giovedì 12 marzo 2020

RECENSIONE | "L'enigma dell'ultimo Templare" di Daniele Salerno

Cari lettori, in questi giorni così complicati stare a casa è la decisione più saggia da prendere per tutelare la salute di tutti noi. Tra le mura domestiche possiamo trascorrere piacevolmente qualche ora leggendo un libro. La lettura è, per me, un raggio di sole in questa situazione cupa che, sono sicura, riusciremo a superare nel migliore dei modi. In attesa che ciò accada, vi propongo un romanzo storico dal fascino antico. “L’enigma dell’ultimo Templare” è un libro di Daniele Salerno, pubblicato da Newton Compton. L’ordine dei Templari non ha mai smesso di affascinare il mondo e non scomparvero del tutto ma ancor oggi si celano agli occhi di molti. Quindi se volete vivere una bella avventura a ritroso nel tempo tra reliquie e società segrete, potere ecclesiastico e cavalieri dal bianco mantello, tra roghi e maledizioni, allora non indugiate perché l’ultimo mistero dell’ordine sta per essere svelato.

STILE: 8 | STORIA: 7 | COVER: 6
L'enigma dell'ultimo Templare
Daniele Salerno

Editore: Newton Compton
Pagine: 352
Prezzo: € 9,90
Sinossi
1127. Nove cavalieri raggiungono l’abbazia di Clairvaux. Papa Onorio ii ha appena riconosciuto l’Ordine dei Templari, nato in Terrasanta a protezione dei pellegrini. I cavalieri che lo hanno fondato vogliono capire se si possa uccidere in nome di Cristo. Il frate Bernardo di Chiaravalle, raffinato teologo, li rassicura: non si tratta di omicidio, ma di malicidio.
1314. A Parigi due templari vengono arsi vivi alla presenza di re Filippo IV il Bello e di papa Clemente V. Sono Jacques de Molay, gran maestro dell’Ordine, e Goeffrey de Charney, accusati di eresia, idolatria e sodomia. Prima di morire Jacques de Molay lancia il suo anatema.
Giorni nostri. Il maresciallo dei carabinieri Giacomo Mola e il suo aiutante, l’appuntato Goffredo Chiarni, entrano in contatto con tre nobiluomini che vogliono affidare loro un compito della massima importanza: impedire a ogni costo che si compia la profezia di Jacques de Molay.


“Non nobis Domine, non nobis, sed nomini Tuo da gloriam.”
 “Non a noi, Signore, non a noi, ma al Tuo nome dai gloria.”
Il momento storico è il 1127. Papa Onorio II ha appena riconosciuto l’Ordine dei Templari, nato in  Terrasanta a protezione dei pellegrini. Nove cavalieri, i fondatori dell’Ordine, raggiungono l’abazia di Clairvaux per chiedere al frate Bernardo di Chiaravalle, raffinato teologo, se è giusto uccidere in nome di Cristo. Il frate li rassicura, per lui non si tratta di omicidio, ma di malicidio, la giusta eliminazione del male.

1314. Alla presenza di re Filippo IV il Bello e di papa Clemente V, due templari vengono condannati al rogo accusati di eresia, idolatria e sodomia. Sono Jacques de Molay, Gran Maestro dell’Ordine e Goeffrey de Charney. Prima di morire il Gran Maestro dell’Ordine lancia il suo anatema.

Giorni nostri. Il maresciallo dei carabinieri Giacomo Mola e il suo aiutante, l’appuntato Goffredo Chiarni, ricevono, da tre nobiluomini, un compito della massima importanza: impedire a ogni costo che si compia la profezia dell’ultimo templare.
Santità, maestà, io vi maledico per quello che state facendo. Voi sarete dannati in eterno quali autori della più terribile empietà. Per libera scelta uccidete degli innocenti, ma entro breve tempo dovrete rispondere al Signore delle vostre perfide azioni. Dio vendicherà la nostra morte… Io vi MA-LE-DI-CO.
I Templari erano un Ordine Cavalleresco Monastico che influenzò la Storia Medioevale. Erano monaci guerrieri che pronunciavano tre voti: obbedienza, povertà e castità. Erano frati guerrieri sempre pronti a usare le armi, senza pietà, contro il nemico.
Uccidevano stringendo la spada in una mano e il crocefisso nell’altra. Quando affondavano la lama per trafiggere il corpo del nemico gridavano Deus vult, Dio lo vuole.
L’avidità di un re e la debolezza di un Papa ne decretarono la fine.

“Deus  vult!” ma è proprio così? Si poteva ammazzare nel nome del Signore e poi essere assolti con un Pater Noster? Poteva un cristiano ammazzare senza misericordia e andare in Paradiso?

Bernardo di Chiaravalle teorizzava che l’uccisione di un infedele, di un eretico, di un pagano, non doveva esser considerato come un omicidio, ma come un “malicidio”, ovvero l’estirpazione del male. Il malicidio puniva i nemici della fede e salvava l’anima di chi uccideva.

“L’enigma dell’ultimo Templare” è un romanzo che procede su due livelli narrativi: uno storico e l’altro ambientato ai giorni nostri. La storia narrata può sembrare assurda ma tutti sappiamo che spesso la verità indossa la maschera dell’immaginazione.

I Templari non si sono mai estinti, ma continuano ad agire nell’ombra, nascosti, determinati ad ottenere vendetta e potere. La storia narrata ci propone un progetto ambizioso e pericoloso. Un progetto che prende forma pian piano seguendo un iter che ci porterà al cospetto delle reliquie della cristianità. In compagnia del Gatto e la Volpe, due personaggi davvero emblematici, ci avvicineremo alla Sacra Sindone a Torino, poi andremo a Orvieto dove è conservata la Sacra Spina prelevata dalla corona di Cristo, quindi al Sudario di Oviedo, in Spagna, e infine a Notre-Dame de Paris dove è custodita la Sacra Corona di Spine di Gesù. Perché questo pellegrinaggio da una reliquia all’altra, perché tanto interesse per le microscopiche tracce ematiche presenti sulla superficie di questi oggetti sacri? Cosa sperano di realizzare, con l’aiuto della scienza, i componenti del vertice dei Templari?

Naturalmente non vi svelo nulla, sappiate, però, di essere in presenza di una storia quasi vera e non è detto che quel “quasi” non possa volar via perché “nihil difficile volenti”. Nulla è arduo per colui che vuole.
Chi cerca, non smette di cercare, finché non avrà trovato. Quando avrà trovato, si turberà, si meraviglierà e regnerà su tutte le cose.
“L’enigma dell’ultimo Templare” è una storia incredibile alla ricerca di una verità molto pericolosa. La trama evolve tra serietà e umorismo, sguardi al passato e omicidi ai giorni nostri. Il lettore viene trascinato in un viaggio emotivo molto intenso e avrà come compagni di viaggio uomini dalle sfrenate ambizioni. La serietà ha le fattezze del maresciallo dei carabinieri Giacomo  Mola, chiamato il Prete. Buon cattolico, serve la Repubblica Italiana con orgoglio e verrà coinvolto in un vero e proprio misterioso rompicapo. Il concatenarsi degli eventi sarà scandito da un ritmo sempre più incalzante, da numerosi colpi di scena piazzati con maestria dallo scrittore.  Danile Salerno riesce a trasmettere al lettore tutta la diffidenza, il disagio, la determinazione che prova il suo personaggio quando si troverà a combattere una terrificante malvagità. Al suo fianco l’anima ilare del romanzo, l’appuntato Goffredo Chiarni. Questo personaggio, nelle battute, ricorda l’agente Catarella dei romanzi polizieschi di Andrea Camilleri. Chiarni ci permette di sorridere, è “un omino partenopeo capace di una colossale ingenuità, immersa in un mare di assoluta fedeltà.”

Il Prete dovrà, quindi, fermare il male. Verrà coinvolto in una vicenda che ben presto si tingerà di rosso e avrà la netta sensazione di essere stato catapultato in una situazione sconvolgente in cui il gatto gioca con il topo.

“L’enigma dell’ultimo Templare” è una pericolosa partita a scacchi con la Morte. A nessuno è concessa la pur minima distrazione. Tra menzogne e inganni le forze oscure si manifestano fuori e dentro le gerarchie ecclesiastiche. Le regole della vita e della morte vengono alterate e il romanzo ci proietta in una storia intrigante e sorprendente dove religione e scienza si uniscono in un gioco di ossessioni, sfide, possibilità affascinanti,arditi progetti e scellerate ambizioni. I cavalieri dal bianco mantello continuano ad affascinare con i loro segreti e rimarranno, per sempre, uno dei più straordinari enigmi della Storia.

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