mercoledì 31 luglio 2024

RECENSIONE | "Attraverso la notte" di William Sloane

"Attraverso la notte" è un romanzo di William Sloane, introduzione di Stephen King grande ammiratore dell'autore, traduzione di Gianni Pannofino per Adelphi.


STILE: 8 | STORIA: 8 | COVER: 8
Attraverso la notte
William Sloane

Editore: Adelphi
Pagine: 279
Prezzo: € 19,00
Sinossi

«Alcune esperienze sono estranee alla vita di tutti i giorni, “condannate per un certo tempo a errare nella notte” prima che la mente umana possa riconoscerle per ciò che sono o liquidarle come semplici fantasie». E sono proprio esperienze incomprensibili, quasi aliene, quelle al cuore del primo dei due romanzi scritti da William Sloane – due romanzi che, ignorando ogni rigida distinzione di genere, alla fantascienza intrecciano con sapienza orrore, giallo e commedia, e che Stephen King non ha esitato a definire «opere letterarie a tutto tondo». Qui la vicenda ha inizio una notte del 1936, quando Bark e Jerry, due giovani in visita alla loro ex università, trovano il professor LeNormand, luminare di astronomia, avvolto da un fuoco «mai visto», simile a «un parassita che lo possedeva e lo consumava, apparentemente dotato di vita propria». Ma come mai le fiamme che ne carbonizzano il corpo risparmiano tutto il resto, compresi i vestiti e le carte su cui stava lavorando? E chi è davvero Selena, l’intelligentissima, enigmatica moglie di LeNormand, comparsa dal nulla tre mesi prima, in apparenza senza passato e senza età, e destinata a sconvolgere la vita dei due giovani? Infine: quale inquietante rivelazione spinge poi Jerry al suicidio? Per scoprirlo dovremo attraversare con Bark una notte che ha i contorni di un incubo, ricostruire da capo una storia «tragicamente illogica e inspiegabile», e lasciare ogni certezza, perché forse la soluzione «sta in ciò che non sappiamo».





Non è mai opportuno insabbiare la verità. Non ci aspettiamo che venga immediatamente accettata. Alcune esperienze sono "estranee" alla vita di tutti i giorni, "condannate per un certo tempo a errare nella notte" prima che la mente umana possa riconoscerle o liquidarle come semplici fantasie.

La vicenda ha inizio una notte del 1936, quando Bark e Jerry, due giovani in visita alla loro ex università, trovano il professor LeNormand, luminare di astronomia che svolge esperimenti in netto contrasto con la fisica einsteiniana, avvolto da un fuoco "mai visto", simile a "un parassita che lo possedeva e lo consumava, apparentemente dotato di vita propria". Le fiamme lambiscono e carbonizzano solo il corpo del professore risparmiando tutto il resto. Non bruciano i suoi vestiti, la sedia su cui è seduto, le carte su cui stava lavorando. Ma come si spiega tutto ciò? E chi è davvero Selena, l'intelligentissima enigmatica moglie di LeNormand, comparsa dal nulla tre mesi prima, in apparenza senza passato e senza età, e destinata a sconvolgere la vita dei due giovani? 

Ma certo! Era quello il punto. Perchè non ci avevo pensato prima? Quella donna era troppo intelligente. Troppo intelligente. Certo, era bellissima e anche molto strana, ma quella era la cosa che più mi aveva colpito di lei.

Infine quale inquietante rivelazione spinge poi Jerry al suicidio? Se vorrete trovare le risposte a queste domande dovrete attraversare con Bark una notte da incubo, ricostruire una storia che appare illogica e inspiegabile e lasciare ogni certezza, perchè forse la soluzione "sta in ciò che non sappiamo". 

Bark Jones si reca a Long Island nella villa del padre di Jerry, il defunto collega a lui caro come un fratello. Il severo dottor Lister desidera conoscere la verità sul suicidio del figlio. Si ipotizzano le cause più diverse, ma il dottore non crede che il figlio si sia ucciso con un colpo di pistola alla testa. Secondo lui ci vuole più coraggio per vivere che per porre fine alla propria esistenza. C'è qualcosa che sfugge, qualcosa che va al di là del ragionamento. 

"Attraverso la notte" è un romanzo in cui si intrecciano elementi horror, giallo, scienza e fantascienza. Con abilità Sloane evoca sensazioni come il sospetto, la diffidenza e l'inquietudine, creando un vortice che travolge. In questa storia non ci sono sicurezze ma tantissimi dubbi su cui si eleva il personaggio femminile di Selena, donna dalle mille sfaccettature. È ingenua e gentile, senza un passato né ricordi, sembra non conoscere nulla del mondo in cui vive, ma è anche diffidente, determinata a non tirarsi indietro davanti alle sfide che le si presentano. 

Sfide che coinvolgono anche il lettore che deve andare oltre l'apparenza per scoprire, forse, una verità dai contorni indefiniti. Il primo passo è aprire la mente all'ignoto, alle ricerche sul tempo e sulla materia condotte dal professore. Poi occorre seguire la narrazione che si sviluppa su due spazi narrativi. Da una parte ci sono gli eventi e il racconto di Bark, dall'altra lo stesso Bark raccontando si rende conto di cose a cui non aveva pensato. 

"Attraverso la notte" mostra subito il suo lato "enigma" incentrato sull'origine del fuoco che ha ucciso LeNormand. Non c'è una spiegazione razionale ed è qui che l'horror cosmico entra in scena in coppia con la fantascienza. La narrazione si fa perturbante anche se una vena d'umorismo stempera la cupa atmosfera. La tensione sale e la verità che fa capolino non è facile da accettare. Attraverso il meccanismo del flashback la narrazione si arricchisce di zone d'ombra e capisci che stai entrando in un mondo diverso, incomprensibile. Ritornando nel nostro "vivere reale", troviamo nel romanzo una cura nella descrizione di relazioni personali complesse, dell'amicizia fra uomini, del mondo universitario e delle divergenze tra illustri studiosi. 

L'uomo, il tempo, lo spazio sono le tre cariatidi che sostengono questo romanzo che appare come una tela misteriosa, tessuta in un costante equilibrio tra racconto e suspense, tra identità e maschera, tra forma e realtà. A Sloane il merito di aver saputo risvegliare quelle paure ancestrali che giacciono nell'inconscio dell'uomo e della collettività. 

Leggendo "Attraverso la notte" si ha la vivida sensazione di vivere all'interno di un incubo, i personaggi sembrano in balia di un destino "della follia delle teorie". Sempre che di follia si tratti. Se volete strappare il velo che copre tutte le cose, per guardarle come sono realmente, siete nel posto giusto per volgere lo sguardo verso i territori inesplorati della nostra mente. Quindi, se volete, ripercorriamo a ritroso gli anni fino a giungere al 1936, in una notte dove la costellazione di Orione si dispiega nel firmamento, e ascoltiamo la storia che Bark ci racconterà.

martedì 23 luglio 2024

RECENSIONE | "Locus desperatus" di Michele Mari

"Locus desperatus" (Einaudi) è il nuovo romanzo di Michele Mari, uno dei più grandi scrittori italiani viventi. Un uomo si vede imporre un misterioso scambio: qualcuno si prenderà il suo appartamento e lui dovrà trasferirsi. Ma gli oggetti di casa sua, che appaiono dotati di un'anima e depositari dei suoi ricordi, dovranno decidere se seguire lui o "tradirlo" passando al nuovo proprietario. Quale scelta faranno gli oggetti di una vita? "Locus desperatus" è nella cinquina finalista del Premio Campiello 2024.


STILE: 8 | STORIA: 8 | COVER: 7
Locus desperatus
Michele Mari

Editore: Einaudi
Pagine: 136
Prezzo: € 18,00
Sinossi

In filologia, il locus desperatus indica un passo testuale corrotto e insanabile, per il quale il filologo è costretto a gettare la spugna contrassegnandolo con la cosiddetta «croce della disperazione». E a dare l’avvio a questa storia è proprio una piccola croce, disegnata nottetempo con un gessetto su una porta. Un mattino, uscendo dal suo appartamento, il protagonista nota quel segno appena sopra lo spioncino dell’ingresso di casa: chi può essere stato a farlo, e che significato ha? L’uomo cancella la croce, ma il giorno seguente, e poi quello ancora successivo, il segno ricompare implacabile. Il mistero s’infittisce quando al residente viene imposto uno scambio: qualcuno prenderà il suo posto, e lui dovrà giocoforza trasferirsi. Ma cambiando abitazione sarà costretto a cambiare anche identità: tutte le cose dentro l’appartamento, infatti, dovranno a loro volta scegliere. O fuggiranno insieme a lui, oppure passeranno a un nuovo proprietario – macchiandosi di alto tradimento. Perché ogni oggetto amato ha un’anima, e dunque una sua volontà. 





Ridotto così, ero re: delle mie cose, delle mie collezioni, dunque di me, che in quelle collezioni avevo sistematicamente trasferito ogni mia più intima particola.

Il protagonista di questo romanzo abita un appartamento arredato con grande gusto e altrettanta paranoia, due caratteristiche da cui è difficile liberarsi. Soprattutto nel momento in cui si riceve un'improvvisa richiesta di sfratto, che sembra avere una genesi ultraterrena.

In filologia, il locus desperatus indica un passo testuale corrotto e insanabile, per il quale il filologo è costretto a gettare la spugna contrassegnandolo con la cosiddetta "croce della disperazione". La storia, narrata da Mari, ha inizio proprio con una misteriosa X che compare sulla porta del protagonista. Una piccola croce disegnata nottetempo con un gessetto, proprio sopra lo spioncino dell'ingresso di casa. L'uomo cancella il misterioso segno che però riappare implacabile. Al residente viene imposto uno scambio: qualcuno prenderà il suo posto e lui dovrà trasferirsi.

Noi siamo Loro, quelli che fanno i segni sulle porte. Voi siete voi, quelli che hanno le porte, e quel che vi tocca vi tocca. É sempre stato così.

Ma cambiando abitazione sarà costretto a cambiare anche identità: tutti gli oggetti dentro l'appartamento dovranno a loro volta scegliere: rimanere con lui o passare al nuovo proprietario. La casa al centro della storia sembra possedere un suo carattere ben preciso, un luogo dove la memoria affettiva del proprietario risiede negli oggetti accumulati nel corso dell'esistenza. Gli oggetti sono depositari dei ricordi, del tempo passato, dell'infanzia, possiamo farne a meno?

Senza le mie cose io non sarei stato più io, e senza di me loro non sarebbero state più loro.

La casa diventa il luogo della disputa tra il narratore e strani figuri, tra cui Asfragisto che vuol prendere il posto del narratore.

Il narratore, che si definisce un "trepido personaggetto", decide di salvare le sue cose. Tuttavia non tutti gli oggetti sono pronti a seguirlo: alcuni si nascondono, altri si ribellano e alcuni decidono di scendere a compromesso con le forze-nemiche. Tale comportamento delude il narratore che dava per scontata la fedeltà degli oggetti. Invece, al suo fianco, c'è un esercito già indebolito dalle diserzioni. Affidare la propria anima agli oggetti non si rivela una scelta vincente e i loschi figuri hanno già la vittoria in tasca. Lui, infatti, è la vittima ideale perchè ha perso la propria personalità consegnandola agli oggetti, gli ha resi "persone" e quindi è facile privarlo di tutto perché basta impossessarsi degli oggetti. Le cose hanno un'anima, vivono attraverso le mani delle persone che le usano. Ci danno protezione, ci fanno compagnia, sono scrigni di ricordi quando il tempo inizia ad offuscare la memoria. Una foto, un libro, un diario, un braccialetto, hanno il potere della memoria e anche se si tratta di illusioni, hanno la capacità di ricostruire un tessuto emozionale che si va logorando.

Anch'io tendo ad affezionarmi agli oggetti che carico di valore affettivo. Per me sono una finestra sul passato, un concentrato di ricordi ed emozioni, una memoria che resiste nel tempo. Ci sono poi oggetti che sento solo come strumenti della quotidianità. Utili ma senza alcuna forza simbolica. Ma non per tutti è così. Per l'uomo materialista è difficile, anzi doloroso, staccarsi dagli adorati oggetti. Sicuramente ricorderete la novella "La roba" di Giovanni Verga che narra la vita di Mazzarò, un uomo arricchito e ossessionato dal possedere la "roba". In punto di morte Mazzarò realizza di dover abbandonare tutto e completamente folle esce nel cortile come un pazzo, barcollando e prendendo a bastonate i suoi animali e gridando disperato: "Roba mia, vientene con me!".

Ritornando a "Locus desperatus", ci rendiamo conto leggendo che del narratore non viene rivelato nulla. Non conosciamo il nome, l'età, la professione, se è sposato. La sua realtà, quella che ci mostra, nasce dalle memorie del passato affidate a degli oggetti che hanno, come gli uomini, anche il potere di deludere. Si può ricordare ciò che crediamo di aver vissuto, ma se la verità fosse un'altra? Se per non perderci consegniamo noi stessi agli oggetti e poi dimentichiamo? Se non ricordiamo più i libri che abbiamo tanto amato, se non riconosciamo più i visi ritratti nelle fotografie che conserviamo gelosamente, cosa succede? La perdita di sé è terrificante ed è terrificante lottare per conservare la propria identità. Contro chi lottiamo?

Lottiamo contro la degenerazione del fisico, contro l'avanzare dell'età, contro l'ineluttabilità del tempo che passa. Ci arrendiamo all'impossibilità di tornare indietro, ci arrendiamo alla paura della perdita, ci arrendiamo al distacco o diventiamo tutti un po' come Mazzarò?

Con umorismo e grande profondità psicologica, Michele Mari indaga la complessità delle emozioni umane e ci pone davanti al nostro rapporto con gli oggetti che fanno parte della nostra vita. Forse liberarsi degli oggetti equivale a liberare anche noi stessi.

Le cose, le cose! Sono quelle a farci schiavi, basta liberarsene e via, come uccellini spensierati, fare come quel Diogene là che viveva in una botte e se la portava in giro.

"Locus desperatus" è sicuramente un romanzo interessante, vi consiglio di avere sempre a portata di mano un buon vocabolario. Mi sono ritrovata a fare l'inventario del mio passato e a chiedermi quale sia il senso che attribuisco a questi oggetti. Potrei mai separarmi da loro? No, ma non sono poi tanti: fotografie, lettere cartacee, libri, lavoretti scolastici e alcuni profumi, in versione mignon, che mi ricordano persone care che non ci sono più. Non farò come Mazzarò ma sarebbe bello se gli oggetti a me cari continuassero a vivere anche dopo di me e non finissero gettati via. Al mio universo di sentimenti ed emozioni io dono l'immortalità con buona pace di Mazzarò.

venerdì 19 luglio 2024

BLOGTOUR | "Se i morti non risorgono" di Philip Kerr | I 5 motivi per leggere il romanzo

"Se i morti non risorgono" di Philip Kerr, edito da Fazi nella traduzione di Luca Merlini, segna il ritorno di Bernie Gunther, il famoso detective antinazista protagonista della fortunata trilogia berlinese.

Berlino, la mia città natale, era riconoscibile a stento. Prima era il luogo più libero del mondo. Adesso sembrava una vera e propria piazza d'armi. Le dittature sembrano sempre buone finchè qualcuno non comincia a darti ordini.




Se i morti non risorgono
Philip Kerr

Editore: Fazi
Pagine: 516
Prezzo: € 20,00
Sinossi
Berlino si prepara a ospitare le Olimpiadi del 1936. Per placare i dubbi espressi dagli Stati Uniti arriva in città il rappresentante del comitato olimpico americano, che rassicura il governo statunitense: in Germania non ci sono discriminazioni. In realtà i nazisti sono al potere da appena diciotto mesi, ma la Germania ha già assistito ad alcuni cambiamenti spaventosi: gli ebrei sono stati espulsi da tutte le organizzazioni sportive. Noreen Charalambides, affascinante giornalista americana ebrea, si reca a Berlino progettando di scrivere un articolo di denuncia. La giovane donna viene ospitata dall’amica Hedda Adlon, proprietaria dell’hotel dove Bernie Gunther, che ha lasciato la omicidi per via delle sue idee giudicate troppo liberali, è responsabile della sicurezza. L’hotel è frequentato da personaggi di spicco, ma nel giro di poco in una stanza viene trovato il cadavere di un uomo d’affari. Non molto tempo dopo dalle acque di un canale spunta un altro corpo senza vita: quello di un pugile ebreo. Mentre Bernie scava per portare alla luce la verità, scopre un vasto racket del lavoro e dell’edilizia progettato per trarre vantaggio dalle ingenti somme che i nazisti stanno spendendo per mostrare la nuova Germania al mondo. È un complotto che troverà la sua drammatica e violenta conclusione vent’anni dopo, nella Cuba prerivoluzionaria.



I 5 motivi per leggere il romanzo

1. Perché la trama è tortuosa, la scrittura incisiva e l'atmosfera è indiscutibilmente noir. La storia si apre nella Berlino del 1934. Il Nazismo è al potere da solo diciotto mesi e molte cose sono cambiate in peggio. La città si sta preparando a ospitare le Olimpiadi del 1936 e gli ebrei sono espulsi dalle associazioni sportive. Negli Stati Uniti si forma un movimento per boicottare le Olimpiadi di Berlino a causa della discriminazione razziale. Ma i nazisti non vogliono perdere l'occasione di fare dei giochi olimpici un palcoscenico della nuova Germania. Costretto a causa del nuovo regime a rassegnare le dimissioni dalla polizia, Bernie Gunther ha trovato un modesto impiego di poliziotto privato del famoso Hotel Adlon. La scoperta di due cadaveri, uno di un uomo d'affari tedesco e l'altro di un ex pugile ebreo, mette Bernie in contatto con due ospiti dell'albergo: un'affascinante giornalista americana ebrea che appoggia il boicottaggio delle Olimpiadi e un uomo d'affari apparentemente legato alla malavita di Chicago che cerca di sfruttare i giochi olimpici e i ricchi appalti edilizi per realizzare favolosi guadagni. Nel corso delle sue indagini Gunther scopre un potente racket che ingaggia illegalmente e a basso costo gli ebrei senza lavoro per le nuove disposizioni razziali. Sono coinvolti anche i più alti esponenti del partito nazista e Avery Brundage, presidente del Comitato Olimpico Americano. L'epilogo della vicenda si svelerà solo nel 1954 a Cuba, dove Gunther si è rifugiato dopo esser stato costretto a fuggire dalla Germania del dopoguerra sotto falso nome perché vittima di uno scambio di persona, ricercato come criminale di guerra. 

2. Perché, come sempre in Kerr, romanzo e realtà storica si intrecciano e anche questo romanzo si presenta al contempo come un thriller intrigante, una storia d'amore e una sorprendente lezione di storia. Leggeremo un'impeccabile ricostruzione storica della Berlino nazista. Scopriremo come Berlino si preparò alle Olimpiadi dal punto di vista mediatico, civile e politico. I Giochi Olimpici di Berlino del 1936 rappresentavano molto di più di un evento sportivo di importanza mondiale: essi costituivano una vetrina senza precedenti per la propaganda del Nazismo e della sua ideologia, provocando così un intenso dibattito all'estero. Quando i quarantanove paesi partecipanti mandarono le loro squadre ai Giochi legittimarono il regime di Hitler sia agli occhi del mondo che della popolazione tedesca. 

Non sono nazista, sono tedesco. E un tedesco è una cosa diversa da un nazista. Un tedesco è uno che si sforza di andare oltre i propri peggiori pregiudizi. Nazista è colui che li trasforma in legge. 

3. Perché il protagonista ha una personalità trascinante. Bernie Gunther, ex agente di polizia a Berlino, è cinico, sprezzante, caustico, amante delle donne, solitario, ostinato, sempre pronto a violare le regole ma dotato di morale in un mondo che l'ha decisamente persa. Gunther, fedele alla Repubblica di Weimar, non riesce ad essere fedele al nazismo e vive nell'inferno che i nazisti stanno realizzando, eppure non si arrende e cerca di difendere i più deboli. Egli stesso lotta per sopravvivere tanto che gli viene consigliato di rimuovere la nonna ebrea dal suo albero genealogico. Infatti i nazisti hanno in programma di privare della cittadinanza tedesca coloro che hanno anche un solo nonno ebreo. I guai riescono sempre a trovare Gunther che dovrà affrontare una serie di dilemmi morali. Kerr è davvero bravo a gestire i suoi personaggi, la trama complessa e le interazioni tra Gunther e nazisti, dittatori e gangster americani. Con abilità Bernie si muove in un mondo di corruzione internazionale e doppi giochi. Dovrà vedersela con personaggi complessi i cui lati oscuri verranno alla luce in una continua lotta tra bene e male. 

4. Perchè l'autore è abile nel ricostruire l'atmosfera di un periodo come il Terzo Reich, la Germania durante il nazismo, perfetta per far emergere il Male. Lo scenario è quello di una Berlino meravigliosa che si trasforma in un incubo generato da Hitler e dai demoni suoi seguaci. La pressione nazista cominciava a esercitare i suoi effetti specialmente nell'ambito della discriminazione verso la popolazione ebraica. I tempi bui avevano inizio, tutto era un'incognita e non esisteva alcuna certezza. I Nazisti volevano proporre l'immagine di una Germania forte e unita, celando sia la persecuzione ebrea e dei Rom sia il crescente militarismo. 

Grazie a Gunther conosceremo anche l'Avana del 1954 di Fulgencio Batista che, con l'aiuto della CIA, ha appena preso il potere. Castro è in prigione e la mafia americana sta rapidamente estendendo i suoi tentacoli sulle fiorenti industrie del gioco d'azzardo. Qui ritroviamo Bernie che sembra condurre una nuova vita relativamente tranquilla. Ma Bernie scopre di non poter sfuggire al fantasma del suo passato quando si scontra con un vecchio amore e un feroce assassino dei suoi giorni a Berlino. 

5. Perché "Se i morti non risorgono" ci mostra la situazione drammatica della Germania dal suo interno, ci trasmette tante informazioni all'interno di una trama sempre in evoluzione. Con una scrittura brillante, un pizzico d'ironia e un buon ritmo, Philippe Kerr tratta i temi quali potere, denaro, sangue. Gunther interagisce anche con personaggi realmente esistiti e ci narra dell'adozione delle leggi razziali che portarono all'espulsione di molti atleti ebrei costretti ad accettare lavori in nero per poter sopravvivere. Così gli ebrei erano sfruttati sul lavoro e perseguitati politicamente. 

"Se i morti non risorgono, cosa accade all'anima umana? E se risorgono con che corpo tornano a vivere? Non ho una risposta. Nessuno ce l'ha mai avuta. Forse se i morti potessero risorgere e rimanere incorruttibili, e se potessimo essere mutati per sempre in un batter d'occhio, allora potrebbe valere la pena di farsi uccidere o di suicidarsi." 

Leggere Philip Kerr è sempre un'occasione di riflessione sulla natura dei regimi dittatoriali e sui loro effetti sul comportamento umano, sulla corruzione personale e pubblica. Gunther, alla fine del libro, riflette seriamente e tristemente su temi come la redenzione, la dannazione e la resurrezione dei morti. 

"Se i morti non risorgono" è un altro straordinario esempio del brillante talento di Philip Kerr.



martedì 16 luglio 2024

RECENSIONE | "Il mantello dell'invisibilità" di Ge Fei

"Il mantello dell'invisibilità" del cinese Ge Fei è un romanzo pubblicato da Fazi nella traduzione di Barbara Leonesi e Caterina Viglione. 

Si tratta di un breve romanzo, ambientato a Pechino, dove tutti si adoperano per arrivare al successo. La società ha un ruolo fondamentale sui destini degli individui. L'autore la dipinge a tinte fosche perché rispecchia il suo pessimismo e ne sottolinea il ruolo di antagonista nei confronti dei protagonisti che incontrano una marea di difficoltà nel cercare di realizzare le proprie aspirazioni e i propri sogni. 

La storia è ambientata nel microcosmo degli audiofili, personaggi che spendono un mucchio di soldi per acquistare amplificatori, giradischi e casse di altissima qualità. Il protagonista, Mr Cui, cinquantenne fallito, costruisce amplificatori artigianali per audiofili che non hanno nessun senso del valore della musica e del lavoro artigianale, ma spendono tanti soldi per mettersi in mostra e ascoltare le ultime canzoni pop cinesi. 


STILE: 8 | STORIA: 7 | COVER: 7
Il mantello dell'invisibilità
Ge Fei

Editore: Fazi
Pagine: 144
Prezzo: € 18,00
Sinossi

Il signor Cui vive nella Pechino contemporanea, città governata da forze più potenti e terribili della malavita, dove imperano l’egoismo, il brutale senso della competizione e la disperata corsa all’arrampicata sociale del capitalismo più sfrenato. Qui tutti fanno del loro meglio per salire la scala del successo; Cui, al contrario, è un perdente. Alle soglie della mezza età, senza figli e con poca iniziativa, divorziato ma ancora innamorato dell’ex moglie che lo ha lasciato per un uomo in carriera, vive in periferia a casa della sorella – ma il marito di lei lo vuole fuori dai piedi –, in un appartamento segnato da una crepa nel muro dalla quale entra il vento del Nord. Si guadagna modestamente da vivere assemblando impianti audio personalizzati per ricchi audiofili (o sedicenti tali): gente che non ha nessun senso del valore della musica e del lavoro artigianale, ma spende cifre da capogiro per mettersi in mostra e ascoltare le ultime canzoni pop cinesi. Cui prova disprezzo per i suoi clienti e per se stesso, e le uniche cose che gli piacciono davvero sono la musica classica e gli altoparlanti vintage. Finché un vecchio amico gli procura un ingaggio speciale: un individuo losco ma molto danaroso vuole l’impianto acustico migliore del mondo. Un po’ rischioso, certo, ma basterà non fare troppe domande. È forse arrivata, per questo perdente, l’occasione giusta?





Guarda che nulla é chiaro in questo mondo fin dal principio! È un caos, e allora lascia che caos sia! Se continui a voler spaccare il capello in quattro, perché tutto, proprio tutto, sia chiarissimo e limpidissimo, temo che non riuscirai ad andare avanti nemmeno per una giornata! Nell'anelito alla perfezione, dove troverai la gioia?

Nella Pechino contemporanea, tra nuovi ricchi, arrampicatori sociali e gangster, vive il signor Cui. La città è governata da forze più potenti e terribili della malavita, imperano l'egoismo, il brutale senso della competizione e la disperata corsa all'arrampicata sociale del capitalismo più sfrenato. 

Il protagonista è un uomo qualunque che ha una grande competenza nel campo dell'hi-fi. Il suo matrimonio è stato un fallimento (la moglie l'ha lasciato per un altro), non ha smanie di successo e non segue con entusiasmo la modernizzazione della Cina. Ha una sorella cinica che insieme al marito desidera mandarlo via dall'appartamento in cui abita. Il signor Cui vive distaccandosi dalla società, dove è probabile "che la maggior parte della gente ignori totalmente la nostra esistenza, cosa peraltro meravigliosa! Anche noi abbiamo svariate ragioni per ignorare la società e, nascosti negli angoli più bui, conduciamo soddisfatti la nostra vita da uomini invisibili." 

Spesso, Cui, rievoca il passato, i primi anni '80, quando è iniziata la sua passione per la musica classica, metafora della vita spirituale ormai cancellata dal materialismo. Vive in periferia a casa della sorella, in un appartamento segnato da una crepa nel muro dalla quale entra il vento del Nord. Il signor Cui prova disprezzo per i suoi clienti e non ha un'alta stima di se stesso. Finché un vecchio amico gli procura un lavoro speciale: un individuo enigmatico ma molto ricco, è suo il mantello dell'invisibilità, vuole l'impianto acustico migliore del mondo. L'uomo vive in una sontuosa villa e il signor Cui intuisce di camminare su un terreno minato ma così riuscirà finalmente ad acquistare una casa dignitosa. È forse arrivata, per questo perdente, l'occasione giusta? 

 A un certo punto le cose si complicano: l'individuo enigmatico scompare e compare una donna infelice dal viso irrimediabilmente sfigurato. La storia si fa noir, il destino bussa alla porta di Cui e lo travolge. 

"Il mantello dell'invisibilità" è un romanzo in cui l'umorismo cupo di Ge Fei fa capolino con stile sobrio e ci descrive un protagonista che non rientra sicuramente tra i vincitori. Anzi è il perfetto esempio del "vinto", del perdente che cerca di sopravvivere in un mondo che gli nega ogni affetto. 

Leggere "Il mantello dell'invisibilità" è stato interessante perché l'autore trasmette tante notizie sulla vita di tutti i giorni della Pechino di oggi. La Cina è un Paese che cambia alla velocità della luce e nel finale, che fa l'occhiolino al genere thriller, c'è la denuncia sociale nello scontro tra le varie classi sociali per conquistare un posto al sole. 

I personaggi, i luoghi, la memoria, il linguaggio sono sempre in trasformazione e la musica rappresenta l'ultimo baluardo invisibile contro il realismo contemporaneo. La bellezza dell'arte sembra l'antitesi della materia ma, a ben pensare, nasce proprio dalla materia e dal mondo reale. 

"Il mantello dell'invisibilità" è un romanzo a tratti divertente e misterioso con una punta di horror. I personaggi non sono descritti nel profondo: 

Il fragile foglio di carta che chiude la finestra non nasconde nulla per cui valga veramente la pena strapparlo.

La musica è un rifugio, un mantello di note per rendersi invisibili, per proteggersi dall'ostilità che ci circonda. Il protagonista, ho tifato per lui fin dall'inizio, è insoddisfatto, non riesce a costruirsi una vita indipendente. Attraverso i suoi occhi possiamo scoprire la società in cui vive. Il capitalismo corrompe e corrode ogni cosa e vien voglia di correre, con il signor Cui, a rifugiarsi sotto il mantello dell'invisibilità perché i veri perdenti sono coloro che non riescono a resistere al richiamo mortale del capitalismo.

martedì 9 luglio 2024

RECENSIONE | "Chi dice e chi tace" di Chiara Valerio

Tra i sei finalisti al Premio Strega 2024 , "Chi dice e chi tace" è il primo romanzo di Chiara Valerio per Sellerio. Il romanzo è una storia nera ambientata a Scauri, affacciato sul Tirreno, paese natio dell'autrice. Si tratta di un'indagine su una provincia insolita, ma è anche l'occasione per ritrarre donne in continua mutazione. Siamo davvero convinti di conoscere chi è vicino a noi?


STILE: 8 | STORIA: 8 | COVER: 7
Chi dice e chi tace
Chiara Valerio

Editore: Sellerio
Pagine: 288
Prezzo: € 15,00
Sinossi

Un golfo dalla linea morbida, una lunga spiaggia di sabbia che corre parallela alla via Appia tra due colline, il Monte d'Oro e il Monte d'Argento. Un lungomare pieno di oleandri scandito da stabilimenti colorati e a volte sbiaditi, ognuno diverso dall'altro: la Tintarella, il Lido Delfini, il Lido del Pino, il Lido Maria, e molti altri. E poi la pizzeria Lu Rusticone, il bar Luccioletta, due chiese, una sola vera piazza. Poco più a sud scorre il fiume Garigliano e inizia la Campania. Subito a nord ci sono Formia, Gaeta, Sperlonga; in meno di due ore si arriva a Napoli e a Roma. Scauri, nel Lazio, sul Tirreno, seimila residenti nei mesi invernali e centomila nei mesi estivi. Un paese né bello né brutto, ma con una sua grazia scomposta. Qui ha scelto di vivere Vittoria, che è morta nella sua vasca da bagno. È stato uno stupido incidente. L'avvocato Lea Russo, un marito e due figlie, è sempre stata affascinata da Vittoria. Una donna distante ma curiosa, accogliente ed evasiva; nel parlare ha un fatalismo che lascia sgomenti. Era arrivata a Scauri con la sua risata che cominciava bassa e finiva acuta, aveva comprato una casa nella quale tutti potevano entrare e uscire, non aveva mai litigato con nessuno, non aveva mai cambiato taglio di capelli. Viveva con Mara, forse l'aveva adottata, forse l'aveva rapita, si dicevano tante cose. Ora Vittoria è morta per uno stupido incidente in una vasca da bagno, e Lea Russo non ne è convinta. Lea non vuole più accontentarsi di ciò che ha avuto sempre davanti agli occhi. Vuole capire come è morta Vittoria, e chi era davvero.





Vittoria era morta nella sua vasca da bagno e io non volevo crederci. Vittoria che ci aveva curato o no con i suoi intrugli di erbe, che aveva fatto nascere un bambino che altrimenti sarebbe morto. Che aveva comprato una casa e una barca. Che viveva con una donna che poteva esserle figlia. Che cercava di rispondere a tutti, cosa che ci aveva fatto credere potesse rispondere a tutto, e facendolo credere ci aveva consolato. Vittoria era morta e io non capivo perché. Ma era certa che un perché ci fosse. Avevo bisogno del perché della morte di Vittoria.

Le protagoniste di questo romanzo sono due donne. Vittoria, ritrovata annegata nella sua vasca da bagno, e Lea, avvocato e voce narrante, l'amica che non riesce ad accettare l'ingiustizia della sua scomparsa.

Tutto inizia  dalla notizia, che si propaga per il paese a velocità della luce, di "un incidente nella vasca da bagno" che è costato la vita a Vittoria, 64 anni,  ritrovata dalla sua giovane convivente Mara "sotto la superficie dell'acqua". Una superficiale autopsia dichiara la morte della donna per annegamento poiché nei suoi polmoni c'era dell'acqua. Ma Lea è tormentata dai dubbi:

Come fa una nuotatrice provetta, una che si tuffa a mare d'inverno e d'estate, a morire affogata nella vasca di casa sua?

Qui iniziano le mille domande per conoscere veramente Vittoria, per andare oltre le apparenze, per squarciare quel velo di Maya che aveva avvolto la sua vita a Scauri.

Sicuramente non si tratta di un giallo anche se un'indagine c'è. Vittoria aveva vissuto i suoi ultimi vent'anni a Scauri, ma la sua morte dà il via a una domanda: "Chi era veramente Vittoria?"

Di lei si sa ciò che si vede. Si ricostruisce la sua storia grazie a chi "parla" ma anche grazie a chi "tace". Il non detto può rivelare tante cose. Lea si rende conto di aver vissuto in amicizia, per tanti anni, con una persona senza conoscerla realmente. Vittoria era giunta a Scauri, paese del basso Lazio, con la giovane Mara e aveva acquistato una casa, aperta sempre a tutti. Mara aveva avviato una pensione per animali mentre Vittoria lavorava  in farmacia, ma aveva qualcosa di speciale.

Vittoria aveva una solida preparazione medica, un grande intuito diagnostico, salva un bambino che si stava avvelenando nella placenta  e raddrizza a un ragazzo il naso rotto durante uno scontro con un coetaneo. Il mistero aumenta quando al funerale della donna si presenta l'avvocato Giorgio Pontecorvo d'Aquino che dice di essere il marito di Vittoria. A complicare le cose il testamento della sfuggente Vittoria viene consegnato a Lea dal prete e l'avvocato Pontecorvo vorrebbe portare la salma della moglie in un cimitero a Roma.

Di Vittoria, insomma, nonostante l'allegria, nonostante la confidenza che tutti sentivamo con lei, sapevamo ciò che vedevamo.

Il rapporta tra Vittoria e Mara, una giovane donna dalle trecce dorate e l'aspetto di bambola, era sempre stato fonte di curiosità, tutto il paese mormorava: erano parenti, zia e nipote, madre e figlia, Mara era stata adottata o rapita, i "si diceva" non si esaurivano mai. Vittoria era una donna distante ma curiosa, accogliente ed evasiva, non litigava mai con nessuno e faceva del bene senza dirlo. Alcune sue abitudini erano diventate moda comune. Trascorreva il suo tempo libero nuotando, facendo passeggiate, leggendo libri di botanica e coltivando il giardino. La sua figura era diventata familiare, era diventata una cellula attiva del tessuto sociale le domande si erano chetate, fino alla tragedia improbabile ma che il paese accetta perché sa capire le disgrazie e tace. Chi non tace è Lea perché non vuole accontentarsi di ciò che ha avuto sempre davanti agli occhi. Sarà proprio Lea a guidarci lungo un percorso scoprendo l'evanescenza dell'identità, la sua e quella di tutti. Scopre le molteplici facce della violenza. Nulla è statico, tutto si trasforma, le relazioni, le passioni, le inquietudini, gli enigmi e le verità.

"Chi dice e chi tace" è un romanzo intrigante che accende la curiosità del lettore. È un percorso conoscitivo non solo per scoprire la verità, forse una tra le tante possibili, ma anche per far luce su sé stessi, sulla propria identità, sui pregiudizi che aleggiano nei paesi. Le voci sono molteplici e si rincorrono raccontando ognuna la sua versione dei fatti arricchita da particolari inventati o modificati. Non si riesce più a tracciare una linea tra verità e finzione, tra i silenzi del presente e i mormorii del passato. Tutto è sempre in movimento, tutto può cambiare. La narrazione mette in luce il contrasto tra città e paese, le differenze sociali e culturali. Tra le maglie nere della nostra società si trovano i semi del male, si ingarbugliano passioni umane, si nascondono enigmi che il tempo cerca di cancellare ma la memoria sopravvive, custode incorruttibile della verità: l'inquietudine è di tutti, il desiderio non ha ordine e la vita non è un mare tranquillo. Mai.