sabato 31 maggio 2014

RECENSIONE "A bocca chiusa" di Stefano Bonazzi

Ciao lettori,
oggi vi parlo di un libro molto particolare, un libro da brivido, un libro da cui è impossibile staccarsi, un libro che vi travolgerà con una valanga di emozioni. Nel ringraziare l’autore per avermi gentilmente inviato una copia cartacea del romanzo, vi presento:

“A Bocca Chiusa” di Stefano Bonazzi, Newton Compton Editori.



Autore: Stefano Bonazzi
Genere: Romanzo
Editore: Newton Compton
Pagine: 287 p.
Prezzo: € 9,90
Trama:
Una periferia assolata, stretta tra il cemento della tangenziale. Campi aridi e capannoni industriali. Gli eterni pomeriggi di un'estate che sembra non finire mal fatta di noia e di giornate afose. Un bambino deve passare le vacanze a casa con il nonno, mentre la madre parrucchiera e la nonna, che fa le pulizie, stanno tutto il giorno fuori. Ex camionista, costretto in casa per una malattia invalidante, l'anziano è una belva in gabbia e la violenza che cova trova sfogo sul nipote di appena dieci anni. Lasciato per punizione tutti i pomeriggi da solo sul balcone rovente dell'appartamento, il bambino un giorno viene aiutato a fuggire da Luca: un ragazzino del posto, l'amico perfetto che tutti vorrebbero accanto.







STILE: 9
STORIA: 10
COPERTINA: 8




“Avevo sei anni quando nonno le spezzò la mano. Ero in salotto, seduto davanti al grande tavolo di legno… Nonno le prese il braccio destro per il polso, lo ruotò e lo sbatté contro la vetrata della porta che dava sulla sala da pranzo dov’ero seduto. Fu un gesto rapido. Secco. Quasi mi parve di udirlo, quel lieve crack… Nonna non mi guardò. Non urlò. Non disse niente. Strinse forte le labbra. Si tenne tutto dentro. Io distolsi lo sguardo… Lei ritrasse la mano delicatamente e l’avvolse in un fazzoletto… Corse in bagno. Sentii il rumore dell’acqua scorrere e mescolarsi ai singhiozzi. Lui invece rimase lì, immobile. Ansimando come un animale selvatico.”


In questo libro  leggerete del Male e di un disagio esistenziale senza eguali. E’ come entrare in un mondo chiuso, claustrofobico, dove manca l’aria e regna l’angoscia. Questo romanzo mi ha ipnotizzata fin dalle prime pagine e il coinvolgimento emotivo è rimasto alto fino all’ultima riga e oltre. Ho letto il  libro d’impeto, non riuscivo a staccarmi, dovevo sapere l’evolversi dei fatti, dovevo assistere alla perdizione, alla caduta nel baratro nell’incubo più nero, ero sicura che una volta toccato il fondo non si potesse che risalire. Quando il buio ti avvolge, le cicatrici dell’animo diventano segni indelebili del tuo soffrire e la mente si perde nel dolore. Ci si sente soli, e se qualcuno ci tende una mano siamo pronti a stringerla perché  vediamo, in questo gesto, una possibilità di salvezza. A volte, però, è tutto un’illusione. A volte il Male vince, dalla prima all’ultima pagina.


“Quando non era un orco, ai miei occhi, nonno appariva come quei grossi cani randagi che mordono e abbaiano sempre a chiunque. Quelli che bisogna legare alla catena…”

“A Bocca Chiusa” narra la favola di nonno orco e del suo piccolo, indifeso, nipote. Il bambino, ha 10 anni, cresce con la mamma, il padre li ha abbandonati da tempo. Passa l’estate a casa dei nonni, costretto a stare sempre solo, senza amici, senza uscire mai. Trascorre le sue giornate rintanato su un tappeto rosso, la sua isola felice, giocando con i Lego e usando la sua immaginazione per erigere un muro tra sé e il nonno belva. Nessuno si preoccupa di lui: la madre parrucchiera e la nonna, che fa le pulizie, stanno tutto il giorno fuori. Tra loro non c’è comunicazione. Poi abbiamo il nonno: burbero, incattivito dalla vita, che sfoga sul nipote, con la scusa di proteggerlo, tutto l’odio accumulato verso il mondo. Ultimo, ma non meno importante, è l’amico intelligente e sicuro di sé. E’ l’unico che ha il coraggio di avvicinarsi al protagonista: sarà la sua ancora di salvezza?


“A volte facciamo cose estreme, pensiamo così di guadagnare la libertà che ci spetta di diritto in quanto esseri umani. Pensiamo di liberarci dalle nostre gabbie, di fuggire come animali selvatici nel buio del bosco. E non ci rendiamo conto che, in realtà, stiamo soltanto correndo verso gabbie ancora più grandi, più robuste. Il metallo diventa pietra, le sbarre colonne. Lo spazio si restringe, l’aria viene a mancare, poco alla volta, senza fretta. Le persone sanno essere pazienti”.


Se avete notato non ho mai usato il nome proprio dei protagonisti, è superfluo. Questa narrazione  non ha la necessità d’indicare  luoghi e nomi, è oltre l’identificazione: possiamo essere tutti e nessuno. Si parte da un dato inconfutabile, da un dogma: le persone sono tutte cattive, ti sorridono ma vogliono solo rubarti l’anima. Bisogna difendersi. Forse nella vita, non c’è scampo, di sicuro il nostro protagonista non cerca una soluzione ma si lascia vivere. Non vuol essere fagocitato dalla “normalità”, cerca di dare un senso alla sua vita che non si traduca in normalità come casa, famiglia, figli, lavoro. E’ alla ricerca del modo per essere se stessi e invece di vivere, muore ogni giorno un po’ di più. Dopo un’adolescenza terribile, il nostro protagonista, l’io narrante, diventato adulto sopravvive facendo uso di antidepressivi e alcool.
Magica, nefasta miscela.



“Vedo le lenzuola scomposte sul letto e mi ci sdraio sopra. Il soffitto mi crolla addosso. E’sempre più vicino. Mi sento comprimere. Il respiro mi muore in gola. Continua a scendere. Le pareti sono molli. Mi crollano addosso. Non riescono a reggerlo. Alzo i palmi sulla testa e faccio forza nelle braccia. Spingo, resisto all’attrito. Spingo forte per salvarmi. I muscoli delle braccia guizzano tesi. Sento il peso della paura che schiaccia sul torace. Ore che sembrano minuti e viceversa. Muoio.”



Il finale giunge crudele, senza scampo, lascia l’amaro in bocca e una sensazione di stordimento. L’angoscia percepita e accumulata durante la lettura non scompare in un lieto fine, anzi tutto diventa ancor più soffocante. Il cerchio si chiude. In passato come al presente. In solitudine su un tappetino infeltrito, in solitudine dietro le sbarre della vita. In fondo tutti percorriamo  l’autostrada dell’esistenza: si nasce, si cresce, si muore. Non si può tornare indietro.
“A Bocca Chiusa” è lo splendido esordio di Stefano Bonazzi. Sicuramente una lettura difficile, dura, travolgente. La prosa vivida trasforma le parole in immagini, senza tregua, senza poter riprendere fiato ci si ritrova imprigionati tra le pareti della follia, tra le pareti grigie dell’esistenze, tra la crudeltà dell’uomo. Ieri come oggi, non c’è salvezza, non c’è il Bene. C’è solo un burattino a cui hanno tagliato i fili. Ieri come oggi.


6 commenti:

  1. Non è il mio genere, ma dopo aver letto la tua recensione ci faccio un pensierino. Sembra davvero molto bello.

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    1. Ciao Tatihyana, "A Bocca Chiusa" è un libro difficile ma bello. E' una lettura che ti porta nel baratro con il protagonista: un'esperienza che coinvolge emotivamente. Se lo leggerai mi piacerebbe conoscere il tuo parere. Un saluto:)

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  2. wow, lo terrò in considerazione!! è un genere che mi son ripromessa di aggiungere alle mie prossime letture, sono andata troppo sul romantico ultimamente!! :D

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  3. Un po' di brivido ci vuole, rende tutto più interessante:)

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  4. Ultimamente non mi fido più delle pubblicazioni della Newton, ho beccato parecchie fregature, però potrei fare un pensierino su questo libro!

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  5. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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