giovedì 14 maggio 2020

RECENSIONE | "Il capofamiglia" di Ivy Compton-Burnett

Dopo “Più donne che uomini” (recensione), torna nelle librerie italiane Ivy Compton-Burnett con il romanzo “Il Capofamiglia” edito da Fazi nella collana Le strade. La grande autrice del Novecento inglese racconta la ferocia delle dinamiche familiari con uno stile unico che coinvolge e crea sorpresa quando l’imprevedibile accade e tutto cambia.


STILE: 8 | STORIA: 8 | COVER: 8
Il capofamiglia
Ivy Compton-Burnett

Editore: Fazi
Prezzo: € 19,00
Sinossi

Il patriarcato trova la sua più fedele espressione nella figura di Duncan Edgeworth: padre tirannico, anaffettivo e lunatico, è il capofamiglia per antonomasia. Attorno a lui si muovono, atterriti o solleticati dal desiderio di sfida, i membri della sua famiglia: la moglie Ellen, naturalmente dimessa e timorosa, le due figlie ventenni Nance e Sybil, tanto egocentrica e sarcastica l’una quanto affettuosa e remissiva l’altra, e infine il nipote Grant, giovane donnaiolo dotato di grande spirito, costantemente in competizione con lo zio, di cui è il perfetto contraltare. Nella sala da pranzo degli Edgeworth va in scena quotidianamente una battaglia su più fronti: sotto il velo di una conversazione educata, si intuiscono tensioni sotterranee e si consumano battibecchi, giochi di potere, veri e propri duelli a suon di battute glaciali: «non stiamo semplicemente facendo colazione». Fino a quando la famiglia viene colpita da un lutto improvviso, che mescola le carte in tavola innescando una reazione a catena; strato dopo strato, ognuno dei personaggi svelerà la sua vera natura, in un crescendo di trasgressioni che comincia con l’adulterio e culmina con l’efferatezza.


Viene sempre il momento in cui uno si rivela diverso da come l’altro lo immagina, un momento dopo il quale le cose non saranno più le stesse.
Pubblicato nel 1935 il romanzo è ambientato in una casa di campagna del diciottesimo secolo dove vive la famiglia Edgeworth. Il capofamiglia Duncan è un padre anaffettivo, impietoso, lunatico e tirannico che stabilisce le regole di vita dei membri della famiglia. La storia ha inizio la mattina di Natale dell’anno 1885, la famiglia è riunita per la colazione e conosciamo Ellen, moglie sottomessa e timorosa. Le due figlie Nance e Sybil, tanto egocentrica e sarcastica la prima quanto affettuosa e remissiva l’altra. Il nipote Grant, giovane donnaiolo dotato di grande spirito e in costante competizione con lo zio. Ogni giorno, nella sala da pranzo degli Edgeworth, si consuma una guerra fredda nelle vesti di una conversazione educata, sottili battibecchi e giochi di potere. I dialoghi sono freddi e le parole hanno le sembianze di armi per difendersi e per colpire. Ogni semplice frase viene da Duncan derisa e nessuno può permettersi il privilegio di rispondere. Fare colazione è un momento per affilare le armi e controllare il campo di battaglia. Tutto ciò si percepisce immediatamente e la tragedia aleggia imprevista tra le mura di questa casa. La docile Ellen muore tra l’indifferenza del marito che vive questo momento come un fastidio, per fortuna, di breve durata. Il lutto mescola le carte e svelerà la vera natura di ogni personaggio. Duncan si consola subito sposando in breve tempo una giovane donna e il suo arrivo sarà la causa di una serie di catastrofi. Duncan è destinato a sposarsi anche una terza volta mentre la vita dei suoi figli è testimone di un effetto domino, cadono convenzioni sociali e privilegi. Si crea una tempesta perfetta che travolge tutti e squarcia il velo del “nulla è come appare”. Un nuovo inizio vede verità e menzogna confondersi per arginare il rimorso.
La debolezza che porta a commettere un gesto avventato non comporta la forza di affrontarne le conseguenze.
Gli eventi non sono narrati palesemente ma si muovono tra allusioni e deduzioni. Anche i sentimenti non sono mai manifesti ma si nascondono nei dialoghi che avvengono tra i personaggi mai pacifici messaggeri di pace. In loro c’è una voglia di confronto, di lotta, di scontro perenne che si nasconde tra sorrisi e piacevoli riunioni per sorseggiare un tè. Occorre difendere il proprio ruolo nella famiglia, solo i più capaci ad adattarsi ai cambiamenti potranno sopravvivere. Nuovi matrimoni, tradimenti, adulteri, decessi misteriosi, ricatti s’intrecciano formando il nido in cui la famiglia Edgeworth  vive. Anche la morte è benvenuta se può tornar utile. Tristezza e gioia vanno a braccetto, si sorride ma si vorrebbe uccidere e alla fine un fatto criminale avverrà. 

Duncan è il personaggio odioso per antonomasia. È un uomo dispotico che umilia e domina la sua famiglia. Nessuno osa contraddirlo. Lui si crede un dio in terra e così viene trattato mentre guida la famiglia verso la retta via.

Sulla famiglia Edgeworth incombe il giudizio del mondo che scivola sullo scudo di apparenza e tranquillità eretto a difesa della casa. Le fibrillazioni però si percepiscono perfettamente, tengono alta la tensione ma non si svelano apertamente.
La via del dovere porta alla gloria.
A far da cornice le malelingue. Le calunnie si diffondono, gli abitanti del villaggio di campagna amano spettegolare. Sono ipocriti, pettegoli, maliziosi.
Le malelingue circolano e si gonfiano, ma in fondo non si tratta che di nuvole di polvere.
Ivy Compton Burnett è famosa per i temi trattati nei suoi romanzi. Le famiglie conflittuali, i personaggi sempre in lotta fra loro. Strategie di sopravvivenza corrono sul filo di conversazioni educate sorrisi svelando molte ipocrisie e rare virtù. 

Io ho amato subito questa scrittrice per il suo stile narrativo che pone i dialoghi al centro della scena. I vari personaggi, che si muovono quasi sempre solo tra le mura domestiche, si cimentano in conversazioni intrise di cinismo. Le sue storie vedono i medesimi argomenti trattati sempre con una buona dose di perfidia. Intrighi, eventi imprevisti, drammi sconvolgono la vita, apparentemente tranquilla, della famiglia. Poco si palesa, tanto si intuisce. Le trame dei suoi romanzi, “Il Capofamiglia” non fa eccezione, sono ambigue e complesse. Su un territorio sempre minato dal calcolo e dall’imprevisto, si muovono personaggi custodi di segreti che abilmente vengono svelati tra pettegolezzi e frasi lasciate a metà. I suoi scritti traboccano di umorismo e giochi di potere, odio e complicità,apparenze e denaro. Il nucleo famigliare viene sapientemente sezionato tramite un bisturi che si identifica con ciò che è detto e ciò che è taciuto. Quindi bisogna leggere sempre con molta attenzione, parola per parola, per scoprire ciò che si nasconde tra le pause, nei silenzi carichi di significati, nei sospiri e i tentennamenti.

“Il Capofamiglia” è la cartina al tornasole di un mondo familiare di passioni represse e contrasti insanabili. La tirannia domestica ci accoglie direttamente nella sala da pranzo di casa Edgeworth, all’orizzonte nubi nere. Al tavolo della colazione siedono personaggi caratterizzati da un umorismo letale che avvolge comportamenti affettuosi, falsi sorrisi e cattiverie innate. Fin dalle prime pagine, accanto alla rispettabilità borghese, emerge il lato oscuro della famiglia. Non è tutto oro ciò che luccica. Scoprirete ciò di cui è capace la natura umana duramente coinvolta a destreggiarsi tra egoismi e passioni, tradimenti e avidità di ricchezze. Le debolezze umane regnano sovrane nei romanzi di questa scrittrice britannica, nata a Londra, sesta di dodici figli di un noto medico omeopata.La sua vita familiare infelice le fornì materiale per i venti romanzi che scrisse, tutti di matrice autobiografica. La realtà non muta anzi è una miscela esplosiva, pericolosa ma sempre implacabilmente attuale.

6 commenti:

  1. Sembra una lettura davvero molto interessante! ☺️☺️

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    1. L'autrice riesce a descrivere con ironia il lato oscuro delle famiglie. Io adoro gli intrighi, il non detto, le sottotrame che lottano per veder la luce :)

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  2. penso potrebbe piacermi!! mi segno quest'autrice :)

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    1. Sono sicura che ti piacerà, il fascino del lato oscuro è coinvolgente :)

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