Buongiorno, cari lettori :) Gli amanti del genere giallo conoscono e amano la scrittrice
Agatha Christie. Io ho letto molti dei suoi romanzi e sono affascinata dalla
figura di Hercule Poirot, investigatore belga, nato dalla brillante e
fantasiosa penna della giallista. Ho visto e rivisto tutti i film trasmessi in
televisione che hanno Poirot come protagonista. Però forse non tutti sanno che
la scrittrice decise di uccidere, letteralmente parlando, il detective belga
nel racconto “Sipario” scritto durante la Seconda Guerra Mondiale ma pubblicato
solo nel 1975. Dopo 39 anni dalla sua ultima apparizione, Poirot ritorna,
grazie alla scrittrice Sophie Hannah, maestra inglese del thriller psicologico,
per risolvere non uno ma ben tre delitti apparentemente inspiegabili.
Tre stanze per un delitto
Sophie Hannah, Agatha Christie (traduzione di M. Faimali)
Editore: Mondadori
Pagine: 308
Prezzo: € 18,00
Pagine: 308
Prezzo: € 18,00
Sinossi: Dopo l'ennesimo caso risolto, Hercule Poirot ha finalmente deciso di prendersi una vacanza. E visto che viaggiare è molto stancante, quale migliore destinazione di Londra stessa? Così, senza dire nulla a nessuno, ha affittato una camera in una pensione cittadina, deciso a godersi il meritato riposo, al riparo dagli assalti di chi cerca il parere del detective più famoso del mondo. Ma se, per una volta, Poirot non insegue il mistero, è il mistero a inseguire lui. Una sera, mentre è seduto a un tavolo di un piccolo locale, intento a gustare un delizioso caffè, irrompe una donna, sconvolta. Poirot le si avvicina, presentandosi come un poliziotto in pensione. La donna sembra spaventarsi ancora di più e gli chiede di assicurarle che non è più in servizio. Quando Poirot glielo conferma, lei gli confessa che sta per essere commesso un omicidio. La vittima è lei, e merita di essere uccisa. Per questo lui deve prometterle che non farà nulla per salvarla e non cercherà, successivamente, di trovare il colpevole. A quel punto la donna corre fuori dal locale e sparisce nella notte. Quanto c'è di vero in quel racconto? E i tre omicidi commessi a Londra quella stessa sera sono collegati alle parole della donna?
STILE: 8 | STORIA: 7 | COPERTINA: 6
Tutto cominciò così, la sera di giovedì 7 febbraio 1929, con Hercule Poirot, Jennie e Fee Spring, in mezzo agli scaffali ricurvi e carichi di teiere del Caffè Pleasant.
O, dovrei dire, tutto sembrò cominciare così.
A volte ritornano. Ultimamente ho notato la pubblicazione di
molti romanzi che hanno come protagonisti dei personaggi nati e diventati famosi
nel passato letterario. Oggi sono alle prese con questa nuova indagine condotta
da Poirot e firmata Sophie Hannah. Sicuramente lo stile di Agatha Christie è
ineguagliabile e scrivere dell’investigatore belga senza collocarlo nel suo
habitat letterario diventa un’impresa difficile.
La trama del romanzo “Tre stanze per un delitto” è complessa
e ricca di personaggi.
Mentre Hercule Poirot sta gustando un delizioso caffè in un piccolo locale, giunge una donna sconvolta e impaurita. La signora
confessa a Poirot che sta per essere commesso un omicidio. La vittima è lei e
merita di essere uccisa. Per questo lui deve prometterle che non farà nulla per
salvarla e non cercherà di trovare il colpevole. Ottenuta questa promessa, la
donna sparisce nella notte. Quella sera stessa a Londra, all’Hotel Bloxham,
vengono commessi tre omicidi. Tre camere d’albergo chiuse a chiave. Tre corpi
avvelenati e ricomposti tutti nello stesso modo. Tre gemelli da polso messi
nella bocca di ciascun cadavere. Tre delitti inspiegabili. Poirot indaga.
Se vi avvicinate a questo romanzo con la speranza di
ritrovare il fascino della narrazione della Christie, mi dispiace dirvi che
rimarrete delusi. Se volete una lettura curiosa, a tratti piacevole e
avvincente, avete scelto il libro giusto.
A chi non lo conosce dico subito che Poirot, alto poco più
di un metro e sessanta, grassoccio, dall’età non ben definita, ha molte
qualità: è una persona calma, riflessiva, precisa e perspicace. Odia le armi,
alla violenza contrappone il ragionamento e la deduzione. Risolve i casi più
intricati utilizzando un metodo d’indagine basato sull’ordine e sul lavorio
continuo delle sue “celluline grigie.” Curato nell’abbigliamento, ossessionato
dall’ordine e dalla simmetria, il detective belga affronta i casi da risolvere
in compagnia del fidato amico, il capitano Hastings. Anche l’ispettore Japp di
Scotland Yard ricorre spesso all’infallibile fiuto di Poirot.
Nel romanzo della Hannah non ho ritrovato il Poirot che ho
sempre ammirato perché molte cose sono cambiate.
Il romanzo si presenta con una storia lunga e contorta che
si avvale di un ritmo lento che, in alcuni momenti, appesantisce la lettura. I
personaggi mostrano un’irrequietezza interiore che finirà per consumarli
portandoli verso scelte esistenziali non condivisibili. Io ho sempre associato
Poirot con determinati luoghi, circondato dai suoi fedeli amici, con abitudini
immutabili. Nel romanzo ho trovato un Poirot diverso pronto a svelare la verità
nascosta ma privo del suo fascino. Mancano soprattutto, secondo me, Hastings e
Japp. Al suo fianco, in questa indagine, c’è Edward Catchpool, giovane
investigatore di Scotland Yard. Catchpool non mi piace, un investigatore che
non riesce a rimanere sulla scena del crimine che investigatore è? Può un uomo
della polizia turbarsi davanti alla visione di cadaveri tanto da lasciarli
tutta la notte nel luogo dove sono stati ritrovati perché scappato via senza
dar l’ordine di spostare i corpi? Capisco il trauma che ha subito quando era
bambino, non vi dico di cosa si tratta, ma allora avrebbe dovuto scegliere una
professione diversa. La voce narrante è proprio quella di Catchpool che si
mostra poco portato per condurre le indagini e cammina all’ombra di Poirot.
Invece il buon vecchio ispettore Japp, non era un luminare dell’investigazione,
ma era sempre pronto all’azione volendo arrivare alla soluzione del caso nel
modo più breve e facile possibile. Per non parlare del vuoto che ho provato
vista l’assenza del capitano Hastings.
Comprendo la necessità della scrittrice di portare dei
cambiamenti ma per me non è stato facile accettarli. Una volta capito che non
avrei ritrovato la copia del Poirot di Agatha Christie, ho cercato dei lati
positivi anche in questa nuova lettura e ora vi dico perché “Tre stanze per un
delitto” merita di essere letto.
La storia inizia subito con un mistero e prosegue con ben
tre omicidi molto particolari. Viene usato del veleno, le stanze sono chiuse a
chiave, tutto appare in ordine e c’è il particolare dei gemelli da polso.
Elementi che stuzzicano la curiosità del lettore. Poirot prende subito in mano
la situazione, le sue celluline grigie si mettono all’opera e ci guidano alla
formulazione di ipotesi che poi vengono completamente ribaltate. Qualche
indizio è possibile trovarlo fin da subito e se siete attenti capirete chi è il
colpevole. Il finale è in perfetto stile Poirot con tutti i sospettati riuniti
in una stanza e l’investigatore pronto a ricostruire il movente e l’esecuzione
degli omicidi. Ho apprezzato la descrizione degli ambienti, gli omicidi poco
cruenti, i fantasmi delle debolezze umane che conducono a gesti estremi.
“Tre stanze per un delitto” segna la ricomparsa di Hercule
Poirot interpretato dalla penna di una nuova autrice che preferisco in veste di
scrittrice di romanzi thriller. Io ho letto “Non fidarti” (recensione) e mi è piaciuto
molto. Sophie Hannah ha scritto anche un altro romanzo in cui appare Poirot,
“La cassa aperta”. Lo leggerò sicuramente per vedere cosa combinerà Hercule e
soprattutto per scoprire se Catchpool ha superato la sua avversione per i
cadaveri e se ha sviluppato un po’ l’arte delle celluline grigie.
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