Chloé Saloniki, è una favola pura di bellezza e di grazia. É una creatura di lussuosa eleganza, anche lei di origine greca. La donna, che sembra non accorgersi di tutti i difetti fisici che caratterizzano Archilochos, si innamora dell'uomo e accetta di sposarlo con relativa luna di miele in Grecia. Da quel momento il timido contabile si trasforma, grazie alla presenza di Chloé, in un uomo facoltoso, potente e ossequiato da tutti. In pochi giorni si trova ad esser promosso direttore generale della Petit-Paysan, amico del Presidente della Repubblica, collaboratore del Vescovo, console onorario degli Stati Uniti, dottore honoris causa in medicina. Improvvisamente tutti lo salutano e si dichiarano suoi amici. Archilochos diventa il fulcro di un consenso sociale che lo aveva sino allora ignorato e calpestato. 

Il motivo per cui è stato promosso direttore è lei che deve saperlo, non io, e se lei non lo sa, non indaghi. É meglio così. Mi dia retta.

Quando finalmente l'uomo scoprirà le ragioni di questa miracolosa metamorfosi, il sistema "consolidato, etico, puntuale, gerarchico" che lo sorreggeva andrà in pezzi. 

Ora appare evidente la falsità delle gerarchie sociali, la moralità tutta scena dei potenti, la meschinità delle masse. Archilochos, un signor nessuno, approfitta subito della sua nuova situazione. Acquista abiti firmati, si sposta in taxi, prende una suite al Ritz. Tuttavia diventa preda di questa insperata fortuna, è pervaso da una sottile angoscia e diventa vittima di un mondo assurdo ma trova nell'amore la forza per risorgere. Il mondo ora appare più reale, caratterizzato da una generalizzata indifferenza morale. Tutto è imprevedibile e inspiegabile. 

Eppure tra ipocrisie, sottomissioni e violenza, fa capolino una speranza che si chiama "amore". Il male è sempre presente, ma c'è sempre la speranza dell'amore tra gli esseri umani che può dar vita a un miracolo. Per condannare il male c'è la giustizia. Per correggerlo c'è la speranza. Solo l'amore può rappresentare un'ancora di salvezza. 

"Greco cerca greca" è un romanzo breve, una favola feroce che raffigura la nostra società. Durrenmatt, con sarcasmo, fa a pezzi il falso decoro borghese, il conformismo religioso, la politica, il rigore morale, il mondo idealizzato. Tutto viene demolito, tutto tranne forse l'amore che non ha paura di nulla e non teme la verità. 

"Greco cerca greca" è stata una lettura veloce e interessante, divertente nell'indagare l'etica dei benpensanti pervasa d'ipocrisia. Credere nella moralità del mondo è impensabile e deleterio quanto il credere che il mondo sia dominato dal male. Le persone spesso fingono di fare del bene in pubblico poi, nel privato, considerano "il bene" inutile e sconveniente. I personaggi, spinti all'eccesso, si muovono tra svolte e ribaltamenti improvvisi. 

Non c'è niente di più difficile, lo so. Il mondo è spaventoso e privo di senso. La speranza che ci sia un senso dietro l'assurdo, dietro tutte queste cose spaventose, la conservano solo quelli che, nonostante tutto, amano. 

Alla fine il protagonista godrà di una gloria immeritata ottenuta per una macchinazione del caso, ma soprattutto comprenderà che è compito del buon cittadino fingere di credere nella morale senza sentirsi obbligato a metterla in pratica. La vita pubblica si basa sulla menzogna che assolve i vizi nel privato. L'amore è la bussola da seguire, il tracciato da percorrere per sopravvivere in una società con una generalizzata indifferenza morale. 

L'amore può cambiare il volto di ogni cosa, è una goccia di speranza in un mondo di veleni. Sarà proprio così?

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