Buon 2025, cari lettori. La prima recensione dell’anno vede protagonista "La neve in fondo al mare"(Einaudi), un romanzo corale profondo, denso di tenerezza, scritto da Matteo Bussola sulla fragilità adolescenziale e sulle difficoltà che implica il diventare sé stessi. La storia ci porta a scoprire l'amore incondizionato di padri e madri alle prese con la malattia dei propri figli.
L'autore narra una storia intrisa dal dolore più oscuro da cui, quasi inaspettatamente, nasce una speranza che con il suo calore riuscirà a sciogliere la neve in fondo al mare.
STILE: 8 | STORIA: 9 | COVER: 8 |
Editore: Einaudi
Scoprire la profondità della tristezza di un figlio, a neanche sedici anni, è come trovare qualcosa in un posto in cui non te lo saresti mai aspettato. In cui proprio non dovrebbe esserci.
- Che vuoi dire?
- Tipo, non so. Come trovare la neve in fondo al mare.
"La neve in fondo al mare" è un romanzo corale, ma c'è una voce che sovrasta tutte le altre: la voce del cuore che scandisce gli eventi, il corso delle giornate, il rincorrersi dei pensieri e delle riflessioni.
Tommy soffre di anoressia nervosa. Il rifiuto del cibo è l'unica maniera, che lui conosce, per mantenere il controllo sul suo corpo e sulla sua vita. Ricoverato in un reparto di neuropsichiatria infantile, per aver ingerito troppe pastiglie per il dimagrimento, il giovane è controllato dal padre. Un padre e un figlio, dentro una stanza. L'uno di fronte all'altro, come mai sono stati. Ciascuno lo specchio dell'altro. Il padre di Tommy si sente impotente, non può cambiare il presente, non può prevedere come evolverà la patologia del figlio.
Ci sono altri genitori, in quel reparto, altri figli che tentano di controllare un dolore devastante mettendo in pratica le loro soluzioni.
Eva che ancora si finge una bambina. Il suo peso è triplicato in poco tempo e i suoi genitori ignorano il motivo di tutto ciò.
Giacomo, divide la stanza con Tommy, è un aspirante webstar diciassettenne che ha tentato il suicidio buttandosi dal secondo piano.
Marika che si fa del male, affetta da autolesionismo. Suo padre non accetta le parole dei medici ed è incapace di aiutare la figlia.
Nicholas che ha dentro una gran rabbia che esplode in accessi d'ira. Sua madre gli è vicino anche se lui l'ha ferita fisicamente.
Tutti i genitori lì presenti sono segnati da ciò che accade ai loro figli, affrontano dolori, cadute, silenzi, sofferenze e incomprensioni. Sono alla continua ricerca delle parole giuste per parlare con i propri figli. Nei loro occhi c'è rassegnazione, stanchezza, paura. Ai giovanissimi ricoverati basta poco per riconoscersi come appartenenti alla stessa comunità. Si accettano vicendevolmente, si sostengono e qualche volta sorridono o cantano o giocano a carte mostrando un'ombra di adolescenza.
Farsi del male è la prima forma di controllo che abbiamo tutti.
Ci sono infiniti modi per farsi del male. C'è chi sviluppa la fobia dell'acqua, l'autolesionismo, la depressione, i tentativi di suicidio. I genitori si sentono smarriti davanti a tanto dolore e non sanno come comportarsi, si sentono in colpa e annientati dal rifiuto dei figli di parlar con loro. Adolescenti che vivono l'estenuante fatica di crescere, dentro famiglie incapaci di dare un nome al loro tormento. Per il padre di Tommy diventa un'ossessione individuare il momento in cui tutto è iniziato.
Quando si è aperta la crepa. Le ragioni per cui si è innescato il processo. Come ho fatto a non accorgermene prima?
Già, come si può "non vedere" quando si è sempre presenti? Come si può scegliere di gettar via la propria vita?
Tante domande ma nessuna risposta. La fragilità dei nostri figli ci coglie impreparati. Si soffre per loro. Si soffre con loro. Si pensa di non essere più all'altezza del proprio compito, ma come reagire a tanto dolore? La risposta è una, una sola: con l'amore.
L'amore porta con sempre con sé una rinascita.
Ragazzi spaventati dalla vita. La sofferenza è il loro linguaggio. Ragazzi che non parlano di un "futuro da costruire" ma di un presente che non offre loro soluzioni immediate. Gli adulti non sono quasi mai in grado di dare soluzioni ed ecco perché i genitori non riescono più a parlare con i figli.
Figli che ritengono i genitori incapaci di dar loro qualcosa di davvero utile. Viene meno la fiducia, ma essere genitore vuol dire anche "amare chi non si fida più di te."
La pandemia ha giocato un ruolo importante nella storia e nella realtà. Ha chiuso tutti nelle proprie case ed è proprio allora, quando riteniamo i nostri figli al sicuro dei mali del mondo, che inizia la tragedia. Vivere lontano da tutti, chiusi in casa senza relazionarsi con gli amici. Genitori e figli si fronteggiano, tutti spaventati e ansiosi, la paura del vivere inizia a dilagare. Parole prima poco conosciute si affacciano alla soglia delle nostre abitazioni. Parole come cutting, Hikikomori, anoressia nervosa, si presentano a noi e alcuni adolescenti iniziano "a odiare ciò che sono".
Il loro farsi del male è un modo "per sopravvivere al dolore che sentono". Un dolore che non si vede ma che c'è. Scoprire quel dolore, quella tristezza, in un figlio giovanissimo, è come trovare qualcosa in un posto in cui non te lo saresti mai aspettato.
È come trovare la neve in fondo al mare. Dovrebbero esserci i pesci colorati, le rocce e i coralli e le meduse e Dio sa che altro, ma la neve, la neve no. la neve non te la aspetti mica.
Quando i figli si chiudono a riccio i genitori si sentono rifiutati e iniziano a costruirsi intorno una gabbia colma di sensi di colpa. Tutti noi vogliamo tenere il Male lontano dai nostri figli, vogliamo proteggerli, tenerli al sicuro. Ma il troppo amore porta i figli a voler essere sempre all'altezza delle aspettative dei genitori che indirizzano, consigliano, spronano.
Ma i ragazzi cosa vogliono realmente?
Quando sono piccoli i figli considerano i genitori come super-eroi. Tommy, sfidando il padre a guardare il suo corpo scheletrico, gli grida la sua rabbia esclamando :"Per me eri Dio!" Poi crescono e capiscono che i genitori non sono infallibili, che loro stessi non sono speciali. Per alcuni genitori i figli sono un riscatto sociale, su di loro riversano speranze e sognano grandi successi. Tuttavia i figli hanno una loro identità diversa da ciò che si era sperato. Anche se le aspettative vengono meno, non si realizzano, i genitori amano comunque i propri figli. Forse dovremmo chiedere loro come si sentono, se sono felici, se qualcosa o qualcuno ha creato loro delle difficoltà. Domande difficili di cui temiamo le risposte. Tutti noi dobbiamo amare i nostri figli semplicemente per ciò che sono. Essere imperfetti è un diritto per tutti, grandi e piccini.
Forse si diventa padri, si diventa madri, proprio per imparare quel tipo di amore lì, unico e irragionevole, che non si può sperimentare in nessun altro modo, in nessun altro tipo di relazione. Forse il vostro compito è quello di riuscire a farci scorgere la bellezza anche nel progetto che non riesce, nella promessa non mantenuta. Nella provvisorietà del bene. Nel crollo che ci svela cos'era a tenerci in piedi.
"La neve in fondo al mare" è un romanzo che mette i brividi per la profondità dei temi trattati. Essere genitori non è facile, vedere la luce che si spegne negli occhi di un figlio è l'inizio di un incubo. Ci si ritrova con la propria vulnerabilità messa a nudo e viene spontaneo identificarsi con i genitori, che cercano un modo per relazionarsi con i figli, e con gli adolescenti alle prese con la costruzione della propria identità.
Matteo Bussola, con una scrittura sensibile, narra una storia struggente in cui l'imperfezione non è un limite ma è ciò che siamo. È un narrare quieto che a volte si fa tumultuoso, discreto nel rivelare frammenti di memoria, incisivo nel dar corpo alle emozioni, ai pensieri, alle paure che caratterizzano un tempo enigmatico. Il tempo della crescita, del cambiamento, del distacco. Ogni essere umano è un mistero, anche quando siamo noi ad averlo generato. Ieri figli, oggi genitori senza un manuale da consultare e con tante domande. Crescere in un mondo senza certezze è difficile, il mal di vivere degli adolescenti si scontra con l'impotenza dei padri.
Forse noi due potremmo ripartire da qui; dal diritto di essere amati semplicemente per ciò che siamo. Non tanto come genitore e figlio, ma prima di tutto come due esseri umani che hanno voglia di dirsi chi sono.
Un finale di speranza per un viaggio verso l'età adulta nella consapevolezza di un arduo cammino che potrà rivelarsi meno ostico se rischiarato dall'amore incondizionato dei genitori.
Ciao Aquila, non ho mai letto nulla di Matteo Bussola, ma è un autore che mi riprometto sempre di leggere: questo romanzo mi sembra davvero emozionante e ricco di spunti di riflessione...
RispondiEliminaCiao Ariel, io leggerò sicuramente altri romanzi di Matteo Bussola. Mi piace il modo in cui tratta temi delicati mostrando sensibilità e attenzione. Un abbraccio :)
EliminaDalle tue parole capisco che Bussola ha scritto una storia che non lascia indifferenti, che sa emozionare e non mi stupisce perché è un autore dalla penna molto sensibile e capace di scavare nei propri personaggi.
RispondiEliminaUn titolo da non ignorare!!
Ciao Aquila!
E' sicuramente un romanzo che emoziona perché coinvolge genitori e figli. Si crea subito empatia con i personaggi, si soffre con loro e si spera con loro in nome di un amore che tutto può. Un abbraccio :)
Elimina