“La stagione dei ragni” segna il gradito ritorno nelle librerie di Barbara Baraldi (Giunti). L’autrice, con questa storia da brivido ambientata negli anni Ottanta, inaugura una nuova serie poliziesca che vede protagonista il magistrato Francesco Scalviati. Sostituto procuratore meticoloso e pragmatico, non ha paura di combattere il male, sempre alla ricerca della verità, è il futuro padre di Aurora, la profiler che noi fan di Barbara Baraldi già conosciamo come protagonista della trilogia “Aurora Scalviati, profiler del buio”.
“La stagione dei ragni” si apre con una immagine forte, da incubo: il ponte Vittorio Emanuele I, a Torino, è invaso da una colonia di ragni. Gli aracnidi si muovono veloci e ricoprono il parapetto di ragnatele. Fino al giorno prima non c’erano e sembrano comparsi all’improvviso. Verrebbe da pensare a un prodigio, a un cattivo presagio. L’autrice ha deciso di cominciare così questo romanzo perché la parola “monstrum”, in latino, significa proprio “prodigio” e c’è un mostro nel capoluogo piemontese che sta lasciando dietro di sé una scia di sangue innocente.
STILE: 8 | STORIA: 8 | COVER: 7 |
In me la notte non finisce mai. Mentre vi dedicate ai giochi di enigmistica, mi preparo per tornare a caccia. Sei sono ancora pochi. Il numero finale è ancora lontano. Altri brilleranno alla luce della luna.
È una notte d’estate del 1988, e a Torino si verifica un evento inspiegabile: il ponte Vittorio Emanuele I è completamente invaso da colonie di ragni, con lunghissime ragnatele sul parapetto che porta al santuario della Grande Madre. Nella stessa notte il sostituto procuratore Scalviati si trova dalle parti del Pian del Lot, sulla scena di un crimine: una coppia di fidanzati uccisi in macchina in un luogo solitario. È il terzo, feroce omicidio che sembra imputabile alla stessa mano. Un caso insidioso per il magistrato, in un momento delicato della sua vita, visto che sta per diventare padre. Tra i presenti sulla scena c’è anche Leda De Almeida, giornalista investigativa con un passato traumatico in Libano. Pronta a condurre una personale indagine per scoprire l’autore degli omicidi, non indietreggia davanti al pericolo. A dare una svolta imprevista agli eventi sarà l’arrivo di Isaak Stoner, giovane analista dell’FBI, che offre a Scalviati i nuovi potenti strumenti della criminologia come il profiling e la teoria degli omicidi seriali, ancora sconosciuti in Italia. Scalviati non riesce a fidarsi completamente del collega americano, convinto che nasconda un segreto. Intanto si avvicina il giorno del parto per sua moglie, sarà una bambina. Proprio allora il mostro colpisce di nuovo.
Gli piace pensare di essere invisibile, di essere in grado di colpire per poi scomparire. È compiaciuto dall’osservazione dello spettacolo di morte che riesce a provocare. Lo fa sentire potente. Quasi si identificasse con una forza soprannaturale, capace di colpire ferocemente e dileguarsi nella notte.
Con una scrittura incisiva, ricca di dettagli storici e sociali, la Baraldi ci conduce indietro nel tempo, negli anni Ottanta quando dilaga la paura del mostro di Firenze. Erano gli anni dell’eroina e al parco bisognava stare attenti a dove mettevi i piedi per non calpestare le siringhe usate. Erano gli anni dell’AIDS e della nube tossica da Cernobyl. Erano gli anni delle stragi di mafia, dell’attentato al papa, del terremoto in Irpinia, della scoperta di Gladio e della P2, della banda della Uno Bianca. L’autrice trasporta questa marea di inquietudine a Torino, la più misteriosa ed esoterica città italiana, e la racconta a modo suo.
“La stagione dei ragni” si muove tra le paure e le ossessioni di un’epoca, quando le indagini si avvalevano di mezzi tradizionali. Protagonista un magistrato, che mi ha fatto subito pensare al coraggio di Falcone e Borsellino, alla ricerca della verità. Scalviati è un uomo poco incline a manifestare le proprie emozioni. Annota ogni indizio sulla sua agenda, è deciso ma non infallibile, non è un eroe ma una persona che segue il suo fiuto e il buon senso. È diffidente verso le nuove tecnologie investigative americane.
In questo giallo, una catena di delitti, progetto di una mente criminale, insanguina la città di Torino. Gli omicidi del mostro sembrano avere uno sfondo esoterico. Sapete che San Francisco, Torino e Londra rappresentano i vertici del triangolo esoterico del male?
Il mostro sfida il magistrato, è un gioco pericoloso. L’omicida ha bisogno di “assaporare la paura nell’aria quando viene evocato il suo nome. È un cacciatore di esseri umani. La sua sete di sangue è implacabile. Uccidere è molto di più di una semplice pulsione. È la sua vocazione.”
Come i ragni, il mostro tende molteplici fili per formare la tela in cui cadono le sue vittime. Mette in atto una vera e propria strategia del terrore costruendo una rete di complicità, spargendo il seme del male per tutta la città.
“La stagione dei ragni” è un romanzo dalla trama ben costruita, dal ritmo incisivo, dalla tensione sempre alta. È un romanzo in cui il male si manifesta in tutto il suo fascino e noi lettori abbiamo la sensazione di poter penetrare nella mente malata di un assassino seriale. Coinvolgente la formulazione di teorie legate all’esoterismo che conferiscono ancor più mistero a una storia da brivido. Le atmosfere, le storie e i personaggi vi faranno rivivere gli anni Ottanta sulle note dei Simple Minds, dei Duran Duran e dei primi Litfiba.
Il finale è un omaggio alla speranza, alla luce di una nuova vita che cancella il buio del male. Nasce la figlia del sostituto procuratore Scalviati:
La chiameremo Aurora perché non dovrà mai camminare nel buio.