“Delitto in riva al mare” è un libro di Antonio Lanzetta pubblicato da Newton Compton. Si tratta di una storia nera e coinvolgente. L’omicidio brutale di una ragazza. Un bambino che ha vissuto l’orrore. Oscure verità che si celano dietro la follia. Un thriller mozzafiato che vi porterà alle radici del male nella certezza che alcune ferite non si rimarginano mai.
STILE: 8 | STORIA: 8 | COVER: 7 |
Pagine: 256
Nei miei sogni ho ancora sette anni e mi sveglio per ascoltare il suono della tempesta che sferza il podere. Il vento ulula in mezzo agli alberi e la pioggia batte rabbiosa sulle assi di legno che mio nonno ha inchiodato alla finestra.
Il corpo senza vita di Elena Perna, una ragazza di diciannove anni, viene trovato riverso su una spiaggia di Salerno. Le indagini, che assumono subito dei contorni inquietanti, sono affidate al commissario Massimo Trotta e a Lidia Basso, psicologa forense e consulente della questura. Lidia e Massimo ricevono una chiamata dal Santacroce, una struttura che ospita giovani pazienti psichiatrici: un diciassettenne di nome Matteo fa da giorni dei disegni che sembrano ritrarre proprio Elena, la ragazza che è stata uccisa. Marco non ha mai visto la ragazza e nessuno, in quel reparto, ha contatti con l’esterno né con i mezzi di comunicazione. Lidia è affascinata dalla sfuggente personalità del ragazzo, ma a intenerirla è la storia di cui in passato è stato protagonista. Una vicenda segnata da indicibili sofferenze e violenze inimmaginabili, nota alle cronache come “La casa degli orrori”. Com’è possibile che ci sia un legame tra Elena e Matteo?
Nelle allucinazioni del ragazzo sembra nascondersi una chiave per individuare l’assassino.
“Delitto in riva al mare” è la storia di un brutale assassinio, di ricordi spezzati sepolti nel tempo pronti a riemergere dal passato. È un thriller appassionante con un tocco di gotico e un filo d’Arianna per non perdersi nel labirinto della follia.
Il romanzo è un crocevia di storie ma io sono stata totalmente coinvolta e rapita dalla storia di Marco. Sappiate che “Marco” non è il vero nome del ragazzo ricoverato al Santacroce. Nessuno conosce il suo nome e alcuni lo chiamano ragazzo X. Lui vive in una specie di limbo, creato dalla somministrazione di potenti medicine, e ricorda poco del suo doloroso passato in cui si nascondono le ombre di crudeli mostri. Mi sono ritrovata a seguire passo dopo passo la sua storia, i traumi subiti da bambino, provando la sua stessa angoscia ma sapendo di essere spettatrice immobile della partita che il ragazzo X gioca con il suo destino. Lui e Lidia percorrono vie che s’incrociano in un disegno, un volo di matita nel mondo degli incubi. Lascio a voi il gusto della scoperta inoltrandovi in un territorio dove ogni passo cela un pericolo e strane presenze sono pronte a seguirvi.
Le ombre si staccano dai muri e scorrono sul pavimento come grosse macchie di olio. Iniziano a ribollire e a contorcersi. Fremono come se fossero cose vive. Hanno schiene ricurve, dita lunghe e nere. Si muovono su quattro zampe, annusano l’aria come cani. Stanno fiutando il mio odore.
Antonio Lanzetta ha costruito un thriller teso, crudo, ma anche pieno di umanità, un caleidoscopio di personaggi ben descritti che ci guidano in un labirinto di travolgente pazzia. I protagonisti alternano le loro voci dando vita a frammenti di ricordi dai quali scaturisce una forza oscura che si aggira tra le pagine ed è pronta a colpire. L’autore si dimostra abile nel mantenere sempre viva l’attenzione del lettore. A ogni capitolo concede un tassello del quadro finale che si compone generando uno stato di ansia che non si placa prima dell’ultima pagina. Sicuramente Lanzetta ha giocato una partita vincente dando molta importanza al fattore umano e psicologico all’origine del male. La crudeltà presente negli uomini è un abisso senza fine. Da questo abisso, sotto la maschera dell’orrore e del brivido, emergono anche problematiche sociali come la violenza domestica, il bullismo e lo stalking. Restare indifferenti è impossibile e ci si ritrova a navigare nel buio, personificazione delle nostre paure per ciò che non conosciamo e che nel buio possiamo intravedere.
Antonio Lanzetta riesce rende palpabile l’inquietudine usando un linguaggio visivo e onirico che rende la parola un’arma potente pronta a trasformarsi in suoni e immagini. I delitti, le violenze e gli incubi, segnano solchi in cui i protagonisti procedono con gran difficoltà. Anche Lidia e Massimo, la psicologa e il commissario, portano il fardello di un passato drammatico ed è quasi possibile udire gli scricchiolii minacciosi proveniente da un altrove che si fa realtà nel romanzo. Chiudete gli occhi e immaginate una stanza chiusa a chiave dove la luce è esiliata e al suo posto c’è un ossessione che diventa bisturi nelle vostre mani per incidere ed esplorare la psiche umana. In quella stanza chiusa alla vita ci si sente sperduti in un delirio che non promette nulla di buono. Eppure la paura che scorre nelle vene del romanzo arriva ad essere poetica e struggente.
Con Antonio Lanzetta, miei cari lettori, “si va tra la perduta gente”. Trattenendo il fiato ho percorso un tratto dell’Inferno e dopo aver letto l’ultima pagina sono uscita “a riveder le stelle”. I miei complimenti a Lanzetta, non vedo l’ora di leggere altri suoi lavori.
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