lunedì 26 settembre 2022

RECENSIONE | "Magnificat" di Sonia Aggio

Per Fazi Editore è in libreria il romanzo d’esordio di Sonia Aggio, “Magnificat”. Il romanzo, inserito tra le opere segnalate dal Comitato di Lettura del Premio Calvino 2022, narra la storia di due giovani cugine, Nilde e Norma, che crescono insieme come sorelle dopo che i bombardamenti del 1944 sul fiume Po hanno ucciso le loro madri.


STILE: 8 | STORIA: 7 | COVER: 8
Magnificat
Sonia Aggio

Editore: Fazi
Pagine: 202
Prezzo: € 17,00
Sinossi

È il 1951. In un piccolo casolare nella campagna del Polesine, dove i temporali ingoiano all’improvviso i cieli luminosi e il granturco cresce alto e impenetrabile, vivono Norma e Nilde, due cugine cresciute come se fossero sorelle dopo che un bombardamento durante la guerra ha ucciso le loro madri. Nilde è una ragazza riservata e timorosa di tutto e la sua ansia aumenta quando Norma inizia a comportarsi in maniera strana. Da quando è caduta dalla bicicletta mentre raccoglieva le ciliegie, sua cugina non sembra più la stessa: scompare senza motivo ogni volta che scoppia un temporale, è scontrosa, non le parla, impedendole persino di avvicinarsi. Nilde prova a seguirla nei campi, ascolta le voci che circolano in paese, ma non riesce a capire perché la sua Norma, il suo punto di riferimento nella vita, bella come la Madonna del Magnificat che le loro madri tanto veneravano, le stia facendo questo. Cosa spinge Norma ad allontanarsi da Nilde e a fuggire come una bestia selvatica al primo rombo di tuono? Cos’è successo quel pomeriggio lungo l’argine del fiume? Perché tra di loro quell’abisso improvviso di silenzi e bugie? 


Lei è Norma l’inflessibile, la regola, la legge: non può scappare. Porta indietro il braccio. Nel suo sangue si annida la sua condanna. È già stata qui, ha già lottato, e così sarà sempre. Lei è il cherubino del Magnificat, un gatto selvatico. Appartiene al fiume, non può tornare a casa.

È il 1951. In un piccolo casolare del Polesine vivono Norma e Nilde, due cugine cresciute come se fossero sorelle dopo aver perso le loro madri, uccise in guerra. Nilde è una ragazza dolce e riservata, la sua ansia aumenta quando Norma inizia a comportarsi in modo strano. Da quando è caduta dalla bicicletta mentre raccoglieva le ciliegie, sua cugina è cambiata. Ogni volta che scoppia un temporale, corre via e non dice dove va. È scontrosa, a tratti violenta.

Se i contadini stanno evacuando le vacche, vuol dire che hanno paura. Vuol dire che dovrebbe fare lo stesso – andarsene, sì, ma dove? E Norma? Si aggrappa alla sedia. Norma. Mangia una fetta di polenta con la testa che batte. Norma. Riaccende la stufa. Si rimette a letto. Non mi vuoi più bene?, dice tra sé e sé. La voce aspra di Norma le risponde: no.

Nilde prova a seguirla nei campi ma non riesce a capire perché Norma, bella come la Madonna del Magnificat che le loro madri veneravano, le stia facendo questo. Perché Norma fugge come una bestia selvatica al primo rombo di tuono? Cos’è successo quel pomeriggio lungo l’argine del fiume? Perché tante bugie e segreti? Il legame indissolubile che lega le due protagoniste verrà messo a dura prova da inquietanti apparizioni e inspiegabili fughe in una storia perturbante fatta di assenze e misteri. Sullo sfondo, una terra magnetica, insidiosa come il fiume che l’attraversa, quel Po che la rende fertile ma che talvolta la travolge per riprendersi tutto.

Il romanzo si apre con Norma che cade dalla bicicletta e quando torna a casa non è più la stessa. Nilde cerca di starle vicino ma la cugina l’allontana con aggressività. Mentre Nilde trova lavoro da sarta presso Gigliola, ed è circondata dalle attenzioni del figlio di lei, Domenico, Norma è sempre più assente, finché nell’alluvione le due cugine si separano per sempre. Nilde viene portata in salvo da Domenico, Norma rimane lì. Mentre la prima parte del racconto vede predominare la voce narrante di Nilde, nella seconda parte del romanzo è Norma a narrare del suo incontro con la misteriosa Signora del fiume. Scopriremo così leggende antiche, perse nel tempo, che narrano del sacrificio di giovani donne per placare la furia degli elementi naturali. La parte di mistero e folklore che fa parte del romanzo, nasce dalla fantasia dell’autrice e aggiunge un velo di inquietudine.

Il 14 novembre del 1951, dopo giorni ininterrotti di pioggia su tutto il Nord, il Po rompe gli argini in provincia di Rovigo e travolge la campagna del Polesine dando inizio alla più estesa alluvione del XX secolo in Italia. Morirono più di cento persone e circa 180.000 tra sfollati e senzatetto. La natura si mostra con le due facce che la caratterizzano: una benigna e l’altra maligna. Il fiume e le atmosfere cupe dell’alluvione rivestono il ruolo di protagonisti. Una  personificazione che coinvolge unendo realtà e fantasia a testimonianza della forza suprema della natura che non risparmia l’uomo. Lo spirito del Polesine è racchiuso  in un frammento di storia arricchito dalla fantasia dell’autrice che tra leggende e miti crea dei personaggi portatori di un racconto pieno di fascino con venature  insolite e misteriose. In quelle terre dove cadde Fetonte, alla foce dell’Eridano-Po, c’è una continua ricerca di infinito e bisogno di radici. La nebbia porta un senso di smarrimento, un senso di ricerca mentale che spinge a vedere dentro i noi, artefici passivi di un destino che abbraccia la morte.

L’acqua ha colmato ogni spazio, ha invaso le golene, ha coperto gli alberi, sembra ammucchiarsi, formare una cupola. Non romba e non schiuma più: è una massa terrosa, muta, larga come il mare. L’altra riva le appare lontanissima.

La brava e giovane Aggio narra con maestria una storia di dolore e disperazione, di tragedie e di morte, ma non tralascia d’inserire una nota di speranza e salvezza racchiusa nel piccolo quadro della Madonna del Magnificat, riproduzione di un dipinto a tempera su tavola di Sandro Botticelli.

Questo libro parla dell’amore e dell’affetto che lega le persone, parla di forti legami che subiscono dure prove. Da un passato, perso nel tempo, riemergono antiche maledizioni, patti di sangue e le due ragazze, diverse ma complementari, sono travolte da un vortice di incomprensioni e sospetti. Nel romanzo ricopre un ruolo importante il sogno. Attraverso il sogno si entra in una dimensione che può rappresentare la fuga dalle difficoltà e una vita vissuta in piena libertà ma anche il modo per indagare la psiche che rifinisce i personaggi. La personificazione del fiume Po e della natura in generale creano una cornice narrativa che dialoga con i personaggi e anche gli oggetti vengono, in un certo qual modo, trasformati in modo da creare immagini che evocano misteri messi in relazione con i limiti della vita umana. Un oggetto venerato, il quadro della Madonna del Magnificat, diventa un portale che unisce mondi diversi, lontani eppur vicini. Vecchie leggende si riflettono nelle acque del fiume e si fronteggiano con il forte legame affettivo che unisce le due ragazze.

Mistero e natura sono i due termini che definiscono l’universo di questo romanzo. Il mistero rende possibile l’esistenza della realtà e viceversa. Nilde e Norma si proteggono a vicenda, testimoni del mondo visibile e di quello invisibile, coinvolgendo nelle loro vite la terra e il cielo. Il mondo materiale appare come l’involucro delle antiche sapienze.  

Quando la leggenda diventa destino, il mistero dell’ultima estate di Norma si compie rendendo “Magnificat” decisamente affascinante.

2 commenti:

  1. Mi compare spesso su Twitter, ne ero attratta e dalle tue parole credo sia un esordio da non trascurare.
    Ciao Aquila!

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    1. Un romanzo sicuramente caratterizzato da malinconia e nostalgia, lasciare la propria terra non è facile. Così come non è facile perdere non tanto i beni materiali, quanto le persone che si amano. Vedere ciò che si conosce andar perduto per sempre è terribile.

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