martedì 29 ottobre 2024

RECENSIONE | ""La villa sulla collina" di Elizabeth Hand

"La villa sulla collina" è un libro di Elizabeth Hand, pubblicato da Astoria nella collana Contemporanea, traduzione di Raffaella Arnaldi. Si tratta di una storia davvero intrigante che riporta "in vita" i luoghi e le atmosfere dell'incubo di "Hill House", il romanzo-culto di Shirley Jackson.

Elizabeth Hand proietta quelle atmosfere da incubo nel nostro presente mettendo a nudo le nostre angosce e le nostre paure nascoste nelle zone più oscure della nostra mente. 


STILE: 7 | STORIA: 8 | COVER: 8
La villa sulla collina
Elizabeth Hand

Editore: Astoria
Pagine: 400
Prezzo: € 19,00
Sinossi

Siete pronti ad aprire quella porta? Per sessant'anni è rimasta disabitata, ma ora la villa sulla collina ha nuovi ospiti... ignari del loro destino. Che cosa c'è di meglio di una villa enorme, isolata e disabitata per mettere in scena un testo teatrale ispirato alla caccia alle streghe? È quello che pensa Holly, l'autrice, ed è quello che pensano anche gli attori che ha convocato lì per le prove e che adesso ne occupano, affascinati e incuriositi, le stanze cavernose, cariche di segni del tempo. Esaltata da quell'atmosfera irreale, Holly non bada all'inquietudine della sua ragazza, Nisa, che invece ha la netta sensazione che la casa emani un'energia minacciosa. E non cambia idea neppure quando una serie di strani avvenimenti coinvolgono tutti gli ospiti: voci misteriose – e maligne – sembrano riecheggiare nei corridoi, spifferi gelidi si alternano a folate caldissime, macchie rosse si allargano a dismisura, ombre dalle strane forme appaiono in giardino... Ma cosa sta succedendo davvero a Hill House? In una lotta violenta tra la razionalità e il terrore, mentre l'impossibile diventa sempre più reale e la realtà sembra scivolare via, un pensiero si fa strada in tutti gli abitanti della villa sulla collina: abbandonarla, tornare alla normalità, potrebbe rivelarsi impossibile... 





La maggior parte delle case dorme, e quasi tutte sognano: conflitti e festeggiamenti, nascite e pavimenti deformati, passi di bambini e tavole da riparare, animali domestici malati e vernici scrostate, veglie e matrimoni, e finestre che non difendono più dalla pioggia e dalla neve. Hill House non dorme né sogna. Avvolta nel manto dei suoi prati incolti e delle sue distese boschive, nelle lunghe ombre delle montagne e delle querce secolari, Hill House osserva. Hill House aspetta.

Per sessant'anni è rimasta disabitata, ma ora la villa sulla collina ha nuovi ospiti... ignari del loro destino. Che cosa c'é di meglio di una villa enorme, isolata e disabitata per mettere in scena un testo teatrale ispirato alla caccia alle streghe? È quello che pensa Holly, l'autrice, ed è quello che pensano anche gli attori che ha convocato lì per le prove e che adesso ne occupano, affascinati e incuriositi, le stanze cavernose, cariche di segni del tempo. Esaltata da quell'atmosfera irreale Holly non bada all'inquietudine della sua ragazza Nisa, che invece ha la netta sensazione che la casa emani un'energia minacciosa. E non cambia idea neppure quando una serie di strani avvenimenti coinvolgono tutti gli ospiti: voci misteriose e maligne riecheggiano nei corridoi, spifferi gelidi si alternano a folate caldissime, macchie rosse si allargano a dismisura, ombre dalle strane forme appaiono in giardino. Ma cosa sta succedendo davvero a Hill House? In un duello violento tra razionalità e terrore, mentre l'impossibile diventa sempre più reale e la realtà sembra scivolare via, un pensiero si fa strada in tutti gli abitanti della villa sulla collina: abbandonarla, tornare alla normalità, potrebbe rivelarsi impossibile.

"La villa sulla collina" può essere considerato come una specie di sequel autorizzato dell'Incubo di Hill House di Shirley Jackson. È come se la casa avesse attraversato sessanta lunghi anni aspettando l'arrivo di varie generazioni.

Bene, se siete pronti ad aprire quella porta, siete tutti invitati a Hill House.

Io adoro vedere i film del terrore che hanno come protagonista una casa abitata da sinistre presenze. Chi varca i cancelli di queste dimore è destinato a un atroce destino. A questo punto viene spontaneo chiedersi perché le vittime di turno non si allontanano subito, senza voltarsi indietro, prima che sia troppo tardi. La domanda è lecita ma il soggetto è sbagliato. Non sono coloro che entrano nella casa a poter decidere se rimanere o andar via, è la casa che sceglie per sempre.

"La villa sulla collina" ha come protagonista assoluta Hill House, una dimora signorile in stile gotico vittoriano in cima alla collina nei dintorni di Hillsdale, nello stato di New York. La villa gotica, seppur fatiscente conquista Holly che si sente ispirata e decide di trasferirsi per due settimane nella cupa dimora. Con lei ci sono altri attori, ognuno con i propri fantasmi. Ma procediamo con ordine e conosciamo i vari personaggi che Hill House evoca, terrorizza, attira a sé.

Holly è una drammaturga in difficoltà, vuol ritornare in teatro mettendo in scena una riscrittura in chiave femminista di un fatto avvenuto durante il periodo della caccia alle streghe. Holly pensa che questo riadattamento sia il suo lascia passare per la celebrità.

Nisa, la ragazza di Holly, è interprete e autrice di struggenti murder ballads in cui i fantasmi della letteratura gotica convivono con il folklore e la cronaca popolare. Ha un rapporto quasi ossessivo con la sua voce e subisce il fascino dell'ignoto.

Stevie, progettista del suono, ha varie dipendenze e non è indifferente al fascino di Nisa. Il suo passato cela orrori consumati tra le mura domestiche.

Amanda, attempata attrice che ha smarrito la via del successo dopo un incidente devastante.

Poi c'è una strana coppia, marito e moglie che si occupano di preparare i pranzi ma, per nessun motivo, rimangono nella villa dopo il tramonto.

Tutti hanno dei segreti e dei traumi personali, non risultano particolarmente simpatici, sono egoisti e gelosi l'uno dell'altro.

Come nel romanzo di Shirley Jackson, ho adorato l'atmosfera spaventosa della casa con gli elementi soprannaturali che facevano capolino dando "vita" a immagini vivide e raccapriccianti. L'elemento novità consiste nelle atmosfere gotiche trapiantate in un tessuto sociale contemporaneo dove il male è di casa nei cuori degli uomini e delle donne. Hand racconta un horror moderno e così il suo romanzo diventa autonomo rispetto all'horror classico e non è imprigionato in un tempo antico.

Hill House, nel romanzi di Hand, diventa il palcoscenico per una storia ambientata ai giorni nostri. La casa amplifica le difficoltà della convivenza e interferisce, non positivamente, sui rapporti dei suoi inquilini.

Ogni vecchia casa ha una storia. Hill House fa leva sulle aspettative delle persone. Di solito pensano che li renderà felici.

Hill House si anima e si nutre dei mostri che i veri personaggi hanno dentro. Si nutre dei loro sogni, dei desideri, delle fantasie. Si nutre delle loro paure perché dal passato non si fugge. Non si scappa dai sensi di colpa, dai fallimenti, dai traumi e dalle aspettative deluse. Hill House scava dentro i personaggi, tra i loro affetti, tra i loro amori. Nel buio non ci sono tenere carezze ma abbracci spaventosi e oscuri silenzi. Ogni personaggio racconta la sua storia che diventa universale, sono storie intrise di tristezza e le tante emozioni sono ninfa vitale per questo luogo dove ognuno può collocare i propri fantasmi. Hill House caccia nella realtà, i suoi abitanti sono schiacciati dalla realtà perché si sentono incompleti, hanno sofferto, hanno fatto e ricevuto del male. La realtà diventa un incubo che ti stritola e ci sentiamo sempre più soli mentre camminiamo per i lunghi corridoi di Hill House. Camminiamo da soli e di ciò siamo stanchi. Anche la "casa" aspetta in solitudine. Allora perché non unire queste solitudini? Hill House approva, noi no!

Elizabeth Hand rende omaggio con "La villa sulla collina" alla grande Shirley Jackson, la regina del gotico. Se non lo avete ancora fatto leggete "L'incubo di Hill House", oltre il muro della realtà c'è di più: una lunga strada lastricata dagli impulsi più oscuri. Siete pronti a percorrerla?

lunedì 21 ottobre 2024

BLOGTOUR | "Portami a casa" di Sebastian Fitzek | I 5 motivi per leggere il romanzo

Nelle librerie dal 22 ottobre "Portami a casa" è l'atteso nuovo romanzo di Sebastian Fitzek, pubblicato da Fazi, nella collana Darkside, traduzione di Elisa Ronchi. Si tratta di un thriller dalla fitta trama arricchita di colpi di scena, traumi e allucinazioni, paure e relazioni tossiche. La carica emotiva è notevole in un gioco messo in opera da due protagonisti in equilibrio tra casualità, trappole, confronto e inganno. In una lunga notte la storia nasce e muore intrappolando il lettore in un vorticoso viaggio nel cuore dell'oscurità più profonda.

In questo post troverete ben 5 motivi per scegliere "Portami a casa" come la vostra prossima avventura letteraria.



Portami a casa
Sebastian Fitzek

Editore: Fazi
Pagine: 360
Prezzo: € 18,50
Sinossi
È sabato sera, a Berlino. Sono da poco passate le 22. In un silenzioso appartamento d’epoca di Charlottenburg, Jules Tannberg è al telefono. Sta sostituendo un amico che lavora per una linea telefonica dedicata alle donne che tornano a casa di notte; donne che cercano una voce rassicurante che faccia loro compagnia lungo il tragitto, o anche qualcuno a cui chiedere aiuto in caso di bisogno. Finora nessuna chiamata ha mai riguardato una situazione di vero pericolo. Finora, appunto. Mentre guarda le ultime notizie in TV, Jules riceve una strana telefonata: all’altro capo della linea c’è una donna che sostiene di aver chiamato per sbaglio. Ma si capisce che è terrorizzata. Klara, questo è il suo nome, gli confida di essere seguita da un uomo che l’ha già aggredita e che ha dipinto con il sangue una data sul muro della sua camera da letto: la data della sua morte. E a quel giorno mancano poche ore. Là fuori, Jules lo sa bene, c’è un serial killer in libertà, noto come “il killer del calendario” per il suo modus operandi. Comincia così una lunga notte da incubo, una notte in cui niente è casuale e niente è come sembra, un diabolico gioco del gatto con il topo; ma chi è il gatto, e chi il topo?



I 5 motivi per leggere il romanzo

Chi conosce l'ora della propria morte ha già iniziato a morire.

1. Perché "Portami a casa" è stato definito come il romanzo più emotivamente destabilizzante e spaventoso scritto da Sebastian Fitzek.

È sabato sera, a Berlino. Sono da poco passate le 22. In un silenzioso appartamento d'epoca di Charlottenburg, Jules Tannberg è al telefono. Sta sostituendo un amico che lavora per una linea telefonica dedicata alle donne che tornano a casa di notte: donne che cercano una voce rassicurante che faccia loro compagnia lungo il tragitto, o anche qualcuno a cui chiedere aiuto in caso di bisogno. Mentre guarda le ultime notizie in TV, Jules riceve una strana telefonata: all'altro capo della linea c'è una donna che sostiene di aver chiamato per sbaglio. Ma si capisce che è terrorizzata. Klara, questo è il suo nome, gli confida di essere seguita da un uomo che l'ha già aggredita e che ha dipinto con il sangue una data sul muro della sua camera da letto: la data della sua morte. E a quel giorno mancano poche ore. Là fuori, Jules lo sa bene, c'è un serial killer in libertà, noto come "il killer del calendario" per il suo modus operandi. Comincia così una lunga notte da incubo, una notte in cui niente è casuale e niente è come sembra.

Sui-ci-dio. Tor-tu-ra. Do-lo-re. Nella vita di Klara molte parole trisillabe avevano un significato orribile. Ma non v'era nessuna che raggiungesse il livello di orrore di ma-ri-to. Nessuna che le fosse più odiosa. Nessuna che avesse imparato a temere così tanto nel corso del tempo. Nessuna che fosse cambiata così tanto con il passare degli anni. Da a-mo-re a sa-di-smo. Da dol-cez-za a vio-len-za.

2. Perché se siete appassionati di thriller psicologici non potete perdervi questo romanzo travolgente. Fitzek è molto abile nel creare personaggi complessi e profondamente umani che ci trascinano in un mondo oscuro dove niente è ciò che sembra. I protagonisti, Klara e Jules, mettono a nudo i loro tormenti interiori. Provare una forte empatia nei loro confronti è inevitabile. Io mi sono spesso chiesta: che cosa avrei fatto al posto di Klara o di Jules. La risposta non è facile ed è bene fare attenzione per non cadere nella trappola della manipolazione e degli oscuri segreti. La tensione e l'angoscia dei personaggi è quasi tangibile. Il pericolo, la paura, la disperazione e l'amore fanno fare cose impensabili. Così quando il castello dei nostri sogni crolla, allora tutto è impossibile e si scende sempre più in basso e si è incapaci di reagire per venir fuori da un abisso di violenze, soprusi e torture.

La protagonista, Klara, si trova in una situazione disperata. Bloccata tra un marito psicopatico e un serial killer che ai psicopatici non ha nulla da invidiare, riuscirà a sopravvivere?

Anche Jules, uomo tranquillo che ha dedicato la sua vita al bene del prossimo, vive un presente difficile propaggine di un passato drammatico: un padre violento succube dei suoi demoni. Entrambi i protagonisti hanno un pesante carico emotivo nella percezione di un pericolo costante, incombente ma invisibile. Sia Klara che Jules hanno sempre lo sguardo rivolto al passato e non riescono a immaginarsi un qualunque tipo di futuro.

3. Perchè il romanzo è una tela che imprime lividi sul corpo, annienta il cuore e inibisce la mente dei protagonisti. Un muro di violenza domestica si erge dalle pagine del romanzo che traccia il calvario di una donna succube del marito. I primi tempi del matrimonio sono una continua "luna di miele": carezze, certezze, coccole. Poi qualcosa succede e tutto cambia. Le carezze diventano sberle, le certezze vacillano e le coccole si trasformano in violenze fisiche e psicologiche. Eppure la donna spera sempre di poter ritrovare l'idillio perso. Le botte passano, i lividi passano, ritornerà nuovamente il sereno e tutto sarà ancora più bello, almeno per un po'. Una relazione tossica è la palude del male, uscirne è difficile ma non impossibile. La violenza domestica si declina in tanti modi: violenza fisica, sessuale, psicologica o economica. Nel romanzo, il marito di Klara, è un partner intimo che infligge sofferenze di ogni tipo alla moglie colpevole di comportarsi in modo non consono secondo il suo giudizio. Colpevolizzare la vittima definendola come la responsabile delle azioni da lui compiute è un'ulteriore violenza. La donna, Klara nella storia ma tutte noi nella realtà, aumenta la sua insicurezza e insorgono ansia, fobie e attacchi di panico, disperazione e sensazione di impotenza, autolesionismo o idee di suicidio. L'uomo vuol acquisire potere e controllo sulla vittima, distruggere la sua autostima e usare i bambini, nel romanzo c'è una dolce bambina contesa, per controllare la donna-madre.   

4. Perché il romanzo, oltre a denunciare la violenza dell'uomo sulla donna, racconta perchè la vittima non si sottrae a questo incubo a occhi aperti, perchè annulla se stessa per accontentare gli altri. Klara, se state attenti coglierete l'attimo del cambiamento, chiede aiuto ma nessuno ascolta il suo grido di dolore. Lei che aveva messo la sua vita nelle mani del marito manipolatore, burattinaio spregevole dell'esistenza altrui, pensa di aver trovato la soluzione al suo tormento. Fitzek non risparmia al lettore la descrizione di scene difficili da leggere, dure, violente, con dettagli sanguinosi e brutali. La violenza del patriarcato viene denunciata a gran voce ma c'è di più, molto di più. Tra la nebbia dei depistaggi, seminati ad arte dall'autore, si intravede la paura della fuga, i timori del ricatto affettivo, il desiderio maschile che si fa violenza, la legge del silenzio e di parole non dette. Tutto diventa un peccato originale da scontare. Attraverso atti estremi del male si cancella qualsiasi speranza di felicità.

"Portami a casa" mette a nudo sottomissioni e pulsioni che possono far parte del vissuto di ognuno e tracciano un percorso di riflessioni per comprendere la vastità del problema della violenza sulle donne, per non chiudere gli occhi e chinare il capo, per non tacere, per trovare il coraggio di liberarsi dalla tossicità di relazioni claustrofobiche.

5. Perché Sebastian Fitzek è uno degli autori più venduti in Germania. I suoi thriller hanno un ritmo che mozza il fiato e lasciano il lettore in bilico fino all'ultima riga. "Portami a casa" non fa eccezione. Fitzek, ribattezzato come "lo Stephen King tedesco", è da considerarsi uno scrittore che sperimenta nuove tecniche nel genere psycho thriller. Il suo stile coinvolge il lettore e spesso le immagini visive degli eventi sembrano prendere forma davanti ai nostri occhi. Fitzek è abile nel dosare momenti di pura adrenalina e momenti di quiete che annunciano svolte ricche di tensione. Il male, in questa storia, non è appannaggio esclusivo dei protagonisti, ma riguarda l'intera società e coinvolge tutti i ceti sociali. L'autore invita il lettore a immergersi con lui nel torbido mare dell'animo umano. Il buio della notte è un'ambientazione perfetta per raccontare il vortice di eventi che vede una donna decisa a sfidare la morte. La storia evolve continuamente, non ci sono pagine di calma piatta. È un bel rompicapo con al centro sia il corpo che la mente umana. Capire come stanno realmente le cose e cosa sia reale non è cosa facile. È un guanto di sfida che lo scrittore getta al lettore. Io ci provo a comprendere dove sia la verità ma spesso sono travolta da eventi che si susseguono alla velocità della luce e si smentiscono con altrettanta velocità. Si dice sempre che leggere sia sinonimo di evasione, di libertà, di puro piacere. Ebbene leggete i thriller firmati da Fitzek e ditemi se non vi siete sentiti anche voi intrappolati al fianco dei protagonisti. Il finale fornirà ogni spiegazione e vi sorprenderà.

"Portami a casa" è un diabolico gioco del gatto con il topo; ma chi è il gatto e chi il topo?



mercoledì 16 ottobre 2024

RECENSIONE | "Nate sotto una cattiva luna" di Salvatore Niffoi

 "Nate sotto una cattiva luna" è un romanzo di Salvatore Niffoi. Pubblicato da "La Nave Di Teseo", il libro narra la storia di sei gemelle giustiziere unite da un patto di sangue per punire sei uomini.

STILE: 9 | STORIA: 9 | COVER: 7
Nate sotto una cattiva luna
Salvatore Niffoi

Editore: La nave di Teseo
Pagine: 176
Prezzo: € 18,00
Sinossi

Gli abitanti del paese di Bodoloi, sui monti della Barbagia, osservano le leggi della natura più di quanto si interessino al giudizio degli uomini. Le loro anime si accordano alle ombre di una terra tanto ruvida nei lunghi inverni, quanto è generosa di vita nella stagione del raccolto. Qui Basilia Pistichinzu, “una femmina abituata a fare tante cose in una sola volta”, sposa Venanziu Serathula e dalla loro unione nascono sei figlie femmine. Neppure una famiglia così numerosa basta però a contenere l’amore di Basilia, un desiderio di musica, baci e libertà che è troppo grande per restare nascosto negli anfratti della valle. Quando viene violato il segreto di quella voglia, la tempesta si scatena su tutto il circondario. Salvatore Niffoi ci conduce a Bodoloi – una nuova Macondo di rocce assolate, vigne e asfodeli – ad ascoltare maestri di vita come Tziu Mercuriu Salippa, a osservare le mamas de anima Donisia Carchina e Luisa Lentore, capaci di sguardi che confortano il cuore. Mentre le feste in piazza scandiscono un tempo che non ha mai fine, le sei sorelle Serathula vanno incontro al mistero di mamma Basilia, che le unirà in un patto intimo e implacabile. Un romanzo come i personaggi che lo abitano, tra legami ritrovati, famiglie che sono felici ciascuna a modo loro, amori violenti e appassionati, matti, assassini e pionieri del volo, sogni e vendette, una storia in cui le parole aiutano a ricordare qualcosa che vuole farsi dimenticare.



Basilia Pistichinzu era una femmina abituata a fare tante cose in una sola volta, non era di quelle che perdeva tempo a lereddiare con questo e con quello. A Venanziu Serathula glielo aveva detto subito: "Bello mio, se mi vuoi devi darmi nove figli." 

Gli abitanti del paese di Bodoloi, sui monti della Barbagia, osservano le leggi della natura più di quanto si interessino al giudizio degli uomini. 

Visto da Punta Liada, dove un ginepro secolare sogna ancora di sfiorare con le sue mani scorticate una nuvola di passo, il paese di Bodoloi somiglia a un catino arrugginito pieno di sassi e fango che col passar del tempo sono diventati case.

La terra è tanto ruvida nei lunghi inverni, quanto è generosa di vita nella stagione del raccolto. Qui Basilia Pistichinzu, "una femmina abituata a fare tante cose in una sola volta", sposa Venanziu Serathula che la ama con tutto se stesso. Durante la gravidanza Basilia diventa così grassa "che la sua pancia assomiglia a un forno per il pane." Nascono sei figlie femmine e tre maschi già morti. Basilia chiama le gemelline Mandina, Ottavia, Doloretta, Ziroloma, Mitilla, Fatima. Basilia ha una famiglia numerosa a cui badare ma non riesce a contenere quel desiderio di libertà, musica e amore che la caratterizza. Quando viene violato il segreto di quella voglia, la tempesta si scatena su tutto il circondario. 

Nella Sardegna rurale degli anni Venti e del secondo dopoguerra, in una società segnata dal patriarcato, si muovono figure femminili che hanno un fascino del tutto particolare. Il romanzo si divide in due parti. 

Nella prima parte si racconta la storia di Basilia, il suo matrimonio, la nascita delle sei gemelline. Basilia non riesce a godersi le sue bimbe per molto tempo, purtroppo muore lasciando le piccole creature senza una mamma. Ad occuparsi di loro saranno Dionisia Carchina, la maestra di parto, e Tzia Luisa, la biscottaia. Due anni dopo la morte di Basilia, muore anche il marito, incapace di vivere senza il suo grande amore. I parenti voltano le spalle alle bambine, le cancellano dalla loro memoria. Occuparsi di loro significa impegno, fatica, problemi, meglio lasciar perdita. 

Fortunatamente Dionisia e la biscottaia Luisa, "mamas de anima", aiutano le gemelle a crescere "come sei rami di un unico albero". A dar loro una mano c'è anche l'anarchico del paese, tziu Mercuriu Salippa, che vive rifiutando ogni costrizione esterna. 

Nell'indifferenza dei parenti, le mamme adottive, con le bimbe, si trasferiscono a Margiulai, paese natio della maestra di parto. È il 5 settembre del 1940. 

La casa non viene venduta anche perché, all'ultimo piano, c'è una piccola mansarda dove Basilia si chiudeva per suonare il flauto, scrivere racconti e poesie. Nessuno era mai entrato lì dentro e la porta è chiusa con un lucchetto. Nessuno conosce il nascondiglio della chiave. Le bambine avevano chiamato quella stanza "la pentola dei misteri". Prima di andar via le bimbe espressero il desiderio di ritornare a Bodoloi quando gli abitanti sarebbero cambiati. 

Ma non crederete davvero che le pecore impareranno un giorno a volare e gli asini a ballare? Povere illuse, povere illuse! Ovunque andrete scoprirete che l'uomo è una bestia che cambia pelle ma dentro rimane sempre uguale.

Trent'anni dopo, ha inizio la seconda parte del romanzo, le gemelle tornano a Bodoloi, nella casa natia. Entrano nella soffitta di mamma Basilia e trovano un diario le cui pagine custodiscono un segreto orribile. 

Nella Grotta de is bobois, nel buio di una notte tempestosa, un drammatico evento aveva visto la donna travolta dalla violenza umana. Cosa era successo lascio a voi scoprirlo, ma sappiate che dopo quella notte Basilia non era stata più la stessa donna di prima. 

Sulle pagine del diario c'è scritto tutto, anche il nome dei sei aguzzini. Le gemelle decidono quindi, attraverso un atto di espiazione, di riscattare la memoria materna. 

Le sei sorelle si alzarono in piedi e giurarono intorno a un moncone di candela accesa. Le nostre mani invisibili risparmieranno altro sangue e altre sofferenze alle donne come nostra madre. 

La vendetta ha inizio: ogni gemella pesca un nome tra quelli che la mamma aveva annotato, lo cerca, ci entra in confidenza e poi... 

"Nate sotto una cattiva luna" è un romanzo breve, conciso e spietato, un libro di forte impatto emotivo. É la storia di sei gemelle e di una lotteria della morte. Si entra in punta di piedi, in un mondo ancestrale, crudele con le donne e con chi mostra segni di debolezza. Sei eroine cambiano tutto, hanno un modo tutto loro, pacato e determinato, nell'affrontare il ruolo di giustiziere. I sentimenti vengono vissuti con discrezione, mai esibiti ma utilizzati come fonte di forza e coraggio. 

Le protagoniste sanno di dover affrontare grandi drammi, sanno come difendere ciò in cui credono, sanno sacrificarsi e riescono a trasformare la disperazione in speranza. I sei uomini, le belve dal volto umano, sembrano proprio in attesa dell'espiazione del loro crimine. Il ricordo di Basilia è un tarlo che mangia l'anima, il senso di colpa non tace mai e la punizione è vissuta come una liberazione. Tanto che ogni uomo, sentendo la fine avvicinarsi, racconta la propria storia. 

Perdonu Deus meus, perdonu!

"Nate sotto una cattiva luna" è il primo libro di Salvatore Niffoi che leggo e sicuramente non sarà l'ultimo. Mi piace il modo in cui l'autore propone un romanzo che ha tanti volti. Inizialmente è una storia pacata che si trasforma poi in azione per vestire i panni di un racconto oscuro. Ho trovato interessanti i momenti descrittivi del romanzo che, a un certo punto, moltiplica i racconti. Ciò che unisce il narrare è il desiderio di veder puniti i predatori. 

Leggere Niffoi vuol dire interagire continuamente con il racconto, vuol dire apprezzare la musicalità della lingua sarda che sposa l'italiano, vuol dire scoprire i soprannomi che caratterizzano i personaggi, vuol dire veder nascere dalla brutalità la speranza. Si punisce con la finzione chi si vorrebbe punire nella realtà. Quanti mostri sfregiano la nostra società! 

È una storia potente, che sonda l'uomo nei suoi sogni più nascosti, nelle sue possibilità, nella violenza che in gruppo emerge e domina i singoli esseri. La società omologa le esistenze di tutti e le persone che non si adeguano danno sempre fastidio. Spesso si indossano maschere per mostrarci agli altri, ma poi quelle maschere finiscono per far sparire il vero "io". 

Nel romanzo sono le donne che pensano e agiscono, sono loro che movimentano il romanzo, lo caratterizzano e conducono il lettore su terreni sempre nuovi. Il realismo magico rende la Sardegna un territorio bellissimo sospeso fuori dal tempo. La modernità non è arrivata nei paesi in cui le storie evolvono. 

Niffoi sa tenere desta l'attenzione del lettore che si sente vicino ai protagonisti. Crea un microcosmo di racconti nel racconto, una storia di vendetta intesa come giustizia, un mondo intriso di violenza e morte. In questo contesto l'ultimo respiro racchiude sempre la ricerca di un significato da dare alla vita. 

Salvatore Niffoi ha vinto il premio Campiello 2006 con "La vedova scalza" che rientrerà sicuramente nelle mie prossime letture.

martedì 1 ottobre 2024

RECENSIONE | "La porta" di Georges Simenon

Grazie alla casa editrice Adelphi continua la pubblicazione dei romanzi del mio adorato Georges Simenon. Questa volta vi parlo della prima edizione italiana del romanzo "La porta", traduzione di Laura Frausin Guarino. Ancora una volta si tratta di una storia drammatica, cupa, senza un briciolo di speranza. In primo piano sfilano le difficoltà che i personaggi devono affrontare alle prese con le loro ossessioni.


STILE: 7 | STORIA: 8 | COVER: 8
La porta
Georges Simenon

Editore: Adelphi
Pagine: 142
Prezzo: € 18,00
Sinossi

«Era possibile che per tutti quegli anni lei fosse stata felice con lui, e che lo fosse ancora?». Stenta a crederlo, Bernard Foy, e non solo perché ha perso entrambe le mani saltando su una mina e non si sente più un vero uomo, ma perché di uomini sua moglie Nelly, che del proprio passato non gli ha nascosto nulla, ha sempre avuto bisogno. Da vent’anni loro due si amano con lo stesso trasporto e la stessa urgenza di quando si sono conosciuti. Eppure Bernard, che passa le sue giornate a spiare le vite degli altri dalla finestra, ad ascoltare i rumori del palazzo e del quartiere, e soprattutto ad aspettare che lei torni dal lavoro, è tormentato dalla gelosia per la vita, di sicuro «più animata, più appassionante», che la moglie conduce fuori casa, e dal bisogno di sapere in ogni momento dove lei sia e che cosa stia facendo: tanto che la sua assenza gli provoca un acuto malessere fisico. Un malessere che è sensibilmente peggiorato da quando Nelly sbriga piccole commissioni per un giovane illustratore che la poliomielite ha inchiodato su una sedia a rotelle e che si è trasferito al primo piano del loro stesso palazzo. E poi, nonostante l’età, lei sembra ogni giorno «più bella, più desiderabile», il che colma Bernard di un’insostenibile angoscia: come non sospettare che si tratti di quella «luce particolare» che emana dal volto di una donna innamorata? A poco a poco, Bernard non farà altro che pensare alla porta dell’appartamento del primo piano, dove lui non è mai entrato, che non è mai riuscito neanche a intravedere...





Era possibile che per tutti quegli anni lei fosse stata felice con lui e che lo fosse ancora? Stentava a crederlo e se ne tormentava.

Dopo un trauma Bernard Foy era tormentato dal pensiero che la moglie Nelly conducesse, quando era fuori casa, una vita più appagante e desiderabile della sua.

Bernard aveva perso entrambe le mani saltando su una mina, quando si trovava soldato fra le linee Maginot e Siegfried, durante la seconda guerra mondiale nel 1940.

Ora i coniugi Foy vivono a Parigi, in un piccolo appartamento nei pressi di Place des Vosges. Lui da vent'anni sopporta la sua invalidità con coraggio avendo sempre al suo fianco la devota moglie Nelly. Conducono un'esistenza tranquilla e monotona, si rispettano ma nei fatti niente è come sembra.

Foy, prima era un meccanico di auto, aveva sposato l'amata Nelly poco prima dell'arruolamento. La guerra aveva cambiato la sua vita trasformandolo in un invalido. Ora lui se ne sta sempre a casa, prende una pensione di invalidità e grazie alle protesi può dipingere paralumi e occuparsi delle piccole faccende domestiche. Lei, invece, lavora in una ditta di passamaneria. A 42 anni Foy vive della vita degli altri che osserva dalla finestra, ascolta i rumori e le voci del palazzo e del quartiere, ma soprattutto aspetta che Nelly torni dal lavoro.

Poiché il destino si diverte sempre a mescolare le carte, nel palazzo in cui abita Foy, al primo piano, vive anche un altro disabile. Si tratta del giovane Pierre, fratello di una collega di Nelly. Il ragazzo è vittima della poliomielite e Nelly lo aiuta quando può, sbrigando per lui alcune commissioni. Di Pierre siamo destinati a non sapere nulla, non è mai descritto nel romanzo anche se ricopre un ruolo importante.

Il protagonista, inizialmente non ha nulla da rimproverarle. Sua moglie aiuta un persona che ha bisogna. Ma una vocina interiore, forse mai del tutto sopita, risveglia in Foy una gelosia  che inizia a intaccare il suo rapporto con la moglie. Non c'è un motivo plausibile, eppure il dubbio assedia la mente dell'uomo. Questo suo stato d'animo è diventato quasi un malessere fisico e cronico che si manifesta con vertigini sempre più frequenti.

La sua gelosia risaliva a prima di Nelly. Era una sorta di tara intrinseca e poiché lo sapeva, poiché lo aveva ammesso a chiare note, non aveva più il diritto di riversarne le colpe sugli altri.

Pierre è giovane, anche se è costretto sulla sedie a rotelle, potrebbe rappresentare una tentazione per Nelly che nonostante l'età, sembra ogni giorno più bella e desiderabile. L'appartamento in cui vive il giovane illustratore, ha una porta d'ingresso dal pomolo di maiolica. La porta non è mai chiusa, ma sempre accostata, così Foy ne approfitta, segue la moglie, entra silenziosamente nella casa dalle pareti gialle e vede...

Qui mi fermo, perché lascio a voi scoprire cosa accade. Il tumulto interiore del protagonista si eleva all'ennesima potenza e l'ansia cresce seminando domande.

La storia narra il progredire di sentimenti oscuri che finiscono per minare il carattere di Bernard e la serenità di sua moglie. Simenon ci mostra questo strano rapporto di coppia. Entra nella loro casa e svela lo stato di angoscia di Bernard avvolgendo il tutto in un'atmosfera cupa. Dietro a un apparente perfetta situazione sentimentale, aleggiano le ombre dell'infelicità, delle relazioni complesse, del disagio.

Tutto si compie in un attimo e il finale arriva inatteso, crudele, oscuro, ma in perfetto stile Simenon. Nello spazio di un romanzo breve l'autore descrive, in modo semplice e sobrio, il disagio esistenziale dei suoi personaggi, l'ossessione, la fragilità interiore che annienta.

"Ti amo, Nelly!"

"Anch'io, Bernard"

Lo ripetevano più spesso che in passato, come se cercassero così di far sprigionare una scintilla. A volte gli pareva che ci fossero riusciti, che lui, all'improvviso, fosse guarito, che la vita sarebbe ripresa come un tempo.

"La porta" è un romanzo incisivo che ci permettere anche di comprendere i cambiamenti della società dopo la guerra. Il posto della donna è a casa, mentre l'uomo deve lavorare per garantire il benessere della famiglia. Nel romanzo i ruoli si invertono. È Nelly che va a lavorare mentre lui l'aspetta a casa. È il marito che si occupa della spesa e si sente a disagio perché nei negozi ci sono pochi uomini. Nel suo mondo tutto si ribalta. Bernard è una vittima della vita, ma lo è anche Nelly. Nella loro psiche le ombre si agitano e si nutrono dell'insoddisfazione esistenziale generata nel tentativo di sopravvivere ai mali della vita.

Fay passava la vita ad aspettare Nelly e quando finalmente lei era lì, quasi non provava il bisogno di parlarle. Era vicina, tra le sue stesse pareti, respirava la sua stessa aria, e bastava questo a farlo star bene.

Quindi se trovate una porta socchiusa, non apritela. Lasciatevi invece conquistare dal fascino irresistibile dei romanzi di Simenon. Ci penserà lui a spalancare le porte socchiuse sulle conseguenze delle guerre, sui reduci, sul lavoro, sulla gelosia che nasce dalle difficoltà, sulla colpa e sulla morte della speranza. Non si può fingere per sempre di essere felici.