“Althénopis” è un romanzo di Fabrizia Ramondino, pubblicato da Fazi e arricchito da una prefazione firmata da Chiara Valerio. Pubblicato nel 1981, apprezzato da Natalia Ginzburg e da Elsa Morante, vince il Premio Napoli e il Premio Lombardi-Satriani. È considerato un classico del Novecento. Ambientato nella Napoli occupata dai Tedeschi, il romanzo è il prodotto originale di un perfetto mix realizzato con momenti evocati dalla memoria autobiografica, storia collettiva e invenzione romanzesca. La memoria, come una calamita, ripesca immagini di vita dai sette anni della protagonista alla prima adolescenza, narrate attraverso i luoghi, le cose, gli interni delle case.
STILE: 8 | STORIA: 8 | COVER: 7 |
Pagine: 318
Mentre la seconda guerra mondiale volge al termine e da Napoli giunge il grido di una città martoriata, a Santa Maria del Mare, paesino immaginario di poche anime annidato sulla costa, la protagonista di Althénopis trascorre le sue giornate tra giochi infantili e divertenti avventure. La piccola appartiene a una famiglia bizzarra, giunta lì dall’esotica isola di Porto Quì: il padre diplomatico è sempre in viaggio, la madre, donna algida e distante, è assillata da continue emicranie e la nonna, figura onnipresente e piena di fascino, è avvolta da un’aura di mistero dai contorni quasi onirici. Nell’esistenza quotidiana della bambina, ai parenti e agli amici si alterna la presenza degli “scugnizzi”, che rubano gli spiccioli ai passanti nella piazza del paese. Nonostante in casa si disapprovino certi comportamenti, la piccola, ignorando un atteggiamento che non le appartiene, si lascerà coinvolgere in mille peripezie mischiandosi con i coetanei di ogni ceto sociale, sospesa tra l’ingenuità dell’infanzia e le incomprensibili stranezze dell’età adulta. Quando all’improvviso il padre muore, la famiglia è costretta a trasferirsi altrove e viene ospitata da diversi parenti prima di stabilirsi definitivamente a Frasca. La ragazza, nel frattempo, diventa donna e all’inizio degli anni Cinquanta decide di intraprendere un misterioso e solitario viaggio al Nord. Al ritorno, il confronto con la madre, sempre più sola e bisognosa di attenzioni, sarà inevitabile, facendosi presto scontro drammatico e portando alla luce dinamiche complesse rimaste latenti troppo a lungo.
Era sempre vestita di nero, ma quando passava per la piazza di Santa Maria del Mare, come fiamme d’inferno i colori le guizzavano intorno, dei gialli, dei viola, perfino talora dei rossi e dei verdi; non portava bracciali, eppure bagliori dorati sembravano splenderle intorno ai polsi.
Il romanzo si compone di tre parti (Santa Maria del Mare, Le case degli zii, Bestelle dein Haus) che ripercorrono tre periodi della vita dell’autrice, periodi che hanno una collocazione ben precisa nel tempo. I nomi dei luoghi hanno invece subito una mutazione ma sono facilmente identificabili: Althénopis è Napoli, Santa Maria a Mare è un paese della costiera amalfitana, la Capitale è Roma. Le tre parti riflettono tre modi diversi di narrare: le prime sezioni sono narrate in prima persona, l’ultima parte in terza persona.
L’autrice narra di sé bambina insieme ai suoi fratelli. Mentre la seconda guerra mondiale volge al termine, a Santa Maria del Mare vive la protagonista di “Althénopis” con la nonna e la madre, ha molti amici, mentre il padre diplomatico è lontano da casa poiché lavora a Roma. È un uomo che riserva una rigida educazione ai figli ed è incapace di trasmettere affetto. La madre, donna algida e distante, è assillata da continue emicranie e concede più libertà ai figli. La nonna è una figura piena di fascino e di mistero. Compone canzoni d’amore, è generosa e ama cucinare in gran quantità anche in tempo di carestie.
La nonna aveva una colpa particolare. Allora potevo soltanto intuirle. Quella principale era di aver sperperato i beni della famiglia, ereditati in parte dai genitori, in parte dal marito, morto quando era una giovane madre venticinquenne!
Nell’esistenza quotidiana della bambina, oltre a parenti e amici, sono presenti gli “scugnizzi” con cui vivrà mille peripezie mischiandosi con i coetanei di ogni ceto sociale, sospesa tra l’ingenuità dell’infanzia e le stranezze dell’età adulta.
Quando il padre muore, la famiglia torna a Napoli e si trova in ristrettezze economiche. La famiglia riceve aiuto dai parenti (zia Callista, zia Cleope) e sono ospiti in varie case. Alcune volte sono costretti a dividersi finché un parente mette a loro disposizione una villa in un luogo chiamato Frasca. La ragazza nel frattempo, diventa donna e all’inizio degli anni Cinquanta decide di intraprendere un misterioso e solitario viaggio al nord.
Era tornata sconfitta dalla Madre, come a chiederle ragione della sua vita. Non era, al di fuori delle Maniere, che affanno e cuore aritmico. Alle Maniere rispondeva con altre Maniere. Al geroglifico con altro geroglifico. Intanto il mondo attorno crollava pezzo a pezzo.
L’autrice, ormai adulta, torna a Napoli dalla madre. La narrazione è in terza persona, i personaggi diventano la Madre e la Figlia. La Madre, ormai anziana, ha bisogno di un’assistenza costante. La Figlia assolve il gravoso compito. Nella casa ogni oggetto, ogni stanza, ha una voce ed è un ricordo a testimoniare il tempo passato. Il confronto tra Madre e Figlia diventa scontro drammatico portando alla luce dinamiche complesse rimaste nel limbo della memoria troppo a lungo.
Althénopis, ovvero “Occhio di vecchia”, così era chiamata Napoli dai tedeschi in tempo di guerra. La città descritta da Goethe come grandiosa, “occhio di vergine” è ormai devastata e imbruttita dalla guerra. Le truppe germaniche rimanendo perciò deluse, davanti a tale realtà, la chiamarono Althénopis. Intorno a questo nome e a questa città si svolge il libro di narrazioni della Ramondino. La narrazione è un crocevia di personaggi stravaganti e bizzarri, di vicissitudini familiari, incentrate soprattutto sul rapporto tra madre e figlia. Il filo autobiografico lega le tessere del mosaico che l’autrice traccia con mano sicura nei capitoli che hanno titoli indicativi di luoghi come la piazza, le ville, la Marina, e sono contenitori di storie che tracciano la sua esistenza. Un vagabondare da una casa all’altra, case che sono “vive” in simbiosi con le persone che le abitano. Persone che non coglierete mai nell’atto di dialogare, l’autrice lascia che a parlare siano i loro gesti, i loro corpi. La nonna e la madre sono il cuore di queste narrazioni che fuggono via da una trama precostituita per percorrere nuovi sentieri e spogliandosi, pian piano, del superfluo tracciano il nitido ricordo di un microcosmo felice nonostante la guerra. All’interno del triangolo nonna-madre-figlia, rivivono le reminiscenze dell’io narrante. È un mondo al femminile intessuto di figure solitarie e stravaganti, aneddoti, tradizioni e sentimenti, caratterizzato da solitudine e amore, dolore e felicità.
Con una scrittura evocativa ed elegante, Ramondino ci guida e ci permette di guardare ciò da cui proviene, il suo passato, la sua genesi, attraverso la memoria fatta di esperienze, immagini, personaggi, sapori e odori. Ogni capitolo presenta numerose note che sono parte integrante del romanzo perché spiegano costumi, abitudini, accenti dialettali e classi sociali del tempo.
Althénopis è il luogo in cui la memoria sopravvive, un limbo in cui i ricordi sono al sicuro e generano un caleidoscopio di narrazioni da cui si affacciano una miriade di volti che guardano al labirinto familiare dove si proiettano le immagini della guerra, della povertà, dell’amore e del dolore. “Althénopis” è un “piccolo mondo antico” che continua a vivere nella stagione dell’infanzia, sospesa nel tempo ma saldamente ancorata al cuore dell’autrice.
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