giovedì 28 maggio 2015

RECENSIONE | "Ciò che inferno non è" di Alessandro D'Avenia

Buongiorno a tutti, carissimi lettori. Alcuni giorni fa, durante uno dei miei soliti giri in libreria, ho deciso di acquistare un libro in edizione Flipback.  Come tutti saprete si tratta di un libro tascabile che si legge in verticale. E’ leggero, copertina rigida, carta di alta qualità, stampa ottima con caratteri nitidi, segnature cucite con un filo di puro cotone. Il Flipback si è rivelato un’esperienza di lettura del tutto positiva. Ora passiamo alla recensione del romanzo: “Ciò che inferno non è” di Alessandro D’Avenia, edizione Mondadori.  

Ciò che inferno non è

Autore: Alessandro D'Avenia

Editore: Mondadori 
Prezzo: 19,00  €  (cartaceo) - 15,00   (flipback)
Pagine: 317 

Sinossi:
Federico ha diciassette anni e il cuore pieno di domande alle quali la vita non ha ancora risposto. La scuola è finita, l'estate gli si apre davanti come la sua città abbagliante e misteriosa, Palermo. Mentre si prepara a partire per una vacanza-studio a Oxford, Federico incontra "3P", il prof di religione: lo chiamano così perché il suo nome è Padre Pino Puglisi, e lui non se la prende, sorride. 3P lancia al ragazzo l'invito a dargli una mano con i bambini del suo quartiere, prima della partenza. Quando Federico attraversa il passaggio a livello che separa Brancaccio dal resto della città, ancora non sa che in quel preciso istante comincia la sua nuova vita. La sera torna a casa senza bici, con il labbro spaccato e la sensazione di avere scoperto una realtà totalmente estranea eppure che lo riguarda da vicino. E l'intrico dei vicoli controllati da uomini che portano soprannomi come il Cacciatore, 'u Turco, Madre Natura, per i quali il solo comandamento da rispettare è quello dettato da Cosa Nostra. Ma sono anche le strade abitate da Francesco, Maria, Dario, Serena, Totò e tanti altri che non rinunciano a sperare in una vita diversa... Con l'emozione del testimone e la potenza dello scrittore, Alessandro D'Avenia narra una lunga estate in cui tutto sembra immobile eppure tutto si sta trasformando, e ridà vita a un uomo straordinario, che in queste pagine dialoga insieme a noi con la sua voce pacata e mai arresa, con quel sorriso che non si spense nemmeno di fronte al suo assassino.


STILE: 9
STORIA: 10
COPERTINA: 9

Nella luce prima, un ragazzo la spia. E’ immersa nell’agguato ventoso e salato dell’alba che si leva ancora vergine dal mare, per tuffarsi poi nelle strade avvolte dalla penombra. Lui abita in cima a un palazzo da lì si vede il mare e si vede nelle case e nelle strade degli uomini. Lassù l’occhio spazia fino a perdersi, e dove si perde l’occhio anche il cuore resta invischiato. Troppo mare si spalanca davanti, specie la notte, quando il mare svanisce e si sente tutto il vuoto che c’è sotto le stelle […] 

Che ne sanno i ragazzi di come si diventa uomini? Che ne sanno delle istruzioni per l’uso della notte, delle ombre, delle tenebre? I ragazzi si aspettano sempre gioia dalla vita, no sanno che è la vita ad aspettarsi gioia da loro […] 

Per un istante lei smette di incantare e incatenare, ha occhi per fissarlo, gelosa, artigli per ghermirlo, vorace come ogni sirena, quasi a svelare la notte che cela incastrata nel cuore. 

La sua città. 

Palermo. 

1993. 

Federico, studente del liceo classico Vittorio Emanuele II, ha 17 anni e un mare di domande. Ma ha anche un professore di religione speciale: padre Pino Puglisi. Grazie a lui scoprirà un’altra Palermo, quella del quartiere Brancaccio, di Cosa Nostra; ma anche la città del coraggio, della paura, della disperazione. Alessandro D’Avenia con questo romanzo ci racconta don Pino, un uomo straordinario, un uomo di fede capace di riconoscere anche nell’abisso infernale “ciò che inferno non è.” 

Don Pino Puglisi, parroco a San Gaetano, nel quartiere Brancaccio di Palermo, controllato dalla criminalità organizzata, lotta quotidianamente per dare un’alternativa di vita ai bambini che vivono per strada e considerano i mafiosi degli idoli. Attraverso giochi e attività il parroco fa capire loro che si può ottenere rispetto dagli altri anche senza ricorrere alla violenza, senza essere criminali. I bambini vengono reclutati dalla mafia per piccole rapine e spaccio: si sentono importanti, possono portare soldi a casa. In questa microsocietà, regolata da leggi non scritte del codice terribile della mafia, don Pino opera quotidianamente la sua missione d’amore: sottrarre i bambini alla malavita. Conosciamo, così, una realtà dolorosa e inquietante fatta di uomini come il “Cacciatore”, nome conquistato colpo dopo colpo, preda dopo preda. 
Uccidere non provoca tutti i rimorsi che dicono nei film. Il lupo deve garantire il posto al branco. E a questo mondo c’è chi nasce preda e chi cacciatore. E’ la natura che decide dove metterti, il resto è coerenza. Uccidere è solo equilibrio. Sbirri, rivali, traditori. Sono animali umani. E se per colpirli schizzi sangue intorno non è colpa di nessuno: la vita è fatta con il sangue. Destino? Caso? O come minchia si vuole. I suoi figli vanno difesi e cresciuti bene. 
Questa è la filosofia di vita che don Pino deve affrontare per sottrarre i bambini a un destino di dolore, non ha paura di nessuno perché bisogna sempre “guardare” e “vedere” a testa alta e non far fina di niente se ciò che si è visto è da cambiare. 
L’inizio dell’inferno è abbassare lo sguardo, chiudere gli occhi, voltarsi dall’altra parte e rafforzare l’unica fede spontanea che la Sicilia conosca, quella fatalistica e comoda del “tanto nulla cambierà. 
Don Pino cammina a testa alta, guardare è lanciare una sfida. Ha paura ma anche tanto coraggio. 

Alle porte dell’estate del 1993, Federico, studente del liceo in cui don Pino insegna, prima di partire per Oxford per una vacanza-studio, decide di aiutare, per breve tempo, il suo professore nel volontariato a favore dei bambini del Brancaccio. L’incontro con i bambini non è dei migliori. Gli rubano la bicicletta, lo prendono a pugni, ma Federico è attratto da una realtà che, pur essendo a lui vicina, ignora. Federico conosce Dario, Totò, Riccardo, Francesco e nei loro occhi vede il buio del dolore. Al Brancaccio Federico trova anche l’amore: Lucia lo conquista con il suo coraggio e la voglia di vivere. Federico diventa testimone di una scelta di vita, fatta dal parroco, che nasce da un profondo amore verso i più deboli ma richiede tanto coraggio. Il ragazzo si chiede se anche lui potrà, un giorno, trovare la forza necessaria per il suo impegno sociale. 
Vorrei leggere un milione di libri, visitare migliaia di città, imparare centinaia di lingue e cogliere l’essenza delle cose. La verità, se ce n’è una. Voglio essere forte, coraggioso, come Falcone e Borsellino, o almeno come Manfredi. Ma dove lo trovo il coraggio? 
Nel tuo cuore, risponderebbe don Pino, negli occhi tristi dei bambini del quartiere, in quelle mute richieste d’aiuto che nessuno vuol sentire. 
A Brancaccio troppi bambini sono come semi nelle tenebre. Semi al rovescio. Non c’è lo spazio per un sogno, per la bellezza, per l’immaginazione. Troppi sono condannati a morire da vivi, troppi sono interrotti prima ancora di allungarsi verso la felicità. 
Questi bambini hanno l’anima segnata dalle cicatrici di tante umiliazioni, vivono nel buio dell’inferno senza la luce dell’amore non sospettano neanche che possa esistere “un luogo” che inferno non è. Bisogna sottrarli alla mafia, alla strada, bisogna costruire asili e scuole per dare loro un futuro migliore per permettere loro di crescere liberi. Bisogna lottare contro il rispetto che nasce dalla paura, dai soldi facili. Il fascino degli uomini di rispetto è un fascino “di morte”. Don Pino sa perfettamente che molti di quei bambini conoscono e fanno il male, ma li ama tutti di un amore incondizionato capace di riaccendere la speranza in quei cuoricini. Per la sua opera, Padre Puglisi ricevette molte minacce di morte ma non ne parlò mai con nessuno. Nel 1993, al Brancaccio, inaugurò il centro Padre Nostro che diventerà un punto di riferimento per le famiglie e i bambini del quartiere. Il 15 settembre 1993, giorno del suo compleanno, don Pino Puglisi venne ucciso davanti al portone di casa. Era il giorno del suo compleanno. Qualcuno lo chiamò, lui si voltò e un uomo alle sue spalle gli esplose un colpo alla nuca. Lui disse: "Me l’aspettavo." E sorrise. Questa fu l’ultima parola. Aspettava la morte. Morì con un sorriso. La storia si compie. A testa alta, senza paura. Bisogna vivere e morire con coraggio perché 
Togli l’amore e avrai l’inferno.
Metti l’amore e avrai ciò che inferno non é.
Ho letto questo libro provando tante emozioni: rabbia, tristezza, amore. L’autore riesce perfettamente a trasmettere il messaggio di speranza di don Pino, un eroe sociale, un uomo straordinario, tenace, sorretto dalla forza che solo l’amore riesce a dare. Nelle suggestive descrizioni della città trapela il gioco di luci e ombre che riflette la vita fatta di gioie e dolori, vittorie e sconfitte. I dialoghi, resi accattivanti dall’uso della lingua parlata, rendono vivi i personaggi e comunicano qualcosa che va ben oltre il senso letterale. Don Pino ci mostra una strada in salita, difficile, irta. Una strada da percorrere con fiducia, dobbiamo essere testimoni del nostro tempo, se vediamo qualcosa di sbagliato non voltiamo la testa dall’altra parte. Questo romanzo ci porta in una città con mille problemi, le vicende sono in relazione con il contesto sociale in cui i personaggi vivono. E’ impossibile non soffrire con questi bambini, le lacrime non avranno difficoltà a presentarsi. Nella prima parte del libro c’è la dinamicità degli eventi, la presentazione del quartiere e il suo degrado sociale. Nella seconda parte conosciamo tanti bambini e amarli è un tutt’uno con la lettura. Speriamo con tutto il cuore in un cambiamento radicale, difficile ma non impossibile. Le pagini finale possono sembrare una sconfitta: don Pino viene ucciso, la mafia ha vinto. No, non è così! Proprio la sua morte ha dato il via a un processo di cambiamento e di pentimento. Il sorriso di un uomo morente scalfisce i cuori più duri perché è un sorriso di perdono, di amore, di amicizia. 

Consiglio vivamente questo libro per trovare una scintilla d’amore, per rischiarare le tenebre della notte e permettere alla luce della speranza di trasformare l’inferno in ciò che inferno non è. 

“ Se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; 
se invece muore, produce molto frutto. ” 
(Vangelo secondo Giovanni 12,24)

8 commenti:

  1. Libro meraviglioso che ho amato in modo incondizionato!
    Concordo anche sul tuo giudizio verso i flipback! Non fossero così costosi...
    Se ti va di dire la tua ci avevo scritto un post! Ti lascio il link!
    http://libroperamico.blogspot.it/2014/10/chiacchiere-chiacchiere-bla-bla-bla-3.html

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    1. Non si può rimanere indifferenti leggendo "Ciò Che Inferno Non E'": è un romanzo che rapisce il cuore! Il formato flipback è, per me, una novità positiva. Purtroppo il prezzo rimane alto e si discosta di pochissimo dal costo del libro in formato normale. Un saluto :)

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  2. bellissima recensione, un libro che leggerò, sto aspettando solo il momento giusto :)

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    1. Sarà una splendida lettura! I personaggi sono indimenticabili e Palermo viene descritta in modo magistrale: fra luci e ombre. Un saluto :)

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  3. aquila, ho amato Cose che nessuno sa e creo che anche questo mi piacerebbe moltissimo!!

    ciao!!!

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    1. Io non ho letto "Cose che nessuno sa" e rimedierò subito. Un saluto :)

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  4. anche a me questo libro è piaciuto molto, ma il mio preferito di D'avenia resta Bianca come il latte :)

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    1. Anche io ho letto Bianca come il latte e l'ho trovato molto intenso :)

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