giovedì 30 maggio 2024

RECENSIONE | "La mossa dell'assassino" di Angela Marsons [Review Party]

"La mossa dell'assassino" di Angela Marsons è l'undicesimo volume della brillante serie di Kim Stone e della sua squadra investigativa. Il thriller, pubblicato da Newton Compton Editori nella traduzione di Anna Ricci, affronta un tema delicato ma molto interessante, i bambini gifted. Si tratta di bambini plusdotati e la storia ci permette di conoscere, almeno in parte, il modo in cui vivono, i metodi di educazione e gli effetti di tanta pressione e attenzione nelle fasi delle loro vite. Naturalmente il tutto è adattato a un romanzo poliziesco in cui l'unica regola è la sete di vendetta, perché anche il più innocente dei giochi si può trasformare in una trappola mortale.


STILE: 8 | STORIA: 8 | COVER: 8
La mossa dell'assassino
Angela Marsons

Editore: Newton Compton
Pagine: 352
Prezzo: € 9,90
Sinossi

Una tarda sera d’estate, la detective Kim Stone arriva a Haden Hill Park sulla scena di un orribile delitto: una donna è stata legata a un’altalena con del filo spinato e ha una X incisa sulla parte posteriore del collo. La vittima si chiamava Belinda Evans ed era una professoressa universitaria di psicologia infantile ormai in pensione. Perquisendone l’abitazione, Kim e la sua squadra trovano una valigia pronta e indizi di un complesso rapporto tra Belinda e la sorella Veronica. Quando vengono rinvenuti altri due cadaveri con gli stessi segni distintivi, Kim capisce di avere a che fare con un serial killer rituale. Indagando sulle vittime, individua un comun denominatore: tutte e tre erano coinvolte in tornei per bambini prodigio e si stavano recando all’evento annuale. L’assassino è uno dei più spietati che Kim abbia mai incontrato, e l’unico modo per scovarlo è indagare su ogni bambino che ha partecipato alle gare nei decenni addietro. Di fronte a centinaia di potenziali piste e a una sorella in lutto che si rifiuta di collaborare, riuscirà Kim a entrare nella mente del killer e a impedire un altro omicidio prima che sia troppo tardi?





Perché non vieni a giocare con me?

Una tarda sera d'estate, la detective Kim Stone arriva a Haden Hill Park sulla scena di un orribile delitto: una donna è stata legata a un'altalena con del filo spinato e ha una X incisa sulla parte posteriore del collo. 

La vittima si chiama Belinda Evans ed era una professoressa universitaria di psicologia infantile ormai in pensione. Perquisendo l'abitazione Kim e la sua squadra trovano una valigia pronta e indizi di un complesso rapporto tra Belinda e la sorella Veronica. Quando vengono rinvenuti altri due cadaveri con gli stessi segni distintivi, Kim capisce di avere a che fare con un serial killer rituale. Indagando sulle vittime si scopre che tutte e tre erano coinvolte in tornei per bambini prodigio e si stavano recando all'evento annuale. L'unico modo per fermare il killer è indagare su ogni bambino che ha partecipato alle gare nei decenni addietro. Di fronte a centinaia di potenziali piste e a una sorella in lutto che si rifiuta di collaborare, riuscirà Kim a entrare nella mente del killer e a impedire un altro omicidio prima che sia troppo tardi? 

Dopo aver letto tutti i romanzi della serie sono sempre convintissima che Angela Marsons sia proprio brava nel scrivere thriller che indagano il lato oscuro dell'uomo. La scrittrice ci porta a scoprire quanto l'abisso può essere profondo. Sicuramente i personaggi imperfetti son un punto di forza di questi romanzi e dopo ben 11 storie mi sembra di conoscerli da sempre. Iniziare a leggere un thriller Marsons è come essere catapultati direttamente sulla scena del crimine e per la detective Kim Stone non è raro trovarsi di fronte a brutali casi di omicidio, ma ogni volta c'è qualcosa di diverso che cattura l'attenzione del lettore. 

"La mossa dell'assassino" parte subito mostrandoci un omicidio raccapricciante. Innocenti giochi d'infanzia come l'altalena, la campana, un gioco da tavolo, diventano scene del crimine e Kim, con la sua squadra, avrà un bel da fare perché i sospettati sembrano moltiplicarsi e così anche le piste investigative. 

Quindi, ancora una volta, per ottenere dei risultati è necessario un lavoro di collaborazione di tutti i componenti della squadra. Tutti tranne Penn costretto a presentarsi in tribunale, con la sua vecchia squadra, per poter assistere a un processo riguardante un caso da loro risolto e tutto, proprio tutto, andrà storto. Così in "La mossa dell'assassino" i casi raddoppiano e anche la mia curiosità è aumentata, soprattutto quando il Killer inizia a sfidare la polizia e Penn vede il castello delle accuse franare miseramente. Due belle e intriganti storie da seguire! 

Un'altra cosa che ho sempre ammirato nei romanzi firmati da Angela Marsons è la sua capacità di svelare sempre microcosmi nuovi e affascinanti. Questa volta la trama coinvolge bambini gifted e un torneo che mette alla prova le loro abilità. É interessante scoprire la loro psicologia, le scelte genitoriali, le alte aspettative che gravano su di loro. Questi bambini hanno un quoziente intellettivo molto superiore alla norma o mostrano un talento particolare in una o più aree dello sviluppo. I loro rapporti sociali non sono semplici soprattutto se hanno alle spalle "la genitorialità tigre" ossia dei genitori rigorosi fortemente intenzionati a garantire il successo dei propri figli. I bambini cresciuti da genitori tigre possono subire minacce emotive e punizioni. 

"La mossa dell'assassino" è una matassa di rivalità, abbandoni, crudeltà e bugie, depistaggi e colpi di scena. I capitoli sono brevi, dinamici, tentacolari e carichi di suspense. Una narrazione trascinante per un altro capitolo irrinunciabile della storia di Kim e della sua squadra. Angela Marsons ci sa fare con le parole e sa come catturare il lettore, dalla prima pagina fino all'ultima, con un bel mix tra casi e vite personali. 

Anche se i libri possono essere letti singolarmente, consiglio vivamente di leggerli in ordine per poter meglio apprezzare le storie personali di Kim e dei componenti del suo team. Per quanto mi riguarda non vedo l'ora di sapere cosa accadrà nel prossimo libro.



mercoledì 29 maggio 2024

BLOGTOUR | "Norferville" di Franck Thilliez | I 5 motivi per leggere il romanzo

Nessuna strada porta a Norferville. Nessuna strada permette di uscirne. Nell'universo ostile del Grande Nord, nessuno ti può sentire urlare.

Con questo biglietto da visita, il maestro del thriller francese Franck Thilliez presenta il suo ultimo romanzo "Norferville" in libreria dal 28 maggio 2024. La casa editrice è Fazi, la collana è Darkside,  la traduzione di Daniela de Lorenzo.

La mente geniale dell'autore ha dato vita a un vero e proprio labirinto di ghiaccio cosparso di tranelli. Il romanzo è sorretto da un'ambientazione da brivido, siamo tra le gelide foreste del profondo Nord quebecchese. Qui il freddo entra nelle ossa, i lettori non sfuggiranno a tale penitenza, mentre i vari ingranaggi si incastrano perfettamente in un quadro d'insieme complesso e mostruoso. Se questo breve preambolo non ha destato la vostra curiosità, vi elenco 5 motivi per leggere "Norferville"



Norferville
Franck Thilliez

Editore: Fazi
Pagine: 384
Prezzo: € 19,50
Sinossi
Léonie è una “mela”: rossa fuori, bianca dentro. Così l’hanno sempre chiamata i nativi americani della riserva, perché è figlia di una madre innu e di un padre bianco. È cresciuta a Norferville, una piccola cittadina mineraria tagliata fuori dal mondo, nel Grande Nord canadese. Dopo la chiusura della miniera, Léonie abbandona la sua terra di ghiaccio e si ripromette di non rimetterci mai più piede, perché Norferville l’ha brutalizzata lasciandole una ferita che non si rimargina. Ma la vita decide altrimenti e, vent’anni più tardi, Léonie si ritrova costretta a tornare in quel luogo maledetto e affrontare una volta per tutte i fantasmi del passato. Ad altre latitudini, Teddy Schaffran – un criminologo di successo che indossa un’enigmatica benda da pirata sull’occhio sinistro – è tormentato da un antico dolore. Anche lui ha un grosso conto in sospeso con Norferville e le sue sorti sono destinate a incrociarsi con quelle di Léonie. Al centro di tutto, un efferato omicidio che solleva enormi interrogativi e scoperchia un vaso di Pandora di cui Léonie è determinata a vedere il fondo.



I 5 motivi per leggere il romanzo

"Quel posto non si dimenticava, si annidava in fondo allo stomaco come un demone chiuso a riccio e si palesava di notte per grattarne le pareti, finché non ti svegliavi urlando." 

1. Perché "Norferville" è un noir psicologico che penetra nei meandri della mente umana e svela le ambiguità irrisolte dei suoi protagonisti. Norferville simboleggia l'universo ostile del Grande Nord. L'inospitalità della natura si fronteggia con l'inospitabilità degli uomini, il duello non ammette prigionieri. 

Léonie è una "mela": rossa fuori, bianca dentro. Così l'hanno sempre chiamata i nativi americani della riserva, perché è figlia di una madre innu e di un padre bianco. È cresciuta a Norferville una piccola cittadina mineraria tagliata fuori dal mondo, nel Grande Nord canadese. A seguito della chiusura della miniera, Léonie abbandona la sua terra di ghiaccio e si ripromette di non tornarvi più, perché Norferville l'ha brutalizzata lasciandole una ferita che non si rimargina. Ma la vita decide altrimenti e, vent'anni più tardi, Léonie si ritrova costretta a tornare in quel luogo maledetto e affrontare una volta per tutte i fantasmi del passato. Ad altre latitudini, Teddy Schaffran, un criminologo di successo, viene a sapere che il corpo di sua figlia è stato scoperto proprio a Norferville. Morgane è stata selvaggiamente uccisa e mutilata, le hanno asportato il fegato per poi abbandonarla nella neve non lontano da una riserva indigena. Senza indugio, Teddy parte per la città mineraria, determinato a scoprire cosa sia successo alla figlia. Anche Léonie, che ora è una poliziotta, giunge nel paese natio. Insieme, Léonie e Teddy, indagheranno sull'omicidio. 

Teddy non aveva ormai più dubbi riguardo all'ostilità del mondo in cui era finito. Un universo di bestie feroci, di solitudine e di ghiaccio, in cui il pericolo poteva sopraggiungere da dove meno te l'aspettavi, persino dall'aria. 

2. Perché l'ambientazione è l'emblema del freddo, che finiamo letteralmente per sentire, che culmina con il blizzard, una bufera di neve che fa scendere la temperatura percepita anche a -50 °C. Tutti lottano per sopravvivere e Thilliez è un mago nel trasmettere le emozioni che da tale lotta scaturiscono. Tale ambientazione è lo spunto per denunciare la sorte degli aborigeni. È come se le bufere di neve imprigionassero personaggi e lettori soffiando il freddo, l'odio e la violenza. La violenza della natura e la violenza umana si fronteggiano. Si trema per il freddo e per la paura. Predatori e prede si muovono nel ristretto perimetro di Norferville, "una pietra di ferro in un deserto di ghiaccio". 

Più di otto su dieci denunciano di aver subito vari tipi di violenza o di essere state vittime di stupri. Ma le autorità indagano di rado e male e le donne indigene americane si sentono ultime fra gli ultimi.

3. Perché Franck Thilliez ci fa scoprire la vita, le tradizioni degli indigeni che vivono nella riserva vicino a Norferville. Gli Innu, una popolazione indigena del Québec e del Labrador, sono il perno di questa storia. I bianchi hanno devastato queste terre per estrarre il ferro. Hanno rinchiuso gli indigeni nelle riserve per inculcargli meglio la cultura bianca. Hanno distrutto il loro territorio, hanno negato la loro cultura. Hanno portato alcol, droghe e slot-machine. L'autore descrive la brutalità della polizia, le violenze che le donne indiane devono subire. Nessuno si preoccupa se spariscono nel nulla, sono invisibili e i loro diritti valgono meno. Questi temi vengono approfonditi nel romanzo e danno vita a incubi. Romanzo sociale travestito da noir, mi ha fatto scoprire il concetto di cura geografica che le donne indigene non sempre denunciano. Provano vergogna e hanno paura. Anche le condizioni di vita e di lavoro dei minatori sono difficili a Norferville, un luogo dalla bellezza mozzafiato ma marcio e maledetto. 

Perché questa è la colonizzazione. Questa specie di serpente pernicioso che ti fa dubitare della tua stessa identità. Ti fa dubitare di te stesso.

4. Perché il romanzo è una trappola ben congeniata. Suspense, intrighi, rallentano il ritmo degli eventi. Innescano un senso di paura che è direttamente proporzionale alle temperature che in questi luoghi scendono a -20 °C. la natura è padrona incontrastata della scena, detta le sue leggi e ridona vita a credenze ancestrali. La vita è una lotta, gli uomini si sono adattati a tali ambienti grazie al loro istinto per la caccia. L'istinto predatorio è in noi, sicuramente ben nascosto, ma c'è. Come in un eterno dissidio si ripresenta il fronteggiarsi tra modernità e tradizione, tra emancipazione e sottomissione, tra libertà e repressione. 

Non era per scelta che la gente viveva qui. Gli artigli di Norferville non hanno mai liberato le povere anime che avevano imprigionato.

5. Perché Thilliez crea una nuova coppia di investigatori, entrambi fragili, direttamente interessati dal caso. L'indagine si svolgerà a porte chiuse a Norferville, scoprire la verità non sarà facile anche perché l'autore ha deciso di porre Teddy e Léonie davanti al concretizzarsi di una leggenda: il Windigo. Leggenda nata per impedire la pratica del cannibalismo nelle comunità indigene, vede il Windigo una creatura metà uomo e metà animale con un cuore di ghiaccio. Si nutre di cose vive, con una predilezione per la carne umana. 

"Norferville" è un thriller che vi conquisterà, vi farà conoscere e riflettere su situazioni sociali rimaste nell'ombra per tanto tempo. E poi, su tutto, aleggia un gran monito: 

Per quanto lontano si possa scappare, si è destinati a ritornare dove tutto è iniziato.



mercoledì 22 maggio 2024

RECENSIONE | "Baumgartner" di Paul Auster

"Baumgartner" è un romanzo struggente e misterioso di Paul Auster, scrittore, saggista, sceneggiatore e regista, scomparso recentemente a 77 anni nella sua casa di Brooklyn. Il romanzo, traduzione di Cristiana Mennella per Einaudi, narra la vita di Seymour Baumgartner che è stata definita dall'amore per la moglie Anna. Ma ora Anna non c'è più e il protagonista si inoltra nei settant'anni cercando di convivere con la sua assenza.


STILE: 8 | STORIA: 8 | COVER: 8
Baumgartner
Paul Auster

Editore: Einaudi
Pagine: 160
Prezzo: € 17,50
Sinossi

La vita di Seymour Baumgartner è stata definita dall’amore per la moglie Anna. Ma ora Anna non c’è più e Baumgartner si inoltra nei settant’anni cercando di convivere con la sua assenza. Dopo un romanzo-mondo come “4321”, Paul Auster ritorna con un libro all’apparenza semplice e lineare, proponendo ai lettori il suo personaggio forse più simpatico ed empatico, un uomo che al termine della vita si interroga sulle cose essenziali, inciampando e andando a sbattere come in una vecchia comica malinconica. Professore di filosofia, vedovo da dieci anni, Seymour Baumgartner non si è mai rassegnato alla perdita dell’amata moglie Anna, traduttrice e poetessa, e affronta la vita con un senso di straniamento e una certa goffaggine. Nonostante le malinconie e gli acciacchi dell’età, però, Baumgartner è una persona affabile e generosa. Possiede la saggezza di chi ha vissuto e sa quanto sono importanti i rapporti umani, che vanno coltivati con cure continue e una buona dose di ironia e di umorismo. Passando gran parte del tempo a lavorare nel suo studio, Baumgartner intreccia una buffa e disperata trama di relazioni con le persone che si affacciano alla sua porta, finché in un sogno, o visione del dormiveglia, incontra Anna, che gli rivela di essere bloccata in una terra di mezzo tra il mondo dei vivi e l’aldilà: è l’inguaribile nostalgia del marito a impedirle di concludere il suo ultimo viaggio. Per liberare Anna, con logica ineccepibile, Baumgartner decide di far procedere la sua vita e si butta in una relazione sentimentale con una loro vecchia amica. Ma questo è solo l’inizio di una serie di vicende imprevedibili e scatenate come solo Paul Auster, il virtuoso della «musica del caso», poteva immaginare. 





Mi manca, tutto qui. Era l'unica persona al mondo che io abbia mai amato, e ora devo trovare un modo per continuare a vivere senza di lei.

Professore di filosofia, vedovo da dieci anni, Baumgartner non si è mai rassegnato alla perdita dell'amata moglie Anna, traduttrice e poetessa, e affronta la vita con un senso di straniamento e una certa goffaggine. Nonostante gli acciacchi dell'età e la malinconia, il protagonista è una persona affabile e generosa. Passa gran parte del tempo a lavorare nel suo studio, finché in un sogno, rivede l'amata moglie, che gli rivela di essere bloccata in una terra di mezzo tra il mondo dei vivi e l'aldilà. L'inguaribile nostalgia del marito le impedisce di concludere il suo ultimo viaggio. Per liberare Anna, Baumgartner decide di guardare al futuro e si butta in una relazione sentimentale con una amica di Anna e collega di università Judith Feuer. Il tutto diventa sempre un momento comparativo per ritrovare, se mai fosse possibile, il carattere e le qualità fisiche della moglie. Ma questo è solo l'inizio.

Non faccio la vittima, né mi piango addosso né alzo lamenti al cielo: Perché proprio a me? Perché a me no? Le persone muoiono. Muoiono giovani, muoiono vecchie e muoiono a cinquantotto anni. Mi manca, tutto qui. Era l'unica persona al mondo che io abbia mai amato.

Baumgartner è un personaggio simpatico ed empatico. È un vedovo di circa settant'anni che sta per terminare il suo viaggio terreno e si interroga sulle cose importanti della vita. Anzi va oltre la morte, a cui vorrebbe sottrarre la sua adorata moglie, con il potere del ricordo. Molteplici gli interrogativi che emergono dal romanzo. Perché ricordiamo certi momenti e ne dimentichiamo altri? Cosa resta di noi quando non ci siamo più?

Baumgartner ha perso la moglie per colpa di un'onda anomala a Cape Cod. Anna è annegata, lei che amava il mare e nel mare si sentiva libera.

Se non fosse tornata in acqua sarebbe ancora viva, ma non saremmo stati insieme per più di trent'anni se per esempio avessi provato a impedirle di entrare in acqua quando voleva.

Lui prova a vivere ma lo fa cercando di tenere in vita la moglie attraverso la memoria. Interiormente il protagonista è morto mentre esteriormente mostra una gran voglia di vivere. Non può dimenticarla e legge spesso le poesie e i racconti autobiografici della moglie. Ciò è per lui fonte di energia per continuare a vivere. Ha scritto una monografia sugli pseudonimi di Kierkegaard, ordina libri online "che non gli servono e che non aprirà mai, e che finirà per donare alla biblioteca locale, al solo scopo di passare un paio di minuti in compagnia di Molly, il corriere Ups, ogni volta che lei suona il campanello per consegnarne uno."

Questo perché "Baumgartner si emoziona ancora, ama ancora, desidera ancora, vuole ancora vivere, ma nell'intimo è morto. Sono dieci anni che lo sa, e sono dieci anni che fa il possibile per ignorarlo."

Chiaramente si comprende che il protagonista non vuole morire perché morendo anche sua moglie  morirebbe del tutto.

Il vivo può mantenere il morto in una specie di limbo provvisorio tra la vita e la non-vita, ma quando muore anche il vivo, allora è la fine, e la coscienza del morto si spegne per sempre.

La vita solitaria di Baumgartner ha, come unico soccorso, la memoria. È l'unico modo per continuare ad accarezzare chi non c'è più e riannodare i fili del passato rievocando la famiglia, la morte improvvisa del padre che lo costringe a rinunciare alle sue aspirazioni intellettuali per occuparsi del negozio unica fonte di reddito per tutti, il viaggio in Ucraina.

Baumgartner è un romanzo  sul dolore della memoria, è un percorso tra presente e passato nel connubio tra vita e immaginazione. L'autore, con stile pacato e incisivo, intreccia i temi della morte, del lutto, della perdita straziante delle persone care. In appena 160 pagine, Paul Auster condivide con noi la sua riflessione sulla percezione e sul significato della morte, resa tanto più personale dalla malattia che lo aveva colpito e dalla tragica morte del figlio. Il tutto è alleggerito dal lieve tocco dell'ironia che ci guida a comprendere quanto la vita, nel bene e nel male, sia unica, irripetibile, irrinunciabile.

Vivere è provare dolore, si era detto Baumgartner, e vivere con la paura del dolore significa non voler vivere.

Anche la morte e il dolore fanno parte della vita. Baumgartner vive una quotidianità divisa in due: da una parte la realtà, forse un po' pasticciata, che vive; dall'altra il contatto continuo con il dolore. Il passato, però, continua a riempire il presente del professore. I ricordi, i fantasmi di coloro che non ci sono più, vivono in noi, parliamo con loro e il nostro mondo interiore cambia ma rimane intriso di un dolore profondo che non ha cura. C'è un prima e un dopo nella vita di tutti noi, la nostalgia è la chiave per aprire lo scrigno dei ricordi, per rivivere la felicità di un tempo ed essere testimone di un vero amore. Un amore appagante che il destino ha interrotto, ma anche nei momenti più bui c'è sempre una ricerca di pace e di speranza prima della fine.

giovedì 2 maggio 2024

RECENSIONE | "La cripta di Venezia" di Matteo Strukul [Review Party]

Matteo Strukul, autore di bestseller internazionali, dal 30 aprile è tornato in libreria con un romanzo irresistibile: "La cripta di Venezia", pubblicato da Newton Compton.

La storia è ambientata nel Settecento in una Venezia sotterranea dove avvengono brutali ed efferati omicidi. A indagare sarà il grande pittore Giovanni Antonio Canal, detto il Canaletto, con i suoi amici e compari d'avventure: Owen McSwiney e Joseph Smith.




STILE: 8 | STORIA: 8 | COVER: 7
La cripta di Venezia
Matteo Strukul

Editore: Newton Compton
Pagine: 288
Prezzo: € 9.90
Sinossi

Venezia, 1732. Nella cripta della chiesa di San Zaccaria viene trovato il cadavere di una giovane donna. Qualcuno le ha sfondato la bocca con un mattone, incastrandolo fra le mandibole. L’orrore di un delitto così raccapricciante sconvolge la Serenissima tanto più perché la fanciulla è una Mocenigo, la famiglia cui appartiene anche il doge, ormai morente a causa della veneranda età. Al suo capezzale viene chiamato Giovanni Antonio Canal, detto il Canaletto, giacché la brutalità del crimine sembra richiamare i fatti sanguinosi di tre e sette anni prima, quelli commessi da Olaf Teufel, che proprio il grande pittore indagò, suo malgrado, con gli amici di sempre: l’impresario teatrale irlandese Owen McSwiney e il mercante d’arte britannico Joseph Smith. I tre cominciano a investigare ma quando un secondo cadavere, ancora una volta un esponente della famiglia Mocenigo – ucciso allo stesso modo della prima vittima – viene rinvenuto presso la cripta della chiesa di San Simeon Piccolo, la situazione precipita in un’orgia di dolore e cupa violenza. Canaletto e i suoi amici dovranno lottare non solo per scoprire la verità ma anche per la loro stessa vita...





Inginocchiato sulla grande lastra dell’altare, v’era un corpo… Aguzzando la vista si rese conto che l’abito nero, che aderiva al corpo, era una tonaca. Quella donna era morta. Qualcuno aveva infilato nella bocca della povera sorella un mattone e lo aveva spinto talmente in fondo da soffocare la fanciulla spaccandole la mandibola.

Venezia 1732. Nella cripta della chiesa di San Zaccaria viene trovato il cadavere di una giovane donna. Qualcuno le ha sfondato la bocca con un mattone, incastrandolo fra le mandibole. La Serenissima è sconvolta da un delitto così raccapricciante, tanto più perché la fanciulla è una Mocenigo, la famiglia a cui appartiene anche il doge, ormai morente a causa della veneranda età. Prima di morire il doge affida a Giovanni Antonio Canal, detto il Canaletto, le indagini giacché la brutalità del crimine sembra richiamare i fatti sanguinosi compiuti  da Olaf Teufel, in un recente passato. Quando un secondo cadavere, ancora una volta un esponente della famiglia Mocenigo, ucciso allo stesso modo della prima vittima, viene rinvenuto presso la cripta della chiesa di San Simeon Piccolo, la situazione precipita in un'orgia di dolore e cupa violenza.

"La cripta di Venezia" è il  terzo capitolo di una saga che vede protagonista il Canaletto, trasformato da Strukul in un investigatore alle prese con oscure indagini. La storia è ambientata a Venezia, la città più bella del mondo. Man mano che la lettura procede si può godere di una perfetta amalgama tra Storia e invenzione che convivono pacificamente e dovranno confrontarsi con elementi gotici che arricchiscono la narrazione.

Per chi come me segue Strukul, sa perfettamente che ogni suo romanzo è un'insieme di passioni e congiure, tradimenti e vendette, che si rincorrono in un intreccio serrato, in una girandola di colpi di scena.

Questa terza avventura del Canaletto ci porterà a esplorare alcune delle cripte più importanti di Venezia. Carnefici e vittime si muovono nel livello sotterraneo della città dove le atmosfere cupe sono perfette per gli efferati delitti che vengono compiuti.

A indagare è il Canaletto, attento osservatore. I suoi fedeli amici sono:

Il dottor Liebermann, medico dal fiuto infallibile per la Storia;

Joseph Smith, mercante e collezionista d'arte;

Owen McSwiney, impresario teatrale, l'esule irlandese che sogna di poter fondare a Venezia un nuovo teatro.

Tra le protagoniste ho apprezzato il ruolo da "cattiva" della baronessa Orsolya Esterhazy, bellissima ma diabolica, e la pittrice Giulia Lama.

Giulia Lama è una figura storica reale. È stata la prima donna a praticare il disegno del nudo maschile e ciò scandalizzò la borghesia veneziana del tempo. Non fu mai stimata dai pittori a lei contemporanei, anzi fu allontanata da tutti. Libera, ostinata, colta e di grande talento, la pittrice era una donna coraggiosa e indipendente, che decise di rimanere sempre fedele a se stessa, rifiutando di scendere a compromessi per avere un posto nelle corti della nobiltà.

È sempre affascinante vedere come personaggi reali e personaggi nati dalla fantasia dell'autore si muovono insieme seguendo e tracciando dinamiche che ben raccontano il loro ruolo negli eventi.

Matteo Strukul non lascia nulla al caso e per attirare la nostra curiosità introduce nel romanzo il tema dei Nachzehrer o masticatori di morte. Naturalmente non vi svelo nulla, lascio a voi il piacere e il brivido della scoperta.

"La cripta di Venezia" è un romanzo dalle mille sfaccettature, un thriller storico-avventuroso che vede il Canaletto e i suoi amici intraprendere una corsa contro il tempo per risolvere l'enigma sanguinoso.

Indiscussa protagonista è Venezia, la Serenissima, con le sue luci e le sue ombre. La sua bellezza, che il Canaletto ha fatto conoscere al mondo attraverso i suoi quadri, è offuscata nel romanzo dal velo nero della Morte. La città lagunare mostra la sua agonia, la sua inesorabile e seducente decadenza.

"La cripta di Venezia" è un romanzo che si può leggere anche senza conoscere i due precedenti capitoli della saga. Tuttavia, se volete avere una visione d'insieme più ampia e dettagliata, vi consiglio di recuperare i due romanzi precedenti che sono "Il cimitero di Venezia" e "Il ponte dei delitti di Venezia".

La trilogia dedicata a Canaletto e alle sue indagini pericolose e inquietanti, trascina il lettore tra passioni, congiure, tradimenti, sangue e intrighi. La lettura adrenalinica è assicurata dalle suggestioni gotiche che arricchiscono una trama nera pronta a condurvi in un appassionante viaggio per esplorare il territorio veneziano, per scoprire la psicologia dei personaggi, per ascoltare leggende e tradizioni, per conoscere comunità e gerarchie politiche.

Avrà un bel da fare Canaletto per svelare chi si cela all'ombra degli efferati delitti! E su tutto e tutti aleggia una spaventosa leggenda proveniente dall'Est Europa. I lettori sono avvisati: la Venezia di Strukul vi conquisterà. Sospesa tra acqua e terra, Venezia vi accoglierà con il suo splendore. Vivrete la Storia, la magia, la bellezza dell'arte, ma fate attenzione: la "risorgenza", forse, potrebbe non esistere. Forse!