martedì 23 luglio 2024

RECENSIONE | "Locus desperatus" di Michele Mari

"Locus desperatus" (Einaudi) è il nuovo romanzo di Michele Mari, uno dei più grandi scrittori italiani viventi. Un uomo si vede imporre un misterioso scambio: qualcuno si prenderà il suo appartamento e lui dovrà trasferirsi. Ma gli oggetti di casa sua, che appaiono dotati di un'anima e depositari dei suoi ricordi, dovranno decidere se seguire lui o "tradirlo" passando al nuovo proprietario. Quale scelta faranno gli oggetti di una vita? "Locus desperatus" è nella cinquina finalista del Premio Campiello 2024.


STILE: 8 | STORIA: 8 | COVER: 7
Locus desperatus
Michele Mari

Editore: Einaudi
Pagine: 136
Prezzo: € 18,00
Sinossi

In filologia, il locus desperatus indica un passo testuale corrotto e insanabile, per il quale il filologo è costretto a gettare la spugna contrassegnandolo con la cosiddetta «croce della disperazione». E a dare l’avvio a questa storia è proprio una piccola croce, disegnata nottetempo con un gessetto su una porta. Un mattino, uscendo dal suo appartamento, il protagonista nota quel segno appena sopra lo spioncino dell’ingresso di casa: chi può essere stato a farlo, e che significato ha? L’uomo cancella la croce, ma il giorno seguente, e poi quello ancora successivo, il segno ricompare implacabile. Il mistero s’infittisce quando al residente viene imposto uno scambio: qualcuno prenderà il suo posto, e lui dovrà giocoforza trasferirsi. Ma cambiando abitazione sarà costretto a cambiare anche identità: tutte le cose dentro l’appartamento, infatti, dovranno a loro volta scegliere. O fuggiranno insieme a lui, oppure passeranno a un nuovo proprietario – macchiandosi di alto tradimento. Perché ogni oggetto amato ha un’anima, e dunque una sua volontà. 





Ridotto così, ero re: delle mie cose, delle mie collezioni, dunque di me, che in quelle collezioni avevo sistematicamente trasferito ogni mia più intima particola.

Il protagonista di questo romanzo abita un appartamento arredato con grande gusto e altrettanta paranoia, due caratteristiche da cui è difficile liberarsi. Soprattutto nel momento in cui si riceve un'improvvisa richiesta di sfratto, che sembra avere una genesi ultraterrena.

In filologia, il locus desperatus indica un passo testuale corrotto e insanabile, per il quale il filologo è costretto a gettare la spugna contrassegnandolo con la cosiddetta "croce della disperazione". La storia, narrata da Mari, ha inizio proprio con una misteriosa X che compare sulla porta del protagonista. Una piccola croce disegnata nottetempo con un gessetto, proprio sopra lo spioncino dell'ingresso di casa. L'uomo cancella il misterioso segno che però riappare implacabile. Al residente viene imposto uno scambio: qualcuno prenderà il suo posto e lui dovrà trasferirsi.

Noi siamo Loro, quelli che fanno i segni sulle porte. Voi siete voi, quelli che hanno le porte, e quel che vi tocca vi tocca. É sempre stato così.

Ma cambiando abitazione sarà costretto a cambiare anche identità: tutti gli oggetti dentro l'appartamento dovranno a loro volta scegliere: rimanere con lui o passare al nuovo proprietario. La casa al centro della storia sembra possedere un suo carattere ben preciso, un luogo dove la memoria affettiva del proprietario risiede negli oggetti accumulati nel corso dell'esistenza. Gli oggetti sono depositari dei ricordi, del tempo passato, dell'infanzia, possiamo farne a meno?

Senza le mie cose io non sarei stato più io, e senza di me loro non sarebbero state più loro.

La casa diventa il luogo della disputa tra il narratore e strani figuri, tra cui Asfragisto che vuol prendere il posto del narratore.

Il narratore, che si definisce un "trepido personaggetto", decide di salvare le sue cose. Tuttavia non tutti gli oggetti sono pronti a seguirlo: alcuni si nascondono, altri si ribellano e alcuni decidono di scendere a compromesso con le forze-nemiche. Tale comportamento delude il narratore che dava per scontata la fedeltà degli oggetti. Invece, al suo fianco, c'è un esercito già indebolito dalle diserzioni. Affidare la propria anima agli oggetti non si rivela una scelta vincente e i loschi figuri hanno già la vittoria in tasca. Lui, infatti, è la vittima ideale perchè ha perso la propria personalità consegnandola agli oggetti, gli ha resi "persone" e quindi è facile privarlo di tutto perché basta impossessarsi degli oggetti. Le cose hanno un'anima, vivono attraverso le mani delle persone che le usano. Ci danno protezione, ci fanno compagnia, sono scrigni di ricordi quando il tempo inizia ad offuscare la memoria. Una foto, un libro, un diario, un braccialetto, hanno il potere della memoria e anche se si tratta di illusioni, hanno la capacità di ricostruire un tessuto emozionale che si va logorando.

Anch'io tendo ad affezionarmi agli oggetti che carico di valore affettivo. Per me sono una finestra sul passato, un concentrato di ricordi ed emozioni, una memoria che resiste nel tempo. Ci sono poi oggetti che sento solo come strumenti della quotidianità. Utili ma senza alcuna forza simbolica. Ma non per tutti è così. Per l'uomo materialista è difficile, anzi doloroso, staccarsi dagli adorati oggetti. Sicuramente ricorderete la novella "La roba" di Giovanni Verga che narra la vita di Mazzarò, un uomo arricchito e ossessionato dal possedere la "roba". In punto di morte Mazzarò realizza di dover abbandonare tutto e completamente folle esce nel cortile come un pazzo, barcollando e prendendo a bastonate i suoi animali e gridando disperato: "Roba mia, vientene con me!".

Ritornando a "Locus desperatus", ci rendiamo conto leggendo che del narratore non viene rivelato nulla. Non conosciamo il nome, l'età, la professione, se è sposato. La sua realtà, quella che ci mostra, nasce dalle memorie del passato affidate a degli oggetti che hanno, come gli uomini, anche il potere di deludere. Si può ricordare ciò che crediamo di aver vissuto, ma se la verità fosse un'altra? Se per non perderci consegniamo noi stessi agli oggetti e poi dimentichiamo? Se non ricordiamo più i libri che abbiamo tanto amato, se non riconosciamo più i visi ritratti nelle fotografie che conserviamo gelosamente, cosa succede? La perdita di sé è terrificante ed è terrificante lottare per conservare la propria identità. Contro chi lottiamo?

Lottiamo contro la degenerazione del fisico, contro l'avanzare dell'età, contro l'ineluttabilità del tempo che passa. Ci arrendiamo all'impossibilità di tornare indietro, ci arrendiamo alla paura della perdita, ci arrendiamo al distacco o diventiamo tutti un po' come Mazzarò?

Con umorismo e grande profondità psicologica, Michele Mari indaga la complessità delle emozioni umane e ci pone davanti al nostro rapporto con gli oggetti che fanno parte della nostra vita. Forse liberarsi degli oggetti equivale a liberare anche noi stessi.

Le cose, le cose! Sono quelle a farci schiavi, basta liberarsene e via, come uccellini spensierati, fare come quel Diogene là che viveva in una botte e se la portava in giro.

"Locus desperatus" è sicuramente un romanzo interessante, vi consiglio di avere sempre a portata di mano un buon vocabolario. Mi sono ritrovata a fare l'inventario del mio passato e a chiedermi quale sia il senso che attribuisco a questi oggetti. Potrei mai separarmi da loro? No, ma non sono poi tanti: fotografie, lettere cartacee, libri, lavoretti scolastici e alcuni profumi, in versione mignon, che mi ricordano persone care che non ci sono più. Non farò come Mazzarò ma sarebbe bello se gli oggetti a me cari continuassero a vivere anche dopo di me e non finissero gettati via. Al mio universo di sentimenti ed emozioni io dono l'immortalità con buona pace di Mazzarò.

6 commenti:

  1. Ciao Aquila, anch'io riconosco di essere molto attaccata agli oggetti che hanno un signficato affettivo per me, anche se in realtà non ho mai pensato al loro futuro destino, forse perchè quello che provo per loro lo sento più dentro di me che all'esterno... al di là di questo, il romanzo mi sembra una lettura molto interessante proprio per gli spunto di riflessione che suscita :-)

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    1. Ciao Ariel, Il romanzo è davvero interessante proprio perché sonda i temi della memoria, il rapporto con gli oggetti che custodiscono parte della nostra vita. Leggendo si riflette sul nostro rapporto con ciò che è fuori da noi ma rimane a noi legato. Un saluto :)

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  2. Ciao Aquila Reale, per quanto mi riguarda, più che agli oggetti sono legata ai luoghi.
    Non conoscevo questo libro e ho visto che su internet ci sono molte recensioni contrastanti. Sicuramente è una storia non banale e che fa riflettere.
    Un saluto 😘

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    1. Ciao Fra, anche i luoghi sono custodi di frammenti della nostra vita e rivestono un ruolo importante per non dimenticare. Ognuno di noi sceglie come rimanere in contatto con il passato, vivendo il presente e progettando il futuro. Un saluto :)

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  3. mi unisco al coro di chi sa di essere legato tanto ad oggetti quanto a luoghi; trovo ci siano elementi originali interessanti in questo romanzo, che non conoscevo.
    Da tenere presente, mi sembra sia una lettura stimolante e profonda.
    ciao aquila, grazie come sempre per le tue impeccabili recensioni!

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    1. Ciao Angela, questo romanzo è davvero originale e si legge con vivo interesse. Un caro saluto :)

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