mercoledì 1 febbraio 2023

RECENSIONE | "La casa delle luci" + "Eva e la sedia vuota" di Donato Carrisi

Donato Carrisi, lo scrittore e regista di Martina Franca, è tornato in libreria con un nuovo thriller psicologico “La casa delle luci”, edito da Longanesi. Il romanzo si presenta con tutte le caratteristiche che noi, appassionati del genere thriller, amiamo. La protagonista è una bambina che vive, in una antica e isolata dimora, con la governante e una ragazza alla pari; i genitori della bambina sono del tutto assenti; Pietro Gerber, l’addormentatore di bambini, affronta un caso davvero speciale e il passato vissuto da bambino torna a tormentare l’adulto di oggi.

Ho atteso con ansia questo nuovo romanzo di Carrisi per tornare a giocare con le sue storie dove il gioco è sempre una questione di vita o di morte. Infatti “La casa delle luci” si apre con le regole da seguire per poter partecipare a una sfida. È il “Gioco degli omini di cera”. Se siete pronti iniziamo a giocare ma fate molta attenzione perché scenderemo nell’abisso della psiche dove si formano le peggiori pulsioni degli uomini.

STILE: 8 | STORIA: 8 | COVER: 8
La casa delle luci
(Ciclo di Pietro Gerber #3)
Donato Carrisi

Editore: Longanesi
Pagine: 432
Prezzo: € 23,00
Sinossi
Nella grande casa spenta in cima alla collina, vive sempre sola una bambina... Si chiama Eva, ha dieci anni, e con lei ci sono soltanto una governante e una ragazza finlandese au pair, Maja Salo. Dei genitori nessuna traccia. È proprio Maja a cercare disperatamente l’aiuto di Pietro Gerber, il miglior ipnotista di Firenze, l’addormentatore di bambini. Da qualche tempo Eva non è più davvero sola. Con lei c’è un amichetto immaginario, senza nome e senza volto. E a causa di questa presenza, forse Eva è in pericolo. Ma la reputazione di Pietro Gerber è in rovina e, per certi versi, lo è lui stesso. Confuso e incerto sul proprio destino, Pietro accetta, pur con mille riserve, di confrontarsi con Eva. O meglio, con il suo amico immaginario. È in quel momento che si spalanca una porta invisibile davanti a lui. La voce del bambino perduto che parla attraverso Eva, quando lei è sotto ipno­si, non gli è sconosciuta. E, soprattutto, quella voce conosce Pietro. Conosce il suo passato, e sembra possedere una verità rimasta celata troppo a lungo su qualcosa che è avvenuto in una calda estate di quando lui era un bambino. Perché a undici anni Pietro Gerber è morto. E il misterioso fatto accaduto dopo la sua morte ancora lo tormenta.


Regole del gioco degli omini di cera o gioco dei ceri o gioco dei c’eri (e ora non ci sei più): 
1. L’omino di cera insegue i viventi. 
2. Chi viene toccato diventa un omino di cera e insegue i viventi. 
3. Agli omini di cera è proibito parlare. Possono solo fischiare. 
4. Il gioco finisce quando l’ultimo vivente dice la parola “Arimo”. 
5. Se l’ultimo vivente non dice “Arimo”, il gioco non finisce più.

Inizia così un nuovo, oscuro enigma da decifrare. 

 Nella grande casa spenta in cima alla collina, vive sempre sola una bambina.

Si chiama Eva, ha dieci anni, e con lei ci sono soltanto una governante e una ragazza finlandese au pair, Maja Salo. Dei genitori nessuna traccia. È proprio Maja a cercare l’aiuto di Pietro Gerber, il miglior ipnotista di Firenze, l’addormentatore di bambini. Da qualche tempo Eva non è più sola, con lei c’è un amichetto immaginario, senza nome e senza volto. E a causa di questa presenza, forse Eva è in pericolo. Ma la reputazione di Pietro Gerber è in rovina, lui stesso ha mille dubbi, è confuso e incerto sul proprio destino. Pietro accetta, pur con mille riserve, di confrontarsi con Eva. O meglio, con il suo amico immaginario. È in quel momento che si spalanca una porta invisibile davanti a lui. La voce del bambino perduto che parla attraverso Eva, quando lei è sotto ipnosi, non gli è sconosciuta. E, soprattutto, quella voce conosce Pietro e il suo passato. Sembra possedere una verità rimasta celata troppo a lungo su qualcosa che è avvenuto in una calda estate di quando lui era un bambino. Perché a undici anni Pietro Gerber è morto. E il misterioso fatto accaduto dopo la sua morte, durante il Gioco degli omini di cera, ancora lo tormenta. 

Come sempre Carrisi non delude mai. Le atmosfere cupe sono un must nei suoi romanzi e adoro vedere come incide e scava nell’animo dei suoi personaggi tormentati e pieni di sensi di colpa. Mi ha fatto piacere ritrovare Pietro Gerber, lo psicologo che abbiamo conosciuto nei due precedenti romanzi della serie: “La casa delle voci” e “La casa senza ricordi”. Questa volta Gerber è alle prese con il caso di una bambina, Eva, che non esce mai di casa e vive in un isolamento cercato. Ad occuparsi di lei c’è Maja e la governante. A tormentare Eva è, secondo Maja, il suo amico immaginario. Potrebbe farle del male? Per evitare il peggio, Gerber deve convincere questo “amico” a lasciarla in pace. Si ha la netta sensazione che qualcosa di spaventoso stia per succedere e Carrisi ci indica la via da percorrere rastrellata da brividi e inquietanti presenze. In punta di piedi, trattenendo il fiato, si arriva a un passo dalla “frontiera”, il confine tra la vita e la morte. Un confine senza tempo che riporta il nostro amato Gerber indietro nel suo passato. Perché è lì che è accaduto un evento che lo ha sconvolto. Evento che Eva non può conoscere. Eppure la bambina sa tutto, anche l’amico immaginario conosce quella triste storia sepolta nell’oblio del tempo. Ma come tutto ciò sia possibile non è dato sapere. 

Carrisi si diverte e gioca con il lettore. Dice e non dice, apre una porta per richiuderla immediatamente, semina indizi che confondono e lascia che i fantasmi del passato tornino per tormentare Gerber e deliziare noi lettori. 

Pietro Gerber è sicuramente un personaggio tormentato ma ha il grande pregio di ascoltare i bambini dando importanza a ciò che dicono. Alcune volte non è importante curare ma saper ascoltare. I bambini hanno abilità che perdono crescendo e per capire ciò dovremmo risalire all’inizio della vita. 

Ci sono persone magiche che abitano il mondo. Non le vediamo per ciò che sono realmente, spesso non ci accorgiamo nemmeno che esistono o le consideriamo inferiori. E allora ci rivolgiamo a loro assecondandole per compassione. Invece dovremmo essere grati perché sono fra noi. Spesso si tratta di bambini.

Bambini che, come Eva, conoscono cose che non dovrebbero conoscere come la filastrocca declamata dalla bambina. Una filastrocca che riaffiora dai brutti ricordi del passato. 

Mai più chiasso né frastuono, giuro giuro starò buono. Non farò mai più capricci, né pasticci, né bisticci. E se il diavolo ballerino poi ci mette lo zampino finirò dritto all’inferno e lì ballerò in eterno.

Sembra un incantesimo o una maledizione, un mantra che apre le porte di un mondo governato dal Male. 

Leggere “La casa delle luci” è come ascoltare Carrisi che sussurra la storia di Eva, pacatamente, senza alcuna fretta, ma con una tensione crescente. Si percepisce un’aurea malvagia che domina gli eventi. Affidarsi all’ignoto è sempre un’avventura, un salto nel buio. Tuttavia da quel buio si può tornare indietro seguendo le briciole che indicano il cammino verso la verità. Fate attenzione però, con Carrisi nulla è ciò che appare e anche le briciole mentono! 

Con l’ultima pagina del romanzo si ha poi l’illusione di uscire dal labirinto narrativo in cui ci ha condotto lo scrittore ipnotizzandoci, Gerber insegna, con il suo magnetismo oscuro. Ma è solo una pia illusione, nel labirinto io rimango con piacere in attesa del prossimo capitolo della serie e mi chiedo: "Dopo le voci, i ricordi e le luci, cosa escogiterà Carrisi per incutere paura?" 

Nell’attesa potete leggere "Eva e la sedia vuota” (Longanesi), la prima favola dark scritta da Carrisi su Eva, la protagonista de "La Casa delle luci". Nella grande antica casa spenta, in cima alla collina, viveva tutta sola una bambina. Lei parlava con una sedia vuota e sosteneva che questa sedia vuota le rispondesse con la voce di un bambino. Lei voleva qualcuno con cui giocare. “Eva e la sedia vuota” è una storia intrigante, che si legge in un batter di ciglia, con una protagonista in chiaroscuro, sapientemente descritta con un intreccio di luci e ombre che lascia ampio spazio all’emotività. È una storia piccina piccina, 64 pagine, con frasi brevi e semplici rese più accattivanti dalla rima baciata. È un tuffo tra realtà e fantasia. A rendere più affascinante il racconto ci pensano le illustrazioni, in bianco e nero, di Paolo D’Altan. Parole e immagini sono un connubio vincente che coinvolge emotivamente.

1 commento:

  1. Ciao Aquila, come sai, amo Carrisi. Ho in programma di leggere a breve un suo libro, sono indecisa solo tra La casa senza ricordi (ho letto il primo su Gerber) e Io sono l'abisso. Sono solo sicura che comunque leggerò un thriller di Carrisi :-D
    Anche il racconto dev'essere bello

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