sabato 1 febbraio 2014

Il sabato del sondaggio #23

"Il sabato del sondaggio" è una rubrica settimanale creata da me appositamente per il blog Penna d'oro. 
Ogni sabato elaborerò delle domande per scambiare, con voi lettori, opinioni, pareri, 
consigli su temi che riguardano il mondo dei libri. 

“Per nascere aquila bisogna abituarsi alle altitudini, per nascere scrittore bisogna imparare ad amare la rinuncia, le sofferenze, le umiliazioni. Soprattutto bisogna imparare a vivere appartato. Come la talpa, lo scrittore si aggrappa al suo limbo, mentre sopra di lui la vita in rigoglio continua, persistente, tumultuosa.”   Henry Miller



Molte volte mi ritrovo a immaginare “lo scrittore” nel momento della sua creazione letteraria. Sarò sicuramente legata a vecchi condizionamenti ma io immagino lo scrittore come una persona che tende a isolarsi dal resto del mondo. Molto probabilmente oggi non è così ma l’atto creativo rimane, per me, un momento di solitudine. In una stanza, lo scrittore segna un netto confine tra il mondo esterno e il suo mondo interiore, la realtà e l’immaginazione corrono su binari che difficilmente presentano punti in comune. La solitudine è un requisito quasi indispensabile per scrivere, nel silenzio le idee si trasformano in parole, prendono vita, si creano e si distruggono nell’arco di un attimo. Scrivere è un parto doloroso della nostra mente in cui gli stati d’animo si liberano senza alcuna disciplina, senza rispetto per chi rimane soggiogato dal loro essere. Si è soli quando si nasce, si è soli quando si muore, si è soli quando la penna giace sulla nostra scrivania in attesa di riprender vita per correre veloce sul foglio vergando pensieri a cui daremo il nome di “Libro”. Si scrive per se stessi, per comunicare con gli altri, per esternare le tante sfaccettature dell’animo umano: malinconia, felicità, tristezza, delusione, gioia.

http://blog.ali-edizioni.com/wp-content/uploads/2011/01/Paul_Auster.jpg 

“Ciascun libro è un’immagine di solitudine, un oggetto concreto che si può prendere, riporre, aprire e chiudere e le sue parole rappresentano molti mesi, se non anni, della solitudine di un uomo, sicchè a ogni parola che leggiamo in un libro potremmo dire che siamo di fronte a una particella di quella solitudine. Un uomo solo è seduto in una stanza e scrive. Che parli di isolamento o di compagnia, di amicizia, il libro è necessariamente generato da una solitudine.”   Paul Auster



Mi piacerebbe sapere se gli scrittori moderni condividono questa necessità di solitudine. Così vi chiedo:

Mentre scrivete, pensate, riordinate i vostri ricordi, le vostre esperienze, elaborate magnifici mondi immaginari, vi cimentate in visioni futuristiche della nostra società, realizzate thriller mozzafiato, quando siete “scrittori”, condividete questa necessità di solitudine?

Davanti a un foglio che aspetta lo scorrere fluido 
dell’inchiostro, forse il mezzo “tastiera del computer” vi 
è più congeniale, preferite il silenzio di una stanza vuota 
o la presenza di altre persone?

Sicuramente “la stanza vuota” è uno stereotipo che dovremmo sostituire con l’espressione “stanza colma di creatività”. Infatti i personaggi partoriti dalla proprio immaginazione ci fanno sicuramente compagnia nel meraviglioso mondo della fantasia.
Sono molto curiosa di leggere le vostre esperienze sulla “solitudine dello scrittore” e vi lascio con questa frase di Orhan Pamuk, Nobel turco, che descrive così la condizione esistenziale dello scrittore:

“Per diventare scrittore pazienza e fatica non bastano: si deve anzitutto provare l’impulso irresistibile a fuggire la gente, la compagnia, la quotidianità, e a chiudersi in una stanza”.

11 commenti:

  1. E' una bellissima domanda.
    Per quanto mi riguarda sì, scrivere è solitudine, ma una solitudine viva e pulsante. Mentre scrivo (da sola in una stanza, senza mai rumori, senza musica) porto nella stanza gli echi delle persone che mi sono più care (e che spesso mi ispirano) o il ricordo di qualche sconosciuto incontrato per strada, o l'immagine di un personaggio scoperto in un libro. Nella stanza dove scrivo c'è tutto questo, e la mia penna (o la mia tastiera) è ciò che armonizza le musiche discordanti e lontane di tutte queste persone. Per questo, per me, scrivere è solitudine, ma una solitudine che paradossalmente permette di entrare in contatto più profondo con la realtà.

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    1. Che bella la tua descrizione della "solitudine dello scrittore". Io penso che la solitudine sia un mezzo per entrare in contatto con il nostro mondo interiore, per analizzare pensieri e ricordi trasformandoli in parole. La "creazione" è un momento personale, unico, riflette il nostro "essere" e libera la nostra creatività.

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  2. Io di solito scrivo ovunque. Però hai ragione nel dire che lo scrittore ha bisogno di isolarsi. Sono abituata a scrivere in ambienti caotici e spesso prendo appunti sul mio blocchetto all'università o in treno. Adoro isolarmi con la musica. Può sembrare un controsenso, perché la musica non è paragonabile al silenzio di una stanza isolata da tutto e tutti. Per me, invece è l'unico isolante che riesce a farmi concentrare nella scrittura. Mi creo una barriera intorno e mi isolo da tutto il resto, entrando nella mia dimensione.
    Ecco, questo è quello che provo. Spero di aver espresso bene il concetto! :)

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    1. Care Tania hai espresso il tuo concetto di "solitudine" in modo perfetto. Io penso che l'ispirazione sia figlia del vivere quotidiano. Come sostiene Agave, ogni momento del nostro vivere può donarci sensazioni, emozioni che poi rielaboriamo trasformandole in parole.Tuttavia il momento creativo lo considero quasi come uno sdoppiamento del nostro "essere". Mentre il corpo è statico, pur nell'atto di scrivere, la mente vola verso mondi noti solo a colui che riesce a vederli con gli occhi della fantasia.Io non riesco a concentrarmi ascoltando della musica. Quando leggo ho bisogno di "sentire" il silenzio e mi piace essere da sola con il mio libro:)

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  3. Quando scrivo o anche solo quando penso ad una storia ho un bisogno viscerale di solitudine, è l'unico modo per entrare nella storia e portarla fuori dalla mia mente.

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    1. Condivido. La solitudine è un leggersi dentro per poter esprimere le proprie idee con le parole. Mi piacerebbe sapere se scrivi metodicamente tutti i giorni, sicuramente userai il pc, e se le parole si rincorrono fluide nel tuo momento creativo o se scrivi e un attimo dopo cancelli per riscrivere!

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    2. Vorrei poter scrivere tutti i giorni, ma non mi è possibile, però si può dire che fantastico molto spesso, quasi giornalmente. Quando poi metto mani sulla tastiera del pc, cancello solo gli errori del momento ma vado avanti nel mettere nero su bianco la storia, in maniera fluida, sì. Cancellare, modificare o aggiungere parti è un piacere che ho scoperto revisionando il mio primo libro, ed è un piacere che puoi gustare solo alla fine, come un buon caffé.

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    3. "Apoptosis" è un romanzo interessante. Mi è piacito l'intreccio tra medicina e informatica. Sicuramente il tuo sarà stato un lavoro impegnativo ma che si è rivelato un ottimo inizio! Spero che tu stia continuando a scrivere:) Il buon caffè è un' abitudine piacevole: preso il primo non si può far a meno di continuare. Buon lavoro e continua a scrivere!

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    4. Sì, continuo, grazie per l'augurio e per l'incitamento.

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  4. Io scrivo quando mi viene in mente, ovunque. Segno pensieri sul cellulare, su fogli e non importa che ci sia gente attorno a me.

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    1. Si! L'ispirazione ci coglie in modo del tutto casuale nell'arco della giornata! Ma quando devi elaborare i tuoi pensieri come riesci a farlo tra la gente? Alcuni affermano che ascoltare la musica crea una parete divisoria tra noi e il resto del mondo. Tu cosa ne pensi?

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