Carissimi lettori, spero abbiate trascorso una serena estate :) Ora che l’autunno si avvicina ho chiuso il capitolo vacanze per ritornare alla
quotidianità. Naturalmente anche in questo periodo di riposo e di svago non ho
mai abbandonato i miei amati libri. A esser sincera sono soddisfatta di me
stessa perché sono riuscita a leggere, malgrado il caldo, un libro di ben 522
pagine. È stata una bella avventura che vorrei condividere con voi parlandovi
di un thriller mozzafiato che conduce i lettori dai deserti spazzati dal vento
dell’Asia Centrale fino all’inferno dei bassifondi di Ulan Bator. Il libro in questione è ”Yeruldelgger. Morte nella steppa.”
Di Ian Manook, pubblicato da Fazi.
Yeruldelgger
Morte nella steppa
Morte nella steppa
(Trilogia Yeruldelgger #1)
Ian Manook (traduzione di M. Ferrara)
Ian Manook (traduzione di M. Ferrara)
Editore: Fazi
Pagine: 522
Prezzo: € 16,50
Pagine: 522
Prezzo: € 16,50
Sinossi: Non comincia bene la giornata di un commissario mongolo se, alle prime luci dell'alba, in una fabbrica alla periferia della città, si ritrova davanti i cadaveri di tre cinesi, per di più con i macabri segni di un inequivocabile rito sessuale. E la situazione può solo complicarsi quando, poche ore dopo, nel bel mezzo della steppa, è costretto a esaminare una scena perfino più crudele: i resti di una bambina seppellita con il suo triciclo. Quello che però il duro, rude, cinico ma anche romantico commissario Yeruldelgger non sa è che per lui il peggio deve ancora arrivare. A intralciare la sua strada, e a minacciare la sua stessa vita, politici e potenti locali, magnati stranieri in cerca di investimenti e divertimenti illeciti, poliziotti corrotti e delinquenti neonazisti, per contrastare i quali dovrà attingere alle più moderne tecniche investigative e, insieme, alla saggezza dei monaci guerrieri discendenti di Gengis Khan. Sullo sfondo, una Mongolia suggestiva e misteriosa: dalla sconfinata Ulan Bator alle steppe abitate dagli antichi popoli nomadi, un coacervo di contraddizioni in bilico fra un'antichissima cultura tradizionale e le nuove, irrefrenabili esigenze della modernità. Yeruldelgger dovrà compiere un viaggio fino alle radici di entrambe, se vorrà trovare una soluzione per i delitti, e anche per se stesso.
STILE: 8 | STORIA: 8 | COPERTINA: 7
Yeruldelgger si alzava mongolo, erede di un impero enorme e vuoto, dove gli uomini erano liberi di essere poveri per la grande ammirazione passeggera dei turisti che, con la guida in mano, venivano a spiegare ai mongoli la loro stessa cultura. E un attimo dopo, Yeruldelgger s’infilava la sua divisa di poliziotto che raccoglieva anime disfatte e si tormentava tutto il giorno per tentare di capire quello che le aveva distrutte. Tanto per non pensare più all’impero enorme e vuoto a immagine della sua vita.
“Yeruldelgger” è il primo capitolo di una trilogia, firmata dallo
scrittore francese Ian Manook, che racconta le vicende del commissario
Yeruldelgger chiamato a risolvere il mistero di tre uomini cinesi e due donne
mongole massacrati durante la festa cinese di San Valentino. La scena del
crimine evidenzia i macabri segni di un inequivocabile rito sessuale. Le cose
si complicano ulteriormente quando, nel bel mezzo della steppa, vengono
ritrovati i resti di una bambina seppellita con il suo triciclo. Questo è solo
l’inizio per il rude commissario che vedrà le sue indagini intralciate da
politici e potenti locali, poliziotti corrotti e delinquenti neonazisti,
magnati stranieri in cerca di investimenti e divertimenti. Yeruldelgger dovrà
difendere la sua stessa vita, dovrà affrontare i propri demoni per trovare la
soluzione ai raccapriccianti omicidi. Grazie al connubio tra le moderne tecniche investigative e alla
saggezza dei monaci guerrieri discendenti di Gengis Khan, il commissario riuscirà
a far luce sui crimini anche se le sue indagini riusciranno solo a scalfire la
verità che si intravede tra le pagine del libro.
Il noir in oggetto è ambientato in Mongolia, suggestiva e
misteriosa terra. Seguendo Yeruldelgger
giungeremo alla sconfinata Ulan Bator, attraverseremo le steppe abitate
dagli antichi popoli nomadi e conosceremo i loro usi e costumi. La capitale
Ulan Bator si presenta con i quartieri circondati da torri abitative e da
yurte.
Leggendo questo romanzo mi sono imbattuta in termini di cui non
conoscevo il significato. La prima volta che ho letto la parola “yurta”, mi
sono chiesta cosa potesse mai essere una Yurta. Curiosando su wikipedia e
continuando a leggere il romanzo, ho scoperto che le yurte sono le abitazioni
tradizionali dei Mongoli. Sin dai tempi più antiche le yurte erano costituite
da uno scheletro di legno e una copertura di tappeti di feltro di lana di
pecora. Possono essere smontate, spostate e assemblate in tempi brevi.
L’interno contiene molti letti che di giorno sono usati come sedie, una tavola
bassa su cui si poggia il cibo e un otre in pelle che contiene latte di
giumenta fermentato. L’unica apertura è rivolta sempre a sud. Entrare in una
yurta significa adempiere a un rigoroso rituale considerato forma di rispetto,
civiltà ed educazione. Adoro quando un romanzo mi offre l’opportunità di accrescere
le mie conoscenze!
Ciascuno vive con le sue paure per quanto pensi di essere coraggioso.
In questa frase sono racchiuse le qualità e i punti deboli
del commissario Yeruldelgger. Egli è rude, cinico, duro, porta in sé il dolore
per la morte della sua figlioletta. Questo lutto ha distrutto il commissario e
la sua famiglia, la moglie è impazzita e l’altra figlia lo ritiene colpevole di
tutto.
Vivere con il cuore stretto in una morsa di sofferenza ha trasformato Yeruldelgger in un uomo che non riesce più ad amare e accetta ogni cosa come autopunizione per la tragedia che ha stravolto la sua vita. La violenza è sua amica, non rispetta nessuna gerarchia. È una mina vagante, un fustigatore del crimine.
Vivere con il cuore stretto in una morsa di sofferenza ha trasformato Yeruldelgger in un uomo che non riesce più ad amare e accetta ogni cosa come autopunizione per la tragedia che ha stravolto la sua vita. La violenza è sua amica, non rispetta nessuna gerarchia. È una mina vagante, un fustigatore del crimine.
“Yeruldelgger” è un noir intenso che mi ha permesso di
conoscere alcuni aspetti della cultura mongola. In ogni pagina ho trovato la
durezza della vita e la morte è solo l’inizio di una lunga storia intensa e
potente, frammentata in capitoli di varia lunghezza. L’autore descrive con
stile essenziale, asciutto, i vari personaggi che animano la storia. Si
comprende subito che questo romanzo trae la sua energia e il forte impatto
emotivo dalla coralità di voci come espressione di passioni profonde, di
ossessioni che divorano l’animo, di sfregi all’amore e alla sacralità della
vita. Non troverete pace in queste
tormentate 522 pagine. Tutto inizia con un susseguirsi di eventi, drammatici
eventi, che mi hanno fatto pensare ad una danza investigativa. I primi passi
sono incerti, un po’ confusi, guidati da
un impeto rude. Poi il ritmo alza la testa e diventa incalzante come l’agire di
Yeruldelgger e dei suoi uomini. L’intrigo appassionante è il sottofondo
musicale che guida ogni azione e incalza il bisogno di sapere.
“Yeruldelgger” è un romanzo da gustare con calma per
scoprire un’ambientazione unica e coinvolgente, per seguire gli avvenimenti ad
alta tensione inframmezzati da momenti in cui la poeticità dei sentimenti
prende il sopravvento. Non lasciatevi forviare dalla collera del commissario.
Ben presto quella collera, che tutto travolge, si trasformerà in forza per non
indietreggiare mai una volta iniziata la battaglia. La collera distrugge la
serenità dell’animo, la forza ridona potere alla volontà. Yeruldelgger si
spoglia dei suoi incubi per ritrovare se stesso e la sua trasformazione è parte
integrante di questo bel romanzo. Ricordate, si scrive “Yeruldelgger” ma si
legge “figlio della steppa.”
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