lunedì 11 dicembre 2023

RECENSIONE | "Fiore di roccia" di Ilaria Tuti

“Fiore di roccia” di Ilaria Tuti, edito da Longanesi 2020, è un romanzo storico ambientato nel piccolo paese di Timau della Carnia, nella regione che ora si chiama Friuli Venezia Giulia, durante la prima Guerra Mondiale. L’autrice riporta alla memoria una storia sconosciuta al grande pubblico, quella delle Portatrici carniche: un gruppo di donne friulane che operarono lungo il fronte della Carnia durante la prima Guerra Mondiale. Le portatrici scalavano la montagna per raggiungere il fronte e aiutare gli uomini nelle trincee portando nelle loro gerle cibo, munizioni e medicinali, riportando a valle, molto spesso, i cadaveri dei soldati da seppellire in un piccolo cimitero che loro stesse avevano scavato.

STILE: 8 | STORIA: 9 | COVER: 8
Fiore di roccia
Ilaria Tuti

Editore: Longanesi
Pagine: 320
Prezzo: € 18,80
Sinossi

«Quelli che riecheggiano lassù, fra le cime, non sono tuoni. Il fragore delle bombe austriache scuote anche chi è rimasto nei villaggi, mille metri più in basso. Restiamo soltanto noi donne, ed è a noi che il comando militare italiano chiede aiuto: alle nostre schiene, alle nostre gambe, alla nostra conoscenza di quelle vette e dei segreti per risalirle. Dobbiamo andare, altrimenti quei poveri ragazzi moriranno anche di fame. Questa guerra mi ha tolto tutto, lasciandomi solo la paura. Mi ha tolto il tempo di prendermi cura di mio padre malato, il tempo di leggere i libri che riempiono la mia casa. Mi ha tolto il futuro, soffocandomi in un presente di povertà e terrore. Ma lassù hanno bisogno di me, di noi, e noi rispondiamo alla chiamata. Alcune sono ancora bambine, altre già anziane, ma insieme, ogni mattina, corriamo ai magazzini militari a valle. Riempiamo le nostre gerle fino a farle traboccare di viveri, medicinali, munizioni, e ci avviamo lungo gli antichi sentieri della fienagione. Risaliamo per ore, nella neve che arriva fino alle ginocchia, per raggiungere il fronte. Il nemico, con i suoi cecchini – diavoli bianchi, li chiamano – ci tiene sotto tiro. Ma noi cantiamo e preghiamo, mentre ci arrampichiamo con gli  scarpetz ai piedi. Ci aggrappiamo agli speroni con tutte le nostre forze, proprio come fanno le stelle alpine, i «fiori di roccia». Ho visto il coraggio di un capitano costretto a prendere le decisioni più difficili. Ho conosciuto l'eroismo di un medico che, senza sosta, fa quel che può per salvare vite. I soldati ci hanno dato un nome, come se fossimo un vero corpo militare: siamo Portatrici, ma ciò che trasportiamo non è soltanto vita. Dall'inferno del fronte alpino noi scendiamo con le gerle svuotate e le mani strette alle barelle che ospitano i feriti da curare, o i morti che noi stesse dovremo seppellire. Ma oggi ho incontrato il nemico. Per la prima volta, ho visto la guerra attraverso gli occhi di un diavolo bianco. E ora so che niente può più essere come prima.»  Con "Fiore di roccia" Ilaria Tuti celebra il coraggio e la resilienza delle donne, la capacità di abnegazione di contadine umili ma forti nel desiderio di pace e pronte a sacrificarsi per aiutare i militari al fronte durante la Prima guerra mondiale. La Storia si è dimenticata delle Portatrici per molto tempo. Questo romanzo le restituisce per ciò che erano e sono: indimenticabili.



Quelli che riecheggiano lassù, fra le cime, non sono tuoni. Il fragore delle bombe austriache scuote anche i villaggi, mille metri più giù. Restiamo soltanto noi donne, ed è a noi che il comando militare italiano chiede aiuto: alle nostre schiene, alle nostre gambe, alla nostra conoscenza di quelle vette e dei segreti per risalirle. Dobbiamo andare, altrimenti quei poveri ragazzi moriranno anche di fame.

Agata Primus, personaggio di fantasia, è una donna indipendente, orgogliosa, caparbia che non ha mai accettato compromessi. Assiste suo padre malato, lasciata sola dai suoi fratelli Giovanni e Tommaso dopo la morte della madre. Nel paesino vivono anche Francesco Maier, un ricco giovane innamorato di Agata, e il parroco Don Nereo che protegge e aiuta la ragazza. Sarà proprio lui che chiederà ad Agata e alle sue amiche di scalare la montagna su sentieri pericolosi per raggiungere i soldati e  portar loro viveri e munizioni. Così Agata, Viola, Caterina, Lucia e Maria affronteranno ogni giorno il pericolo, la fatica e il dolore, di questi viaggi su sentieri impervi.

Questa guerra mi ha tolto tutto, lasciandomi solo la paura. Mi ha tolto il tempo di prendermi cura di mio padre malato, il tempo di leggere i libri che riempiono la mia casa. Mi ha tolto il futuro, soffocandomi in un presente di povertà e terrore. Ma lassù hanno bisogno di me, di noi, e noi rispondiamo alla chiamata.

Con il passar del tempo Agata si rende utile anche in infermeria aiutando il dottor Janes e il capitano  Colman la considera una donna coraggiosa come un fedele e tenace soldato. Tutte le donne si sentono ormai parte di quell’esercito accampato sulle montagne, tanto che non esiteranno a imbracciare un fucile per combattere e sentirsi vicino a loro.

Ho visto il coraggio di un capitano costretto a prendere le decisioni più difficili. Ho conosciuto l’eroismo di un medico che, senza sosta fa quel che può per salvare vite. I soldati ci hanno dato un nome, come se fossimo un vero corpo militare: siamo Portatrici, ma ciò che trasportiamo non è soltanto vita. Dall’inferno del fronte alpino noi scendiamo con le gerle svuotate e le meni strette alle barelle che ospitano i feriti da curare, o i morti che noi stesse dovremo seppellire.

Il titolo del libro si ispira al nome di una stella alpina che viene chiamata “Fiore di roccia” per la sua tenacia ad aggrapparsi alla montagna e che riflette l’eroismo e il coraggio di tutte quelle donne carniche che si sono sacrificate per aiutare e prendersi cura degli alpini che combattevano alle prime linee italiane. Uomini che cercano parole di conforto, un sorriso in un mondo che ci vede l’uno contro l’altro.

Risaliamo per ore, nella neve fino alle ginocchia, per raggiungere il fronte. I cecchini nemici – diavoli bianchi, li chiamano – ci tengono sotto tiro. Ma noi cantiamo e  preghiamo, mentre saliamo con gli scarpetz ai piedi. Ci aggrappiamo agli speroni con tutte le nostre forze, proprio come fanno le stelle alpine, i “fiori di roccia”.

Agata Primus è un personaggio nato dalla fantasia dell’autrice, ma i fatti narrati sono realmente accaduti. Lei è l’emblema di tutte le donne che hanno combattuto per la libertà, ma che hanno anche provato pietà per i nemici nel nome di quella “fratellanza” che dovrebbe unire e non dividere.

Ma oggi ho incontrato il nemico. Per la prima volta ho visto la guerra attraverso gli occhi di un diavolo bianco. E ora so che niente può più essere come prima.

“Fiore di roccia” dà voce a tutte le donne che si sono sacrificate durante la guerra per aiutare i soldati al fronte. L’oblio sceso sulle Portatrici è stato squarciato dal potere delle parole che ne ha restituito il ricordo a tutti noi. Sono state loro a rispondere al grido d’aiuto dei soldati al fronte e oggi questo bel libro di Ilaria Tuti le consegna all’immortalità. Le Portatrici hanno spalle larghe, non indietreggiano davanti alla fatica e al lavoro. Hanno mani ruvide, abiti lisi e sono forgiate da secoli a sostenere la famiglia nelle condizioni più avverse. Sono donne abituate a lottare, a non fare affidamento sugli uomini, combattono e difendono ciò che amano e per cui vale la pena lottare e morire. Anche loro sono scese in battaglia anche se la Storia le ha dimenticate.

Nel 1997 a Timau, il Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro, ha consegnato alle reduci, ormai novantenni, la medaglia d’oro al valor militare.

“Fiore di roccia” è un romanzo potente che commuove e cattura  per il coraggio e l’umanità delle protagoniste, per le splendide descrizioni dei luoghi, perché parla di guerra ma al tempo stesso di speranza. Mi sono immedesimata con la protagonista Agata Primus, che è la voce narrante del romanzo, provando i suoi stessi sentimenti. Ho ammirato la sua determinazione e forza d’animo, ho riflettuto sulle sue parole sempre attuali anche oggi che la guerra non è un ricordo ma una dolorosa  presenza:

Ho scelto di essere libera. Libera da questa guerra, che altri hanno deciso per me. Libera dalla gabbia di un confine, che non ho tracciato io. Libera da un odio che non mi appartiene e dalla palude del sospetto. Quando tutto attorno a me era morte, io ho scelto la speranza.

L’incomparabile vicenda delle  Portatrici carniche merita di continuare a vivere nella memoria di tutti noi come una straordinaria pagina di Storia.

 Nell’inverno della vita, sacra è la presenza che si prende cura della dignità umana.