lunedì 27 gennaio 2025

RECENSIONE | "Il secondo piano" di Ritanna Armeni

"Il secondo piano" (Ponte alle Grazie) è un romanzo di Ritanna Armeni, giornalista e scrittrice.

Il romanzo racconta la storia surreale e coraggiosa di sette suore francescane in un convento di periferia, in via Poggio Moiano poco distante dalla via Salaria, durante l'ultimo anno di guerra a Roma. Un giorno un gruppo di sette persone bussò al loro portone.

STILE: 9 | STORIA: 8 | COVER: 8
Il secondo piano
Ritanna Armeni

Editore: Ponte alle Grazie
Pagine: 288
Prezzo: € 16,90
Sinossi

In un convento francescano di periferia, tra i profumi del giardino e un nuovo quartiere in costruzione, suor Ignazia e le sue sorelle si trovano nella surreale situazione di ospitare al piano terra un'infermeria tedesca e al secondo alcune famiglie sfuggite per miracolo al rastrellamento del Ghetto. A separarli, solo una scala e l'audacia mite di chi non esita a mettersi in gioco fino in fondo. Roma, nell'ultimo anno di guerra, non è «città aperta». I tedeschi, a un passo dalla sconfitta, la stringono in una morsa sempre più spietata, gli alleati stentano ad arrivare, i romani combattono pagando con il sangue ogni atto di ribellione. In una città distrutta dalla fame, dalle bombe, dal terrore, gli ebrei vengono perseguitati, deportati, uccisi, come il più pericoloso e truce dei nemici. E la Chiesa? Mentre in Vaticano si tratta in segreto la resa nazista e il pontefice sceglie, più o meno apertamente, la via della cautela, i luoghi sacri si aprono ad accogliere – sfidando le regole e perfino alcuni comandamenti – chi ne ha bisogno. È così che Ritanna Armeni, con l'entusiasmo rigoroso e profondo di sempre, attraversa un passaggio cruciale della nostra Storia e dà corpo a una vicenda esemplare, che parla di coraggio e sorellanza, di forza e creatività, di gioia, paura, resistenza.



Ci mandano le maestre pie Filippini di via delle Botteghe Oscure. Hanno detto che ci potete aiutare. Che potete ospitarci. Abitavamo in via Reginella nel Ghetto; questa notte... sono arrivati, volevano prenderci... siamo scappati... Possiamo entrare?

Tra loro un uomo anziano, una donna non più giovane, un ragazzo con l'espressione di leggera spavalderia sul viso, una ragazza, una coppia più giovane, una ragazzina impaurita, un bambino che si stringeva all'uomo.

I tedeschi, a un passo dalla sconfitta, stringono la città in una morsa sempre più spietata, gli alleati stentano ad arrivare. I romani combattono pagando con il sangue ogni atto di ribellione, in una città devastata dalla fame, dalle bombe e dalla paura. Gli ebrei sono perseguitati, deportati, uccisi. Suor Ignazia e le sue sorelle si trovano nella surreale situazione di ospitare contemporaneamente un'infermeria tedesca al piano terra e tre famiglie ebree, sfuggite miracolosamente al rastrellamento del Ghetto, al secondo piano.

A separarli solo una scala e l'audacia mite di chi non esita a mettersi in gioco fino in fondo.

Le suore mostreranno solidarietà, coraggio e resistenza in un periodo così difficile. Mentre in Vaticano si tratta in segreto la resa nazista e il pontefice sceglie, più o meno apertamente, la via della cautela, i luoghi sacri si aprono ad accogliere - sfidando le regole e perfino alcuni comandamenti - chi ne ha bisogno.

I tedeschi al piano terra, gli ebrei al secondo piano. Due rampe di scale, pochi metri. In mezzo ci siamo noi. Dio ci aiuti.

"Il secondo piano" è una storia di ebrei, di suore, di coraggio e carità. Una vicenda pressoché sconosciuta, fa bene al cuore sentir parlare di sorellanza e coraggio, di forza e creatività, di gioia e di paura. Una storia sorprendente che valica i confini del proprio credo. Le suore hanno messo a rischio la loro vita per salvare quella di chi professava un'altra religione.

L'accoglienza dei perseguitati è, per noi che ci siamo consacrate, l'unica strada da percorrere.

È racchiuso tra queste virgolette il cuore del romanzo, il messaggio che si eleva, forte e chiaro, dalle sue pagine.

A quel portone, che separa il mondo del convento, riservato allo spirito, dal mondo profano, busseranno molte persone in cerca di aiuto. Non tutti però sono in fuga.

Conosceremo Remo, il sacrestano, che simpatizzava per i tedeschi e aveva nostalgia del Duce. Lui non riusciva a capire come si potesse andare contro i fascisti. Il suo non era un pensiero fondato sulla critica razionale.

A quel portone busseranno poi altre cinque persone in cerca di un rifugio. Tutti sono accolti.

Poi arriveranno due ufficiali tedeschi con l'ordine di requisire dei locali per sistemarvi un'infermeria per i loro feriti leggeri o convalescenti. A loro, Madre Ignazia, metterà a disposizione il piano terra. Il suo consenso passa attraverso l'accettazione del pericolo.

Al convento busserà anche padre Giacomo, il cappellano, che avrà il compito di rincuorare le suore dinanzi ai loro timori.

Le suore francescane e la Madre superiora erano tormentate dal pensiero di peccare accogliendo gli ebrei nel convento. Avrebbero desiderato un cenno positivo, al loro operato, da parte della Santa Sede.

Sono confusa, scrive la Madre superiora nel suo diario, cerco una chiarezza che non riesco a trovare. Forse il sacrificio che mi viene richiesto è proprio questo: agire con prudenza, preservare il convento, difendere i perseguitati, assumendomene tutta la responsabilità, senza chiedere, senza pretendere certezze e protezioni.

In una quotidianità scandita dalla preghiera ma anche dai timori, dall'incertezza, ogni piccola cosa assume un gran valore. Come la marmellata che suor Lina spalmava sul pane (era la sua razione che metteva da parte durante il pranzo) per la merenda del piccolo Lele.

Sono quasi morta di vergogna. Ogni giorno - scrive nel suo diario la giovane religiosa - mettevo la mia fetta di pane da parte, credevo di passare inosservata. Ma oggi alla fine del pranzo madre Ignazia mi si è avvicinata con la sua porzione, e poi suor Emilia con la sua.

Il fatto stesso di riuscire a sfamare quotidianamente tutte quelle persone, rubando ai nazisti un po' di derrate, era già un miracolo perché in città non si trovava più niente.

"Il secondo piano" è una storia appassionante e di grande umanità. Inoltre si affronta anche un tema a lungo dibattuto sul ruolo che le istituzioni cattoliche hanno svolto durante l'occupazione di Roma da parte dei nazisti.

Ritanna Armeni dà voce a una vicenda straordinaria, poco nota, che riguarda le donne. A far da cornice alla storia sono riportati in corsivo eventi storici come l'eccidio delle Fosse Ardeatine, i continui rastrellamenti nei ghetti ebraici e l'arrivo ad Auschwitz degli ebrei catturati, la violenza dei nazisti verso i partigiani, gli antifascisti e verso chiunque prestasse aiuto agli ebrei, il silenzio del Vaticano che non si schierò mai apertamente contro i tedeschi, pur creando una rete clandestina di sostegno in favore dei perseguitati. E ancora la resistenza tedesca sulla linea Gustav, lo sbarco ad Anzio nel gennaio del '44, l'attentato di via Rasella.

Sicuramente queste donne scelsero liberamente da che parte stare e misero in atto una resistenza ai tedeschi, diversa da quella compiuta dai partigiani, ma non meno eroica. Senza clamore le suore hanno condotto una resistenza basata sull'amore per il prossimo. Una resistenza che non è stata intralciata dal Vaticano, ma della quale si sono assunte tutta la responsabilità.

Vengono così a cadere tutti i luoghi comuni, i pregiudizi, gli stereotipi culturali verso le suore. Considerate donne sottomesse e fragili, le suore si rivelano autonome e libere di pensare e agire. Le loro azioni sono guidate non da un sentimento di eroismo, ma dalla volontà di adempiere al compito al quale hanno dedicato la loro vita. Ascoltano il loro cuore.

"Il secondo piano" esplora anche temi delicati come la rinuncia alla maternità e il rapporto con le gerarchie ecclesiastiche. Rispetto alla Storia, raccontata dagli uomini, le donne sono spesso in secondo piano. Nell'ora più buia della Storia, la Carità ha illuminato le stanze di tanti monasteri. Ha creato ponti di solidarietà. Ha confortato chi viveva nella disperazione. Ognuno, a modo suo, ha contribuito a riportare l'umanità fuori da quel baratro in cui era miseramente caduta.

Oggi il "mai più" inizia a vacillare. Non dimentichiamo. Diventiamo tutti custodi della Memoria e ogni sacrificio non sarà stato vano.

giovedì 23 gennaio 2025

RECENSIONE | "Tatà" di Valerie Perrin

"Tatà"(Edizioni E/O, traduzione di Alberto Bracci Testasecca) è un coinvolgente romanzo della francese Valérie Perrin, fotografa, sceneggiatrice e autrice. Il suo primo libro, "Il quaderno dell'amore perduto", ha vinto il premio Choix des Libraires Littérature 2018, oltre a una decina di premi nazionali. "Cambiare l'acqua ai fiori", suo secondo romanzo, ha vinto il Prix Maison de la Presse 2018, ed è stato un successo internazionale. La terza opera, "Tre", ha vinto il premio Babelio nel 2022.

La protagonista Agnès, indagando sul mistero di sua zia Colette che per anni ha fatto credere di essere morta, scopre inattesi segreti di famiglia.


STILE: 8 | STORIA: 8 | COVER: 7
Tatà
Valérie Perrin

Editore: Edizioni E/O
Pagine: 608
Prezzo: € 21,00
Sinossi

Agnès non crede alle sue orecchie quando viene a sapere del decesso della zia. Non è possibile, la zia Colette è morta tre anni prima, riposa al cimitero di Gueugnon, c’è il suo nome sulla lapide… In quanto parente più prossima tocca ad Agnès andare a riconoscere il cadavere, e non c’è dubbio, si tratta proprio della zia Colette. Ma allora chi c’è nella sua tomba? E perché per tre anni Colette ha fatto credere a tutti di essere morta? È l’inizio di un’indagine a ritroso nel tempo. Grazie a vecchi amici, testimonianze inaspettate e una misteriosa valigia di audiocassette, Agnès ricostruisce la storia di una famiglia, la sua, in cui il destino dei componenti è legato in maniera indissolubile a un circo degli orrori, all’unica sopravvissuta di una famiglia ebrea deportata e sterminata dai nazisti, alle vicende di un celebre pianista e a quelle di un assassino senza scrupoli, alle subdole manovre di un insospettabile pedofilo e al tifo sfegatato per la locale squadra di calcio, il FC Gueugnon.





Il 2010 è l'anno in cui mia zia è morta per la seconda volta.

L'espediente della morte cela l'amore per la vita. "Morire per poter vivere" è il mantra di questo romanzo che narra una vicenda complessa con eventi drammatici sullo sfondo.

Agnès, la protagonista, è incredula quando viene a sapere del decesso della zia. Non è possibile, la zia Colette è morta tre anni prima, riposa al cimitero di Gueugnon, c'é il suo nome sulla lapide. Tocca proprio ad Agnès, in quanto parente più prossima, andare a riconoscere il cadavere, e non c'é dubbio, si tratta della zia Colette. Ma allora che c'é nella sua tomba? E perché per tre anni Colette ha fatto credere a tutti di essere morta? E che storia la zia ha affidato a oltre duecento ore di audiocassette? È l'inizio di un'indagine a ritroso nel tempo.

Ricevere la notizia della "seconda" morte della zia è sicuramente un evento inquietante per Agnès, regista trentottenne parigina che sta attraversando un momento di crisi professionale e sentimentale. Agnès si reca subito a Gueugnon, dove viveva la zia (la tante, da cui il vezzeggiativo "tatà") per cercare di svelare il mistero della doppia morte. Scoprirà una moltitudine di storie che affondano le radici nel passato. Sono storie difficili e drammatiche che coinvolgono molti abitanti del paese.

Il romanzo mi ha catturata fin dalla prima pagina svelando una storia narrata a più voci. Ognuno rivela un frammento di verità che insieme daranno vita a un puzzle coinvolgente.

Con Agnès avremo modo di ripercorrere la sua infanzia quando trascorreva le sue vacanze estive a casa della zia, dove la lasciavano i genitori, due famosi musicisti sempre in tournée.

La zia Colette non era sposata, non aveva figli, aveva solo due grandi passioni: il suo lavoro da calzolaia e la fede calcistica per la squadra locale di cui non perdeva una partita. Tatà non amava mettersi in evidenza, mostrava sempre un basso profilo che nascondeva, come scoprirà Agnès, azioni di grande coraggio e di amore per il prossimo. La zia nascondeva parte della sua vita e aveva un ottimo motivo per comportarsi in tal modo. Lascio a voi il piacere di scoprire quale sia questo motivo. Vi svelo che Agnès riceverà, alla morte della zia, un'eredità davvero speciale: una valigia piena di cassette registrate che contengono tutti i retroscena della sua vita.

Mi alzo per riempirmi un bicchiere d'acqua. Apro il mobiletto della cucina. Sono negli oggetti di Colette, nella sua voce, nelle sue ultime mura. Sapeva che un giorno sarei stata qui? Perché ha aspettato di essere morta per parlare con me? Prendo la spugnetta che è sull'angolo del lavello. Quante volte l'ha usata per raccogliere le briciole dal tavolo? Torno nel salottino, mi siedo sul materasso e premo play.

Piani temporali e narrativi diversi si intrecciano per svelare antichi legami e segreti della provincia. Scopriremo una storia tormentata in cui si muovono tanti personaggi. L'autrice ci guida alla scoperta della loro psiche dove si celano desideri nascosti e falsità. Assistiamo così alla progressiva emersione del Male. La chiave simbolica

Valérie Perrin, attraverso i personaggi, parla direttamente all'emotività del lettore che, per svelare il mistero di Colette, deve inoltrarsi nella selva oscura dell'esistenza della donna, sfiorare la verità e guardare negli occhi il Male. Capitolo dopo capitolo emerge un mondo senza certezze in cui esistono invisibili connessioni tra gli esseri umani. Si crea un rapporto suggestivo tra presente e passato con voci che sussurrano, enigmi che si sciolgono seguendo un filo rosso che rappresenta un legame pronto a sfidare la crudeltà del destino. Ed è affascinante notare come nei momenti segnati dalla perdita, abbia inizio la rivelazione della verità. Una verità concreta, disarmante e con un gran cuore. Morire per poter vivere, morire per proteggere qualcuno a cui si vuol bene, morire per sperare in una vita migliore.

"Tatà" è un romanzo composto da più storie che trattano temi importanti come la famiglia, l'amicizia, i ricordi, l'amore, la passione per la propria squadra di calcio, la violenza sulle donne, l'abuso sui minori, l'amore per gli animali, la musica.

La zia che morì due volte è un personaggio sorprendente che racconta la sua vita in tono intimo e profondo. La voce diventa un tramite per narrare di infanzie difficili, di amori tossici, di passioni destinate a realizzarsi. Lei che appariva così debole era stata invece temprata da una vita di privazioni e severità. Il suo destino si era compiuto per via di una somiglianza con una persona. Dietro a ogni evento si celano dignità e libertà che fanno da cornice alla bellezza della vita. Non tutto è perfetto, ma la vita è meravigliosa anche se ci sono tante battaglie da combattere. Battaglie condotte in silenzio senza mai chinare il capo.

Agnès scoprirà le vere radici della sua famiglia, su tutto e tutti si eleva la voce di zia Colette. Una voce che è un sussurro per dire che morire è un ritorno alla vita. Una vita che la vedrà per sempre presente nel cuore delle persone a lei care.

martedì 14 gennaio 2025

RECENSIONE | "Intermezzo" di Sally Rooney

"Intermezzo" (Einaudi nella traduzione di Norman Gobetti) è il nuovo, e già acclamatissimo, romanzo della scrittrice irlandese Sally Rooney, considerata in tutto il mondo una delle migliori voci letterarie della generazione dei trentenni.

Peter e Ivan sono fratelli: il primo è un avvocato di successo, il secondo è un timido e solitario campione di scacchi. Quando perdono il loro papà, le loro vite vanno incontro a cambiamenti imprevisti, anche per quanto riguarda l'amore.

In Italia di Sally Rooney sono stati pubblicati i romanzi "Parlarne tra amici" e "Dove sei, mondo bello". Rispettivamente il suo primo e terzo romanzo che hanno venduto decine di migliaia di copie. Da "Persone normali", il suo secondo romanzo, è stata tratta una serie tv apprezzatissima.


STILE: 8 | STORIA: 8 | COVER: 8
Intermezzo
Sally Rooney

Editore: Einaudi
Pagine: 432
Prezzo: € 22,00
Sinossi

Alla morte del padre, Peter e Ivan vedono sconvolto il precario equilibrio della loro esistenza. Nascono nuovi amori, esplodono vecchie ruggini, si creano inedite alleanze. E in questo interludio si intravede la vastità potenziale di ogni vita. A parte il fatto di essere fratelli, Peter e Ivan Koubek sembrano avere poco in comune. Peter è un avvocato di Dublino sui trent’anni – affermato, abile e apparentemente irreprensibile. Ma, ora che gli è morto il padre, prende farmaci per dormire e si barcamena con fatica fra due relazioni con donne molto diverse: il primo, imperituro amore, Sylvia, e Naomi, una studentessa universitaria per cui la vita è un’unica lunga barzelletta. Ivan è un campione di scacchi ventiduenne. Si è sempre considerato uno sfigato, un paria, l’antitesi del suo disinvolto fratello maggiore. Ora, nelle prime settimane dopo la perdita del padre, incontra Margaret, una donna più grande che esce da un passato turbolento, e rapidamente e intensamente le loro vite si intrecciano. Per i due fratelli in lutto, e per le persone da loro amate, si apre un interludio, un periodo di desiderio, disperazione e nuove prospettive – l’opportunità di scoprire quante cose un’unica vita possa contenere senza per questo andare in pezzi.





Con una voce deliberatamente calma, quasi sibilante, Ivan dice: In realtà ti odio. Ti ho odiato per tutta la vita. Senza muoversi, senza guardarsi intorno per vedere se gli altri commensali o il personale li stanno guardando, Peter risponde semplicemente: Lo so.

Il romanzo, ambientato in Irlanda, racconta la storia di Peter e Ivan due fratelli che reagiscono diversamente alla morte del padre, attraversando un rapporto segnato da vecchi risentimenti e silenzi.

L'autrice esplora le dinamiche dei legami familiari mettendo in primo piano una gran verità: la vita non è segnata solo dal dualismo successo o fallimento, vittoria o sconfitta. Ognuno deve poter scegliere liberamente come vivere senza subire il condizionamento dell'opinione altrui.

Procedendo con la trama che ci permette di entrare nella mente dei due protagonisti maschili offrendoci un posto privilegiato per osservare la loro tenerezza e fragilità, per seguire i loro cambiamenti. A volte, però, si mostrano violenti, ansiosi, distruttivi e autodistruttivi. Il precario equilibrio della loro esistenza va in frantumi alla morte del padre. Tuttavia la vita va avanti. Nascono nuovi amori, esplodono vecchie ruggini, si creano inedite alleanze.

Peter e Ivan Koubek, a parte il fatto di essere fratelli, sembrano avere poco in comune.

Peter è un avvocato di Dublino sui trent'anni. Affermato, abile e apparentemente irreprensibile, per affrontare il lutto prende farmaci per dormire e si barcamena con fatica fra due relazioni con donne molto diverse: Sylvia e Naomi.

Sylvia, il suo primo, imperituro amore. Peter l'ha sempre amata. L'ama tuttora anche se la salute precaria, malata cronica dopo un incidente, impedisce a Sylvia di avere relazioni.

Naomi, una giovanissima studentessa universitaria che vive di espedienti. Con lei Peter ha un rapporto prevalentemente sessuale.

Nessun lavoro, nessun sostegno famigliare, nessun indirizzo fisso, nessuna assistenza statale, niente soldi per finire l'università. Proprietaria di niente al mondo, tranne il suo corpo perfetto.

Il fratello minore, Ivan, è un ex ragazzo prodigio degli scacchi ventiduenne. Si è sempre considerato sfigato e impacciato, l'antitesi del fratello maggiore. È un neo laureato con un lavoro precario In un centro culturale, nelle prime settimane dopo la perdita del padre, incontra Margaret, una donna più grande di lui di quattordici anni, con un matrimonio turbolento alle spalle. I due si guardano negli occhi e si piacciono, le loro vite si intrecciano rapidamente e intensamente.

Per i due fratelli in lutto e per le persone da loro amate si apre un intermezzo, un periodo di desiderio, disperazione e nuove prospettive. Un periodo che li vede confrontarsi per cercare di riscoprire il significato di "famiglia". Sarà per loro l'opportunità di scoprire quante cose un'unica vita possa contenere senza per questo andare in pezzi.

"Intermezzo" narra di relazioni sentimentali complicate, di amori che si trasformano in amicizie e viceversa, di dolore cronico, di anticapitalismo ed erotismo. In questo romanzo compare un nuovo tema, la morte che  offre l'occasione, ai protagonisti, di confrontarsi con domande esistenziali. Ciò coinvolge sicuramente il lettore che si ritrova in un mondo a lui noto. Un mondo in cui le interazioni umane avvengono tramite messaggi di testo o telefonate. L'esperienza personale di Peter e Ivan si fa esperienza collettiva. La condivisione avviene anche attraverso uno stile di scrittura che cambia se a parlare è Peter o Ivan.

Peter riflette la sua personalità nei pensieri caotici e tortuosi, spesso incoerenti e frammentati. Ama e desidera sia Sylvia che Naomi.

Non c'è nessun'altra, potrebbe dire. Cioè, una, però no. scusa. Amo te. Lei. Tutt'è due. Non ti preoccupare. Non dirlo. Cristo no.

Ivan è più riflessivo, ermetico, malinconico.  Sembra quieto e razionale.

Rooney crea personaggi emotivamente stratificati e vulnerabili che vivono relazioni che sfuggono alle consuetudini tradizionali. Il concetto di monogamia si sgretola pian piano, i confini tra amore e amicizia si fanno sempre più incerti, la differenza d'età e di classe appare più sfuggente.

La trama, povera di eventi, mostra una ricchezza di dialoghi che rappresentano un mezzo per conoscere se stessi e gli altri. Appare evidente l'inadeguatezza alla vita provata da tutti i personaggi che sono coinvolti in relazioni da cui non riescono più a staccarsi. Tutti sono stati feriti dalla vita anche se gli uomini si mostrano più fragili alla continua ricerca di qualcosa che ancora ignorano.

Peter, dietro l'apparenza di uomo di successo, non riesce a costruire rapporti affettivi tradizionali e profondi. Tende a manipolare le persone e oscilla, in un movimento perpetuo, tra Sylvia e Naomi.

Margaret è considerata da tutti la sola colpevole del fallimento del suo matrimonio. Ora la relazione con un ragazzo più giovane le crea disagio e tutti le sono contro. Vorrebbe tanto fidarsi di Ivan e dell'amore. Ci riuscirà?

Naomi occupa abusivamente l'appartamento in cui vive ed è sempre sotto minaccia di sfratto. Non ha un lavoro e dipende economicamente da Peter.

Sylvia, dopo l'incidente, ha visto cambiare totalmente la sua vita e ha rinunciato ai suoi sogni

Ivan, porta ancora l'apparecchio ai denti, si considera incapace di reagire con le altre persone. È incerto sul proprio futuro e la sua misoginia non è mai celata.

Le emozioni dei protagonisti emergono con forza, i sentimenti si rincorrono in modo disordinato sottraendosi alla logica matematica degli scacchi. Ognuno si sente prigioniero del proprio dolore. Solo l'intimità riesce a dare libero sfogo alle parole, ai pensieri, all'intuizione di verità che permettono di prendere decisioni importanti. Rivelazioni che poi è difficile mettere in pratica una volta tornati alla società. Come coniugare l'amore con ciò che la società ritiene "giusto"? L'amore forma una rete di relazioni che da vita al tessuto sociale.

Quando tutto intorno diventa distruzione, l'amore è un'ancora di salvezza e una speranza: le ombre del futuro si possono affrontare e vincere insieme. La vita non è una partita a scacchi scandita da regole ben precise. Non è tutto finalizzato alla "vittoria", occorre accettare anche la possibilità di perdere ben sapendo che la società premia solo il vincitore e isola i perdenti. La competitività aumenta l'individualismo e l'alienazione. Come reagire? Cercando la bellezza nella vita, cercando e trovando le cose belle che ci rendono felici senza considerare i pareri altrui. Ascoltare il proprio cuore per poter vivere le relazioni che noi scegliamo di vivere anche se non vengono accettate dagli altri. L'unguento dell'amore è in grado di guarire le ferite della "normalità". Abbandoniamo le maschere, abbracciamo i cambiamenti e le trasformazioni. Schieriamoci dalla parte della vita senza paura.

C'è differenza fra il volere una cosa e il pensare che la cosa che vuoi sia una buona idea?

mercoledì 8 gennaio 2025

RECENSIONE | "La neve in fondo al mare" di Matteo Bussola

Buon 2025, cari lettori. La prima recensione dell’anno vede protagonista "La neve in fondo al mare"(Einaudi), un romanzo corale profondo, denso di tenerezza, scritto da Matteo Bussola sulla fragilità adolescenziale e sulle difficoltà che implica il diventare sé stessi. La storia ci porta a scoprire l'amore incondizionato di padri e madri alle prese con la malattia dei propri figli.

L'autore narra una storia intrisa dal dolore più oscuro da cui, quasi inaspettatamente, nasce una speranza che con il suo calore riuscirà a sciogliere la neve in fondo al mare.


STILE: 8 | STORIA: 9 | COVER: 8
La neve in fondo al mare
Matteo Bussola

Editore: Einaudi
Prezzo: € 17,00
Sinossi
Matteo Bussola racconta un nodo del nostro tempo: la fragilità adolescenziale. Scrive una storia toccante, piena di grazia, sul tradimento che implica diventare sé stessi. E ci mostra, con onestà e delicatezza, quel che si prova davanti al dolore di un figlio, ma anche la luce dell’essere genitori, che pure nel buio continua a brillare. Perché è difficile accogliere la verità di chi amiamo, soprattutto se lo abbiamo messo al mondo. Ma l’amore porta sempre con sé una rinascita. Un padre e un figlio, dentro una stanza. L’uno di fronte all’altro, come mai sono stati. Ciascuno lo specchio dell’altro. Loro due, insieme, in un reparto di neuropsichiatria infantile. Ci sono altri genitori, in quel reparto, altri figli. Adolescenti che rifiutano il cibo o che si fanno del male, che vivono l’estenuante fatica di crescere, dentro famiglie incapaci di dare un nome al loro tormento. E madri e padri spaesati, che condividono la stessa ferita, l’intollerabile sensazione di non essere più all’altezza del proprio compito. Con la voce calda, intima, di un padre smarrito, Matteo Bussola fotografa l’istante spaventoso in cui genitori e figli smettono di riconoscersi, e parlarsi diventa impossibile. Attraverso un pugno di personaggi strazianti e bellissimi, ci ricorda che ogni essere umano è un mistero, anche quando siamo noi ad averlo generato.

 

Scoprire la profondità della tristezza di un figlio, a neanche sedici anni, è come trovare qualcosa in un posto in cui non te lo saresti mai aspettato. In cui proprio non dovrebbe esserci.

- Che vuoi dire?

- Tipo, non so. Come trovare la neve in fondo al mare.

"La neve in fondo al mare" è un romanzo corale, ma c'è una voce che sovrasta tutte le altre: la voce del cuore che scandisce gli eventi, il corso delle giornate, il rincorrersi dei pensieri e delle riflessioni.

Tommy soffre di anoressia nervosa. Il rifiuto del cibo è l'unica maniera, che lui conosce, per mantenere il controllo sul suo corpo e sulla sua vita. Ricoverato in un reparto di neuropsichiatria infantile, per aver ingerito troppe pastiglie per il dimagrimento, il giovane è controllato dal padre. Un padre e un figlio, dentro una stanza. L'uno di fronte all'altro, come mai sono stati. Ciascuno lo specchio dell'altro. Il padre di Tommy si sente impotente, non può cambiare il presente, non può prevedere come evolverà la patologia del figlio.

Ci sono altri genitori, in quel reparto, altri figli che tentano di controllare un dolore devastante mettendo in pratica le loro soluzioni.

Eva che ancora si finge una bambina. Il suo peso è triplicato in poco tempo e i suoi genitori ignorano il motivo di tutto ciò.

Giacomo, divide la stanza con Tommy, è un aspirante webstar diciassettenne che ha tentato il suicidio buttandosi dal secondo piano.

Marika che si fa del male, affetta da autolesionismo. Suo padre non accetta le parole dei medici ed è incapace di aiutare la figlia.

Nicholas che ha dentro una gran rabbia che esplode in accessi d'ira. Sua madre gli è vicino anche se lui l'ha ferita fisicamente.

Tutti i genitori lì presenti sono segnati da ciò che accade ai loro figli, affrontano dolori, cadute, silenzi, sofferenze e incomprensioni. Sono alla continua ricerca delle parole giuste per parlare con i propri figli. Nei loro occhi c'è rassegnazione, stanchezza, paura. Ai giovanissimi ricoverati basta poco per riconoscersi come appartenenti alla stessa comunità. Si accettano vicendevolmente, si sostengono e qualche volta sorridono o cantano o giocano a carte mostrando un'ombra di adolescenza.

Farsi del male è la prima forma di controllo che abbiamo tutti.

Ci sono infiniti modi per farsi del male. C'è chi sviluppa la fobia dell'acqua, l'autolesionismo, la depressione, i tentativi di suicidio. I genitori si sentono smarriti davanti a tanto dolore e non sanno come comportarsi, si sentono in colpa e annientati dal rifiuto dei figli di parlar con loro. Adolescenti che vivono l'estenuante fatica di crescere, dentro famiglie incapaci di dare un nome al loro tormento. Per il padre di Tommy diventa un'ossessione individuare il momento in cui tutto è iniziato.

Quando si è aperta la crepa. Le ragioni per cui si è innescato il processo. Come ho fatto a non accorgermene prima?

Già, come si può "non vedere" quando si è sempre presenti? Come si può scegliere di gettar via la propria vita?

Tante domande ma nessuna risposta. La fragilità dei nostri figli ci coglie impreparati. Si soffre per loro. Si soffre con loro. Si pensa di non essere più all'altezza del proprio compito, ma come reagire a tanto dolore? La risposta è una, una sola: con l'amore.

L'amore porta con sempre con sé una rinascita.

Ragazzi spaventati dalla vita. La sofferenza è il loro linguaggio. Ragazzi che non parlano di un "futuro da costruire" ma di un presente che non offre loro soluzioni immediate. Gli adulti non sono quasi mai in grado di dare soluzioni ed ecco perché i genitori non riescono più a parlare con i figli.

Figli che ritengono i genitori incapaci di dar loro qualcosa di davvero utile. Viene meno la fiducia, ma essere genitore vuol dire anche "amare chi non si fida più di te."

La pandemia ha giocato un ruolo importante nella storia e nella realtà. Ha chiuso tutti nelle proprie case ed è proprio allora, quando riteniamo i nostri figli al sicuro dei mali del mondo, che inizia la tragedia. Vivere lontano da tutti, chiusi in casa senza relazionarsi con gli amici. Genitori e figli si fronteggiano, tutti spaventati e ansiosi, la paura del vivere inizia a dilagare. Parole prima poco conosciute si affacciano alla soglia delle nostre abitazioni. Parole come cutting, Hikikomori, anoressia nervosa, si presentano a noi e alcuni adolescenti iniziano "a odiare ciò che sono".

Il loro farsi del male è un modo "per sopravvivere al dolore che sentono". Un dolore che non si vede ma che c'è. Scoprire quel dolore, quella tristezza, in un figlio giovanissimo, è come trovare qualcosa in un posto in cui non te lo saresti mai aspettato.

È come trovare la neve in fondo al mare. Dovrebbero esserci i pesci colorati, le rocce e i coralli e le meduse e Dio sa che altro, ma la neve, la neve no. la neve non te la aspetti mica.

Quando i figli si chiudono a riccio i genitori si sentono rifiutati e iniziano a costruirsi intorno una gabbia colma di sensi di colpa. Tutti noi vogliamo tenere il Male lontano dai nostri figli, vogliamo proteggerli, tenerli al sicuro. Ma il troppo amore porta i figli a voler essere sempre all'altezza delle aspettative dei genitori che indirizzano, consigliano, spronano.

Ma i ragazzi cosa vogliono realmente?

Quando sono piccoli i figli considerano i genitori come super-eroi. Tommy, sfidando il padre a guardare il suo corpo scheletrico, gli grida la sua rabbia esclamando :"Per me eri Dio!" Poi crescono e capiscono che i genitori non sono infallibili, che loro stessi non sono speciali. Per alcuni genitori i figli sono un riscatto sociale, su di loro riversano speranze e sognano grandi successi. Tuttavia i figli hanno una loro identità diversa da ciò che si era sperato. Anche se le aspettative vengono meno, non si realizzano, i genitori amano comunque i propri figli. Forse dovremmo chiedere loro come si sentono, se sono felici, se qualcosa o qualcuno ha creato loro delle difficoltà. Domande difficili di cui temiamo le risposte. Tutti noi dobbiamo amare i nostri figli semplicemente per ciò che sono. Essere imperfetti è un diritto per tutti, grandi e piccini.

Forse si diventa padri, si diventa madri, proprio per imparare quel tipo di amore lì, unico e irragionevole, che non si può sperimentare in nessun altro modo, in nessun altro tipo di relazione. Forse il vostro compito è quello di riuscire a farci scorgere la bellezza anche nel progetto che non riesce, nella promessa non mantenuta. Nella provvisorietà del bene. Nel crollo che ci svela cos'era a tenerci in piedi.

"La neve in fondo al mare" è un romanzo che mette i brividi per la profondità dei temi trattati. Essere genitori non è facile, vedere la luce che si spegne negli occhi di un figlio è l'inizio di un incubo. Ci si ritrova con la propria vulnerabilità messa a nudo e viene spontaneo identificarsi con i genitori, che cercano un modo per relazionarsi con i figli, e con gli adolescenti alle prese con la costruzione della propria identità.

Matteo Bussola, con una scrittura sensibile, narra una storia struggente in cui l'imperfezione non è un limite ma è ciò che siamo. È un narrare quieto che a volte si fa tumultuoso, discreto nel rivelare frammenti di memoria, incisivo nel dar corpo alle emozioni, ai pensieri, alle paure che caratterizzano un tempo enigmatico. Il tempo della crescita, del cambiamento, del distacco. Ogni essere umano è un mistero, anche quando siamo noi ad averlo generato. Ieri figli, oggi genitori senza un manuale da consultare e con tante domande. Crescere in un mondo senza certezze è difficile, il mal di vivere degli adolescenti si scontra con l'impotenza dei padri.

Forse noi due potremmo ripartire da qui; dal diritto di essere amati semplicemente per ciò che siamo. Non tanto come genitore e figlio, ma prima di tutto come due esseri umani che hanno voglia di dirsi chi sono.

Un finale di speranza per un viaggio verso l'età adulta nella consapevolezza di un arduo cammino che potrà rivelarsi meno ostico se rischiarato dall'amore incondizionato dei genitori.

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