lunedì 14 marzo 2022

RECENSIONE | "Padri" di Giorgia Tribuiani

Dopo “Guasti” (Volan, 2018) e il perturbante “Blu” (Fazi, 2021), Giorgia Tribuiani torna in libreria con “Padri” (Fazi), un romanzo sulle seconde possibilità, sulle parole non dette, sul bisogno di voler sempre analizzare e capire tutto senza comprendere che non è necessario capire tutto per accettare, perdonare e amare. La genesi di questo romanzo inizia nove anni fa, quando alla mente dell’autrice si presenta l’immagine di un uomo risorto che cerca di entrare nella propria casa e non ci riesce. Per 9 anni, e quattro riscritture complete, la Tribuiani si è chiesta cosa volesse davvero comunicarle quella prima immagine, quale storia volesse raccontare. La risposta è giunta improvvisa, celata in una frase di Kafka, dalla Lettera al padre.

Poi c’era un secondo mondo, lontanissimo dal mio, nel quale vivevi tu.


“Padri” è stato candidato al Premio Strega da Gioacchino De Chirico con la seguente motivazione:

Giorgia Tribuiani è una delle scrittrici più interessanti e innovative nel panorama letterario italiano. Con grande coraggio culturale ha affrontato temi originali come quello del rapporto tra corpi e arte, tra corpi e relazioni umane. Oggi, attraverso il suo ultimo libro, Padri, si misura con una tematica più tradizionale e frequentata dalla scrittura italiana contemporanea, ma lo fa con un piglio originale e con grande personalità. Quello che potrebbe sembrare un allineamento alle convenzioni più consolidate diventa invece, ancora una volta, uno scarto creativo che aggiunge conoscenza, cuore e realtà al già conosciuto.

La cifra stilistica di una scrittura, mai elementare ma assai colta e matura, permette a Tribuiani di scandagliare il senso profondo della vita di tutti noi, presenti e assenti, che sbagliamo, ci pentiamo, amiamo e in definitiva, viviamo.


STILE: 8 | STORIA: 8 | COVER: 7
Padri
Giorgia Tribuiani

Editore: Fazi
Pagine: 196
Prezzo: € 16,00
Sinossi
È un pomeriggio di primavera quando, con lo stesso corpo e la stessa età del giorno della propria morte, Diego Valli risorge. Si risveglia sul pianerottolo di quello che era stato il suo appartamento, tira fuori le chiavi, prova a infilarle nella serratura ma si trova faccia a faccia con il figlio Oscar, lasciato bambino e invecchiato ormai di oltre quarant’anni. Da qui, ha inizio una vicenda di riconciliazioni e distacchi, una storia intensa e sincera sul rapporto tra padri e figli e sulla necessità del perdono.
Una volta riconosciuto il padre, Oscar affronta il comprensibile straniamento aggrappandosi alle incombenze della quotidianità, mentre Clara, sua moglie, non crede al miracolo e si oppone all’idea di ospitare in casa uno sconosciuto. A complicare le cose, si aggiunge l’arrivo di Gaia, la figlia della coppia, che torna nella città natale per trascorrere le vacanze. Di nascosto dalla madre, che è spesso via per lavoro, Gaia finalmente ha l’occasione di conoscere suo nonno: un uomo profondo, amante della musica, più simile a lei di quanto sia mai stato suo padre. Oscar, al contrario, scoprirà aspetti di Diego che non pensava gli appartenessero. 





Tornò, allora, con quel fiacco mal di testa che si affaccia dopo certe interminabili liti di famiglia, o che accompagna le giornate di foschia: il cielo bianco una pellicola sul sole malaticcio, le ombre incerte, le scale - scale esterne, affacciate sul cortile – tutte pregne di quell’aria così ferma, soffocante, e Diego Valli si svestì. Mentre saliva, della borsa a tracolla e della giacca di montone, sfilò il mazzo di chiavi dalla tasca e inserì quella ramata nella toppa; la chiave non girò.

È un pomeriggio di primavera quando, con lo stesso corpo e la stessa età del giorno della propria morte, Diego Valli risorge. Si risveglia sul pianerottolo di quello che era stato il suo appartamento, tira fuori le chiavi, prova a infilarle nella serratura ma si trova faccia a faccia con il figlio Oscar, lasciato bambino e invecchiato ormai di oltre quarant’anni. Da qui ha inizio una vicenda di riconciliazioni e distacchi, una storia intensa e sincera sui rapporti tra padri e figli e sulla necessità del perdono.

Una volta riconosciuto il padre, Oscar affronta il comprensibile straniamento aggrappandosi alle incombenze della quotidianità, mentre Clara, sua moglie, non crede al miracolo e si oppone all’idea di ospitare in casa uno sconosciuto. A complicare le cose, si aggiunge l’arrivo di Gaia, la figlia della coppia, che torna nella città natale per trascorrere le vacanze. Di nascosto dalla madre, che è spesso via per lavoro, Gaia ha l’occasione di conoscere suo nonno, un uomo profondo, amante della musica, più simile a lei di quanto sia mai stato suo padre. Oscar, al contrario, scoprirà aspetti di Diego che non pensava gli appartenessero.

Diego e suo figlio Oscar, Oscar e sua figlia Gaia, sono gli estremi di un ponte interrotto perché manca la voglia di comunicare. Gaia è la voce della gioventù, ama la musica e la letteratura, è lei che ha il coraggio di legarsi al nonno che mostra interesse per ciò che lei prova, per i suoi sogni, per le sue amicizie, per il suo mondo fatto di tecnologie che lui non conosce. Diego il risorto mostra per Gaia quell’interesse che Oscar non ha mai manifestato. La ragazza idealizza il nonno, hanno tante cose in comune, poi iniziamo a comparire delle piccole crepe, i difetti vengono a galla e la perfezione si sbriciola.

Oscar vuole che sua figlia sia sempre perfetta, brava negli studi, in regola con gli esami universitari, impegnata nella stesura della tesi. La guarda con lo “sguardo dell’attesa”, come se ogni volta si aspettasse un risultato. Il padre non l’aveva mai compresa e lei teme di non essere all’altezza delle aspettative del genitore.

Comprendere è racchiudere, includere, pensava, e ricordava quell’abbraccio rifiutato: ti girasti, papà, ti sei sempre girato, eri severo, e invece no, dicevi tu, severo quando mai? Voglio solo che mia figlia si confermi la migliore, puoi provarci? Puoi, per favore, tenere i romanzucci come hobby e concentrarti sulla scuola? Laurearti bene in tempo e con il massimo dei voti, Gaia, puoi? C’è in palio un po’ di affetto.

 e Gaia pensava:

… è come se il suo affetto dovesse passare per l’orgoglio. Che quando disapprova con lo sguardo ti pare che tutta la Terra disapprovi; che tutto l’affetto  della Terra potevi meritarlo e non l’hai fatto.

Tuttavia ecco che nella mente di Gaia inizia a far breccia una riflessione: se il nonno è imperfetto, anche il padre, nella sua dolorosa essenza, è imperfetto.

A completare il quadro familiare è Clara, una donna infelice che non crede al “miracolo” del ritorno di Diego e per lui prova solo disprezzo chiamandolo “barbone”. Non lo accoglie nella loro casa e si allontana dal marito e dalla figlia. Incapace di esprimere i propri reali sentimenti, Clara si preoccupa delle esigenze fisiche della figlia ma non si ferma mai a parlare realmente con lei. Le chiede se ha mangiato, se ha freddo, se ha riposato, ma non le chiede se è felice, se ha dei sogni, se è innamorata. Clara coinvolge tutte le sue energie emotive su se stessa, lo stesso fa il marito. Quando Gaia sostiene il nonno, Clara lo considera un tradimento. È come se la figlia avesse scelto di schierarsi con il padre e non con lei. Clara è un personaggio chiuso nelle sue convinzioni, non cerca di capire. Ed ecco susseguirsi parole taciute, abbracci mai dati, carezze cristallizzate nel pensiero, tentativi di avvicinamento morti sul nascere. C’è sempre qualcosa che frena i suoi passi, la consapevolezza di non poter conoscere tutto delle persone che ci sono vicine. Dobbiamo cedere un po’ della nostra ostinazione nel voler avere tutto sotto controllo, nel considerarci come entità uniche e non in relazione con gli altri. I ponti vanno costruiti e non demoliti.

Leggendo “Padri” ho provato la sensazione di vivere nel riflesso dei personaggi, come se la loro immagine fosse riflessa da uno specchio narrativo. Così il padre si specchia e noi vediamo l’uomo, la madre si specchia e noi vediamo la donna, Gaia si specchia e noi vediamo nel suo essere riflessi tutti i giovani che sono figli ma diventeranno uomini e donne. Figli a volte invisibili agli occhi di genitori che non sanno ascoltarli, figli che non sanno comunicare perché nessuno ha insegnato loro come si fa, figli che vorrebbero abbracciare ma che nessuno ha mai abbracciato.

Figli che si creano l’idea di un padre perfetto, un’idealizzazione che poi va in frantumi quando si guarda oltre la figura del padre e si scopre l’uomo. Alcuni  tendono a idealizzare il proprio padre, altri ne svalutano  la figura per poter avere una scusa per le proprie azioni, altri ancora lo ergono a modello a cui ispirarsi. Per tutti arriva, poi, il momento della verità. Nessun uomo è perfetto, anche i padri e le madri sono imperfetti, hanno le loro fragilità, sbagliano e mostrano il loro volto più umano e vero. Nel romanzo Diego, l’uomo tornato dal regno dei morti, era stato, per suo figlio Oscar, un modello di onestà, integrità e moralità. Ricordi costruiti in base ai racconti delle persone che lo avevano conosciuto, ricordi non verità. Oscar aveva idealizzato il padre e quando ha una seconda possibilità di conoscerlo, ecco che comprende come  anche un genitore può cambiare, scopre le fragilità del padre, scopre ciò che non poteva sapere perché il padre era morto quando lui aveva solo 8 anni.

Prima o poi i figli crescono e scavano e le trovano comunque le tue debolezze. E ti odiano per questo: per esserti mostrato invincibile.

In questo romanzo, il grande talento di Giorgia Tribuiani si fa voce per abbattere il silenzio assordante delle parole non dette tra padri e figli. I personaggi, complessi e tormentati, prendono vita e diventano quasi reali testimoni di un disagio perpetuo, un’eredità che si tramanda di generazione in generazione.

Immaginare, credere, capire, amare, perdonare sono i pilastri su cui si erge “Padri”, un equilibrio delicato da mantenere nel tempo anche se sfugge tra le maglie dei ricordi. La comprensione dell’irrazionale invita al cambiamento, all’accettazione e al perdono anche senza dover necessariamente capire tutto.

Con una scrittura essenziale e ricercata, Giorgia Tribuiani consegna nelle mani dei lettori “Padri”, un romanzo breve ma immenso in cui la voce del perdono e dell’amore si amplificano nell’eco di un cuore che trasforma la realtà in uno spazio comune in cui il lettore può rispecchiarsi. In pagine di forte impatto emotivo nasce un’occasione per interrogarsi sulla figura paterna e sulla ricerca della propria identità nella consapevolezza che il processo di accettazione e di separazione dal padre non è un percorso privo di sofferenze.

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