venerdì 28 aprile 2023

BLOGTOUR | "Gli unici indiani buoni" di Stephen Graham Jones | I 5 motivi per leggere il romanzo

In uscita per Fazi Editore il 2 maggio, “Gli unici indiani buoni” di Stephen Graham Jones, tradotto da Giuseppe Marano, è un romanzo suggestivo e devastante, un mosaico di immagini agghiaccianti, violenza e una presenza horror che vi porterà in un limbo dove finzione e realtà si confondono. La cover, preludio di una storia ad alta adrenalina, è ipnotica e seducente. Se siete amanti del brivido non potete lasciarvi scappare questo romanzo che vi porterà a caccia di wapiti nella riserva indiana dei Piedi Neri. Vi consiglio di essere vigili e all’erta, pronti a rispondere a qualsiasi minaccia e non lasciatevi catturare: essere un cacciatore non sempre è un vantaggio, le prede hanno un corpo e uno spirito che non dimentica.

Se ancora siete titubanti mi permetto di elencarvi cinque motivi per cui dovreste leggere “Gli unici indiani buoni”



Gli unici indiani buoni
Stephen Graham Jones

Editore: Fazi
Pagine: 352
Prezzo: € 18,50
Sinossi
Lewis, Gabe, Ricky e Cassidy sono quattro giovani indiani cresciuti insieme in una riserva ai confini col Canada. Il legame che li univa si è spezzato quando Ricky è morto all’improvviso: una rissa fra ubriachi, secondo la versione ufficiale. Ma è davvero andata così? Sono passati ormai dieci anni, i ragazzi sono diventati uomini e si sono più o meno integrati nella società bianca, lasciandosi alle spalle gli eccessi di gioventù ma anche un fardello con il quale non hanno mai fatto davvero i conti: le regole e le tradizioni della riserva. Il ricordo dell’amico scomparso, però, non li ha mai abbandonati. Con esso, torna prepotentemente a turbare le loro coscienze un episodio del passato che li ha segnati, mettendo fine per sempre alla loro innocenza: una battuta di caccia finita male. Una storia difficile da dimenticare, che oggi torna a perseguitarli. È Lewis il primo ad accorgersi di una presenza inquietante in casa sua, e a questo punto ognuno di loro inizia ad avere paura, per sé e per i propri cari…



I 5 motivi per leggere il romanzo

1. Perché per cadere in un vortice di ansia e terrore, a volte, basta leggere la trama. Naturalmente non oso svelare nulla ma sappiate che siamo alla presenza di quattro giovani indiani cresciuti insieme in una riserva ai confini del Canada. Il legame che li univa si è spezzato quando uno di loro è morto all’improvviso: una rissa fra ubriachi, secondo la versione ufficiale. Ma è davvero andata così? Sono passati ormai dieci anni, i ragazzi sono diventati uomini. Due di loro hanno abbandonato la riserva per provare a integrarsi nella società bianca. Il ricordo dell’amico scomparso, però, non li ha mai abbandonati così come le regole e le tradizioni della riserva. Regole che i quattro amici, nel passato, hanno infranto organizzando una battuta di caccia finita male. Una storia difficile da dimenticare e sarà Lewis, che ormai vive fuori dalla riserva, ad accorgersi di una presenza inquietante in casa sua. A questo punto ognuno di loro inizia ad aver paura, per sé e per i propri cari. La caccia all’uomo ha inizio.

2. Perché i personaggi, sarà evidente fin dalle prime pagine del libro, sanno qualcosa che noi non sappiamo. Lewis, Gabe, Ricky e Cassidy sono quattro amici che prendono strade diverse per realizzare i propri desideri. Sono personaggi imperfetti che risultano immediatamente simpatici con le loro battute, l’affetto reciproco e le loro scelte personali. Sicuramente le loro vite, all’interno della riserva, non sono state facili. Anche allontanarsi dalla comunità indiana, per alcuni di loro, non è stata una scelta facile e la strada dell’integrazione nella società dei bianchi è un’irta salita tra degrado sociale e razzismo da una parte e il mancato rispetto per la loro cultura indiana dall’altra. Le strazianti disgrazie che li attendono sembrano stranamente immeritate. Ma qual è la loro colpa?

3. Perché il romanzo riesce a dosare alla perfezione dramma, thriller e horror, grazie alla presenza di elementi sovrannaturali ma anche grazie alla tensione che si respira per tutto il romanzo. Ma “Gli unici indiani buoni” è una storia che oltre a minare le sicurezze del lettore, lo sprona ad una profonda analisi sociale sulla difficile integrazione nella società bianca e sul prezzo che i nativi americani devono pagare rompendo con la loro cultura e tradizione. L’autore usa l’horror per riflettere sull’ingiustizia razziale e ci presenta dei personaggi intrappolati tra due culture. Lewis, lavora alle Poste, è sposato con una ragazza bianca e cerca di trovare il successo fuori dalla riserva. Ricky, lavora in North Dakota con una squadra di trivellazione, è ucciso nel parcheggio di un bar da un gruppo di bianchi ubriachi. Cassidy e Gabe sono rimasti nella riserva e sono molto legati alla loro comunità. Ognuno di loro andrà incontro al proprio sconvolgente destino e saranno puniti per una trasgressione che hanno compiuto un decennio prima, poco prima del Ringraziamento. Infrangere il codice naturale avrà conseguenze inenarrabili.

4. Perché il romanzo è in perfetto equilibrio tra leggenda e vita quotidiana, racchiude in sé umorismo e immagini agghiaccianti, amore e vendetta, sangue e speranza. È un’altalena di emozioni che scaturiscono da un’oscura presenza che cerca vendetta per un torto subito e avvengono cose brutte e spaventose. Questo libro ti attira fuori dalla tua zona di comfort e non c’è posto in cui ti puoi nascondere. Vedi il sangue scorrere, la violenza moltiplicarsi, ma il tutto compare all’improvviso, non lo vedi arrivare. Poi tutto prende forma mostrando come le vere cose brutte non appartengono solo al sovrannaturale. Allora la lettura diventa la ricerca delle esperienze dei protagonisti attraverso i loro racconti, della negazione “del sogno americano” per gli indiani, per i conflitti creati dall’ingiustizia sociale. Eppure, strano ma vero, nella parte finale del romanzo c’è un potente riflesso di tenerezza che impatta con il genere horror.

5. Perché “Gli unici indiani buoni” è una coinvolgente narrazione in cui i sensi di colpa, i peccati, il dolore, la vergogna e la disperazione sono semi che generano l’orrore. È la storia di una memoria collettiva da cui emergeranno le paure più profonde dei protagonisti che mostreranno i loro limiti. Nascosta nel buio profondo della loro anima, la “punizione” viene alla luce e diventa spietata. Così come spietato è il titolo del romanzo che fa riferimento a una frase forse pronunciata dal generale Sheridan: “l’unico indiano buono che io conosca è l’indiano morto”. L’orribile detto è lo specchio di una politica di annientamento degli indiani ed è un punto di partenza per una riflessione più profonda. Cosa significa essere un buon indiano? Lasciare la riserva per seguire i propri sogni è un tradimento? Perdere la propria identità e la propria terra per mano degli uomini bianchi, è accettabile?

In conclusione non posso che esortarvi a leggere “Gli unici indiani buoni”, una macabra danza tra reale e immaginario, speranze e delusioni, promesse e fughe, amicizie intrappolate tra tradizioni e culture diverse. Uomini plasmati dalle difficoltà, costretti a fare delle scelte e per questo sconfinano nella follia, in quello spazio oscuro che è in noi e reclama di venire alla luce in tutto il suo inquietante nero splendore.     



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