mercoledì 26 luglio 2023

RECENSIONE | "Tornare dal bosco" di Maddalena Vaglio Tanet

Nel romanzo “Tornare dal bosco” di Maddalena Vaglio Tanet, edito da Marsilio ed entrato nella cinquina dei finalisti al Premio Strega 2023, il personaggio principale è la natura che, a vario titolo, entra nella vita dei vari personaggi esercitando un potere profondo e catartico. Il bosco è un rifugio e un balsamo per l’anima, è uno spartiacque tra il mondo reale e la propria coscienza. Nella solitudine si ha l’opportunità di ascoltare la propria voce interiore per conoscere sé stessi e cercare il perdono.

“Tornare dal bosco”è un prodotto della fantasia dell’autrice anche se alcuni eventi narrati si ispirano a una storia vera, a racconti di famiglia, articoli di giornale, dicerie e mitologie. È la storia, delicata e dolorosa, di una maestra che è assente per giorni, svanita nel nulla. Dov’è stata? Perché è sparita? Questa è la storia di Silvia che si sente in colpa per il suicidio di una sua allieva e decide di allontanarsi da tutto e tutti. I due fatti sprofondano nei meandri della psiche umana. Un enigma che l’autrice colma con l’immaginazione dando voce a una fiaba in cui la magia trasforma le parole in lacrime e le lacrime in redenzione.

STILE: 7 | STORIA: 8 | COVER: 7
Tornare dal bosco
Maddalena Vaglio Tanet

Editore: Marsilio
Pagine: 272
Prezzo: € 17,00
Sinossi

Il bosco è il bosco, la montagna è la montagna, il paese è il paese e la maestra Silvia è la maestra Silvia, ma è scomparsa. In una piccola comunità agitata dal vento della Storia che investe tutta l’Italia all’inizio degli anni Settanta, Silvia, la maestra, esce di casa una mattina e invece di andare a scuola entra nel bosco. Il motivo, o forse il movente, è la morte di una sua alunna. Non la morte: il suicidio. La comunità la cerca, ma teme che sia troppo tardi, per trovarla o per salvarla, e in qualche modo che queste due morti siano una maledizione. Il paese è di montagna e le paure e i sentimenti, che pure non possono essere negati, non possono nemmeno essere nominati. Teme il paese il contagio di una violenza tutta umana e mai sopita, una violenza che dopo due guerre mondiali si è trasfusa in una guerra civile, politica. La maestra però non si trova e il paese, per continuare a vivere e convivere con il lutto e l’incertezza, si distoglie. In questa distrazione, Martino, il bambino che non è nato nel paese e nemmeno è stato accolto, tagliando per il bosco incrocia un capanno abbandonato, e nel capanno, color della muffa e dorata come il cappello di un fungo, sta la maestra. Il bambino non dice di averla trovata, e la maestra non parla. Ma il bambino torna e la maestra, in fondo, lo aspetta. 



Invece di andare a scuola, la maestra entrò nel bosco. Stringeva in una mano il giornale che aveva appena comprato e nell’altra la borsa di cuoio con dentro i quaderni, i compiti corretti e le penne e le matite ben temperate. Pensò che probabilmente avrebbe camminato fino a collassare e anche quello le stava bene, solo sarebbe durato molto più a lungo. La vista scemava, non riconosceva più bene le forme. Le parve che fosse il bosco ad andarle addosso avviluppandola in una mischia di tronchi, spini e fogliame.

La storia narrata è ambientata a Bioglio, un paesino di montagna in provincia di Biella. Siamo nel 1970, una mattina la maestra Silvia legge sul giornale che Giovanna, una sua allieva di undici anni con il padre alcolizzato e una madre che non riesce a sostenere la figlia nei cambiamenti fisici e psicologici che sta vivendo, si era uccisa gettandosi nel torrente da una finestra di casa sua, dopo esser stata rimproverata dalla madre per le assenze a scuola.

Era troppo giovane per intravedere le conseguenze, per capire che non sarebbe più esistita, dopo il salto nel torrente, e non si sarebbe potuta issare a riva, non avrebbe camminato fino a casa e suonato il campanello sgocciolando sullo zerbino. Forse per questa incapacità si era gettata, perché non si rendeva conto di morire.

La maestra si sente in colpa per aver telefonato a casa di Giovanna per chiedere spiegazioni delle assenze della ragazzina. Saputo del gesto estremo, Silvia sente di aver fallito come insegnante e si rifugia nel bosco di Bioglio che l’accoglie offrendole un luogo dove elaborare il lutto, dar sfogo al proprio dolore che rasenterà la pazzia. Lei non è sposata, non ha figli, l’unico ruolo importante nella sua vita è quello della maestra, che rappresenta un tentativo di rivalsa dopo esser cresciuta in un collegio dove le suore l’hanno educata senza amore e comprensione. Ora tutto il paese organizza le ricerche “di una donna ferita, incosciente, muta. Vittima di amnesia o resa demente dal dolore”. Sarà tutto vano. La troverà, per puro caso, Martino, un bambino di città trasferitosi, per motivi di salute, in quella zona montana.

L’incontro tra Martino, dieci anni, e la maestra segna la svolta del romanzo. I ruoli si ribaltano: Silvia si è rifugiata in un capanno abbandonato nel cuore del bosco, non ha nulla con sé al di fuori di un dolore che annulla il suo essere. Si comporta come i bambini che davanti alle difficoltà si nascondono. Il senso di colpa non svanisce, i ricordi rivivono, dal silenzio emergono voci che l’accusano. Sarà Martino a prendersi cura di lei portandole acqua, coperte e cibo, riscaldandola con il suo affetto e promettendole di non rivelare a nessuno il suo nascondiglio. Anche Martino, come la maestra, conosce cosa vuol dire essere emarginati e presi in giro, conosce la solitudine per aver perso gli amici di città e non essersi mai adattato alla vita del paese dopo l’infanzia a Torino.

Silvia alita dentro la coppa gelata delle mani e pensa che nel bosco ogni mattino è un trionfo, essere avariati è uguale a essere vivi. Il danno ricevuto testimonia l’esistenza: i parassiti, la muffa, i graffi, le ulcere, i denti traballanti, i nodi di pelo infeltrito, le ali menomate, le scianca ture. Non c’è nulla di integro se non, talvolta, la gemma dura e chiusa, la spora.

I comportamenti umani diventano rami intrecciati, inestricabili tra pregiudizi e inquietudini. Si svelano così le vite di molti dei residenti del paese che, dietro le porte chiuse, celano i loro segreti. Ognuno ha una storia imperfetta da raccontare con famiglie difficili e complicate. Nel coro si distinguono anche voci malevoli che condannano la maestra e amplificano l’amaro retrogusto dei sensi di colpa, della vita che scorre, dei ricordi che sopravvivono e condannano.

La scrittura di Maddalena Vaglio Tanet è ricercata e le parole esprimono più significati richiamando immagini e suoni. I luoghi hanno vita propria e l’uso di flashback ci aiuta a comprendere la dinamica degli avvenimenti che influenzano i personaggi. Ci si può aspettare una storia misteriosa, un giallo accattivante, invece “Tornare dal bosco” è una storia di formazione e introspezione. I capitoli brevi assicurano una lettura agevole e mai noiosa. I tanti personaggi fanno da sfondo ai tre protagonisti principali: il bosco, la maestra e il tenace Martino. È un viaggio introspettivo in cui a volte fanno capolino allucinazioni visive e uditorie che riportano a galla traumi subiti e cristallizzati in un passato che si fa sempre presente. Il ritmo pacato ben si adatta alla riscoperta di una vita fatta di dolori e gioie, di vittorie e sconfitte, di affetti cari. L’autrice racconta una fiaba che diventa mezzo per guardare la realtà, per comprendere e comprendersi. Alla maestra non resta altra possibilità se non quella di accettare che anche lei, come Giovanna e Martino, è degna di essere amata. Il dolore non scomparirà nel nulla, la morte non svanirà all’alba di un nuovo giorno, ma la vita è così e la speranza non svanisce mai.

martedì 11 luglio 2023

RECENSIONE | “Weyward” di Emilia Hart

“Weyward” di Emilia Hart, traduzione di Enrica Budetta per Fazi Editore, è un romanzo appassionante e avvincente. È la storia di tre donne appartenenti a epoche diverse ma legate da un segreto troppo pericoloso per essere rivelato. La caccia alle streghe non è mai finita. Dall’11 luglio nelle librerie per vivere insieme il mondo magico di “Weyward”.


STILE: 8 | STORIA: 8 | COVER: 7
Weyward
Emilia Hart

Editore: Fazi
Pagine: 406
Prezzo: € 20,00
Sinossi

Hanno fatto di tutto per metterci in gabbia, ma una donna Weyward sarà sempre libera e selvaggia. 

2019. Con il favore del buio della sera, la trentenne Kate fugge da Londra alla volta del Weyward Cottage, una vecchia casa di campagna ereditata da una prozia che ricorda appena. Avvolta da un giardino incolto su cui torreggia un acero secolare, la dimora la proteggerà da un uomo pericoloso. Presto, però, Kate inizierà a capire che le sue mura custodiscono un segreto molto antico. 

1942. Mentre la guerra infuria, la sedicenne Violet è ostaggio della grande e lugubre tenuta di famiglia. Vorrebbe soltanto arrampicarsi sugli alberi e poter studiare come suo fratello, ma da lei ci si aspetta tutt’altro. Un pensiero inquietante, poi, la tormenta: molti anni fa, poco dopo la sua nascita, la madre è scomparsa in circostanze mai chiarite. L’unica traccia di sé che ha lasciato è un medaglione con incisa la lettera W. 

1619. La solitaria Altha, cresciuta da una madre che le ha trasmesso il suo amore per il mondo naturale, viene accusata di stregoneria; rinchiusa nelle segrete di un castello, presto sarà processata. Un contadino del villaggio è morto dopo essere stato attaccato dalla propria mandria, e la comunità locale, coesa, ha puntato il dito contro di lei: una donna insolita. E le donne insolite fanno paura. 

Ma le Weyward appartengono alla natura. E non possono essere addomesticate.





La stregoneria è una piaga terribile in questa terra e il nostro re, Sua Altezza Reale Giacomo I, ci ha incaricato di combatterne la malvagità insidiosa. Dobbiamo guardarcene in tutti gli aspetti della nostra vita. Il diavolo ha dita lunghe e una voce forte, che raggiunge noi tutti con le sue dolci lusinghe. Come ben sappiamo, le nostre donne in particolare sono esposte a un grave rischio derivante dalle tentazioni del demonio, essendo deboli di mente e di spirito. Dobbiamo proteggerle da questa influenza maligna.

Kate, 2019.

La trentenne Kate fugge da un marito violento lasciandosi alle spalle la sua vita a Londra e cercando rifugio in campagna, al Weyward Cottage, ereditato dalla prozia che ricorda appena. Avvolta da un giardino incolto su cui torreggia un acero secolare, la dimora la proteggerà da un uomo pericoloso. Presto, però, Kate inizierà a capire che le mura di quella vecchia casa custodiscono un segreto, nascosto lì dai tempi della caccia alle streghe.

Kate si sta guardando allo specchio quando la sente. La chiave, che gira nella serratura. Le dita le tremano mentre si affretta a sistemarsi il trucco, rivoli scuri di mascara che si aprono come ragnatele sulle palpebre inferiori. “Ciao, tesoro. Com’è andata al lavoro?” Simon socchiude gli occhi. Si muove in fretta, sebbene abbia bevuto: le sue dita le affondano nella carne morbida del bicipite. “Dove sei stata oggi?” “Da nessuna parte”, risponde. “Bugiarda”. Kate quasi non sente la parola mentre la mano di Simon le colpisce la guancia, il dolore che la rintontisce come una luce accecante.

Violet, 1942.

Mentre la guerra infuria, la sedicenne Violet è più interessata a collezionare insetti e ad arrampicarsi sugli alberi che a diventare una vera signorina. Vive intrappolata, con il padre e il fratello Graham, in una grande e lugubre tenuta di famiglia. Vorrebbe soltanto arrampicarsi sugli alberi e poter studiare come suo fratello, ma da lei ci si aspetta tutt’altro. Un pensiero inquietante, poi, la tormenta: molti anni fa, poco dopo la sua nascita, la madre è scomparsa in circostanze misteriose. Si mormora che la madre fosse impazzita prima di morire. Le uniche tracce che Violet ha di lei sono un medaglione con incisa la lettera W e la parola weyward incisa sul rivestimento di un muro della sua camera da letto. Finché una catena di eventi sconvolgenti non cambierà per sempre la sua vita. Verrà cacciata da casa e troverà rifugio nel cottage che un tempo apparteneva a sua madre.

Violet odiava Graham. Lo detestava con tutto il cuore. Perché lui poteva studiare cose interessanti tutto il giorno, come la scienza, il latino e un tizio che si chiamava Pitagora, mentre lei in teoria doveva accontentarsi di infilare aghi in un pezzo di stoffa?

Altha, 1619.

La solitaria Altha, cresciuta da una madre che le ha trasmesso il suo amore per il mondo naturale, viene accusata di stregoneria. Rinchiusa nelle segrete di un castello è accusata di aver ucciso un contadino del luogo che è stato calpestato a morte dalla sua mandria. Presto sarà processata: “Mi tennero lì dentro per dieci giorni. Dieci giorni e solo il fetore della mia carne a farmi compagnia. Neanche un ratto mi degnò della sua presenza” Conosciuta per la sua misteriosa connessione con la natura e gli animali, Altha è una minaccia che deve essere eliminata. Ma le donne Weyward appartengono alla natura selvaggia. E non possono essere addomesticate.

E sul banco degli imputati: Altha, la strega. Strega. È una parola che sguscia dalla bocca come un serpente, gocciola dalla lingua densa e nera come catrame. Non avevamo mai pensato a noi in questi termini, mia madre ed io. Perché “strega” è una parola inventata dagli uomini, una parola che dà potere a chi la pronuncia, non a coloro che descrive. Una parola che erige forche e roghi, che trasforma donne vive in cadaveri.

Intrecciando tre storie attraverso cinque secoli, Weyward è un avvincente romanzo sulla resilienza femminile. Le donne insolite fanno paura e non importa se si chiamino Altha, Violet o Kate. Nel passato erano accusate di stregoneria e dove non arrivava “la giustizia” ci pensavano gli uomini “esseri superiori” a rimettere al loro posto le insignificanti donne. Passano i secoli, ma la situazione non cambia. La società patriarcale continua a esercitare i suoi privilegi e gli uomini usano la forza per sentirsi superiori e mettere le donne in gabbia. Nel passato le convenzioni hanno sempre intrappolato le donne in ruoli ben precisi, sempre un passo dietro gli uomini, sempre sottomesse in balia di uomini dispotici. Il romanzo a tratti è molto duro perché è una sferzante critica sociale che narra di violenza domestica e sessuale, di gravidanze non desiderate e interrotte in modo cruento, di violenza economica e psicologica. 

“Weyward” è una tripla narrazione che intreccia le voci delle protagoniste. Ogni storia ha un suo fascino, è intrigante e coinvolgente. Emergono ritratti di donne che crescendo si scoprono coraggiose e capaci di affrontare situazioni drammatiche. Il cottage Weyward è il punto focale della storia, un rifugio che protegge ed è fonte di forza per le donne, con un giardino brulicante di natura che sembra avere una vita propria. L’amore e la magia della natura emergono, capitolo dopo capitolo, in modo sempre più incisivo con un tocco di gotico molto suggestivo. Ogni protagonista scoprirà di avere il potere di connettersi e comunicare con la natura.

C’era qualcosa in noi, le donne Weyward, che ci teneva fortemente legate al mondo naturale. Lo sentiamo, continuò, proprio come sentiamo la rabbia, il dolore o la gioia. Gli animali, gli uccelli, le piante… ci lasciano entrare, riconoscendoci come loro simili… era stato quello spirito selvaggio a darci il nostro nome. Erano stati gli uomini a chiamarci così, Weyward, quando non ci sottomettevano, quando non ci piegavano al loro volere. Ma avevamo imparato a portare il nostro nome con orgoglio. Perché è sempre stato un dono. Fino a questo momento.

Quindi il romanzo dipinge quasi tutti gli uomini di nero e lascia alle donne l’esclusiva della bontà ma non si è mai del tutto buoni o del tutto cattivi. Mettendo per un attimo da parte il realismo magico sostenitore, nel romanzo, della ribellione delle donne, possiamo dire che solo lottando si arriva alla resilienza. Ogni volta che Altha ha lottato per se stessa, ha lottato per tutte le donne. E così Violet e Kate. Scriveva la poetessa Alda Merini:

Siamo state amate e odiate, adorate e rinnegate, baciate e uccise, solo perché donne.

Mi è piaciuto il legame mistico delle donne Weyward con il mondo naturale, la loro capacità di comunicare con gli animali. L’autrice con bellissime descrizioni ci fa conoscere piante, animali e insetti, della Cumbria rurale. La natura gioca un ruolo importante nella guarigione di queste tre donne che cercano di salvarsi da sole. Cambiano i nomi e le epoche ma la preda è sempre la donna. Gli uomini intrigano, confondono, si uniscono per diffondere violenza e odio.  

 Altha, la persecuzione. Kate, la fuga. Violet, il potere della natura. Le protagoniste ci conducono nelle loro vite intrise di orrori oscuri, emergono dal passato e si affacciano nel presente con le loro voci, i loro corpi e le loro emozioni. La natura ascolta le voci delle sue figlie e le libera dalla prigionia della violenza maschile, riporta in auge i loro desideri. In “Weyward” ciò che è già stato e il non ancora accaduto si rincorrono in frammenti che coinvolgono il lettore creando una bolla di conoscenza e immaginazione.

“Weyward” narra di vite sotto assedio in un mix di narrativa femminile, narrativa storica e realismo magico. La narrazione, a più voci, è caratterizzata da ambientazioni suggestive, scrittura elegante e personaggi che evolvono in una crescita personale con la resilienza che le caratterizza.

venerdì 7 luglio 2023

RECENSIONE | "La Bestia" di Carmen Mola

È arrivato in Italia, dal 4 luglio, il thriller storico “La Bestia” (traduzione di Massimo Sottini per Salani Editore) a firma Carmen Mola, pseudonimo dei tre scrittori e sceneggiatori spagnoli Jorge Diaz, Antonio Mercero e Agustin Martinez. “La Bestia” ha vinto il Premio Planeta 2021, il più importante premio letterario iberico dal valore di un milione di euro. Frutto di una scrittura collaborativa moderna, di cui i tre autori sono tra gli esponenti più acclamati a livello internazionale, “La Bestia” ha venduto oltre un milione di copie e sarà pubblicato in quindici Paesi.

“La Bestia” è un thriller storico, ambientato nel 1834 in piena epidemia di colera, che dovete leggere perché perderlo sarebbe un gravissimo peccato. Vi conquisterà la sua trama spietata, il ritmo frenetico, la travolgente narrazione, i personaggi con personalità poliedriche e l’ambientazione che assegna a Madrid un ruolo da vera protagonista della narrazione.

STILE: 8 | STORIA: 9 | COVER: 8
La Bestia
Carmen Mola

Editore: Salani
Pagine: 496
Prezzo: € 19,00
Sinossi

Madrid, 1834: una terribile epidemia di colera ha messo in ginocchio la città. Ma il terrore ha anche un altro nome, quello della Bestia: un essere spietato e inafferrabile che rapisce le bambine dei quartieri più poveri e ne smembra i corpi. Quando la piccola Clara scompare, sua sorella Lucía non vuole aspettare di ritrovarne il cadavere: dà inizio così alla sua lotta contro il male e contro il tempo. Ha quattordici anni e l'inestinguibile coraggio di chi sente di non poter fare altro. Anche perché nessuno sembra voler fermare davvero il mostro. Tranne Diego, un giornalista testardo e temerario, che trascinerà nell'indagine anche il suo amico Donoso, un poliziotto cinico ma leale con un occhio solo. Alla loro ricerca frenetica parteciperanno monaci guerriglieri, ambasciatori e prostitute, mentre una società segreta tesse i suoi intrighi fatali fra taverne e salotti, palazzi e lazzaretti. È l'alba di una capitale che nasce nel sangue, di una città che brulica di vita e di morte e lotta per lasciarsi il medioevo alle spalle.


Sotto l’acquazzone, che ha trasformato il terreno argilloso in un pantano, un cane famelico gioca con la testa di una bambina. La pioggia cade inclemente sulle casupole, sulle baracche e sulle catapecchie che sembrano sul punto di crollare a ogni raffica di vento.

Siamo a Madrid, 1834. Una terribile epidemia di colera devasta la città ormai sull’orlo del collasso. Ma nei bassifondi intorno alle mura, dove vivono i più poveri, il terrore ha anche un altro nome, quello della Bestia. Essere spietato e inafferrabile, la Bestia rapisce le bambine dei quartieri più poveri e ne smembra i corpi.

Tutte le vittime erano ragazzine che sfioravano appena la pubertà. Se quella Bestia è così forte come dicono, perché seleziona i più indifesi?

Quando la piccola Clara scompare, sua sorella Lucia non vuole aspettare di ritrovarne il cadavere. Dà inizio così alla sua personale lotta contro il male e contro il tempo. Lucia ha solo 14 anni e l’inestinguibile coraggio di chi sente di non poter fare altro.  Anche perché nessuno sembra crederle, nessuno vuole davvero fermare il mostro. Tranne Diego, un giornalista testardo e temerario che trascinerà nell’indagine anche il suo amico Donoso, un poliziotto cinico ma leale con un occhio solo. Alla loro frenetica ricerca parteciperanno monaci guerriglieri, ambasciatori e prostitute, mentre una società segreta tesse i suoi intrighi fatali fra taverne e salotti, palazzi e lazzaretti.

L’unica cosa che si nasconde dietro al nome della Bestia è una sensazione appiccicosa, informe e inquietante come quelle descrizioni demenziali: la paura.

“La Bestia” è un romanzo che si apre con un incipit dai toni violenti in uno scenario di estrema povertà. Vengono così introdotti due pilastri della narrazione: la morte violenta e il ritratto di una parte della società madrilena che vive nell’indigenza.

Madrid mostra i suoi due volti in antitesi tra loro. Il centro della città circondato dalle mura è affollato di chiese, conventi e palazzi nobiliari testimoni di opulenza. Oltre le mura vivono i più bisognosi  

L’ambientazione è un punto di forza del romanzo. La capitale spagnola è protagonista viva della narrazione, è una città devastata dall’epidemia di colera, vive la guerra carlista (che ha per sfondo lo scontro fra i sostenitori di Carlos Maria Isidoro di Borbone-Spagna, primo pretendente carlista al trono di Spagna, e i sostenitori della nuova regina Isabella II e la reggente Maria Cristina di Borbone), è dilaniata dai conflitti sociali. Le persone muoiono per strada e gli ospedali sono al collasso. Una domanda è sulla bocca di tutti: “Da dove nasce il colera?” le persone pensano che il colera sia una punizione divina per il peccaminoso degrado nello stile di vita degli abitanti della città, ma hanno anche il sospetto che i sacerdoti ordinino, a piccoli mendicanti, di avvelenare le fontane.

Ed ecco che l’ignoranza genera un odio profondo. La scienza non è in grado di spiegare e fermare il colera. Allora tutti iniziano a far supposizioni. I poveri dicono che sono i sacerdoti gli untori che fanno avvelenare l’acqua delle fontane per permettere ai carlisti di vincere. I sacerdoti danno la colpa dell’epidemia alla scarsa igiene dei poveri. Su tutto regna sovrana la superstizione e il colera non fa alcuna distinzione di ceto.

Poiché al peggio non c’è limite ecco che a Madrid compare una figura sconosciuta che uccide bambine smembrandole. Vittime che nessuno, nemmeno la polizia, cercherà mai.

La Bestia… il demonio che ha commesso queste mostruosità ci prenderà tutti. La Bestia ci ucciderà. La Bestia è qui.

In un contesto di divisioni politiche, territoriali, sociali e morali, di paura e caos, si muovono personaggi poliedrici che potrebbero trarvi in inganno. Non sempre chi si mostra buono lo è fino in fondo e i cattivi possono celare un cuore d’oro. Nell’incertezza vi consiglio di non affezionarvi a nessuno, la delusione potrebbe rattristarvi così come è successo a me.

Conosceremo Diego Ruiz, giornalista che firma i suoi articoli con lo pseudonimo di El Gato Irreverente. È l’unico a voler scoprire di più sugli omicidi delle ragazzine e proteggerà Lucia. Diego quindi si mostra nella doppia veste di giornalista che anela al successo e di uomo incorruttibile e difensore dei deboli. Racconterà gli omicidi della Bestia su “L’Eco del Camercio” (quotidiano che esisteva realmente ai tempi).

Sarà poi la volta di fare la conoscenza di Donoso Gual, l’amico poliziotto di Diego. Ha perso un occhio in un duello per amore ed è stato congedato dalla guardia reale. Anche lui proteggerà Lucia e aiuterà Diego nelle indagini.

Lucia, la nostra eroina costretta a diventare detective, ha quattordici anni. Capelli ricci e rossi, occhi neri, è pronta a sfidare tutti per difendere chi ama. Sa che non deve mostrare mai di aver paura e quando muore la mamma, Lucia si occuperà di Clara la sorellina di undici anni che verrà rapita. Dovrà risolvere l’enigma se vuole riabbracciare Clara.

C’è poi frate Braulio che ci farà rivivere un fatto realmente avvenuto. La folla inferocita al pensiero che fosse il clero a pagare i ragazzini per avvelenare l’acqua, devastò la basilica di San Francisco el Grande uccidendo molti frati. Per essere un monaco, frate Braulio sa combattere molto bene e lo dimostra nel modo in cui colpisce quelli che stanno cercando di abbattere la scultura dell’Immacolata Concezione.

Per ultimo, ma non meno importante, vi presento l’enigma, l’anima nera del romanzo, la Bestia. Cosa sia la Bestia, nessuno lo sa. Per alcuni è un gigantesco animale chimerico (la cover ne riporta una bellissima riproduzione), per altri è un uomo spietato e raccapricciante che fa a pezzi le bambine.

I personaggi hanno profili ben tracciati e naturalmente lascio a voi il piacere di scoprire altri aiutanti e antagonista della giovane Lucia.

Nessun personaggio viene risparmiato dalla storia, in molti sono allo stesso tempo eroi e vittime. Infatti non è detto che i poveri siano buoni e i ricchi cattivi, ognuno mostra una parte di sé, nel bene e nel male. Ciò conferisce varietà alla storia che rivela informazioni a poco a poco. Il romanzo ha svolte sorprendenti che si allontanano dalla trama principale creando un sottobosco di storie con personaggi che rimangono nell’ombra e ci indicano piste da seguire. Ma non lasciatevi ingannare e gustatevi intrighi e aspettative ricordandovi che l’inferno non è sempre dove pensi che sia.

Quindi una Bestia che infligge una morte terrificante, assassini crudeli e una clessidra che indica il tempo che scorre e che si sta esaurendo sono elementi fondamentali che tengono col fiato sospeso il lettore. Il finale è un fuoco d’artificio, un rincorrersi di eventi e impedimenti che sembrano dare una mano ai cattivi in un labirinto di specchi che amplificano i modi per caratterizzare la Bestia.

Bestia è la disuguaglianza sociale, l’ignoranza che nasce dalla paura collettiva, la malvagità che uccide, l’indifferenza verso i più fragili, il fanatismo e i poveri sacrificabili per un bene superiore.

È come se fosse cominciata la fine del mondo e fosse diversa da come ce l’eravamo immaginata, niente carri infuocati o angeli. Solo uomini, che si fanno male gli uni con gli altri.

“La Bestia” è un romanzo che mi ha catturata fin dall’inizio, complesso e variegato, implacabile e commovente, con una narrazione accattivante e personaggi ambigui. Coinvolge il crudo realismo con cui Carmen Mola descrive la società spagnola in una girandola di miseria, di pericolo, di malattia, di morte, di crudeltà, di coraggio e di speranza. La vita della povera gente non vale nulla ed è sacrificabile sull’altare del cinismo della nobiltà. Emerge così il lato oscuro e corrotto dell’essere umano anche se una flebile luce di speranza compare nei capitoli finali.

Io ho “divorato” il libro in due giorni e voi cosa state aspettando? Senza indugi venite con me tra i vicoli di Madrid, in una storia di inferno e oscurità.

martedì 4 luglio 2023

RECENSIONE | “La lama dell’assassino” di Salvo Toscano | [Review Party]

“La lama dell’assassino” di Salvo Toscano, in libreria dal 4 luglio per Newton Compton Editori, è la decima indagine per i fratelli Roberto e Fabrizio Corsaro. L’estate è appena iniziata ed è piacevolissimo ritrovare dei vecchi amici e le loro storie appassionanti immerse nella bellezza di Palermo e della Sicilia in toto. In un susseguirsi di eventi, simili a scatole cinesi, Salvo Toscano ci propone una storia perfetta da mettere in valigia. Una ragazza scomparsa. Un sospettato legato al mondo della mafia. Un precedente irrisolto.

STILE: 8 | STORIA: 8 | COVER: 7
La lama dell'assassino
(Le indagini dei fratelli Corsaro #10)
Salvo Toscano

Editore: Newton Compton
Pagine: 288
Prezzo: € 9,90
Sinossi

Palermo. Elena ha compiuto quindici anni da pochi giorni la sera in cui scompare. Doveva rientrare dalla scuola di danza a casa, in una zona di campagna alla periferia di Palermo, facendo la stessa strada di sempre. Ma sembra svanita nel nulla, e non si riesce a trovare nessuno che abbia informazioni utili per le ricerche. Durante le indagini viene arrestato il boss Rinaldo Quartararo, sospettato di avere rapito la ragazza a scopo di ritorsione mafiosa. Ad assumerne la difesa è l’avvocato Roberto Corsaro, che subito comincia ad approfondire la storia di Elena e della sua famiglia, sulla quale da giorni sta scavando anche il fratello Fabrizio, cronista di nera. Incrociando le loro strade in questa ricerca, i fratelli Corsaro porteranno alla luce dettagli inquietanti che li spingeranno a mettere in relazione il caso di Elena con un’altra scomparsa, avvenuta un quarto di secolo prima…



Al mio risveglio, il giorno del mio quindicesimo compleanno, ero una ragazza confusa e infelice. O forse ero solo una bambina che la vita aveva fatto diventare donna troppo presto e senza il suo consenso. Un limpido sole d’estate splendeva fuori dalla mia finestra, ma non riusciva a illuminare il buio pesto della mia anima. Mi alzai controvoglia dal letto, come ogni mattina. E come ogni mattina, avvertii sulla bocca dello stomaco il peso di tutto quello che mi opprimeva. E lo odiai. Non potevo certo sapere che quella giornata avrebbe cambiato la mia vita.

Elena ha compiuto quindici anni da pochi giorni la sera in cui scompare. Doveva rientrare dalla scuola di danza a casa, in una zona di campagna alla periferia di Palermo, facendo la stessa strada di sempre. Ma sembra svanita nel nulla, e non si riesce a trovare nessuno che abbia informazioni utili per le ricerche. Durante le indagini viene arrestato il boss Rinaldo Quartararo, sospettato di aver rapito la ragazza a scopo di ritorsione mafiosa. Ad assumere la difesa è l’avvocato Roberto Corsaro, che subito comincia ad approfondire la storia di Elena e della sua famiglia, sulla quale da giorni sta scavando anche il fratello Fabrizio, cronista di nera. Incrociando le loro strade in questa ricerca, i fratelli Corsaro porteranno alla luce dettagli inquietanti che li spingeranno a mettere in relazione il caso di Elena con un’altra scomparsa, avvenuta un quarto di secolo prima. Un caso a pista calda sembra procedere in parallelo con un Cold case, una pista fredda e i misteri si moltiplicheranno.

Leggere i romanzi gialli di Salvo Toscano è sempre piacevole per le trame avvincenti e curate nei minimi dettagli, la scrittura accattivante, per la capacità di portare avanti indagini strutturate con precisione e per l’umorismo della narrazione che si intreccia con sentimenti di vicinanza alla sofferenza altrui. La filosofia di vita dei Corsaro, che abbiamo imparato a conoscere e soprattutto ad amare, fa capolino tra fragilità e malinconia. Intorno a loro ruotano tanti personaggi, alcuni vi sembreranno dei potenziali colpevoli, che semineranno indizi e dettagli portandovi, se sarete stati attenti, alla soluzione del caso.

“La lama dell’assassino” è una storia affascinante e intrigante che si moltiplica in altre storie, perfetta cornice per un giallo  che rivelerà scioccanti verità. La suspense dell’indagine è sempre alta e ben gestita dall’autore che riesce a coordinare colpi di scena e inganni con vera maestria. I geniali fratelli Corsaro sono però anche alle prese con problemi familiari. Adoro questo intrecciarsi tra ruolo pubblico e vita privata dei protagonisti, mi aiuta a comprenderli meglio a conoscerli a trecentosessanta gradi. Non sono sicuramente uomini perfetti, hanno le loro debolezze e fragilità, le loro gioie e i loro dolori. Roberto, ad esempio, sarà alle prese con una ferrea dieta a cui lo costringerà la moglie Monica e dovrà confrontarsi con i suoi due figli che affrontano i problemi tipici della giovane età.

Fabrizio, invece, affronterà le difficoltà e le dolcezze dell’affido di un bimbo rumeno, Nico.

L’autore narra una storia che vede i due fratelli Corsaro alle prese con una vicenda complicata e contemporaneamente assistiamo alle trasformazioni dei protagonisti che suggeriscono il passare del tempo.

Tuttavia una certezza c’è, con i fratelli Corsaro i segreti non rimangono seppelliti a lungo e non riposano a lungo nell’oblio. Le loro indagini scavano nei fatti di cronaca. Sanno porre le domande giuste, ma sanno anche ascoltare e si fanno guidare dall’esperienza e dall’intuito. Non hanno paura a penetrare nei meandri di un’indagine complessa e sanno ben gestire le piste dell’oggi che inevitabilmente si intrecciano con quelle di un passato che ha visto la sparizione di un’altra ragazza. Con abilità riescono a districare l’intreccio di segreti che porterà a un risvolto inaspettato del caso. Adoro vedere i fratelli Corsaro alla ricerca ostinata del colpevole, a non accontentarsi delle soluzioni più semplici e spesso fuorvianti. Alla fine si avrà il trionfo della verità che sarà intriso di gioia e malinconia.

Quindi se vi piacciono i gialli, le trame intricate e i casi impossibili, amerete questo seducente romanzo di Salvo Toscano. Non leggerlo sarebbe un delitto.